Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24344 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
NOME RIMBORSO IRES -ALTRO 20102011-2012
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 1837/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , tutte elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO, come da procura speciale allegata al controricorso,
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 4061/06/2019, depositata il 17 ottobre 2019;
udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 19 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
preso atto che il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. procAVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
In data 19 giugno 2015, la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, società capogruppo di diritto francese, presentava separate istanze di rimborso della maggiore IRES versata dalle controllate italiane RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE
In particolare, la controllante francese, nei periodi di imposta dal 2009 al 2012, aderiva al consolidato nazionale per il tramite della propria sede secondaria in Italia, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, del quale consolidato, tuttavia, le citate società controllate non erano parte, non ricorrendo le condizioni previste dall’art. 117 del d.P.R. n. 917/1986. Queste,
pertanto, corrispondevano interessi passivi alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e, quali soggetti finanziari rientranti nell’art. 1 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 87 (vigente ratione temporis ), deducevano gli interessi passivi nella misura del 96% del loro ammontare, ai sensi dell’art. 96, comma 5 -bis , del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
La società controllante di diritto francese presentava così istanze di rimborso della maggiore IRES versata in conseguenza della mancata deduzione, nell’ambito del consolidato nazionale, della residua percentuale del 4% degli interessi passivi AVV_NOTAIOenuti, corrispondente, per gli anni di imposta 2010, 2011 e 2012, rispettivamente, a € 215.156,00, a € 476.878,00 e ad € 301.275,00.
In data 28 dicembre 2016, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE notificava alla controllante francese tre distinti provvedimenti di diniego per ciascuno degli anni di imposta sopra menzionati, rispettivamente con n. prot. NUMERO_DOCUMENTO, n. prot. NUMERO_DOCUMENTO, n. prot. NUMERO_DOCUMENTO, ritenendo che per le controllate italiane non potessero ricorrere le condizioni previste dall’art. 117, comma 2, d.P.R. n. 917/1986, per l’ammissione al regime della tassazione di gruppo , in quanto la stabile organizzazione della controllante francese operante in Italia non comprendeva nel proprio patrimonio le partecipazioni a ciascuna RAGIONE_SOCIALE predette società.
Avverso tali dinieghi, la controllante francese proponeva tre separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE la quale, previa riunione degli stessi e con l’intervento in giudizio RAGIONE_SOCIALE controllate italiane , con
sentenza n. 185/3/2018, depositata il 18 gennaio 2018, li rigettava, in quanto, posto il non ricorrere di un’ipotesi di litisconsorzio necessario con le società italiane controllate, riteneva che non spettassero le somme richieste a titolo di rimborso essendo riferite a società estranee al consolidato nazionale.
Interposto gravame dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e dalle controllate italiane, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 4061/06/2019, pronunciata il 19 giugno 2019 e depositata in segreteria il 17 ottobre 2019, accoglieva l’appello, riconoscendo la spettanza del diritto al rimborso RAGIONE_SOCIALE somme richieste.
In particolare, previa instaurazione del litisconsorzio necessario, il giudice di secondo grado, sulla base del principio espresso dalla sentenza RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo cui sarebbe illegittimo il divieto di costituire un consolidato fiscale tra società residenti soltanto a causa dello status di non residenza della controllante comune, riteneva che non potesse costituire profilo ostativo al riconoscimento del diritto al rimborso la circostanza della localizzazione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni RAGIONE_SOCIALE controllate italiane nel patrimonio della controllante francese anziché in quello della succursale italiana.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, sulla base di quattro motivi (ricorso notificato il 30 dicembre 2019).
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE resistono con controricorso.
Con istanza del 31 luglio 2023 le società controricorrenti, evidenziando l’esistenza di una recente evoluzione giurisprudenziale in materia, con particolare riferimento alle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 maggio 2020 C-749/18 e della Corte EFTA del 1 giugno 2022 E-3/21, hanno sollecitato la fissazione dell’udienza di trattazione.
La ricorrente e le controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.
Con decreto del 25 gennaio 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per la pubblica udienza del 19 aprile 2024.
All’udienza suddetta sono comparsi i procuratori RAGIONE_SOCIALE parti, che hanno concluso come da verbale in atti.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. procAVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso, l ‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 40 -bis del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE avrebbe errato nell’ammettere , nel litisconsorzio necessario, le quattro controllate italiane, dato che, da un lato, non esisteva alcuna situazione di consolidato nazionale e, dall’altro, in materia di consolidato, il litisconsorzio necessario sarebbe limitato soltanto ai casi di rettifica del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto che partecipa al consolidato e non comprenderebbe i casi, come quello di specie, in cui sia fatta questione di dinieghi espressi o taciti di rimborso indirizzati alla società che si qualifichi come consolidante.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 117, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 917/1986, nel testo vigente ratione temporis , e dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice.
Rileva che, nello specifico, il giudice a quo avrebbe errato nel ritenere illegittimi i dinieghi impugnati, dato che non sussisteva alcun rapporto di consolidamento fiscale tra la controllante francese e le quattro controllate italiane, le sole legittimate a chiedere il rimborso di quanto asseritamente indebitamente versato.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 117, commi 1 e 2, e 129 del d .P.R. n. 917/1986, dell’art. 5
del D.M. 9 giugno 2004, degli artt. 49 e 54 del TFUE e dei principi del primato del diritto dell’Unione Europea e di certezza del diritto, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), dello stesso codice.
Ritiene, in particolare, che con la decisione impugnata si lederebbe il fondamentale principio della certezza del diritto, dato che, sulla base della successiva giurisprudenza europea, si imporrebbe all ‘ autorità fiscale italiana di considerare come tempestivamente presentata un’opzione per il consolidato nazionale, che, in realtà, non era mai stata presentata. Le controllate italiane, pertanto, secondo l’Ufficio, avrebbero comunque dovuto presentare opzione per il consolidato nazionale, per poi insorgere contro eventuali provvedimenti negativi dell’Amministrazione finanziaria.
1.4. Con il quarto e ultimo motivo di ricorso, parte ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 96, comma 5, e 117, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 917/1986, nei testi vigenti ratione temporis e come modificati dall’art. 6 del d.lgs. n. 147/2015, degli artt. 49 e 54 del TFUE, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), dello stesso codice.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, anche il previgente regime del consolidato nazionale, modificato con efficacia non retroattiva dal d.lgs. n. 147/2015, sarebbe conforme al diritto europeo e alla citata sentenza RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE . In particolare, la decisione da ultimo citata si riferirebbe a una situazione diversa da quella oggetto del presente giudizio, in quanto, posta la legittimità dell’esclusione del consolidato verticale (cioè tra controllante e controllate) se la controllante-
consolidante non è residente, tale decisione imporrebbe però la previsione del consolidato orizzontale (cioè tra le controllate ‘sorelle’ in cui una appare come consolidante ) così scongiurando una discriminazione tra queste controllate e quelle facenti parte di un consolidato verticale. La disciplina italiana previgente, invece, non realizzerebbe alcuna discriminazione, dato che ammetterebbe soltanto il consolidamento verticale e non anche quello orizzontale, siano esse controllate nazionali di una controllante nazionale, siano esse controllate nazionali di una controllante non residente. Il discrimen non ricadrebbe, pertanto, sulla residenza o meno della controllante, ma sull’ammissione nello Stato membro del solo consolidato verticale e sul mancato esercizio, da parte della controllante estera, della libertà di stabilimento nello Stato membro RAGIONE_SOCIALE sue controllate, neppure attraverso la creazione una stabile organizzazione.
2 . Procedendo quindi all’esame de i motivi di ricorso, ritiene questa Corte di dover sollevare questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con riferimento alla compatibilità con gli artt. 49 e 54 del T.F.U.E. (libertà di stabilimento) dell’art. 117, commi 1 e 2, d.P.R. n. 917/1986 (testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi), e dell’art. 96, comma 5bis , dello stesso d.P.R., nel testo vigente ratione temporis , nella parte in cui escludono la possibilità di applicare la disciplina del c.d. consolidato nazionale, allorquando la società controllante non è residente in Italia, e non ha potuto effettuare una esplicita opzione per la tassazione di gruppo, e, conseguentemente, di poter beneficiare degli effetti di
questo consolidato, con particolare riferimento alla deducibilità integrale degli interessi passivi nell’àmbito di un consolidato fiscale.
2.1. Identità del giudice all’origine del rinvio -La questione viene sollevata da questa Corte suprema di cassazione italiana, sezione tributaria, giudice di legittimità e di ultima istanza.
2.2. Identità precisa RAGIONE_SOCIALE parti -Ci si riporta all’intestazione della presente ordinanza.
2.3. Oggetto del procedimento principale e fatti rilevanti -Le società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, nel corso dei periodi d’imposta 2010, 2011 e 2012, corrispondevano interessi passivi alla sede secondaria milanese della controllante RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e, ai sensi del menzionato art. 96, comma 5bis , del d.P.R. n. 917/1986 (ossia ai fini della determinazione della propria base imponibile IRES) operavano variazioni in aumento per interessi passivi indeducibili pari al 4% dell’ammontare di qu esti ultimi. Se la legislazione fiscale italiana ratione temporis applicabile avesse già consentito alle ridette società ‘sorelle’ di essere incluse nel consolidato formato da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e dalle sue controllate, gli interessi passivi corrisposti dalle summenzionate società proprio alla sede secondaria milanese, come evidenziato negli atti di merito, avrebbero potuto essere integralmente dedotti in quanto, di fatto e per
ciascuno dei periodi d’imposta in esame, il limite di cu i all’articolo 96, comma 5 -bis , d.P.R. n. 917/1986, rappresentato dall’ammontare degli interessi passivi maturati in capo a società non appartenenti al consolidato, sarebbe risultato capiente.
Invece, l’articolo 117 del d.P.R. n. 917/1986 consentiva, per i periodi d’imposta in oggetto, unicamente un consolidato tra società che includesse la controllante residente o, tutt’al più, richiedendo che la stabile organizzazione italiana della controllante non residente includesse le partecipazioni nel proprio patrimonio.
La normativa italiana ratione temporis applicabile non permetteva, dunque, alle controricorrenti, al ricorrere dei requisiti quantitativi (sussistenti nel caso di specie), di dedurre la totalità degli interessi passivi.
Nella sentenza RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE (sentenza 12 giugno 2014, cause riunite nn. C-39/13, C-40/13 e C-41/13), la Corte di Giustizia concludeva (par. 43 e dispositivo) che «gli articoli 49 TFUE e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale una società controllante residente può costituire un’entità fiscale unica con una controllata di secondo livello residente qualora la detenga tramite una o più società residenti, ma non può costituire tale entità qualora detenga detta controllata tramite società non residenti che non dispongono di una sede stabile in detto Stato membro».
Tale massima, come chiarito anche dalla risalente giurisprudenza della Corte di Giustizia (Corte Giust. UE 27 novembre 20089, Papillon , causa C-418/07), rappresenta un
principio direttamente efficace negli Stati membri, rappresentando una RAGIONE_SOCIALE disposizioni fondamentali del diritto dell’Unione e avendo, pertanto, gli artt. 49 e 54 del TFUE efficacia diretta, è altresì pacifico che trovi applicazione il principio di primazia del diritto UE.
Infatti, come osservato dalla Commissione Tributaria Regionale nella decisione qui impugnata, «il divieto di costituire un consolidato fiscale tra società residenti è illegittimo nel caso in cui sia basato esclusivamente sullo status di non residenza della controllante comune» (p. 9 della sentenza impugnata), proprio sulla base della sentenza RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE , e ciò a maggior ragione nel caso che ci occupa, dal momento che la società non residente disponeva di una stabile organizzazione in Italia, ossia RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE RAGIONE_SOCIALE.
Di tale contrasto, del resto, si era reso conto lo stesso legislatore delegato, al punto che, nella relazione illustrativa allo schema del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, così annotava: «la vigente disciplina del consolidato fiscale, laddove prevede la possibilità che un soggetto non residente possa esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo in qualità di controllante solo se possiede una stabile organizzazione in Italia nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata, si pone in contrasto con la citata giurisprudenza della Corte di Giustizia» (p. 6 della citata relazione illustrativa).
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE ritiene, tuttavia, che i principi espressi dalla sentenza RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE non siano applicabili al caso di specie, in quanto: a ) non era stata espressa una specifica opzione, da parte RAGIONE_SOCIALE società interessate, per il
regime di consolidato fiscale, secondo quanto previsto dall’art. 5 del D.M. 9 giugno 2004; b ) il caso di specie attiene ad un’ipotesi di consolidato c.d. ‘ orizzontale ‘ , riguardando un’integrazione fiscale di sole società residenti controllate da società non residente, mentre la sentenza RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE riguarda soltanto il consolidato c.d. ‘verticale’ .
2.4. Le disposizioni rilevanti del diritto nazionale e del diritto dell’Unione. L’art. 117 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi), nel testo vigente ratione temporis , così dispone: «1. La società o l’ente controllante e ciascuna società controllata rientranti fra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a ) e b ), fra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, con i requisiti di cui all’articolo 120, possono congiuntamente esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo.
I soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d ), possono esercitare l’opzione di cui al comma 1, solo in qualità di controllanti ed a condizione:
a ) di essere residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione;
b ) di esercitare nel territorio dello Stato un’attività d’impresa, come definita dall’ articolo 55, mediante una stabile organizzazione, come definita dall’ articolo 162 , nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata.
Permanendo il requisito del controllo di cui al comma 1, l’opzione ha durata per tre esercizi sociali ed è irrevocabile.
Nel caso venga meno tale requisito si determinano le conseguenze di cui all’articolo 124».
Lo stesso art. 117 d.P.R. n. 917/1986, nel testo modificato in virtù del l’art. 6, comma 1, lett. b ) del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147 (applicabile a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del citato decreto), prevede che: «1. La società o l’ente controllante e ciascuna società controllata rientranti fra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a ) e b ), fra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, con i requisiti di cui all’articolo 120, possono congiuntamente esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo.
I soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d ), possono esercitare l’opzione di cui al comma 1 in qualità di controllanti ed a condizione:
a ) di essere residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione;
b ) di esercitare nel territorio dello Stato un’attività d’impresa, come definita dall’ articolo 55, mediante una stabile organizzazione, come definita dall’ articolo 162 , che assume la qualifica di consolidante.
2bis . I soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d ), privi del requisito di cui alla lettera b ) del comma 2, residenti in Stati appartenenti all’Unione europea ovvero in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, che rivestono una forma giuridica analoga a quelle previste dall’articolo 73, comma 1,
lettere a ) e b ), possono designare una società residente nel territorio dello Stato o non residente di cui al comma 2ter , controllata ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile con i requisiti di cui all’articolo 120, ad esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo congiuntamente con ciascuna società residente o non residente di cui al comma 2ter , su cui parimenti essi esercitano il controllo ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile con i requisiti di cui all’articolo 120. La controllata designata non può esercitare l’opzione con le società da cui è partecipata. Agli effetti del presente comma: a ) la controllata designata, in qualità di consolidante, acquisisce tutti i diritti, obblighi ed oneri previsti dagli articoli da 117 a 127 per le società o enti controllanti; b ) i requisiti del controllo di cui al comma 1 devono essere verificati in capo al soggetto controllante non residente; c ) l’efficacia dell’opzione è subordinata alla condizione che il soggetto controllante non residente designi la controllata residente assumendo, in via sussidiaria, le responsabilità previste dall’articolo 127 per le società o enti controllanti; d ) in ipotesi di interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio o di revoca dell’opzione, le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione di cui all’articolo 122 sono attribuite esclusivamente alle controllate che le hanno prodotte, al netto di quelle utilizzate, e nei cui confronti viene meno il requisito del controllo secondo i criteri stabiliti dai soggetti interessati; e ) se il requisito del controllo nei confronti della controllata designata cessa per qualsiasi motivo prima del compimento del triennio, il soggetto
contro
llante non residente può designare, tra le controllate appartenenti al medesimo consolidato, un’altra controllata residente avente le caratteristiche di cui al presente comma senza che si interrompa la tassazione di gruppo. La nuova controllata designata assume le responsabilità previste dall’articolo 127 per le società o enti controllanti relativamente ai precedenti periodi d’imposta di validità della tassazione di gruppo, in solido con la società designata nei cui confronti cessa il requisito del controllo.
2ter . I soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d ), controllati ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, possono esercitare l’opzione di cui al comma 1 in qualità di controllata mediante una stabile organizzazione come definita dal comma 1bis dell’articolo 120.
3. Permanendo il requisito del controllo di cui al comma 1, l’opzione ha durata per tre esercizi sociali ed è irrevocabile. Al termine del triennio l’opzione si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio a meno che non sia revocata, secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione. La disposizione di cui al periodo precedente si applica al termine di ciascun triennio. In caso di rinnovo tacito dell’opzione la società o ente controllante può modificare il criterio utilizzato, ai sensi dell’articolo 124, comma 4, per l’eventuale attribuzione RAGIONE_SOCIALE perdite residue, in caso di interruzione anticipata della tassazione di gruppo o di revoca dell’opzione, alle società che le hanno prodotte, nella dichiarazione dei redditi presentata nel periodo d’imposta a decorrere dal quale si intende rinnovare l’opzione. Nel caso
venga meno il requisito del controllo di cui al comma 1 si determinano le conseguenze di cui all’articolo 124».
L’art. 96, comma 5 -bis , del d.P.R. n. 917/1986, a sua volta, così dispone: «5bis . Gli interessi passivi AVV_NOTAIOenuti dai soggetti indicati nel primo periodo del comma 5, sono deducibili dalla base imponibile della predetta imposta nei limiti del 96 per cento del loro ammontare. Nell’ambito del consolidato nazionale di cui agli articoli da 117 a 129, l’ammontare complessivo degli interessi passivi maturati in capo a soggetti di cui al periodo precedente partecipanti al consolidato a favore di altri soggetti partecipanti sono integralmente deducibili sino a concorrenza dell’ammontare complessivo degli interessi passivi maturati in capo ai soggetti partecipanti a favore di soggetti estranei al consolidato. La società o ente controllante opera la deduzione integrale degli interessi passivi di cui al periodo precedente in sede di dichiarazione di cui all’ articolo 122, apportando la relativa variazione in diminuzione della somma algebrica dei redditi complessivi netti dei soggetti partecipanti».
L’art. 49 del TFUE prevede che: « Nel quadro RAGIONE_SOCIALE disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo
comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».
L’art. 54 del TFUE dispone che: « Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione, sono equiparate, ai fini dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri. Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione RAGIONE_SOCIALE società che non si prefiggono scopi di lucro».
2.5. I motivi che inducono questa Corte ad interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione . -La presenta controversia riguarda una richiesta di rimborso di maggiori imposte versate, a seguito della mancata possibilità di deduzione integrale degli interessi passivi corrisposti all’interno di un consolidato fiscale da società aventi una controllante non residente. L’esclusione, in base alla normativa vigente all’epoca dei periodi d’imposta interessato (2010-2011-2012), di tale possibilità di deduzione integrale, accordata, invece, alle società aventi una controllante comune residente, potrebbe ledere il principio della libertà di stabilimento (il cui esercizio avrebbe potuto essere condizionato dal diverso trattamento in materia di deducibilità
degli interessi passivi all’interno del consolidato fiscale) e della equiparazione RAGIONE_SOCIALE società all’interno dell’Unione.
Negli anni di imposta in questione, l’art. 117, commi 1 e 2, d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) prevedeva che «1. La società o l’ente controllante e ciascuna società controllata rientranti fra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a ) e b ), fra i quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, con i requisiti di cui all’articolo 120, possono congiuntamente esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo.
I soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d ), possono esercitare l’opzione di cui al comma 1 solo in qualità di controllanti ed a condizione: a ) di essere residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione; b ) di esercitare nel territorio dello Stato un’attività d’impresa, come definita dall’articolo 55, mediante una stabile organizzazione, come definita dall’articolo 162, nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata».
In tale contesto, pertanto, le società controllate italiane che facevano riferimento a una controllante residente all’estero potevano accedere al consolidato fiscale nazionale soltanto in un caso: la controllante estera doveva avere una stabile organizzazione in Italia e tale stabile organizzazione, per poter essere consolidante RAGIONE_SOCIALE controllate italiane, doveva tuttavia detenere nel proprio patrimonio le partecipazioni di ciascuna RAGIONE_SOCIALE società controllate che volevano accedere al consolidato nazionale.
Nel 2015, tale disciplina è stata modificata con l’intervento dell’art. 6 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147, c.d. ‘Decreto Internazionalizzazione’.
Prima di passare ad analizzare la nuova disciplina, attualmente ancora vigente, è necessario soffermarsi sulle ragioni poste alla base di un siffatto intervento normativo.
Secondo quanto precisato nella relazione illustrativa al citato ‘Decreto Internazionalizzazione’, vi era la necessità di modificare la previgente disciplina normativa, in quanto la stessa si poneva in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (a pag. 6 della citata relazione si legge infatti che «la vigente disciplina del consolidato fiscale, laddove prevede la possibilità che un soggetto non residente possa esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo in qualità di controllante solo se possiede una stabile organizzazione in Italia nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata, si pone in contrasto con la citata giurisprudenza della Corte di Giustizia»).
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, infatti, con la sentenza del 12 giugno 2014, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE -cause riunite C-39/13, C-40/13 e C-41/13 – si era pronunciata sulla compatibilità della disciplina olandese in materia di consolidato nazionale con gli artt. 49 e 54 TFUE riguardanti il principio della libertà di stabilimento.
In particolare, la Corte era chiamata a risolvere il seguente quesito: «se gli articoli 49 TFUE e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un regime di entità fiscale
unica viene concesso a una società controllante residente che detiene controllate residenti, ma viene escluso per società sorelle residenti la cui società controllante comune non abbia la sua sede in tale Stato membro e non disponga ivi di una sede stabile».
Lo stesso giudice europeo, una volta chiariti i termini entro cui inquadrare il principio di libertà di stabilimento , ravvisava l ‘ effettiva esistenza di «una disparità di trattamento tra, da una parte, le società controllanti aventi la loro sede nei Paesi Bassi, le quali, grazie al regime dell’entità fiscale unica, possono segnatamente, ai fini dell’accertamento del loro utile imponibile, imputare immediatamente le perdite RAGIONE_SOCIALE loro controllate in passivo agli utili RAGIONE_SOCIALE loro controllate in attivo e, dall’altra, le società
contro
llanti che detengono del pari controllate nei Paesi Bassi, ma che hanno la loro sede in un altro Stato membro e non dispongono di una sede stabile nei Paesi Bassi, le quali sono escluse dal beneficio dell’entità fiscale e, pertanto, dal vantaggio di tesoreria al quale esso attribuisce diritto».
Proseguiva quindi la Corte chiarendo come tale disparità non fosse giustificata in quanto «l’obiettivo del regime dell’entità fiscale di cui trattasi nel procedimento principale, il quale consiste nel consentire alle società di uno stesso gruppo di essere considerate fiscalmente come se formassero un unico contribuente, può essere raggiunto tanto da gruppi la cui società controllante è residente quanto da gruppi la cui società controllante non lo è, quanto meno con riferimento all’imposizione RAGIONE_SOCIALE sole società sorelle soggetto d’imposta nei Paesi Bassi. Orbene, come l’avvocato generale ha osservato nel paragrafo 86 RAGIONE_SOCIALE sue conclusioni, la legge del 1969 relativa all’imposta sulle società permette, nel caso di un gruppo la cui società controllante è residente, il consolidamento RAGIONE_SOCIALE controllate. 52 La disparità di trattamento, con riferimento alla possibilità di integrare fiscalmente società sorelle, non è pertanto giustificata da una differenza di situazione oggettiva. 53 Essa non è nemmeno giustificata dal motivo imperativo di interesse generale vertente sulla coerenza del sistema fiscale in collegamento con la prevenzione della doppia considerazione RAGIONE_SOCIALE perdite, cui fa riferimento il giudice del rinvio. 54 Non risulta, infatti, né dalla decisione di rinvio, né dalle osservazioni presentate dinanzi alla Corte, né dall’udienza che la concessione del beneficio dell’entità fiscale a società sorelle interromperebbe
un qualsiasi nesso diretto tra detto vantaggio fiscale e un determinato prelievo fiscale ai sensi della giurisprudenza menzionata ai punti 34 e 35 della presente sentenza. 55 Peraltro, come la Corte ha ricordato al punto 42 della presente sentenza, il motivo imperativo di interesse generale vertente sulla prevenzione del rischio di elusione fiscale non può essere invocato in modo autonomo».
Da siffatte argomentazioni, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea concludeva quindi ritenendo che «gli articoli 49 TFUE e 54 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un regime di entità fiscale unica viene concesso a una società controllante residente che detiene controllate residenti, ma viene escluso per società sorelle residenti la cui società controllante comune non abbia la sua sede in tale Stato membro e non disponga ivi di una sede stabile».
Data l’impostazione giurisprudenziale seguita dalla Corte, il legislatore nazionale ha quindi provveduto a modificare la normativa nazionale in senso conforme al principio di libertà di stabilimento ex artt. 49 e 54 TFUE, ammettendo, per quanto rilevante nel caso di specie, il consolidato c.d. orizzontale, per cui anche società controllate residenti in uno Stato membro (c.d. società sorelle) possono oggi costituire un’entità fiscale unitaria anche se la propria controllante risieda in un altro Stato membr o, a prescindere dall’esistenza di una stabile organizzazione di quest’ultima sul territorio nazionale.
Ciò chiarito, il caso di specie presenta tuttavia una peculiarità dirimente per la sua risoluzione.
La presente controversia nasce a seguito dell’impugnativa RAGIONE_SOCIALE istanze di rimborso presentate dalla società controllante rispetto alla mancata deduzione integrale, da parte RAGIONE_SOCIALE controllate italiane, degli interessi passivi, e ciò a causa della mancata partecipazione al consolidato nazionale.
Il mancato esercizio dell’opzione ex art. 117 d.P.R. n. 917/1986 è tuttavia un dato non trascurabile, non essendo questo un presupposto meramente formale per l’accesso al regime fiscale in esame. L’opzione rientra, infatti, tra le dichiarazioni di volontà che una società deve esprimere se ritiene di voler costituire un’unica entità fiscale, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di adempimenti ed obblighi tra consolidante e consolidate ex artt. 118 e ss. d.P.R. n. 917/1986. Inoltre, si consideri che, ex art. 117, comma 3, d.P.R. n. 917/1986, vigente ratione temporis , una volta esercitata l’opzione, la stessa rimane irrevocabile per tutta la durata del triennio, a condizione del permanere del requisito di controllo ex art. 120 sempre del d.P.R. n. 917/1986.
Subordinare, tuttavia, la deducibilità integrale degli interessi passivi ad una specifica opzione per il consolidato fiscale, per periodi d’imposta in cui questa opzione era vietata (o, comunque, non era prevista e consentita dall’ordinamento) , significa, di fatto, creare una disparità di trattamento tra società all’interno dell’Unione , impedendo alle società controllate da soggetti non residenti di usufruire dei medesimi benefici di cui avrebbero potuto godere le società controllate da soggetti residenti. Nella fattispecie in esame si pone quindi la questione riguardante il necessario esercizio
dell’opzione del consolidato fiscale, al fine di conseguire i relativi vantaggi, pur in una situazione in cui tale opzione era vietata, per non essere consentito il consolidato tra controllante residente all’estero e controllate residenti in Italia.
A tal proposito, la stessa Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 14 maggio 2020, sul caso B e altri , C-749/18, ha affermato (par. 65-66) che, «riguardo al principio di effettività, occorre ricordare che gli Stati membri hanno la responsabilità di garantire, in ogni caso, una tutela effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione e che tale principio richiede, in particolare, che le autorità tributarie degli Stati membri non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza del 20 dicembre 2017, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE , C-500/16, EU:C:2017:996, punto 41). Ciascun caso in cui si ponga la questione se una norma procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di tale norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e RAGIONE_SOCIALE peculiarità dello stesso dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare segnatamente, se necessario, la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenze del 22 febbraio 2018, INEOS Köln , C-572/16, EU:C:2018:100, punto 44, e del 24 ottobre 2018, XC e a ., C-234/17, EU:C:2018:853, punto 49)».
Sotto altro profilo, la sentenza della Corte di Giustizia UE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE sembra riguardare soltanto le ipotesi di consolidato ‘ verticale ‘, intercorrente tra controllante e controllate, e non pare avere affrontato la questione se gli artt. 49 e 54 del TFUE impongano sempre e comunque agli Stati membri di consentire sia il consolidato verticale (tra società residenti ovvero non residenti e controllate residenti) che il consolidato orizzontale, nel quale, cioè, non entra la controllante, e come consolidante appare una controllata che è accomunata alle altre consolidate dall’essere tutte le società (dette ‘società sorelle’) controllate da una medesima controllante (come è ora previsto, nell’ordinamento italiano, dall’art. 117, comma 2 -bis , del d.P.R. n. 917/1986, come introdotto dal d.lgs. n. 147/2015).
Sussiste quindi la necessità di valutare se una normativa interna, quale quella vigente in Italia nei periodi d’imposta oggetto di causa, e che deve applicarsi al caso di specie, sia o non sia compatibile con gli artt. 49 e 54 T.F.U.E., in quanto l’impossibilità, per la consolidante residente all’estero, di esercitare l’opzione per il consolidato fiscale, ovvero di optare per il c.d. consolidato orizzontale, e di usufruire dei relativi benefici, ed in particolare della deducibilità integrale degli interessi passivi nelle operazioni infragruppo ex art. 96, comma 5bis , d.P.R. n. 917/1986, rischia di incidere sula libertà di scelta della sede dell’impresa (e quindi sull’esercizio della libertà d i stabilimento), e determina un’ applicazione non effettiva e non uniforme del diritto dell’Unione, in violazione anche del principio di non discriminazione.
2.6. Le questioni pregiudiziali -Il contesto di fatto, le previsioni nazionali e quelle della UE conducono, pertanto, al rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE, sulle seguenti questioni:
a ) se gli artt. 49 e 54 TFUE, interpretati dalla stessa Corte nel caso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE (C-39/13; C-40/13; C-41/13) ostino ad una normativa nazionale che impedisce a talune società di beneficiare di un più favorevole regime di deducibilità degli interessi passivi da consolidato nazionale, per il solo fatto che la comune controllante sia residente in altro Stato membro, non potendo dunque accedere al predetto consolidato nazionale, laddove le stesse società avrebbero beneficiato del predetto regime più favorevole di deducibilità se la loro controllante fosse stata residente in Italia ovvero se le partecipazioni RAGIONE_SOCIALE dette società fossero state attribuire alla stabile organizzazione della controllante non residente;
b ) se gli artt. 49 e 54 TFUE, interpretati dalla stessa Corte nel caso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE (C-39/13; C-40/13; C-41/13) ostino ad una normativa nazionale che ammette unicamente un’integrazione fiscale verticale tra una controllante residente e le sue controllate residenti, ed un’ integrazione fiscale orizzontale tra società controllate da una società non residente, e che escluda, invece, una integrazione fiscale tra società controllate e società controllante non residente;
c ) se gli artt. 49 e 54 TFUE, interpretati dalla stessa Corte nel caso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE (C-39/13; C-40/13; C-41/13) ed alla luce dei principi di effettività ed equivalenza di cui alla sentenza della Corte Giustizia UE del 14 maggio 2020, B e altri , C749/18, ostino ad una normativa nazionale che preveda che
il mancato esercizio dell’opzione per il consolidato fiscale, in un momento in cui questa non era consentita, possa precludere successivamente l’accesso agli effetti (ripristinatori, mediante il rimborso) della corretta applicazione del diritto comunitario, e quindi alla disapplicazione della normativa nazionale con esso in contrato.
Ai sensi dell’art. 267 TFUE, va quindi sollevata la questione pregiudiziale interpretativa indicata in precedenza. Il presente giudizio deve essere sospeso, mandando alla cancelleria per gli adempimenti relativi previsti dal Regolamento di procedura del la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
P.Q.M.
La Corte, visto l’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle questioni di interpretazione del diritto dell’Unione europea indicate in motivazione.
Sospende il giudizio sino alla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Dispone che la cancelleria provveda alle notifiche di cui all’articolo 109 del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ed alla trasmissione degli atti processuali conformemente all’articolo 106 del Regolamento di procedura della stessa Corte di Giustizia.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2024.