Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15621 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15621 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21399/2019 R.G. proposto da ZHU HONG, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli avv.ti COGNOME NOME e COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE), in persona del Presidente pro tempore , entrambe elettivamente domiciliate in Roma alla INDIRIZZO rappresentate e difese «ope legis» dall’Avvocatura Generale dello Stato;
-resistenti- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, SEZIONE STACCATA DI BRESCIA, n. 48/26/2019, depositata il 3 gennaio 2019;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 aprile 2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE – successivamente incorporata da RAGIONE_SOCIALE, a sua volta in sèguito incorporata da RAGIONE_SOCIALE, alla quale è infine succeduta «ex lege» l’Agenzia delle Entrate Riscossione (ADER) – notificava a Hong COGNOME, socia accomandataria della ‘RAGIONE_SOCIALE di COGNOME e C. in liquidazione’, una cartella esattoriale recante l’intimazione di pagamento di somme iscritte a ruolo a titolo di imposte, interessi e sanzioni dalla Direzione Provinciale di Brescia dell’Agenzia delle Entrate.
La COGNOME impugnava tale cartella dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, la quale, pronunciando nel contraddittorio dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, respingeva il ricorso della contribuente.
L’appello dalla stessa successivamente proposto veniva rigettato dall’adìta Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che con sentenza n. 48/26/2019 del 3 luglio 2018, depositata il 3 gennaio 2019, condannava l’impugnante alla rifusione delle spese del grado, liquidate in complessivi 16.596 euro, oltre agli accessori di legge, nonché al pagamento dell’ulteriore somma di 8.000 euro, equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. .
A sostegno del «decisum» i giudici di secondo grado rilevavano che il titolo esecutivo posto a base della cartella di pagamento era costituito dalla sentenza n. 2295/14 emessa dalla stessa CTR, passata in giudicato, con la quale era stata respinta l’impugnazione precedentemente proposta dalla Zhu avverso altra cartella fondata su tre sentenze favorevoli all’Amministrazione Finanziaria.
Avverso la menzionata sentenza n. 48/26/2019 della Commissione tributaria di appello la Zhu ha spiegato ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate e l’ADER si sono limitate a depositare un unico , al solo della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la nullità dell’impugnata sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 68 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 La censura viene così argomentata: -con sentenza n. 45/10/2009 del 12 maggio 2009, passata in giudicato, la CTP di Brescia aveva dichiarato inutiliter datae della stessa Commissione che si erano precedentemente pronunciate sui tre avvisi di accertamento ai fini dell’ILOR (anni 1996 -1997) e dell’IVA (anno 1997) emessi a carico della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; – dopo il passaggio in giudicato della menzionata sentenza, ; – il relativo giudizio , la quale, ; – per effetto di quanto statuito dalle citate pronunce, risultava, quindi, provato che ; -ciononostante, RAGIONE_SOCIALE, per conto dell’Agenzia delle Entrate, provvedeva a notificare alla Zhu la cartella esattoriale oggetto della presente controversia, recante l’intimazione di pagamento dell’ILOR e dell’IVA riprese a tassazione a carico della
prefata società di persone, rispettivamente, per il biennio 19961997 e per l’anno 1997; – detta cartella risulta emessa sulla base della sentenza n. 2295/2014 della CTR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, la quale deve ritenersi poiché .
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la nullità della gravata pronuncia per inosservanza dell’art. 64 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 395 n. 5) c.p.c. .
2.1 Si assume che risulterebbe affetto da nullità , in quanto .
2.2 In proposito, viene dedotto quanto segue: ; – , come evincibile da quanto precisato alla , ove si sottolineava che ; – anche la sentenza della CTP di Brescia n. 775/7/14 aveva ; – , deve ritenersi sussistente .
Il primo motivo è inammissibile.
3.1 La CTR ha accertato in fatto, condividendo «in toto» la ricostruzione operata dai primi giudici, che la cartella esattoriale oggetto di causa trova fondamento nella precedente sentenza n. 2295/2014 resa dalla stessa Commissione e passata in giudicato, costituente il titolo esecutivo in forza del quale ha agito l’Agenzia delle Entrate.
3.2 La doglianza in esame non si confronta adeguatamente con la motivazione posta a base del «decisum» nel momento in cui denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 68 del D. Lgs. n. 546 del 1992, risultando evidente come la menzionata norma, regolante il pagamento del tributo in pendenza del processo, non abbia ragione di essere invocata a fronte di un titolo esecutivo costituito, secondo l’incensurabile apprezzamento di merito compiuto dai giudici «a quibus» , da sentenza passata in giudicato; né il solo fatto che l’articolo predetto sia stato richiamato nella parte della sentenza dedicata allo svolgimento del processo può indurre a ritenere sussistente il prospettato «error in iudicando» , non avendo tale citazione normativa, quand’anche inesatta e inappropriata, esplicato alcuna concreta incidenza sulla soluzione della controversia adottata dal collegio regionale.
Il secondo motivo prospetta un preteso vizio revocatorio della decisione gravata asseritamente costituito dalla violazione del giudicato formatosi sulla ricordata sentenza della CTP bresciana n. 45/10/2009, con la quale, a detta della ricorrente, erano state dichiarate inutiliter datae .
4.1 Una simile doglianza, nei termini in cui è stata formulata, andava fatta valere mediante ricorso per revocazione da proporre dinanzi alla stessa Commissione Tributaria Regionale (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) che aveva pronunciato la sentenza de qua , giusta quanto disposto dell’art. 65, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
4.2 Ora, alla stregua della previsione contenuta nell’art. 67, comma 2, del D. Lgs. cit., è del tutto evidente che la violazione delle norme processuali invocate nella rubrica del motivo sarebbe stata deducibile in questa sede unicamente nei confronti della sentenza emessa all’esito del giudizio di revocazione, ma non di quella qui impugnata, giacché un eventuale vizio revocatorio da cui quest’ultima fosse risultata affetta avrebbe dovuto essere dedotto dinanzi alla stessa CTR.
4.3 Fermi i rilievi che precedono, pur volendo riqualificare il motivo in esame come diretto a far valere l’esistenza di un giudicato esterno già eccepita nel giudizio d’appello, esso risulterebbe comunque privo di fondamento.
Invero, la sentenza della CTP di Brescia n. 45/10/09 del 12 maggio 2009, acquisita agli atti, si è limitata ad annullare i ruoli impugnati nel relativo giudizio, senza dichiarare inutiliter data la sentenza n. 2295/2014, costituente, alla stregua dell’accertamento svolto dalla CTR, il titolo esecutivo posto a base della cartella di pagamento oggetto dell’odierna vertenza.
4.4 L’eventuale contrasto fra le due predette sentenze avrebbe dovuto, comunque, essere fatto valere dalla Zhu mediante l’impugnazione per revocazione di quella passata in giudicato per ultima, sempre che essa non si fosse pronunciata sulla relativa eccezione; in mancanza, non può che prevalere il giudicato
formatosi posteriormente (cfr., sull’argomento, Cass. n. 13804/2018, secondo cui, «ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, purché la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione, impugnazione peraltro ammessa esclusivamente ove la decisione oggetto della stessa non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato» ; nello stesso senso, ex ceteris , Cass. n. 2462/2024, Cass. n. 27357/2020, Cass. n. 2082/1998).
4.5 Quanto, invece, alla sentenza n. 775/7/14, essa risulta pronunciata fra parti diverse da quelle del giudizio definito dalla sentenza n. 2295/2014 nel primo caso la ‘Nuova Cina di Wang Shao Hou e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione’, nel secondo la Zhu -, sicché nessuna ipotesi di conflitto di giudicati può ritenersi anche solo astrattamente configurabile.
Per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere respinto.
Non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio, non avendo l’Agenzia delle Entrate e l’ADER espletato attività difensiva in questa sede.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione