Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6614 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 6614 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15366/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente e controricorrente incidentale contro
COGNOME e COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TRIESTE n. 42/2023 depositata il 27/02/2023.
Udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto la sospensione del giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale. Sentiti l’avv. dello Stato NOME COGNOME per la ricorrente principale e l’avv. NOME COGNOME su delega dell’avv. NOME COGNOME per i ricorrenti incidentali.
FATTI DI CAUSA
Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, in data 16/06/2018 la Guardia di Finanza Compagnia Gorizia elevava un processo verbale di constatazione e sequestro amministrativo a carico di COGNOME per la violazione del regime di ammissione temporanea per l’autovettura Porsche TARGA_VEICOLO con targa ucraina (TARGA_VEICOLO), condotta sanzionata amministrativamente a titolo di contrabbando dagli artt. 1 del d. lgs. n.8/2016, 70 del d.P.R. n.633/1972 nonché 292 e 295-bis del d.P.R. n.43/1973 (TULD) e con la confisca ai sensi dell’art. 301 del TULD .
In data 16/07/2018 NOME quale proprietaria dei mezzo, e NOME chiedevano all’Ufficio delle Dogane di Gorizia, di poter definire tale sanzione in via agevolata ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n.472/1997; in data 24/07/2018 l’Ufficio delle Dogane di Gorizia emetteva nei loro confronti l’atto di contestazione n.127100 -119 -2018 e di confisca n.127100 -21 -2018 (Prot.13107/RU), con cui veniva contestata la sanzione pecuniaria di euro 50.000,00 e disposta la confisca dell’autovettura.
In data 25/09/2018 NOME versava all’Ufficio delle Dogane di Gorizia l’importo di € 16.666,67 a titolo di sanzione amministrativa ridotta, per definizione agevolata ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n.472/1997.
L’anzidetto atto di contestazione e confisca Prot. 13107/RU del 24/07/2018 veniva quindi impugnato dai contribuenti avanti la
Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Gorizia che, con sentenza n.16/2019, respingeva il ricorso.
Proponevano appello il COGNOME e la COGNOME chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e sostenendo che con la definizione agevolata della sanzione amministrativa tributaria principale ai sensi art. 16, comma 3, del D.Lgs. n.472/1997, e il pagamento di euro 16.666,67 (pari a 1/3 della sanzione principale) era venuta meno la confisca amministrativa in applicazione dell’art. 16, comma 3, ultimo periodo, del D.Lgs. n.472/1997 (« La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie »).
La Corte di giustizia tributaria (CGT) di secondo grado del Friuli Venezia Giulia ha accolto l’appello .
Ha osservato il Collegio che a seguito delle depenalizzazioni intervenute, stante anche il principio unionale di proporzionalità delle sanzioni, doveva essere inflitta solo la sanzione amministrativa pecuniaria mentre era illegittima la conferma della confisca dell’automobile. Secondo la CTR, il provvedimento di confisca può considerarsi legittimo solo sino al momento del versamento dell’imposta e della sanzione amministrativa principale, ma dopo tale versamento, attesa la previsione di cui all’art. 16 comma 3, cit., viene meno l’efficacia della confisca ; nel caso in esame, pertanto, l’autovettura doveva essere rilasciata al proprietario senza alcun onere. I giudici d’appello hanno anche compensato le spese dei due gradi di giudizio.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane che si è affidata a due motivi.
Hanno resistito con controricorso i contribuenti che hanno proposto ricorso incidentale con un motivo, relativo alle spese, al quale l’Agenzia ha resistito con controricorso.
I contribuenti hanno depositato memoria. Anche il Pubblico Ministero ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 132 c.p.c. perché la sentenza era illogica e apparentemente motivata laddove, da una parte, aveva affermato nell’espositiva in fatto che vi era stato il pagamento della sola sanzione pecuniaria in misura ridotta e, dall’altra, in motivazione aveva ritenuto il pagamento anche del tributo che, in realtà, non vi era mai stato.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui
ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica in modo da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).
1.3. In questo caso, la Corte discorre di pagamento del tributo argomentando la decisione ma non svolge un preciso accertamento in tal senso e la contraddizione evidenziata dalla ricorrente non incide sulla ratio decidendi della sentenza, chiaramente intelligibile, secondo cui con la definizione agevolata della sanzione amministrativa principale di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 472/1997, che impedisce l’applicazione delle sanzioni accessorie, la confisca perde efficacia.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione « degli articoli 295 bis,301 336 337 338 del testo unico delle leggi doganali ha provato con decreto del presidente della Repubblica numero 43 del 1973, 108 comma tre lettera B e 124 comma uno lettera e nonché 198 del codice doganale dell’unione e degli articoli 16 e 21 del decreto legislativo 472 del 1997».
2.1. L’Agenzia osserva che i n caso di contrabbando di una autovettura, sulla base delle norme citate, la confisca della stessa è sempre obbligatoria, anche quando la sanzione tributaria sia stata pagata in misura ridotta; con la confisca, fermo l’obbligo del pagamento delle sanzioni, non è dovuto il pagamento dei dazi, mentre il trasgressore può ottenere la restituzione delle cose confiscate se paga subito i diritti di confine, le multe e le spese, oltre al valore delle cose confiscate. Oltre alla palese violazione dell’art. 301, comma 1, del TULD, il giudice dell’appello, secondo la ricorrente, aveva violato l’art. 337, comma 3, del R.D. n.65/1896,
in quanto aveva consentito al trasgressore di ottenere la restituzione delle cose confiscate senza pagare né il suo valore, né i diritti di confine evasi. Era altresì erroneo il richiamo all’art. 16, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n.472/1997, che si riferisce alle sole ipotesi di sanzioni accessorie previste dall’art. 21 del medesimo d.lgs. n.472/1997, tra le quali non compare la confisca.
2.2. Il motivo è fondato.
2.3. La decisione del Giudice del gravame è errata, innanzi tutto, laddove comprende la confisca tra le sanzioni amministrative accessorie in senso proprio.
2.3.1. L’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n.472/1997 stabilisce che le sanzioni amministrative previste per la violazione di norme tributarie sono la sanzione pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma di denaro, e le sanzioni accessorie, indicate nell’art. 21, che possono essere irrogate solo nei casi espressamente previsti. Ai sensi dell’art. 21, comma 1, del D.Lgs. n.472/1997 costituiscono sanzioni amministrative accessorie: a) l’interdizione dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali e di enti con personalità giuridica; b) l’interdizione dalla partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti e forniture; c) l’interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni amministrative per l’esercizio di imprese o di attività di lavoro autonomo e la loro sospensione; d) la sospensione dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa diverse da quelle indicate nella lettera c). Quindi, il richiamo d ell’art. 16, comma 3, ultimo periodo, del D.Lgs. n.472/1997 alle sanzioni accessorie previste dall’art. 21 del medesimo D.Lgs. n.472/1997 non può ritenersi esteso alla confisca, che non è contemplata dalla norma richiamata.
2.3.2. L e Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente confermato che « la confisca ex art. 301 TULD ha natura di misura di sicurezza, con una finalità special -preventiva finalizzata, tramite
l’ablazione del bene, da un lato a neutralizzare l’attrattiva alla realizzazione dell’illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilità del contravventore e, dall’altro, a recuperare all’erario, nella misura più celere e massima, il tributo evaso, dovendo pertanto escludersi che la sua applicazione si ponga in contrasto con il principio di proporzionalità, nell’accezione fatta propria dalla Corte di giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, Equoland, in causa C -273/13» (Cass. sez. un., n. 18286 del 2024), in linea con la giurisprudenza precedente: n ella « confisca obbligatoria prevista dal Testo Unico Doganale (..) risalta la funzione di misura di sicurezza tendente ad evitare l’ulteriore impiego o circolazione di beni segnati da illiceità e che quindi trova la propria ragion d’essere in una valutazione del legislatore non incentrata (almeno non in maniera preponderante) sulla necessità di sanzionare l’autore del reato » (così Cass. pen., 14 luglio 2017, n. 34537; v. anche Cass. n. 7999 del 1990). T ale misura, sempre secondo le Sezioni Unite, è ancora applicabile in esito all’intervento di depenalizzazione di cui al d.lgs. n. 8 del 2016 (v. Cass. sez. un. ord. n. 18284 del 2024, par. 4 e 6).
2.4. E’ di tutta evidenza, ancora, che la decisione della Corte d’appello pregiudica la funzione di garantire la « completa e tempestiva percezione del tributo di rilievo unionale », potendosi ottenere l’estinzione della confisca con il pagamento in via di definizione agevolata delle sole sanzioni, soluzione questa che stride con la natura obbligatoria della confisca (v. art. 301, comma 1, del TULD , riprodotto dall’art. 94 d. lgs. n. 141/2024, secondo cui « Nei casi di contrabbando è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e le cose che ne sono l’oggetto o il profitto »). La soluzione adottata dalla Corte di secondo grado è in contrasto con principi fondamentali del sistema doganale in quanto, se con la confisca il trasgressore non è tenuto al pagamento dei dazi evasi (v. art. 124, paragrafo 1,
lettera e), e paragrafo 2, del Reg. UE n.952/2013, secondo cui « 1. Fatte salve le disposizioni vigenti relative alla mancata riscossione dell’importo del dazio all’importazione o all’esportazione corrispondente a un’obbligazione doganale in caso di insolvibilità del debitore constatata per via giudiziaria, l’obbligazione doganale all’importazione o all’esportazione si estingue: … e) quando le merci soggette a dazi all’importazione o all’esportazione vengono confiscate o sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate;» ; v. anche l’art. 338, comma 1, del TULD « Il pagamento della multa o dell’ammenda non esime dall’obbligo del pagamento dei diritti doganali, salvo il caso in cui la merce oggetto del contrabbando sia stata sequestrata », v. ora l’art. 115 del d.lgs. n. 141/2024), il trasgressore può ottenere la restituzione delle cose confiscate solo se paga i diritti di confine, le multe e le spese, oltre al valore delle cose confiscate (art. 337, comma 3, del R.D. n.65/1896 « Lo stesso contabile ha pure facoltà di restituire al contravventore le cose confiscate quando questi, oltre ai diritti, alle multe ed alle spese, ne paghi subito il valore», v., ora, l’art. 118, comma 8, d.lgs. n. 141/2024 secondo cui « l’Agenzia, a richiesta del trasgressore, può consentire il riscatto delle merci confiscate in via amministrativa previo pagamento del valore delle stesse, dei diritti dovuti, degli interessi, delle sanzioni e delle spese sostenute per la loro gestione » ).
2.6. Anche i richiami della CGT al principio di proporzionalità non appaiono pertinenti: non solo non si tiene conto, sul piano del fatto, che nel caso in esame non vi era stato pagamento dei dazi, ma non si considerano le peculiarità dell’istituto ex art. 301 TULD che lo distinguono sia dalla confisca penale di cui all’art. 240 c.p. sia dalla confiscasanzione amministrativa di cui all’art. 20, comma 3, l. n. 689/1981 e che si giustificano « per la necessità di una tutela rigorosa ed efficace in ragione della delicatezza degli interessi protetti, già individuati ‘nella lesione di primari interessi
finanziari dello Stato … per il passaggio clandestino o fraudolento, attraverso la linea doganale, delle merci soggette a diritto di confine’ (Corte cost., sentenza n. 5 del 1977) ed ora, ancor più, di beni giuridici di rilevanza unionale poiché i dazi costituiscono un’entrata propria (e di rilievo significativo) dell’Unione, che esercita una competenza esclusiva. La tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, difatti, costituisce un obbiettivo specifico, codificato dall’art. 325 TFUE, che incombe in pari misura all’Unione e agli Stati membri e deve essere perseguita contrastando le frodi e le attività illegali mediante misure dissuasive ed efficaci sull’intero territorio dell’Unione. La Corte di giustizia, peraltro, in più occasioni ha ritenuto, con specifico riguardo alla disciplina dei dazi, l’adeguatezza della confisca in relazione all’obbiettivo dell’istituzione ‘di un livello adeguato di sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate sull’insieme del mercato interno’ (Corte di giustizia, sentenza 7 aprile 2022, causa C-489/20, UB, punto 35, con riferimento al CDU; v. in termini generali sentenza 29 aprile 2010, causa C-230/08, RAGIONE_SOCIALE con riguardo al CDC)» (Cass. sez. un. n. 18286 del 2024, par. 8).
3. Da quanto precede si desume, altresì, che non vi è ragione di sospendere il giudizio (come chiesto dal Pubblico Ministero) in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla questione sollevata dalle stesse Sezioni Unite con l’ordinanza n. 18284 del 2024 e riguardante l’art. 70 d.P .R. 26 ottobre 1972, n. 633 – in relazione agli artt. 282 e 301 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 e all’Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 (recepito nel reg. n. 2840/72/CEE) – con riferimento all’art. 3 della Costituzione e all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, là dove, al primo comma, nel prevedere che « Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine », l’art.
70 cit. non esclude l’applicabilità dell’art. 301 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43.
3.1. Le Sezioni Unite, in particolare, hanno rilevato l’eccessiva gravosità di un regime come quello dell’IVA all’importazione integrato dalla richiamata normativa doganale, che comprende l a persistenza del tributo unitamente alle sanzioni e alla confisca, in confronto con la disciplina relativa ai dazi, in cui la confisca estingue l’obbligazione doganale, e « con le omologhe condotte sia in tema di Iva interna, sia in tema di Iva all’importazione negli scambi intraunionali» . La questione sollevata riguarda non tanto la materia dei dazi quanto quello dell’IVA all’importazione, oltretutto in un caso concreto in cui il contribuente aveva, « anteriormente alla stessa adozione del provvedimento di confisca, integralmente versato sia l’imposta evasa sia le sanzioni amministrative irrogate» . Essa, quindi, non interferisce con la ratio della presente decisione, ponendo in discussione non l’istituto della confisca nel regime doganale ma la sua estensione all’IVA all’importazione.
Il motivo di ricorso incidentale in ordine alla compensazione delle spese resta assorbito.
Conclusivamente, accolto il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo e assorbito il ricorso incidentale, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice del merito.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo e assorbito il motivo di ricorso incidentale; cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 05/12/2024.