Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33964 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33964 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
Oggetto: confisca ex artt. 50 e 51 CAM – effetti estinzione dei debiti tributari
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 28982/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresenta pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) con domicilio eletto presso l’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 488/01/2020 depositata in data 03/02/2020 e non notificata; Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; Uditi per la società ricorrente l’avv ocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e per l’Agenzia delle Dogane l’avvocato dello Stato NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dell’impugnazione
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE impugnava le cartelle di pagamento e l’intimazione notificategli chiedendo che le stesse fossero annullate in quanto estinte per confusione ex art. 50 d. Lgs. n. 159 del 2011 stante la confisca del patrimonio e delle quote sociali della società stessa disposta con decreto della Corte di appello di Reggio Calabria, a conferma del sequestro a suo tempo disposto dal Tribunale di Reggio Calabria, sez. misure di prevenzione, in data 28 giugno 2010, provvedimento divenuto definitivo a seguito della sentenza resa da questa Corte in data 11 aprile 2014.
L ‘Ufficio resisteva quanto alle cartelle relative a IRPEF per il periodo d’imposta 2009, addizionali comunali e regionali e iva per il periodo d’imposta 2010; chiedeva invece dichiararsi cessata la materia del contendere riguardo alla cartella emessa per IRES.
La CTP dichiarava la cessata materia del contendere limitatamente a una cartella e accoglieva integralmente il ricorso nel resto; appellava l’Ufficio .
Con la sentenza qui impugnata la CTR ha accolto l’impugnazione, ritenendo estinti solo i crediti erariali maturati nell’anno precedente al sequestro e prima di questo come frazione di esercizio; ricorre a questa Corte la società contribuente con un solo motivo di impugnazione.
L ‘Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La sola censura dedotta dalla società lamenta la violazione degli artt. 50 e 51 del d. Lgs. n. 159 del 2011 (c.d. codice delle misure antimafia anche indicato con l’acronimo C.A.M.) per avere la sentenza di merito erroneamente ritenuto, quanto alla cartella portante la pretesa per iva relativa al periodo d’imposta 2010, che l’estinzione non potesse operare riferendosi il debito al periodo relativo al sequestro; quanto all’ IVA poi -secondo sempre parte ricorrente -risulta erronea la decisione poiché l’art. 51 ridetto troverebbe applicazione unitamente per le imposte sul reddito, non applicandosi al tributo IVA che non appartiene al novero delle imposte reddituali; l’estinzione per confusione di detto debito d’imposta andava quindi confermata.
Ancora, secondo parte ricorrente l’art. 50 ridetto nel prevedere l’estinzione per confusione degli obblighi tributari in tema ex art. 1253 c.c. troverebbe applicazione senza alcuna discriminazione temporale.
Infine, si lamenta in ricorso anche l’erroneità della sentenza di appello, che avrebbe da un lato ritenuto estinti i crediti erariali ‘maturati nell’anno precedente al sequestro’, dall’altro mancato di estinguere i crediti relativi all’anno 2009 (appunto quello precedente al sequestro disposto dal Tribunale di Reggio Calabria il 28 giugno 2010).
Il ricorso risulta infondato.
Invero, le contestazioni hanno per oggetto l ‘intimazione di pagamento alla quale sono sottese le cartelle n. NUMERO_CARTA relativa ad IRPEF, addizionale comunale all’IRPEF, addizionale regionale all’IRPEF, interessi e sanzioni per il periodo d’imposta 2009 e quanto alla cartella n. NUMERO_CARTA relativa ad addizionale comunale IRPEF e addizionale regionale IRPEF oltre a interessi e sanzioni per il periodo d’imposta 2010.
Le doglianze proposte in ricorso per cassazione sono chiaramente dirette avverso le cartelle di pagamento, in ordine alle quali sono formulate le censure che ne denunciano, secondo parte ricorrente, la illegittimità.
A fronte di ciò, deve rilevarsi che non sono proposte questioni -né nei gradi di merito, né nel presente grado di Legittimità -relativamente alla notifica delle stesse.
Tali cartelle sono quindi ormai intangibili quanto alla loro legittimità; a fronte di tale situazione, il ricorso poteva unicamente aggredire la legittimità della intimazione di pagamento successiva, fondata sulle ridette cartelle.
Nondimeno, detto ricorso -nella contestazione diretta a censurare la legittimità dell’intimazione in argomento -poteva e può appuntarsi unicamente sui vizi propri della intimazione medesima, risultando preclusa la proposizione di contestazioni inerenti i vizi delle cartelle, non impugnate e quindi non più impugnabili.
Depone in tal senso l’inequivoco tenore letterale dell’art. 19, ultimo comma, del d. Lgs. n. 546 del 1992, secondo il quale «ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri», ma «la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo».
Va peraltro, per chiarezza, puntualizzato che l’intimazione di pagamento prevista dall’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973 non rientra tra gli atti espressamente impugnabili di cui all’art. 19 del d. Lgs. n. 546 del 1992. Il suindicato art. 19 prevede espressamente tra gli atti impugnabili l’avviso di mora ma non l’intimazione di pagamento. A fronte di tale indicazione va rilevato che la precedente disciplina sulla riscossione esattoriale prevedeva che l’allora concessionario, prima di esercitare l’azione esecutiva per il recupero coattivo delle somme nei confronti del contribuente che non adempieva spontaneamente all’obbligazione tributaria, dovesse notificare al debitore un avviso, denominato avviso di mora, contenente l’indicazione dell’importo iscritto a ruolo e delle causali del debito, con l’invito a pagare entro cinque giorni l’importo
dovuto. Nel predetto sistema, quindi, la funzione della cartella esattoriale era semplicemente limitata a quella di rappresentazione cartacea del titolo esecutivo costituito dal ruolo. L’avviso di mora assolveva a due funzioni: la prima, equivalente a quella del precetto ed avente carattere necessario, consistente nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si sarebbe proceduto ad esecuzione forzata. La seconda, eventuale, di natura sostanziale, consistente nel portare a conoscenza del contribuente, per la prima volta, la pretesa erariale, ove l’avviso di mora non fosse stato preceduto dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione o della cartella esattoriale.
Come è noto, l’avviso di mora è stato abrogato a seguito dell’entrata in vigore del d. Lgs. n. 46 del 1999. La nuova disciplina ha attribuito alla cartella esattoriale anche la funzione di intimazione all’adempimento dell’obbligazione tributaria. È stato dunque soppresso il sopra menzionato avviso di mora ed è stata introdotta la intimazione di pagamento, disciplinata dall’art. 50 cit. Orbene, ferma restando, in linea di principio, l’ammissibilità di una lettura estensiva e non tassativa del novero degli atti impugnabili ex art. 19 d.P.R. n. 546 del 1992, va riaffermato il principio secondo cui l’intimazione di pagamento riferita ad una cartella di pagamento notificata e non impugnata può essere contestata solo per vizi propri e non già per vizi suscettibili di rendere nullo od annullabile la cartella di pagamento presupposta (Cass. n. 3743 del 2020).
È costante la giurisprudenza di questa Corte nel ritenere che possa infatti farsi valere solo i vizi propri dell’intimazione di pagamento ricevuta, essendo preclusa la deduzione di vizi concernenti la cartella di pagamento non tempestivamente opposti (Cass. n. 12888/2015; n. 24235/2015; n. 10326/2014; ancora in argomento la recentissima Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22108 del 05/08/2024).
Infatti, (per tutte, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1144 del 18/01/2018) in materia di riscossione di tributi, come si evince in forza di una sistematica ricognizione del sistema, la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario; solo l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce quindi un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite sono restano a carico di chi le ha anticipate.
p.q.m.
rigetta il ricorso. Compensa le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.