Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11089 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11089 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14746/2020 R.G. proposto da: COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa ex lege in ROMA dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 1792/2019 depositata il 04/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate notific ava a NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione maggiori redditi in relazione all’anno di imposta 1995.
1.1. L’atto impositivo traeva origine dal recupero a tassazione di un maggior reddito a carico di RAGIONE_SOCIALE, della quale l’Erario aveva disconosciuto lo scopo mutualistico, con le connesse agevolazioni fiscali. In conseguenza di ciò, era stato emesso un
avviso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE socia della predetta cooperativa, ai fini del recupero degli utili distribuiti.
1.2. La pretesa erariale avanzata nei confronti del COGNOME concerneva il fatto ch’egli era socio al 50% di RAGIONE_SOCIALE e, all’1,99%, di RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME e NOME RAGIONE_SOCIALE impugnavano l’avviso innanzi alla CTP di Ferrara.
Nelle more del giudizio, la società esperiva la procedura di condono di cui all’art. 16 della l. 27 dicembre 2002, n. 289, con conseguente estinzione del processo.
Il ricorso del contribuente veniva invece accolto.
La CTR dell’Emilia -Romagna, adìta con appello dall’Amministrazione, riformava integralmente la decisione di primo grado; sul successivo ricorso per cassazione, proposto dal contribuente, interveniva l’ordinanza n. 22794/2010 di questa Corte che dichiar ava la nullità del giudizio per la parte inerente ai redditi di partecipazione nella società di persone, ravvisando una violazione del principio del contraddittorio, poiché vi avrebbero dovuto partecipare tutti i soci della stessa.
Il giudizio veniva riassunto innanzi alla CTP di Ferrara dal COGNOME, il quale affermava che il condono esperito da RAGIONE_SOCIALE avrebbe spiegato effetto favorevole nei suoi confronti, in particolare mediante la riduzione del suo debito pro quota in misura corrispondente all’importo condonato.
La CTP rigettava la domanda del contribuente, il quale proponeva appello innanzi alla CTR dell’Emilia -Romagna.
6.1. Quest’ultima respin geva il gravame, ritenendo, per quanto qui ancora di interesse, che il contribuente non potesse estendere a proprio vantaggio gli effetti del condono, in quanto l’Amministrazione conservava il potere di procedere al relativo accertamento, ed anche perché difettava, nel caso di specie, il fondamentale requisito della partecipazione di tutti i soggetti coinvolti (società e soci) al relativo
giudizio, vertendosi in fattispecie di litisconsorzio necessario, che in questo caso era venuto meno proprio per effetto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere nei confronti della società che aveva definito la lite mediante condono.
Avverso la sentenza di appello proponeva ricorso NOME COGNOME con due motivi, illustrati con memoria difensiva.
L’Agenzia delle entrate resiste va con controricorso.
Questa Corte quindi, con ordinanza interlocutoria n. 22743 del 12/08/2024, ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME che, come risulta dalla sentenza impugnata, era parte del giudizio di appello.
10 . Adempiuto tale incombente, la causa viene chiamata all’odierna adunanza, dandosi atto che NOME COGNOME è rimasto intimato e che il ricorrente NOME COGNOME in data 20/03/2025, ha depositato ulteriore memoria illustrativa ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione degli art. 5 e 40 del Tuir – Motivazione contraddittoria».
1.1. In via preliminare di rito, occorre rilevare che, per questa Corte è ammissibile il ricorso per cassazione, il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., allorché esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. n. 8915/2018), essendo sufficiente che la formulazione del motivo consenta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. U., n. 9100/2015).
Nel caso di specie il motivo, in concreto, censura un vizio di violazione di legge, per avere la Commissione territoriale errato nell’escludere l’estensione ai soci degli effetti della definizione agevolata della lite, ex art. 16 legge n. 289/2002, da parte della società partecipata RAGIONE_SOCIALE, nei termini che seguono. In particolare, i ricorrenti lamentano che la CTR non avrebbe rilevato che la base imponibile su cui andava applicata l’imposta di partecipazione societaria si era azzerata a seguito dell’adesione, ciò in quanto l’avviso di accertamento del maggior reddito accertato nei confronti di tale società era stato annullato in primo grado e, quindi, sarebbe divenuto pari a zero e sarebbe rimasto tale in quanto il giudizio di appello proposto dall’Ufficio si sarebbe estinto per adesione della società partecipata alla definizione della lite.
La censura è, peraltro, infondata.
2.1. Com’è noto, e come questa Corte ha più volte affermato, il condono effettuato dalla società non giova automaticamente ai soci, i quali, ove intendano avvalersi del beneficio, devono presentare autonoma istanza, e nei cui confronti l’amministrazione co nserva il potere-dovere di effettuare accertamenti e rettifiche (si vedano, fra le numerose altre, Cass. n. 1076/2020; Cass. n. 28007/2017; Cass. n. 7134/2014 e, da ultimo Cass. 11/10/2022, n. 29710, pronunciata tra COGNOME Paolo e l’Agenzia delle entrate, relativa a differente anno di imposta).
2.2. Né osta alla pacifica operatività di tale principio la previsione contenuta nel primo comma dell’art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, a mente del quale il reddito della società di persone dev’essere imputato a ciascun socio in proporzione alla quota di partecipazione agli utili; di tale previsione, in particolare, i ricorrenti assumono l’applicabilità anche per il caso in cui il reddito della società sia stato accertato a seguito di condono fiscale conseguente alla presentazione di dichiarazione integrativa, nei termini ritenuti da
diverse pronunzie di questa Corte (sono richiamate, in tal senso, Cass. n. 26323/2009, Cass. n. 14815/2008; Cass. n. 14490/2016; Cass. n. 2923/2013; Cass. n. 28007/2017, non risultando pertinente il richiamo a Cass. n. 33486/2018).
2.3. E, tuttavia, la regola evocata si riferisce a fattispecie non sovrapponibili alla presente vicenda; essa è infatti riconducibile alle ipotesi di rettifica della dichiarazione -quali sono quelle contemplate dall’art. 2 -bis del d.l. 30 settembre 1994, n. 564, conv. nella l. 30 novembre 1994, n. 656, e dall’art. 9-bis, comma 18, d.l. 28 marzo 1997 n. 79, conv. in legge 28 maggio 1997, n. 140, prese in esame dalle pronunzie da ultimo citate ─ nelle quali la definizione del contenzioso ha per oggetto l’esistenza, la stima, l’inerenza e l’imputazione a periodo dei componenti positivi e negativi del reddito, e dunque attinge la determinazione della base imponibile.
2.4. Da tali ipotesi, in tutta evidenza, differisce il condono ex art. 16 della l. n. 289/2002, con il quale la società RAGIONE_SOCIALE ha definito la propria lite fiscale pendente.
In tale ultima fattispecie normativa, infatti, la definizione ha luogo mediante il versamento di un importo che non incide sulla determinazione della base imponibile; siffatta forma di definizione, pertanto, non presenta alcun profilo di interferenza con il tema dell’individuazione e stima del reddito, cui afferisce la regola dettata dall’art. 5 del d.P.R. n. 917/1986, e dunque non risulta conferente neppure il richiamo, a tale riguardo operato dai ricorrenti, ai principi dettati da Cass. S.U. n. 14815/2008.
Con il secondo motivo di ricorso il contribuente lamenta l’«Omessa pronuncia sul secondo motivo dell’appello, inerente al merito dell’accertamento (art. 360 n. 4 c.p.c. con riferimento all’art. 112 c.p.c.)».
3.1. Il motivo è inammissibile.
Giova richiamare, a tale riguardo, il condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, qualora siano
prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio’ (Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. 23675 del 2013).
3.2. Dalla lettura della sentenza impugnata non risulta che, in sede di giudizio di rinvio, il contribuente abbia contestato anche il merito relativo ai maggiori redditi di partecipazione accertati, avendo solo eccepito l’opponibilità nei suoi confronti del condono usufruito dalla società partecipata ed anzi, per sua stessa ammissione (v. ricorso, p. 11), la contestazione del merito dell’accertamento tributario sarebbe stata sollevata solo in primo grado e non riproposta in sede di rinvio.
4. Infine, si rileva che, con la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. depositata il 20/03/22025 il ricorrente dà atto: i) che questa Corte, con ordinanza n. 4744/2021 ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME in relazione al reddito di partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 1995, tra l’altro rilevando che il ricorrente non poteva avvantaggiarsi degli effetti di una pronuncia che assumeva essere stata resa inter alios (Agenzia delle entrate e altri soci della Co.pro.zoo.) sia pure con riferimento alla medesima vicenda societaria che viene in rilievo nel caso di specie; ii) che il ricorso per revocazione avverso la predetta ordinanza è stato rigettato da questa Corte con ordinanza n. 23108/2024); iii) che in relazione a tale vicenda processuale ha presentato ricorso alla
Cedu; iv) che ‘sarebbe pertanto opportuno’ attendere la decisione della Cedu.
4.1. La richiesta, peraltro solo adombrata dal ricorrente, non può essere accolta, non essendo contemplata, nella specie, la possibilità della sospensione del giudizio di legittimità, ed anzi essendo espressamente previsto dall’art. 391 -quater c.p.c., inserito dall’art. 3, comma 28, lett. o), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, lo speciale rimedio della Revocazione per contrarietà alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, disponendosi che, nei casi espressamente previsti dalla richiamata norma, «Le decisioni passate in giudicato il cui contenuto è stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali ovvero ad uno dei suoi Protocolli, possono essere impugnate per revocazione».
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 02/04/2025.