Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19241 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19241 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
Condono ai sensi della legge n. 289 del 2002 -cartella di pagamento -definizione agevolata ex d.l. n. 119 del 2018
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19606/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ;
-ricorrente – contro
NOME;
e nei confronti di
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE;
-intimata – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, n. 799/2017, depositata il 1° febbraio 2017;
oltre che
-intimata –
sul ricorso iscritto al medesimo n. 19606/2017 R.G. proposto da: NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ;
-controricorrente –
Avverso il diniego della definizione agevolata della controversia tributaria prot. 74374 del 30 giugno 2020. udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5
giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME con riferimento alle somme dovute a seguito delle dichiarazioni dei redditi dal 1997 al 2001, presentava domanda di condono ex art. 9bis legge n. 289 del 2002. L’Ufficio, tuttavia, notificava atto di diniego assumendo che la contribuente non aveva versato integralmente quanto dovuto.
La Marino impugnava il diniego ed il giudizio (diverso da quello deciso con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso per cassazione) si concludeva in secondo grado con sentenza della CTR della Campania n. 244 del 2007 la quale dichiarava che la definizione agevolata era efficace; che l’Ufficio aveva titolo per recuperare le somme non versate; che la contribuente era tenuta al pagamento della sanzione nella misura del 30 per cento delle somme non versate ed anche agli interessi.
L ‘Ufficio proponeva ricorso per cassazione avverso detta ultima sentenza sostenendo che il versamento di somme inferiori a quelle dovute determinava la decadenza dai benefici del condono.
In pendenza del predetto giudizio di legittimità, la società di riscossione, in data 17 giugno 2013, notificava la cartella di pagamento n. 100 2013 00259612 80 (oggetto dell’odierno giudizio) con la quale recuperava le somme dovute in ragione di quanto statuito dalla CTR con la citata sentenza n. 244 del 2007. Nella cartella si precisava che la parte, a fronte della somma dovuta di euro 185,781,00 ai sensi della legge n. 289 del 2002, aveva versato solo euro 91.000,00 e che la CTR con la sentenza n. 244 del 2007 aveva disposto il recupero delle somme non versate, della sanzione pari al 30 per cento di dette ultime, degli interessi. Per l’effetto , la cartella quantificava quanto dovuto in euro 161.783,38 (di cui 94.781,00 per imposte legge n. 289 del 2002, euro 28.34,00 per sanzioni ed il residuo per interessi).
La contribuente -convenendo in giudizio sia l’Ente impositore che l’Ente di riscossione impugnava la cartella, eccependo che aveva eseguito pagamenti dei quali non si era tenuto conto nella quantificazione delle imposte non versate; che aveva subito un danno da «tardivo rimborso»; che il calcolo degli interessi era errato e che era maturata la decadenza dall’iscri zione a ruolo con prescrizione dei termini per la notifica della cartella stessa.
4. La CTP di Salerno, rigettati gli ulteriori motivi, affermava che l’Ufficio era obbligato a detrarre quanto già corrisposto dalla contribuente e, per l’effetto, accoglieva parzialmente il ricorso «s ussistendo l’obbligo dell’ufficio di contabilizzare la eventuale richiesta di tributi in ragione della sentenza emessa, tenuto conto di tutto quanto già versato, con conseguente obbligo di disporre il rimborso per il tramite del concessionario nel caso in cui fosse stata versata una somma maggiore di quanto effettivamente dovuto».
Avverso detta sentenza proponevano appello la contribuente e l’Agenzia delle entrate .
La CTR, con la sentenza qui impugnata, nel contraddittorio anche della società di riscossione, rigettava l’appello principale dell’Ufficio e accoglieva quello proposto in via incidentale dalla contribuente, annullando, per l’effetto , integralmente la cartella impugnata.
La CTR rilevava che la statuizione di cui alla sentenza della CTP era corretta e che l’Ufficio non aveva tenuto conto di tutto quanto già versato dalla contribuente che superava l’importo oggetto della cartella la quale, pertanto, andava integralmente annullata.
Avverso detta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della contribuente ed evocando in giudizio anche l’Ente di riscossione . Entrambi gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
In pendenza di questo giudizio di legittimità la contribuente avanzava domanda di definizione agevolata della controversia. L’Agenzia delle entrate, tuttavia, notificava atto di diniego evidenziando che la definizione poteva avere ad oggetto solo le controversie relative agli atti impositivi e non gli atti di mera riscossione.
Avverso detto atto di diniego di cui all’epigrafe la contribuente ha proposto ricorso per cassazione nei confronti del l’Agenzia delle entrate, che ha resistito a mezzo di controricorso.
La contribuente ha pure depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso avverso la sentenza n. 799 del 2017 l’Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 9 -bis legge n. 289 del 2002 e dell’art. 26, comma 1, d.lgs. n. 112 del 1999.
L’Ufficio osserva che la sentenza della CTR n. 244 del 2007 prodromica alla cartella impugnata -aveva delimitato le somme che l’Ufficio era legittimato ad iscrivere a ruolo a seguito dell’adesione della contribuente al condono di cui alla legge n. 289 del 2002 e che , in parte
qua , la sentenza non era stata impugnata dalla contribuente (in quanto il ricorso per cassazione era stato proposto solo dall’Ufficio) restando definitivamente accertate come dovute le somme non versate a seguito del condono, la sanzione nella misura del 30 per cento delle medesime e quella imputata a titolo di interessi. Per l’effetto , rileva che, rispetto alla cartella, nessun versamento era stato eseguito dalla contribuente e che la sentenza impugnata era errata laddove aveva ritenuto che l’Ufficio avreb be dovuto contabilizzare quanto già versato ed eventualmente restituire quanto versato in eccesso e che, essedo state versate somme maggiori rispetto all’importo iscritto , la cartella andava annullata. Precisa, a tal proposito, che le cartelle di pagamento emesse precedentemente alla iscrizione a ruolo, ed oggetto del condono n. 289 del 2002, erano state annullate in ragione degli sgravi effettuati sulle precedenti iscrizioni a ruolo; che, laddove in ragione delle pregresse cartelle fossero state pagate delle somme, tanto esulava dalla controversia, salvo il rimborso da parte del concessionario o la compensazione.
Con l’unico motivo proposto avverso il diniego di condono la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018.
Assume che l’atto impugnato «non è un atto liquidatorio emesso dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno, ma un atto di accertamento volto alla definizione delle somme asseritamente ancora dovute».
Il ricorso avverso il diniego della domanda di condono proposta dalla contribuente ex art. 6 d.l. n. 119 del 2018 -da esaminarsi in via logicamente preliminare in quanto al suo accoglimento conseguirebbe l’estinzione del giudizio -è infondato.
3.1. La cartella emessa a seguito della iscrizione a ruolo in via provvisoria delle somme dovute dalla contribuente a seguito della
sentenza n. 244 del 2017 dalla CTR è atto meramente riscossivo di quanto accertato nel titolo giudiziale, ancorché non definitivo, sicché il medesimo è sottratto alla definizione agevolata di cui all’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 prevista per gli atti impositivi ed estesa, secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche agli atti impo-esattivi, come ad esempio le cartelle emesse a seguito di procedura automatizzata qualora costituiscano il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente (Cass. Sez. U. 25/06/2021, n. 18298 e, più recentemente, Cass. 27/08/2024, n. 23183).
Del resto, con riferimento alle somme dovute in ragione del condono c.d. clemenziale di cui all’art. 9 -bis legge n. 289 del 2002, questa Corte ha rilevato che non è necessaria nemmeno l’attività liquidatoria ex art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 in ordine alla determinazione del quantum , esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3 della norma di riferimento, con gli interessi di cui all’art. 4 (Cass. 06/10/2022, n. 29062).
Infine, questa Corte ha precisato che in materia di condono fiscale, attesa la natura restrittiva ed eccezionale della relativa disciplina, come tale non estensibile analogicamente, ed in difetto di un’esplicita disposizione legislativa, non è ammissibile il cd. «condono di condono», giacché, in caso contrario, il contribuente fruirebbe irragionevolmente per due volte, con riguardo alla stessa imposta, di un atto clemenziale dettato da contingenti ed eccezionali esigenze finanziarie e di carico giudiziario, così determinandosi un vulnus al principio di parità di trattamento di fronte al fisco, ai sensi degli artt. 3 e 53 Cost., sia per l’esiguità delle somme recuperate dall’Erario, sia per il contenzioso che ne deriverebbe, con conseguenti ricadute sul funzionamento del sistema giudiziario (Cass. 08/06/2018, n. 14993).
Anche il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza in epigrafe è privo di fondamento e va respinto.
4.1. E’ opportuno ricostruire i punti salienti della controversia.
La CTR, con la sentenza n. 244 del 2007, riteneva che la contribuente potesse beneficiare del condono di cui alla legge n. 289 del 2012. Per l’effetto, stabiliva il recupero «delle somme non versate», delle sanzioni nella misura del 30 per cento di queste ultime e degli interessi.
A seguito di tale sentenza l’U fficio iscriveva a ruolo le somme tenendo conto di quanto già versato dalla contribuente a seguito della domanda, ovvero la somma di euro 94.781,00, in parte contestualmente all’istanza ed in parte in rate successive.
La contribuente, tuttavia, opponendosi alla cartella, evidenziava che le somme corrisposte per il medesimo titolo erano pari alla maggior somma di euro 107.774,56.
L’Ufficio replicava alla pretesa affermando: – che le somme corrisposte a seguito dell’istanza di condono erano state tutte contabilizzate; – che le cartelle di pagamento emesse prima della presentazione della domanda di condono erano state annullate a seguito dello sgravio disposto in ragione del condono stesso; – che eventuali versamenti eseguiti dalla contribuente erano estranei all’oggetto del contendere e che la stessa avrebbe dovuto chiederne il rimborso al Concessionario.
La CTR , con la sentenza di cui all’epigrafe, ha ritenuto che le somme già corrisposte superavano l’importo iscritto nella cartella, sicché quest’ultima doveva essere annullata.
4.2. L’Ufficio con il motivo di ricorso per cassazione, riproponendo pedissequamente il medesimo argomento già speso innanzi alla CTR, ribadisce che per le somme eventualmente corrisposte dalla contribuente prima dell’accesso al condono , in ragione delle pregresse
cartelle, di seguito annullate proprio in ragione dell’accesso al beneficio, questa avrebbe dovuto chiedere la compensazione o il rimborso al concessionario.
4.3. L’argomento non è condivisibile.
Questa Corte ha già rilevato che il condono previsto dall’art. 9-bis legge n. 289 del 2012 consente di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni e che il medesimo, pertanto, costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale; di conseguenza, non è necessaria nemmeno l’ attività liquidatoria ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 in ordine alla determinazione del quantum , esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3 della norma di riferimento, con gli interessi di cui all’art. 4; il condono, pertanto, è condizionato all’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo quando tale condizione venga rispettata e si provveda al pagamento delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si perde la possibilità di avvalersi della definizione anticipata (Cass. 06/10/2022, n. 29062, cit.).
Ciò posto, a fronte della sentenza n. 244 del 2007 che dichiarava l’efficacia della definizione ex lege n. 289 del 2002, ed il diritto dell’Ufficio di procedere al «recupero delle somme non versate» , l’Ufficio stesso poteva legittimamente iscrivere a ruolo solo quanto ancora dovuto; di conseguenza, avrebbe dovuto tener conto di tutto quanto corrisposto dalla contribuente, anche precedentemente all’istanza di condono senza poter distinguere tra somme pagate prima
e dopo il condono stesso . L’accesso a quest’ultimo, infatti, non determinava un mutamento del titolo della pretesa erariale, ma solo il beneficio della esclusione o riduzione delle sanzioni.
In definitiva, entrambi i ricorsi -avverso la sentenza della CTR n. 799 del 2017 ed avverso il diniego di definizione agevolata della odierna controversia e d.l. n. 119 del 2018 -vanno rigettati con conseguente compensazione delle spese di lite tra le parti costituite, stante la loro reciproca soccombenza, con riferimento ad entrambi i giudizi di legittimità scaturiti dai due distinti ricorsi formulati.
I presupposti processuali per il versamento, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto sussistono solo per la contribuente che ha proposto ricorso avverso il diniego della definizione agevolata e non per l’Agenzia delle entrate in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa integralmente tre le parti le spese di lite di entrambi i giudizi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l egge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente contribuente avverso il diniego di condono, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 giugno 2025.