LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concorso illecito tributario: la responsabilità

La Corte di Cassazione analizza la responsabilità di un professionista per concorso illecito tributario nelle violazioni commesse da una società. La sentenza chiarisce che la norma che attribuisce le sanzioni esclusivamente alla persona giuridica non protegge i concorrenti esterni. Inoltre, la Corte stabilisce che i giudici di merito devono valutare gli indizi non singolarmente, ma nel loro complesso, per accertare la responsabilità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Concorso nell’Illecito Tributario: la Cassazione chiarisce la Responsabilità del Consulente Esterno

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7951 del 2025, affronta un tema di cruciale importanza: i limiti e le condizioni della responsabilità di un professionista esterno per il concorso illecito tributario nelle violazioni fiscali commesse da una società cliente. La decisione offre chiarimenti fondamentali su come interpretare le norme sanzionatorie e su come i giudici debbano valutare le prove indiziarie, ribadendo che lo schermo societario non garantisce l’impunità a chi contribuisce alla frode.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un atto di contestazione notificato dall’Agenzia delle Entrate a un professionista. L’accusa era quella di aver concorso, ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. n. 471/1997, nelle violazioni fiscali commesse da una società a responsabilità limitata unipersonale. Quest’ultima, secondo l’Agenzia, era coinvolta in un meccanismo di intermediazione illecita di manodopera che aveva generato significative evasioni fiscali e contributive.

Al professionista veniva imputato il ruolo di ideatore e gestore del disegno fraudolento, nonostante non ricoprisse formalmente cariche societarie. Le prove a sostegno dell’accusa si basavano principalmente sulle dichiarazioni dell’amministratore di fatto della società e su quelle di altri professionisti (intermediario fiscale e consulente del lavoro) che avevano indicato il convenuto come unico referente per le attività della società.

Nei primi due gradi di giudizio, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, annullando l’atto. I giudici di merito avevano ritenuto che le dichiarazioni raccolte, pur costituendo indizi, non fossero sufficienti a raggiungere il rango di prova, in quanto provenienti da un soggetto interessato a ridurre la propria responsabilità e non supportate da riscontri oggettivi inequivocabili.

La Questione Giuridica: il Concorso Illecito Tributario e lo Schermo Societario

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme in materia di sanzioni (artt. 5, 9 e 11 del D.Lgs. 472/97) e di prova presuntiva (artt. 2727 e 2729 c.c.).

Il cuore della questione giuridica verte sull’applicabilità delle sanzioni per concorso illecito tributario a un soggetto terzo (il professionista) quando la violazione è formalmente imputabile a una società con personalità giuridica. La difesa del professionista si fondava, implicitamente, sul principio introdotto dall’art. 7 del D.L. 269/2003, che ha stabilito la riferibilità esclusiva delle sanzioni alla persona giuridica.

La Corte è stata quindi chiamata a chiarire se tale principio escluda anche la responsabilità dei concorrenti esterni o se si limiti a regolare i rapporti interni tra la società e i suoi organi (amministratori, dipendenti).

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Le motivazioni sono articolate e toccano due punti fondamentali.

La Responsabilità dei Terzi nel Concorso Illecito Tributario non è Esclusa

La Corte ribadisce un orientamento ormai consolidato: l’art. 7 del D.L. 269/2003, che concentra le sanzioni in capo all’ente, non ha abrogato l’istituto del concorso di persone nell’illecito previsto dall’art. 9 del D.Lgs. 472/1997. La ratio della norma è quella di far ricadere il peso della sanzione sul soggetto che ha beneficiato della violazione (la società), ma questo vale per le figure interne all’ente (amministratori, rappresentanti, dipendenti). Non può, invece, essere estesa fino a garantire l’impunità a soggetti terzi ed esterni che abbiano fornito un contributo causale, materiale o anche solo morale, alla commissione dell’illecito. Il professionista che, con la sua competenza, idea o agevola una frode fiscale, risponde a titolo di concorso, indipendentemente dalla responsabilità della società.

Il Corretto Metodo di Valutazione della Prova Presuntiva

Il secondo punto di censura, accolto dalla Corte, riguarda il metodo con cui i giudici di merito hanno valutato le prove. La Cassazione ha rilevato che la Commissione Tributaria Regionale ha commesso un errore metodologico, esaminando ogni indizio in modo ‘atomistico’ e isolato, concludendo che nessuno di essi, da solo, fosse sufficiente.

Questo approccio è contrario ai principi del ragionamento presuntivo (art. 2729 c.c.), che impone un doppio passaggio logico:
1. Valutazione analitica: analisi di ogni singolo elemento indiziario per verificarne la potenziale rilevanza probatoria.
2. Valutazione complessiva e globale: una volta isolati gli indizi rilevanti, il giudice deve valutarli tutti insieme, nella loro sintesi, per accertare se la loro combinazione fornisca una prova valida, grave, precisa e concordante del fatto da dimostrare.

Nel caso di specie, la CTR si è limitata a svalutare le dichiarazioni dell’amministratore di fatto, senza considerarle unitamente alle conferme provenienti dagli altri consulenti e alla documentazione (contratti fittizi) rinvenuta presso lo studio del professionista. Un esame complessivo di questi elementi, secondo la Corte, avrebbe potuto portare a una conclusione diversa.

Le Conclusioni

La sentenza n. 7951/2025 rappresenta un importante monito per i professionisti che operano in ambito fiscale e societario. La Corte di Cassazione chiarisce senza ambiguità che fornire un contributo consapevole alla realizzazione di un illecito tributario espone a sanzioni dirette a titolo di concorso, senza potersi riparare dietro lo schermo della personalità giuridica della società cliente. Inoltre, la pronuncia riafferma un principio processuale fondamentale: la prova per presunzioni richiede una valutazione sintetica e complessiva degli indizi, e non una loro frammentaria e isolata analisi. I giudici di merito sono tenuti a ricostruire il quadro completo, dove i singoli indizi possono rafforzarsi a vicenda e condurre a una prova logica e coerente.

Un professionista esterno a una società può essere sanzionato per concorso negli illeciti tributari commessi dalla società stessa?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il principio della responsabilità esclusiva della persona giuridica per le sanzioni fiscali (art. 7 D.L. 269/2003) non esclude la responsabilità per concorso dei terzi esterni (come i consulenti) che abbiano contribuito, materialmente o psicologicamente, alla realizzazione della violazione ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 472/1997.

Per configurare il concorso dell’illecito tributario, è necessario dimostrare che il professionista abbia ottenuto un vantaggio economico personale, oltre al suo compenso?
No. La sentenza chiarisce che il conseguimento di un vantaggio economico personale da parte del terzo concorrente, ulteriore rispetto al normale compenso professionale, non è un elemento costitutivo della fattispecie di concorso. Può al massimo valere come elemento indiziario, ma la sua assenza non esclude la responsabilità.

Come devono essere valutati dal giudice gli indizi a carico del presunto concorrente nell’illecito?
Il giudice deve seguire un procedimento logico in due fasi: prima una valutazione analitica di ogni singolo indizio per verificarne la rilevanza, e poi una valutazione complessiva e globale di tutti gli elementi raccolti. È errato esaminare gli indizi in modo isolato (‘atomistico’), poiché la loro combinazione può fornire una prova presuntiva valida, anche se singolarmente appaiono deboli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati