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Concordato fiscale: limiti ai poteri di accertamento

Una società di costruzioni, pur avendo aderito al concordato fiscale, subisce un accertamento basato su presunzioni semplici. La Corte di Cassazione ha annullato l’accertamento, stabilendo che il concordato fiscale inibisce l’uso di specifici poteri di verifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria, a prescindere dall’entità del maggior reddito eventualmente accertato. Viene chiarito che il superamento della soglia del 50% non può sanare un’attività di verifica svolta con poteri non consentiti dalla legge.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Concordato Fiscale: Quando i Poteri di Accertamento Vengono Inibiti

L’adesione a un concordato fiscale rappresenta per molte imprese uno strumento di certezza e stabilità nel rapporto con il Fisco. Tuttavia, quali sono i reali confini dei poteri di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria in questi casi? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, stabilendo un principio fondamentale a tutela del contribuente: l’esistenza del concordato inibisce a monte l’uso di determinati metodi di indagine, anche se emergono indizi di evasione.

I Fatti di Causa: Un Accertamento Nonostante l’Accordo

Una società di costruzioni, dopo aver aderito al concordato preventivo biennale per l’anno d’imposta 2003, si è vista notificare un avviso di accertamento per maggiori imposte dirette e IVA. Durante una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate aveva rinvenuto alcuni documenti extracontabili – nello specifico, bozze di contratti preliminari non firmate – dai quali emergeva una presunta discrepanza tra i prezzi pattuiti e quelli successivamente fatturati per la vendita di immobili.

Sulla base di questi elementi presuntivi, l’Ufficio aveva ricostruito un maggior reddito, superando la soglia del 50% rispetto a quello dichiarato. Secondo l’Amministrazione e i giudici di merito, questo superamento sarebbe stato sufficiente a far decadere le tutele previste dal concordato, legittimando l’accertamento.

L’Iter Giudiziario nei Primi Gradi

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato parzialmente ragione all’impresa, ma avevano confermato la legittimità dell’accertamento. Il loro ragionamento si basava sull’idea che il ritrovamento di prove di un maggior reddito così rilevante (pari a oltre 117.000 euro) facesse venir meno le limitazioni ai poteri di verifica previsti dalla normativa sul concordato fiscale.

Il Concordato Fiscale e la Gerarchia delle Tutele

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato la decisione dei giudici di merito. Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’articolo 33 del D.L. n. 269/2003, che disciplina il concordato. La norma prevede due livelli di protezione per il contribuente:

1. Inibizione dei poteri (comma 8): In presenza di concordato, alcuni specifici poteri di accertamento sono “inibiti” a monte. Tra questi rientra l’accertamento analitico-induttivo basato su presunzioni semplici, come quello effettuato nel caso di specie, fondato su bozze di contratto non sottoscritte.
2. Preclusione dell’atto (comma 8-bis): Esiste poi una soglia quantitativa. Se il maggior reddito accertabile (con i poteri non inibiti) è inferiore o pari al 50% di quello dichiarato, l’atto di accertamento è precluso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che queste due disposizioni non sono alternative, ma complementari e gerarchicamente ordinate. L’Amministrazione Finanziaria deve prima verificare quali poteri può legalmente esercitare (rispettando l’inibizione del comma 8) e solo successivamente, sulla base dei risultati ottenuti con tali poteri, può valutare se il maggior reddito accertato supera la soglia del 50% (comma 8-bis).

Le Motivazioni della Sentenza

Secondo gli Ermellini, l’errore della Commissione Tributaria Regionale è stato quello di considerare il superamento della soglia del 50% come un evento che “sana” a posteriori un’attività di verifica svolta con poteri che la legge, in presenza di un concordato fiscale, non le consentiva di utilizzare. L’accertamento era scaturito da un’indagine di tipo analitico-induttivo basata su presunzioni semplici (documenti extracontabili), un potere espressamente inibito dal comma 8 dell’art. 33. Di conseguenza, l’intero accertamento era illegittimo fin dall’origine, a prescindere dall’importo del maggior reddito contestato.

La Corte ha inoltre precisato che, per quanto riguarda l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), il concordato non opera. Pertanto, ha rinviato il caso al giudice di secondo grado per una nuova valutazione limitatamente a tale imposta, specificando la necessità di chiarire la natura giuridica delle somme incassate dall’impresa (acconto o caparra) e il loro corretto trattamento fiscale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza in modo significativo le garanzie per i contribuenti che scelgono la via del concordato fiscale. Il principio stabilito è chiaro: l’adesione all’accordo non è una mera formalità, ma impone all’Amministrazione Finanziaria limiti precisi e invalicabili sui metodi di indagine. L’accertamento non può basarsi su mere presunzioni o documenti informali, ma deve fondarsi su prove ottenute attraverso i poteri non inibiti dalla normativa. Per le imprese, ciò si traduce in una maggiore prevedibilità e certezza, consolidando la funzione del concordato come strumento di prevenzione del contenzioso tributario.

Un’azienda che ha aderito al concordato fiscale può subire qualsiasi tipo di accertamento?
No. L’adesione al concordato inibisce l’esercizio di specifici poteri di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria, come l’accertamento analitico-induttivo basato su presunzioni semplici, come quello fondato su bozze di contratti non firmati.

La scoperta di un reddito non dichiarato superiore al 50% di quello dichiarato annulla sempre le tutele del concordato fiscale?
No. Secondo la Corte, il superamento della soglia del 50% non legittima un accertamento se questo è stato condotto utilizzando poteri che la legge inibisce in presenza di concordato. La verifica dei poteri esercitabili viene prima della valutazione quantitativa del reddito accertato.

Il concordato fiscale preventivo offre protezione anche ai fini dell’IRAP?
No. La sentenza chiarisce che il concordato preventivo biennale, disciplinato dall’art. 33 del D.L. 269/2003, concerne essenzialmente le imposte sui redditi e ha effetti limitati sull’IVA, ma esula dall’ambito di applicazione dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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