Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5882 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5882 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23568/2019 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, PALERMO n. 195/2019 depositata il 16/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ha notificato al contribuente, odierno ricorrente, avviso di liquidazione con il quale pretendeva il pagamento dell’importo complessivo di € 15.975,06, a titolo di imposta proporzionale di registro, ipotecaria, catastale e di bollo relativa a concordato fallimentare omologato, che prevedeva il trasferimento in favore della RAGIONE_SOCIALE o di soggetto che la stessa si riservava di nominare, una volta eseguiti i pagamenti in favore dei creditori fallimentari, di tutti i beni e diritti appartenenti all’attivo della procedura fallimentare.
La contribuente ha proposto ricorso avverso tale provvedimento, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Agrigento, la quale ha emesso la sentenza n. 1251/4/2014 di rigetto del ricorso.
Tale decisione è stata impugnata dalla contribuente innanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia la quale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello , ritenendo che le imposte fossero dovute in base all ‘ art. 8, lettera a) della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede l ‘ applicazione dell ‘ imposta di registro per i provvedimenti giudiziari recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili
Avverso la suddetta sentenza, parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate
Successivamente la sola parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380 bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell ‘ art. 360, comma I, n. 4) c.p.c., per violazione dell’art 132, comma 2, n. 4) c.p.c.: la sentenza di secondo grado sarebbe nulla in quanto motivata per relationem rispetto alla sentenza
di primo grado, attraverso una generica condivisione delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico di tali argomentazioni in base ai motivi di gravame.
1.1. La censura è infondata.
1.2. Per costante giurisprudenza la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^5, 15 aprile 2021, n. 9975). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184).
1.3. Nel caso in esame, invero, il decisum – a prescindere dalla sua correttezza in diritto -raggiunge la soglia del minimo costituzionale, avendo i giudici di appello argomentato la loro decisione in misura corrispondente ai canoni sopra evidenziati.
1.4. La censura va dunque rigettata.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta l’illegittimità della sentenza, ai sensi dell’art, 360, comma I, n, 3), c.p.c. per violazione o falsa applicazione degli arti. 124 e 136 R.D. n.
267/1942, dell’art. 20 D.P.R. tu 131/1986 e dell’art. 8 tariffa I parte I D.P,R, n. 131/1986: il decreto di trasferimento dei beni, emesso dal Giudice delegato in esecuzione del decreto di omologazione del concordato fallimentare con terzo assuntore, non è atto assoggettabile ad imposizione di registro, tenuto conto che il trasferimento dei beni del fallimento nel patrimonio dell’assuntore trova il suo titolo diretto ed immediato esclusivamente nel decreto di omologazione, che è l’atto assoggettabile ad imposizione, nel caso di specie non trasmesso dall’ufficio, e quindi non tassato.
2.1. Questa Corte si è già pronunciata sul tema (Cass. 13/12/2021, n. 39511), arrivando alle seguenti conclusioni: ‘2.3 Nel concordato con terzo assuntore, dunque, il trasferimento di ricchezza, che in altre tipologie di concordato (con garanzia o cessio bonorum ), si determina, ed è conseguentemente assoggettato ad imposta del registro, solo in occasione momento degli eventuali negozi attuativi, si produce e deve essere tassato effetto immediato e attuale del decreto di omologa con conseguente applicabilità dell’imposta proporzionale (3%) ai sensi dell’art. 8, lett. a) tariffa cit., non già dell’imposta in misura fissa genericamente prevista per i provvedimenti di “omologazione” di cui alla lett. g) della stessa disposizione tariffaria. Tale orientamento è stato ribadito da recenti pronunce di questa Corte dove si è affermato che : « in tema d’imposta di registro, il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, tariffa, parte prima, allegata, art. 8, lett. a), in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma conseguentemente rilevanza il generico e nominalistico riferimento agli “atti di omologazione” contenuto nella lett. g) del detto articolo».( cfr. Cass. 3286/2018, 17371/2021 e 11925/2021). Il detto criterio nominalistico trova applicazione solo qualora all’atto nominato come
“omologazione” non si correlino effetti traslativi autonomamente inquadrabili, quali ad esempio i concordati fallimentari con cessione di beni o con garanzia’.
2.2. Nel caso di specie il concordato omologato prevedeva un immediato trasferimento, e in particolare, prevedeva il trasferimento in favore della RAGIONE_SOCIALE (o di soggetto che la stessa si riservava di nominare) – una volta eseguiti i pagamenti in favore dei creditori fallimentari di tutti i beni e diritti appartenenti all’attivo della procedura fallimentare e, segnatamente, ‘dei beni immobili descritti nell’ultima relazione di consulenza tecnica agli atti della procedura fallimentare’.
2.3. Inoltre, n ell’avviso oggetto di impugnazione non vi è riferimento alcuno al decreto di omologa, che è invece l’unico atto teoricamente soggetto a tassazione.
2.4. Ne consegue che è stato sottoposto a tassazione un atto che non era autonomamente tassabile, e che non può considerarsi sostitutivo -tanto più che si tratta di imposta d’atto dell’atto che doveva essere realmente tassato. Trattasi, invero, di atto di esecuzione di altro atto.
2.5. Sotto altro profilo, non può dirsi nemmeno verificata l’ipotesi di cui all’art. 15 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che dispone che: ‘ 1. In mancanza di richiesta da parte dei soggetti indicati alle lettere a), b) e c) dell’art. 10 la registrazione è eseguita d’ufficio, previa riscossione dell’imposta dovuta:
per gli atti pubblici e per le scritture private conservati presso il pubblico ufficiale che li ha redatti o le ha autenticate nonché per gli atti degli organi giurisdizionali conservati presso le cancellerie giudiziarie, qualora non si rinvengano gli atti iscritti nei relativi repertori, la registrazione è eseguita sulla base degli elementi dagli stessi desumibili ‘.
2.6. Ne consegue che, alla luce del principio già enunciato da questa Corte, il decreto (successivo) oggetto dell’avviso di accertamento, non doveva essere oggetto di imposizione.
2.7. La CTR ha dunque errato nell’applicare la normativa in oggetto.
2.8. Il motivo va accolto.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c.: la sentenza sarebbe nulla in quanto omette di pronunciarsi su una domanda o su un’eccezione e, segnatamente. sull’eccezione di nullità dell’avviso di liquidazione per omessa indicazione nello stesso degli elementi numerici posti a base del calcolo (base impon ibile e aliquote applicate), nonché sull’eccezione di giudicato esterno.
3.1. Tale doglianza è assorbita dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
3.2. In ogni caso sarebbe anche infondata. Non è difatti richiesto che sia esplicitato il calcolo degli interessi attraverso i passaggi numerici, essendo invece sufficiente che sia indicato e comprensibile il percorso logico seguito: in tema di avviso di accertamento o di liquidazione di maggiori imposte dovute dal contribuente, l’obbligo di motivazione relativo alla pretesa per interessi è assolto attraverso l’indicazione dell’importo monetario richiesto, della relativa base normativa – che può anche essere desunta implicitamente dalla specifica individuazione della tipologia e della natura degli accessori reclamati ovvero dal tipo di tributo cui accedono – e della decorrenza dalla quale sono dovuti, senza necessità di indicare i singoli saggi periodicamente applicati o le modalità di calcolo (Cass. 16/10/2023, n. 28742 (Rv. 669249 – 01)).
3.3. Infine, a nche l’eccezione di giudicato esterno è infondata: non si è in presenza di giudicato pronunciato in processo tra le stesse
parti, in quanto la sentenza n. 5009/12/2017 della CTR di Palermo depositata il 18.12.2017, passata in giudicato, è stata pronunciata sul ricorso presentato da COGNOME NOME, avverso l’avviso di liquidazione n. 2012/001/DT/000000012/0/001.
3.4. Non sussiste dunque né coincidenza soggettiva, né oggettiva, essendo diverse le parti e gli avvisi di liquidazione impugnati.
Alla luce delle argomentazioni che precedono, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, consegue pertanto la cassazione della sentenza impugnata in relazione all’accoglimento del secondo motivo di ricorso – rigettato il primo ed assorbito il terzo – con decisione nel merito, ex art.384 c.p.c., di accoglimento del ricorso originario di parte ed annullamento dell’avviso di liquidazione.
In una valutazione complessiva del giudizio, in assenza di precedenti nomofilattici sulla questione trattata, si ritiene sussistano giustificati motivi per dover compensare le spese di merito.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ex art.384 c.p.c., accoglie il ricorso originario del contribuente, annullando l’avviso di liquidazione.
Compensa le spese dei giudizi di merito.
Condanna parte controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28/02/2025.