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Conciliazione stragiudiziale: inammissibilità ricorso

Una società contribuente impugna un avviso di accertamento per IMU. Durante il giudizio in Cassazione, le parti raggiungono una conciliazione stragiudiziale. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, specificando che tale esito, a differenza della declaratoria ordinaria di inammissibilità, non comporta la sanzione del raddoppio del contributo unificato.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Conciliazione stragiudiziale e Sorte del Ricorso: L’Ordinanza della Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze processuali di una conciliazione stragiudiziale raggiunta mentre pende un ricorso dinanzi alla Suprema Corte. La decisione è di fondamentale importanza perché distingue nettamente tra la cessazione della materia del contendere e l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, con impatti significativi sulle spese e sulle sanzioni a carico del contribuente.

La Vicenda Processuale: dall’Avviso di Accertamento alla Cassazione

Il caso nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento per il mancato versamento parziale dell’IMU relativa all’anno 2012. L’atto, emesso da una società concessionaria per la riscossione per conto di un Comune campano, era stato notificato a una società contribuente. Dopo un giudizio di primo grado parzialmente favorevole al contribuente, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, confermando la pretesa tributaria ma escludendo sanzioni e interessi.

La società contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione. Tuttavia, in pendenza del giudizio dinanzi alla Suprema Corte, ha depositato un’istanza per dichiarare la cessazione della materia del contendere, avendo stipulato un verbale di conciliazione stragiudiziale con l’agente della riscossione.

L’impatto della conciliazione stragiudiziale sul ricorso

La Corte di Cassazione ha analizzato la richiesta della ricorrente, giungendo a una conclusione articolata. I giudici hanno stabilito che non era possibile dichiarare la ‘cessazione della materia del contendere’ per due motivi principali:

1. Mancanza di un’istanza congiunta: L’accordo non coinvolgeva tutte le parti del processo, in quanto il Comune e l’Agenzia delle Entrate erano rimasti intimati e non avevano partecipato alla conciliazione.
2. Limiti normativi: La specifica modalità di definizione della controversia in Cassazione tramite accordo è stata introdotta da una riforma recente (D.Lgs. 220/2023) e si applica solo ai ricorsi instaurati dopo il 4 gennaio 2024, escludendo quindi il caso di specie.

Nonostante ciò, la Corte ha riconosciuto che la conciliazione stragiudiziale aveva comunque un effetto decisivo sul processo.

le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che l’accordo raggiunto tra il contribuente e l’agente della riscossione, sebbene non idoneo a fondare una declaratoria di cessazione della materia del contendere, ha eliminato ogni utilità residua per la ricorrente nel proseguire il giudizio. L’interesse ad agire, requisito fondamentale di ogni azione legale, era venuto meno. Pertanto, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso non per un vizio originario, ma per ‘sopravvenuta carenza di interesse’.

Una delle conseguenze più rilevanti di questa qualificazione giuridica riguarda il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato. La Corte ha precisato che tale sanzione si applica solo in caso di integrale rigetto o di ‘ordinaria’ dichiarazione di inammissibilità. Non si applica, invece, nell’ipotesi di inammissibilità sopravvenuta a seguito di un accordo, poiché tale pronuncia determina la ‘caducazione’ di tutte le sentenze emesse nei precedenti gradi di giudizio, rendendo irrilevante una valutazione sulla fondatezza del ricorso originario. Infine, proprio in virtù dell’accordo raggiunto, la Corte ha disposto la compensazione delle spese legali tra le parti.

le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante chiarimento pratico: una conciliazione stragiudiziale intervenuta durante il giudizio di Cassazione, pur non portando a una formale cessazione della materia del contendere, estingue di fatto il processo dichiarandolo inammissibile per carenza di interesse sopravvenuta. Tale esito è vantaggioso per il contribuente, che non solo definisce la pendenza tributaria, ma evita anche la pesante sanzione del raddoppio del contributo unificato. La decisione sottolinea l’efficacia degli strumenti deflattivi del contenzioso e ne delinea con precisione i confini e gli effetti processuali in sede di legittimità.

Una conciliazione stragiudiziale stipulata durante il processo in Cassazione comporta automaticamente la cessazione della materia del contendere?
No, la Corte ha chiarito che non si può dichiarare la cessazione della materia del contendere se l’accordo non coinvolge tutte le parti del giudizio o se la procedura non rientra nei casi specificamente previsti dalla legge, come le nuove norme applicabili solo ai ricorsi successivi al 4 gennaio 2024.

Qual è l’effetto di un accordo stragiudiziale sul ricorso in Cassazione?
L’accordo fa venire meno l’utilità e l’interesse del ricorrente a proseguire la causa. Di conseguenza, la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso per ‘sopravvenuta carenza di interesse’.

Se il ricorso viene dichiarato inammissibile a seguito di un accordo, si deve pagare la sanzione del raddoppio del contributo unificato?
No. La Corte ha specificato che la sanzione del raddoppio del contributo unificato non si applica in caso di inammissibilità sopravvenuta per carenza di interesse dovuta a un accordo, poiché questa pronuncia fa decadere tutte le sentenze dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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