Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23240 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23240 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28757/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME CINZIA (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI ALASSIO, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI GENOVA n. 922/ 2021 depositata il 06/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Alassio ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE ingiunzione per il pagamento del COSAP per l’anno 2013 (e relative sanzioni), relativo alle aree di un parcheggio costruito in base ad una Convenzione del 2003 e dato in affidamento a Fincos sin dal 2011, per un importo di euro 134.789,00.
La società ha proposto opposizione, che il Tribunale ha respinto.
La Corte d’appello ha respinto altresì il gravame della società rilevando: a) che l’affidamento delle aree del parcheggio a raso trova la sua fonte in un accordo del 28/11/201,1 che richiama il Regolamento comunale COSAP del 2003, che comprende alla voce n. 12 dell’art. 20 proprio l’indicazione delle aree di parcheggio concesse ai privati; b) che l’accordo tra le parti è integrato dal suddetto Regolamento, che deve ritenersi conosciuto dalla parte anche in ragione della ricezione di una lettera del 17 giugno 2011, nella quale il Comune faceva riferimento al predetto Regolamento; c) dagli accordi tra le parti emerge che l’area non è rimasta nella disponibilità del Comune e che il concessionario non agisce come suo mero sostituto nello sfruttamento del bene, ma essa è stata consegnata alla Fincos, che trattiene i relativi ricavi, con richiamo delle condizioni per la gestione delle aree similari, ricomprese nel Regolamento COSAP; d) l’utilizzo speciale delle aree è reso inoltre evidente dalla clausola di cui all’art. 3 dell’atto del 28/11/2011, che prevede la possibilità che le aree vengano sottratte al pubblico parcheggio e locate dalla Fincos a terzi.
La società ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi. Il Comune ha presentato controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art.
360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 63 D. lgs. 15.12.1997 n. 446 nonché 9 e 20 Regolamento comunale per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche del Comune di Alassio (Regolamento COSAP). La parte deduce che l’atto di affidamento del contratto per la gestione del servizio di parcheggio a pagamento alla RAGIONE_SOCIALE non è un atto contrattuale, bensì un provvedimento amministrativo, e la riconosciuta assenza di indicazioni sia della debenza sia dell’importo del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche COSAP non può essere colmata ritenendo richiamato implicitamente il Regolamento comunale per le occupazioni di spazi e aree pubbliche. Fa rilevare che l’art. 63 del d.lgs. n. 446/1997 prescrive che nel provvedimento di concessione di spazi pubblici sia indicato il canone da versare; rileva a tal fine che non vi è stata nessuna contrattazione del suo contenuto tra le parti e l’omessa indicazione dell’importo dovuto a titolo di COSAP nel provvedimento di affidamento del servizio pubblico di gestione dei parcheggi a pagamento significa che il Comune non intende chiedere alla Fincos il versamento di tale canone. Deduce che la regolamentazione del servizio pubblico di parcheggio a pagamento non prevede il conferimento al concessionario della disponibilità giuridica delle aree, cioè l’autorizzazione alla loro occupazione.
2. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ex art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2, 20 e 27 Regolamento comunale per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche del Comune di Alassio (Regolamento COSAP). La ricorrente deduce di non occupare le aree a parcheggio pubblico ad essa attribuite in gestione dal Comune di Alassio in forza del provvedimento di affidamento, perché l’occupazione è riferibile all’utente del servizio, cioè al conducente del veicolo in sosta, come prevede espressamente l’art. 27 del Regolamento COSAP.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 63 del D.lgs. 15.12.1997 n. 446 e dei principi sull’interpretazione dei provvedimenti amministrativi. La parte deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente affermato che l’attribuzione del servizio di gestione dei parcheggi a pagamento a raso a favore della Fincos ha attribuito a questa il diritto di occupare le aree interessate: la corretta applicazione dei canoni di interpretazione dei provvedimenti amministrativi esclude che l’occupazione delle aree in questione possa essere riferita alla Fincos L’omessa indicazione, sia nel verbale di consegna, sia nell’atto di affidamento del servizio, sarebbe un dato testuale inequivoco che non lascerebbe dubbi sull’interpretazione dell’atto amministrativo, non integrabile aliunde , e, dunque, sulla volontà del Comune di non percepire alcun canone, e la facoltà riconosciuta alla RAGIONE_SOCIALE di concedere in locazione a terzi l’ area, in ‘ deroga ‘ all ‘oggetto dell’affidamento (art. 3 del relativo atto), con l’obbligo, in questo solo caso, di presentare istanza di autorizzazione, proverebbe a contrario che Fincos, al di fuori della deroga prevista, non occupa le aree a parcheggio scoperto.
4.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.
4.1.- Questa Corte ha affermato, in tema di TOSAP, che condivide con il COSAP il presupposto della occupazione di suolo pubblico, che nel caso di area del demanio comunale, appartenente alla rete viaria della città e adibita a parcheggio di autoveicoli in concessione a società privata, rileva in concreto se quest’ultima occupi l’area, sottraendola all’uso pubblico, integrando, così, il presupposto della TOSAP, ovvero se ad essa società sia soltanto attribuito -quale sostituto dell’ente nello sfruttamento dei beni -il mero servizio di gestione del parcheggio, con il potere di esazione delle som-
me dovute dai singoli per l’uso, quale parcheggio dei loro veicoli, dell’area pubblica a ciò destinata dal comune, dovendosi ravvisare, in tal caso, un’occupazione temporanea ad opera del singolo e non della concessionaria, con esenzione di quest’ultima dalla tassazione in forza dell’art. 49, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 507 del 1993, salvo che dall’atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia (Cass. n. 18670/2023). In tema di COSAP, si è affermato che il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP) costituisce il corrispettivo dell’utilizzazione particolare (o eccezionale) di beni pubblici e non richiede un formale atto di concessione, essendo sufficiente l’occupazione di fatto dei menzionati beni, sicché la società, concessionaria statale, che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento del canone, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla società nello svolgimento, in piena autonomia, della propria attività d’impresa ( Cass. n. 16395/2021).
5.- La Corte d’appello, con apprezzamento incensurabile nella presente sede, ha ritenuto che gli accordi delle parti non fossero nel senso di attribuire alla RAGIONE_SOCIALE la sola gestione del servizio di parcheggio, ma di affidarle le aree dei parcheggi stessi, da gestire in autonomia e con proprio profitto. La Corte è addivenuta a tale interpretazione esaminando l’atto di consegna e l’atto di affidamento, ritenendo -con un percorso logico che ha condotto ad una interpretazione della volontà delle parti del tutto plausibile -che il richiamo di tali documenti all’art. 29 della Convenzione del 2003 e, in particolare, alla previsione della possibilità di affidare alla RAGIONE_SOCIALE altre aree alle condizioni applicate dal Comune per aree similari, implicasse l’applicazione del canone poi riscosso con ingiunzione. Sul punto giova solo rammentare che l’interpretazione dell’atto
amministrativo a contenuto non normativo, risolvendosi nell’accertamento della volontà della P.A., è riservata al giudice di merito e soggiace alle regole dettate per l’interpretazione dei contratti, sia pure con qualche adattamento, soprattutto in considerazione del carattere unilaterale dello stesso (Cass., n. 15367/2024).
5.1.- Pertanto, è altresì qui invocabile quell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, secondo il quale l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, traducendosi nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, costituisce un’indagine riservata al giudice di merito, il cui risultato è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, configurabile quando la stessa risulti affetta da carenze tali da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione ( ex multis : Cass. n. 25554/2018).
6.- La ricorrente, pur dolendosi della erronea interpretazione degli atti amministrativi e della ricostruzione della volontà delle parti, non censura la sentenza impugnata mediante l’indicazione dei canoni rimasti in concreto inosservati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice di merito se ne è discostato, ma si duole del risultato ermeneutico cui è giunto il giudice del merito, prospettando un possibile altro risultato interpretativo. Mancando, dunque, la precisa indicazione delle lacune argomentative del ragionamento seguito dal giudice di merito, ovvero delle incongruenze dello stesso, consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, o ancora dei punti inficiati da mancanza di coerenza, cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dalla sentenza, i tre motivi devono essere respinti.
In ogni caso, si rileva anche che le censure avverso l’inter-
pretazione data dal giudice del merito, dovrebbero essere altresì accompagnate dalla trascrizione del testo della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, in modo da consentire a questa Corte di verificare la pertinenza delle critiche sollevate e d’individuare la diversa portata che il ricorrente pretende di attribuire alla clausola in questione, ancor prima di valutare la sussistenza dei vizi lamentati: adempimento mancante nella presente vicenda processuale.
7.- Le ragioni di rigetto sopra esposte sono assorbenti rispetto agli ulteriori profili di censura esposti nei motivi e, in particolare, rispetto al profilo della mancata indicazione del canone nell’atto di concessione, della erronea eterointegrazione dell’atto amministrativo e dell’affidamento della Fincos. L’eterointegrazione, che la ricorrente pretende essere illegittima, rientra in realtà appieno nel tema della interpretazione del contratto ed è rimessa completamente al giudice del merito. Quanto all’affidamento, la Corte di merito ha ben chiarito che RAGIONE_SOCIALE conosceva -o, comunque, doveva conoscere -il Regolamento comunale sull’occupazione di spazi ed aree pubbliche, trattandosi di atto previsto dalla legge, al quale, peraltro, il Comune aveva fatto riferimento nella missiva 17 giugno 2011 inviata alla concessionaria, nella quale il Comune aveva fatto riferimento all’applicazione delle condizioni previste nel Regolamento predetto.
Da ultimo, si osserva che la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 1402 del 26 ottobre 2018, indicata in ricorso, oltre a non avere alcun rilievo decisorio nella presente lite, è stata cassata da questa Corte con ordinanza della Sezione tributaria n. 32215 del 21 novembre 2023.
8.- Ne consegue il rigetto del ricorso; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in euro 7.000,00 ed euro 200,00 per spese non documentabili, oltre accessori.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per spese non documentabili, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/05/2025.