Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5275 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5275 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26705/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
ING. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. della Campania n. 3314/2017 depositata il 10/04/2017
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della C.T.R. della Campania che ha dichiarato la nullità della sentenza della C.T.P. di Benevento, con cui erano stati rigettati i ricorsi riuniti proposti dalla soc. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, per irregolare costituzione del Collegio giudicante.
La C.T.R. ha ritenuto che a fronte dell’astensione di un componente del Collegio giudicante, in assenza di procedimentalizzazione della sua sostituzione, intervenuta solo sull’intestazione della decisione, ed in particolare in assenza di un decreto di sostituzione del giudice astenutosi con altro giudice, di cui manca ogni traccia documentale tanto sul verbale, che in sentenza- il Collegio che ha deciso la causa non potesse dirsi regolarmente composto.
La soc. Ing. NOME COGNOME a r.l. resiste con controricorso.
Il Procuratore generale, depositando requisitoria scritta, conclude per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula tre motivi di ricorso.
2. Con il primo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 51 c.p.c. e degli artt. 6 e 59 d.lgs. 546 del 1992. Premette che nel processo di secondo grado si è verificata una grave anomalia, essendo stati notificati due atti di appello, redatti da difensori diversi. Il primo notificato all’Ufficio il 28 agosto 2016, sottoscritto dall’avv.to NOME COGNOME quale difensore designato dal Presidente del C.d.A della società NOME COGNOME e dal suo amministratore NOME COGNOME Il secondo, notificato il 31 agosto 2016, sottoscritto dal dott. NOME COGNOME in base al mandato conferito dall’amministratore NOME COGNOME nel primo grado di giudizio. Il primo ricorso è stato depositato il 20 settembre 2016, il secondo ricorso è stato depositato il 5 settembre 2016, cioè in data anteriore al primo. Osserva che l’Ufficio, costituendosi in grado di appello, ha chiesto dichiararsi inammissibile il secondo ricorso, notificato il 31 agosto 2016, sottolineando la diversità di petitum e causa petendi , opponendosi alla rimessione al primo giudice e difendendo la pretesa tributaria nel merito. Rileva che con entrambi gli appelli la società contribuente ha chiesto dichiararsi la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 59 d.lgs. 546 del 1992, lett.re b) e d) e che la C.T.R. ha ritenuto integrata la fattispecie di cui alla lett. d). Assume che, tuttavia, nessuna violazione della legge processuale è stata commessa dalla C.T.P. e che nessun pregiudizio all’attività difensiva è stato arrecato alle parti in causa. Osserva che nel processo tributario, diversamente da quanto previsto per il processo civile, nessun procedimento di sostituzione del giudice che si astiene è disciplinato dalla legge. Non solo non vi è, dunque, alcuna necessità di rinvio, ma neppure occorre un atto di formale investitura del nuovo giudice, in sostituzione di quello astenuto, essendo rimesso ogni potere al Presidente della Commissione
tributaria, che, infatti ha sostituito il dott. NOME COGNOME astenutosi, con il dott. NOME COGNOME assumendo il Presidente medesimo la veste di relatore della causa. In questo senso depone la giurisprudenza di legittimità. Sostiene che il dott. COGNOME era componente del Collegio di Sezione, come dimostrano i verbali delle cause riunite dalla C.T.P. (r.g. 671 e 672/2015) e che, in ogni caso, non appare integrata la violazione di cui alla lett. d) cit.
Con il secondo motivo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 39 c.p.c.. Richiamata la proposizione dei due appelli, sostiene che la C.T.R. ha errato ad indicare nel frontespizio della decisione l’assistenza di due difensori, laddove, in presenza della litispendenza avrebbe dovuto disporre la cancellazione della causa dal ruolo dell’appello notificato per secondo.
Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, coma 1 n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alle controdeduzioni dell’Agenzia delle Entrate sull’inammissibilità del secondo appello, in ordine all’inammissibilità dell’appello notificato per secondo.
Il primo motivo non è fondato.
Invero, la decisione impugnata dà atto che, a fronte dell’astensione di uno dei componenti del Collegio (precisamente il dott. NOME COGNOME ‘ si rendeva necessario rinvio dell’udienza per consentire al Presidente della Commissione tributaria provinciale di Benevento, quale capo dell’Ufficio, di provvedere in merito all’astensione e sostituire il giudice astenuto (art. 51 c.p.c., art. 6 d.lgs. 546 del 1992), così da integrare il collegio con la nomina di un nuovo giudice in luogo di quello astenuto. Manca però agli atti ogni riscontro di tale procedimentalizzazione, come manca anche il decreto di sostituzione del giudice con la nomina del nuovo giudice. Poiché
l’astensione è stata dichiarata in udienza, neppure si comprende la presenza e la costituzione del giudice estraneo al collegio giudicante. Peraltro di tutto ciò non c’è traccia né nel verbale di udienza, né nella sentenza. Consegue da quanto innanzi che il Collegio non era regolarmente composto ‘.
La ratio decidendi , dunque, risiede nell’essere stata la sentenza pronunciata da un Collegio in composizione diversa da quella che ha preso parte all’udienza di discussione, in assenza di provvedimento di sostituzione del giudice astenutosi e senza che la discussione sia stata ripetuta innanzi al nuovo Collegio.
Ora, la questione che viene in rilievo non è tanto o non è solo la mancanza di un decreto di sostituzione del giudice astenuto, ma la diversa composizione del Collegio che ha deciso la controversia rispetto a quello che ha assistito alla discussione della medesima. Invero, dalla lettura del verbale della causa iscritta al n. 671/2015, in data 5 ottobre 2015, si trae che avanti al Collegio della C.T.P. di Benevento, composto dal Presidente NOME COGNOME e dai giudici NOME COGNOME e NOME COGNOME, sono stati riuniti i ricorsi di cui ai nn. 671 e 672/2015. Non è chiaro, perché non viene precisato, se i due ricorsi fossero chiamati innanzi allo stesso Collegio o a Collegi in diversa composizione. Si legge, infatti, nel verbale del procedimento iscritto al RG. 671/2015: ” La Commissione, in via preliminare, riunisce i ricorsi RGR 671-15 e RGR 672-15, essendo tra loro conness ”. Immediatamente dopo è verbalizzato a mano che ‘Il dott. NOME COGNOME dichiara di volersi astenere, come effettivamente si astiene per motivi opportuni’. Segue la dicitura dattiloscritta ‘Successivamente il Presidente dichiara chiusa la discussione e il Collegio si ritira in Camera di Consiglio’ . Indi, sotto la dicitura DISPOSITIVO, si legge, verbalizzato a mano: ‘Riservato’, seguito dalla firma del Presidente’ E subito dopo: ‘La Commissione, sciolta la riserva rigetta i ricorsi e condanna la
società ricorrente al pagamento delle spese di un solo giudizio, stante la riunione dei suindicati ricorsi per evidente connessione oggettiva e soggettiva, in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in euro 1798,60’. L’intestazione del verbale che, originariamente recava, in forma dattiloscritta, i nominativi del Presidente NOME COGNOME e dai giudici NOME COGNOME e NOME COGNOME risulta corretto a mano ed in luogo del nominativo di NOME COGNOME, su cui è tracciata una riga, si trova il nominativo di NOME COGNOME.
E’, nondimeno, chiaro, dal tenore stesso del verbale, che la controversia è stata chiamata per la discussione avanti al Collegio composto dal Presidente NOME COGNOME e dai giudici NOME COGNOME e NOME COGNOME tanto è vero che il giudice COGNOME si è astenuto nel corso dell’udienza. La presenza del giudice NOME COGNOME all’udienza di discussione non risulta, invece, dal verbale.
Risulta, dunque, evidente che la causa è stata decisa da un Collegio diverso da quello che ha assistito alla discussione, non comparendo in alcun modo che il giudice COGNOME sia stato sostituito, prima della discussione dal giudice COGNOME ed anzi emergendo dal verbale proprio il contrario, non essendovi soluzione di continuità tra la chiusura della discussione, senza che si provvedesse alla sostituzione del giudice COGNOME, e la pronuncia del dispositivo. Peraltro, l’assenza di indicazioni sui motivi dell’astensione, che vengono semplicemente definiti ‘opportuni’ e quindi più probabilmente inquadrabili nell’ultimo comma dell’art. 51 c.p.c. – (secondo il ricorso si tratterebbe di un mero vincolo di affinità, essendo il giudice COGNOME cognato del legale rappresentante della società)neppure consente di valutare se si trattasse di una dichiarazione di astensione o di una mera istanza di astensione, che non avrebbe certamente autorizzato il giudice a non partecipare alla deliberazione, in
assenza di provvedimento di sostituzione, come, infatti, pare sia accaduto.
Così ricostruito il fatto, occorre verificare se la nullità della sentenza rientri fra quelle che impongono la restituzione al primo giudice, ai sensi dell’art 59 d.lgs. 546 del 1992, ed in particolare della lett. d) della disposizione, a mente della quale il giudice di secondo grado, rimette la causa alla Commissione provinciale: ‘quando riconosce che il Collegio non era legittimamente composto’. L’art. 59, invero, prevede una serie di ipotesi tassative di rimessione, che non coincidono del tutto con quelle di cui all’art. 354 c.p.c., la cui disciplina, pertanto, non può essere espressamente richiamata.
Occorre allora comprendere che cosa significhi che ‘il Collegio non era legittimamente composto’.
Il tema è di decisiva importanza, posto che: ‘In tema di contenzioso tributario, la rimessione della causa alla Commissione provinciale è prevista dall’art. 59, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 solo per ipotesi tassative ed eccezionali, al di fuori delle quali la Commissione tributaria regionale, qualora accolga l’appello, è tenuta a decidere la causa nel merito, trattandosi di mezzo di impugnazione a carattere sostitutivo, e non ostandovi il principio del doppio grado di giurisdizione, il quale, oltre a non trovare garanzia costituzionale nel nostro ordinamento, postula solo che una questione venga successivamente proposta a due giudici di grado diverso e non anche che venga decisa da entrambi. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23741 del 29/07/2022)
Certamente rientra fra i casi di cui alla lett. d) dell’art. 59 cit. l’ipotesi di composizione del collegio da parte di un numero di giudice inferiore o superiore a tre, in forza della previsione di cui all’art. 2, comma 5 d.lgs. 545 del 1992, che disciplina la composizione dei collegi tributari, così come la mancata
partecipazione al collegio del Presidente e del Vicepresidente, sempre in relazione al disposto del medesimo art. 2, comma 5.
Parimenti costituisce illegittima costituzione del collegio, la partecipazione di un membro decaduto dalla funzione di giudice tributario o estraneo alla giurisdizione, ciò risolvendosi in un caso di composizione del collegio con un numero di partecipanti diverso da quello stabilito dalla legge, posto che uno dei componenti è privo delle funzioni giurisdizionali.
Secondo alcuni autori costituisce, inoltre, illegittima composizione del collegio giudicante, anche l’ipotesi di cui all’art. 2, comma 6 d.lgs. di partecipazione di un giudice di altra sezione, non designato dal Presidente della commissione.
Appare però necessario comprendere se fra le ipotesi di non legittima composizione rientri quella della deliberazione da parte di un Collegio composto diversamente da quello che ha assistito alla discussione
L’art. 35 del d.lgs. 546 del 1992, invero, al suo secondo comma richiama espressamente l’art. 276 c.p.c.. Sicché può certamente dirsi che l’obbligo di immutabilità del giudice, dunque, è esplicitamente sancito dalle norme del rito tributario.
Nel processo civile, ‘La decisione di primo grado deliberata in camera di consiglio da un collegio diverso, in uno o più membri, da quello che ha assistito alla discussione della causa, in violazione dell’art. 276, primo comma, cod. proc. civ., è causa di nullità della sentenza, riconducibile al vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 cod. proc. civ. ed è soggetta al relativo regime, con la conseguenza che il giudice d’appello che rilevi anche d’ufficio detta nullità è tenuto a trattenere la causa e a deciderla nel merito, provvedendo alla rinnovazione della decisione come naturale rimedio contro la rilevazione della nullità e non deve, invece, rimettere la causa al primo giudice che ha pronunciato la sentenza affetta da nullità, in quanto non
ricorre nella specie alcuna delle ipotesi di rimessione tassativamente previste dall’art. 354 cod. proc. civ., dovendosi escludere che il vizio in questione sia assimilabile al difetto assoluto di sottoscrizione della sentenza, contemplato dall’art. 161, secondo comma, del codice di rito, per il quale, invece, detta rimessione è imposta dallo stesso art. 354. (Nella specie, la causa era stata decisa in primo grado da un giudice onorario aggregato designato dal presidente del tribunale in sostituzione del magistrato dinanzi al quale erano state precisate le conclusioni e che aveva trattenuto la causa in decisione; la Corte non ha cassato la sentenza impugnata, avendo il giudice d’appello sostanzialmente rinnovato il giudizio di merito e la decisione di primo grado)’ (così Sez. 1, Sentenza n. 9369 del 08/06/2012); .
Nondimeno, come si è detto, la disciplina dell’art. 354 c.p.c. non coincide con quella dell’art. 59 d.lgs. 546 del 1992. Ferma restando la nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 c.p.c., deve ritenersi che il vizio di costituzione del giudice rientri senz’altro nel vizio di ‘legittima costituzione del collegio’, posto che è ‘illegittimo’ il collegio la cui composizione risulti viziata da nullità. Ciò impone la
rimessione della causa al primo giudice come disposto dal medesimo art. 59 cit..
Il rigetto del primo motivo comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi. Le spese di lite di questo giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’Agenzia delle Entrate e liquidate in euro 5600,00 oltre 200 per esborsi, rimborso nella misura forfettaria del 15%, I.V.A. e C.P.A come per legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00 oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso nella misura forfettaria del 15%, I.V.A. e C.P.A, come per legge
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2025