Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7731 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7731 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12890/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TORINO n. 1218/2015 depositata il 17/11/2015.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento parziale del sesto motivo di ricorso.
Uditi l’AVV_NOTAIO per la ricorrente e l’AVV_NOTAIO per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Secondo quanto risulta dal ricorso e dagli atti di causa, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (poi RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo) impugnava, con separati ricorsi, gli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti per gli anni 2007, 2008 e 2009, fondati su una pluralità di rilievi e recanti maggiori imposte IRES, IRAP e IVA.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Torino, con due distinte sentenze, preso atto dell’annullamento parziale in autotutela da parte dell’RAGIONE_SOCIALE con riguardo all’IVA, accoglieva parzialmente i ricorsi.
Le sentenze venivano appellate dall’RAGIONE_SOCIALE mentre la contribuente proponeva appelli incidentali.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Piemonte, riuniti i gravami, con la sentenza indicata in epigrafe respingeva l’appello erariale e accoglieva parzialmente gli appelli incidentali dichiarando legittimo soltanto il rilievo dell’Ufficio relativo alla contabilizzazione alla voce ‘altri ricavi’ dei proventi derivante da contratto di associazione in partecipazione con la RAGIONE_SOCIALE, annullando per il resto gli accertamenti.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questa pronunzia affidandosi a sei motivi.
Ha resistito con controricorso la società.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 109 TUIR, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3
c.p.c., per aver la CTR ritenuto la deducibilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni applicate per dichiarazione omessa o per tardivo pagamento di imposta comunale per la pubblicità che, invece, non sono deducibili, non trattandosi di oneri inerenti all’attività di impresa.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. In tema di redditi d’impresa, la sanzione pecuniaria, avendo funzione repressiva, non è deducibile, sia per mancanza di inerenza con la produzione del reddito – derivando essa da un comportamento illecito che, essendo radicalmente antitetico al corretto andamento della vita dell’impresa, non costituisce fattore produttivo – sia perché la sua deducibilità, neutralizzandone la ratio punitiva, la trasformerebbe paradossalmente in un risparmio d’imposta ovvero in un vantaggio fiscale (Cass. n. 34391 del 2019; Cass. n. 14137 del 2017).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 45 comma 2 TUIR e dell’art. 2697 c.c. perché la CTR ha ritenuto sufficienti, ai fini della prova della natura infruttifera del finanziamento soci della RAGIONE_SOCIALE verso le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la produzione del verbale del consiglio di amministrazione e lo statuto della società, richiedendosi invece la ‘data certa’, da riferire al contratto di finanziamento.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. La presunzione di onerosità del mutuo si rinviene nell’art.1815 c.c., che fa « salva la diversa volontà RAGIONE_SOCIALE parti »; a sua volta, l’art.45 comma 2 TUIR, vi gente ratione temporis , prevede che i capitali dati a mutuo, « salvo prova contraria », producono interessi, stabilendo le modalità di calcolo ai fini fiscali e la pattuizione scritta per interessi in misura ultralegale. Proprio in considerazione di queste previsioni normative, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di imposta sul reddito RAGIONE_SOCIALE persone giuridiche, la dimostrazione della mancata percezione degli
interessi attivi sulle somme date a mutuo incombe sul contribuente (Cass. n. 9498 del 2008; Cass. n. 9469 del 2010; Cass. n. 20035 del 2015; Cass. n. 12329 del 2022). Tale presunzione è esclusa solo in presenza di una prova positiva dell’avvenuto inserimento nei mutui di pattuizioni contemplanti espressamente l’esonero della mutuataria dall’obbligo del pagamento di interessi (Cass. n. 13807 del 2005; Cass. n. 20035 del 2015); questa prova non può consistere in mere affermazioni generiche e indimostrate (v. in proposito Cass. n. 13807 del 2005) ma non sono previste limitazioni ai mezzi di prova utilizzabili e, tantomeno, è richiesto un atto avente data certa.
Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 45 comma 2 TUIR e dell’art. 2697 c.c. perché la CTR ha escluso l’applicazione della ‘ presunzione di fruttuosità ‘ contestata con riguardo ai crediti della RAGIONE_SOCIALE verso le partecipate RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ponendo l’onere della prova in capo all’Amministrazione e non al contribuente, nonostante il costante ritardo nel pagamento RAGIONE_SOCIALE forniture da parte RAGIONE_SOCIALE società debitrici partecipate, a cui la RAGIONE_SOCIALE concedeva sistematicamente dilazioni, la mancanza di una espressa pattuizione di non debenza di interessi e l’antieconomicità del comportamento della contribuente.
3.1. Va disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo, sollevata dalla controricorrente che invoca il giudicato implicito per non aver l’Ufficio contestato quella parte della pronuncia in cui la CTR, esclusa la ricorrenza della causa del mutuo, ha individuato un « accordo di finanziamento atipico non novativo del contratto da cui deriva il credito ‘dilazionato’ » e ha affermato l’in applicabilità analogica dell’art. 45 c omma 2 T.U.I.R.; in disparte l’ampiezza del motivo, tale da coprire anche quella questione, avendo la ricorrente espressamente ribadito che « il costante ritardo nel pagamento RAGIONE_SOCIALE forniture da parte RAGIONE_SOCIALE società debitrici (..) non poteva
prescindere -in senso logico -da una condotta acquiescente e consapevole della RAGIONE_SOCIALE stessa, di talché ben può applicarsi la presunzione di cui all’art. 45 TUIR », la censura va oltre il tema della qualificazione causale e della disciplina applicabile alla fattispecie negoziale, prendendo di mira, in sostanza, il « comportamento del contribuente manifestamente ed inspiegabilmente antieconomico, con la conseguenza che l’onere probatorio contrario, relativo alla percezione di tali somme, incombe (diversamente da quanto ritenuto dalla CTR di Torino) sul contribuente stesso ».
3.2. Questa doglianza è fondata.
3.3. La CTR ha concluso che l’Ufficio avrebbe dovuto dimostrare « l’inesistenza del rapporto commerciale sottostante ovvero la fruttuosità dei crediti commerciali e pagamento dei relativi interessi » ma questa soluzione è erronea, poiché si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che evidenzia come la « natura antieconomica della omessa percezione degli interessi» comporti inevitabili «riflessi in tema all’onere della prova » (Cass. n. 9469 del 2010) e trova applicazione oltre l’ambito del contratto di mutuo, alla stregua del più generale principio secondo cui, contestata l’antieconomicità del comportamento posto in essere dal contribuente, assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombe sul medesimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. n. 21128 del 2021; Cass. n. 6918 del 2013; v. anche Cass. n. 10420 del 2023; Cass. n. 35713 del 2022; Cass. n. 35568 del 2022).
3.4. Come emerge dalla sentenza, le dilazioni riguardavano crediti pecuniari per i quali vi erano « ritardi di pagamento »; si trattava, quindi, di crediti liquidi ed esigibili che producono
naturaliter interessi « salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente » (v. art. 1282 c.c.); pertanto, non può condividersi l ‘argomento della CTR, secondo cui « in ragione dei rapporti esistenti tra le società creditrici e debitrici, tutte esposte all’avversa congiuntura economica finanziaria negativa del periodo di riferimento, sarebbe stato irragionevole (e contrario ai canoni dell’economia) imporre alle debitrici ulteriori interessi passivi ed eventuali spese legali che avrebbero ulteriormente depresso la redditività senza alcun vantaggio sostanziale per il creditore », giacché « il perseguimento dell’interesse AVV_NOTAIO stesso gruppo societario non esclude l’onerosità della prestazione, che s’impone quale diretta conseguenza dell’autonomia patrimoniale e della distinta soggettività giuridica, anche fiscale, RAGIONE_SOCIALE società appartenenti al gruppo stesso » (Cass. n. 18815 del 2017).
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 45 comma 2 TUIR e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., laddove la CTR ha ritenuto l’infrutt uosità del prestito effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE a favore del suo amministratore e dirigente NOME COGNOME in mancanza di precisa prova in tal senso, il cui onere incombe in capo alla società.
4.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato. Si at tribuisce all’operazione un contenuto difforme da quello accertato dalla sentenza impugnata, la quale ha individuato in quell’erogazione non un prestito ma una « anticipazione del TFR » ricondotta alla previsione dell’art. 2120 comma 9 c.c., a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche introdotte dalla legge n. 297/1982, e ha escluso la fruttuosità dell’operazione sia perché ciò sarebbe contrario alla ratio della legge n. 297/1982 sia perché l’art. 2120 c.c. n on prevede interessi a carico del prestatore d’opera che riceve l’anticipazione ; tantomeno può rappresentare un dato anomalo o antieconomico , tale da incidere sull’onere della prova, l’omessa
previsione di interessi a carico del lavoratore che riceve l’anticipazione del credito costituito dal TFR.
Con il quinto motivo si rileva la violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e si deduce ‘vizio di motivazione apparente’, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. nella parte in cui la CTR ha annullato il rilievo dell ‘omessa contabilizzazione nell’anno di competenza di elementi negativi di reddito non deducibili e di sopravvenienze passive indeducibili, senza indicare gli elementi concreti dai quali la Commissione ha tratto il suo convincimento.
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. Premesso che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 1756 del 2006; Cass. n. 9105 del 2017), in questo caso non ricorre il dedotto vizio motivazionale; infatti, la CTR ha richiamato la decisione di primo grado che, « accogliendo la tesi della contribuente, ha giustificato la mancata imputazione dei costi nell’anno di competenza per non esser stata ‘la ricorrente in possesso di documenti contabili e solo con il sollecito di pagamento e del duplicato RAGIONE_SOCIALE fatture ha imputato il costo tra le sopravvenienze passive, in ossequio al principio contabile n. 12 ‘ » e ha condiviso questa decisione, osservando che il « mancato tempestivo » rinvenimento dei documenti contabili giustificativi del costo aveva comportato per la società « la necessità di iscrivere il costo non appena ne è venuta a conoscenza » in epoca successiva all’esercizio di competenza ; quindi, sia pure sinteticamente e per
relationem , ha indicato gli elementi in fatto e la ragione giuridica che giustificano la decisione adottata.
Con il sesto motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 96 TUIR laddove la CTR ha ritenuto le commissioni di factoring , le provvigioni su fideiussioni e le commissioni su fido quali costi per servizi, affermandone la deducibilità dalla base imponibile IRAP, anziché considerarli ‘oneri assimilati’ agli interessi derivando da rapporti aventi causa finanziaria come previsto dall’art. 96 comma 3 cit..
6.1. Anche questo motivo è per un verso inammissibile e per altro verso infondato.
6.2. Va premesso che con riguardo all’I RAP, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 (nella formulazione applicabile ratione temporis ), non sono deducibili, ai fini della determinazione della base imponibile, gli oneri finanziari di cui all’art. 2425, comma 1, lett. C), che al punto 17 comprende proprio gli interessi e gli altri oneri finanziari, intesi, questi ultimi, quali operazioni connesse a prestazioni di natura finanziaria, ovvero tutti i costi bancari direttamente imputabili ad operazioni di finanziamento, prestito, o relativi ad operazioni finanziarie effettuate dal contribuente (v. Cass. n. 26122 del 2019; Cass. n. 30149 del 2017); s empre l’a rt. 5 cit., al comma 5 stabilisce che « Indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa ».; giova segnalare, poi, che la Circolare n. 19/E del 21.6.2009 dell’RAGIONE_SOCIALE, occupandosi del l’individuazione degli oneri e proventi ‘assimilati’ , « derivanti da contratti di mutuo, da contratti di locazione finanziaria, dall’emissione di obbligazioni e titoli similari e da ogni altro rapporto avente causa finanziaria», di cui all’ art. 96 comma 3 TUIR, precisa che occorre fare riferimento ad una nozione
non meramente nominalistica, ma sostanzialistica di interessi e « occorre, comunque, considerare quale onere o provento assimilato all’interesse passivo, ovvero attivo, qualunque onere, provento o componente negativo o positivo di reddito relativo all’impresa che presenti un contenuto economico -sostanziale assimilabile ad un interesse passivo o attivo. Tale interpretazione è in linea con l’applicazione del principio della prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica nella rappresentazione contabile dei fatti di gestione secondo quanto previsto dai principi contabili internazionali IAS/IFRS ».
6.3. Tanto premesso, la doglianza è infondata perché adotta un criterio formale nella considerazione degli accessori assimilati agli interessi e ritiene sufficiente che essi « traggano origine da operazioni di natura finanziaria », dovendosi invece verificare se gli accessori si riferiscano al finanziamento ovvero ad altri servizi forniti. La CTR si è mossa in questa seconda prospettiva, escludendo che quei costi fossero collegati direttamente ad un finanziamento e affermando che essi si riferivano ad altri servizi forniti: accogliendo le deduzioni di parte, la CTR ha concluso che le commissioni di factoring riguardavano, in questo caso, non il costo finanziario dell’operazione ma il costo amministrativo relativo alla gestione dell’operazione, le provvigioni su fideiussioni costituivano oneri legati al rilascio della garanzia a favore della società RAGIONE_SOCIALE (commissione di impegno e commissione di organizzazione), le commissioni su fido remuneravano il servizio bancario connesso alla teorica concessione e disponibilità del fido. La censura cerca di rimettere in discussione questo accertamento e impinge, inammissibilmente, il profilo dell’ interpretazione del contratto e di ricerca della comune volontà dei contraenti, che integra un tipico
accertamento di fatto riservato al giudice di merito (Cass. n. 15603 del 2021; Cass. n. 29111 del 2017).
Conclusivamente, accolti il primo e terzo motivo, rigettati gli altri, la sentenza deve essere cassata di conseguenza e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo e terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17/10/2023.