Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26973 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26973 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Oggetto: Tributi Relatore: COGNOME NOME
accise –
nozione di “comportamenti
omissivi” –
prescrizione pretesa 2008
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 20604 del ruolo generale dell’anno 20 17, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME e Dall’Avv.to NOME COGNOME (indirizzi di posta elettronica: EMAIL), giusta procura speciale a margine del ricorso, domiciliata presso la cancelleria della Corte di cassazione in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 689/08/2017 della Commissione tributaria regionale della Campania depositata in data 26/01/2017, non notificata; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 settembre 2025 dal
Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva rigettato l’appello proposto nei confronti de ll’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 12980/14/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente, esercente attività di deposito commerciale di prodotti energetici, avverso avviso di pagamento con il quale venivano recuperate accise per gli anni 2008-2010, oltre interessi e sanzioni, essendo emersi – a seguito di indagini della G.d.F. sui conti correnti bancari dell’amministratore di fatto della detta società – acquisti senza fattura di GPL da parte di quest’ultima con conseguente evasione di accise.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha affermato che l’appello -inammissibile per genericità delle censure ancora prima che infondato- andava rigettato in quanto, premesso il giudicato interno formatosi sulle questioni non oggetto di censura: 1) l’eccezione di prescrizione (quinquennale) della pretesa per l’anno 2008 era infondata atteso che – come statuito dal giudice di primo grado- il dies a quo di decorrenza della stessa coincideva con la scoperta (nel 2013 a seguito della verifica fiscale iniziata dalla GdF) delle violazioni integranti ‘ condotte omissive ‘ di cui all’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 504/95 (TUA) ,
rilevando, ai fini del relativo computo la conoscenza dell’omissione non la prova della stessa; 2) quanto all’assunta violazione del contraddittorio endoprocedimentale, la società si era limitata a dedurre che lo stesso sarebbe stato ‘importante’ in quanto i rilievi della GdF rivestivano valore soltanto indiziario.
L ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli resiste con controricorso illustrato da successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza impugnata e/o della parte della stessa in cui era contenuta la statuizione di inammissibilità dell’appello per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546/92, 112 c.p.c., 118 comma 1, disp. att. c.p.c., per avere la CTR, con una motivazione apparente, dichiarato inammissibile l’appello per la ‘genericità delle censure’ senza esplicitare alcuna ulteriore giustificazione sottesa alla decisione e senza pronunciarsi, in violazione dell’art. 112 c.p .c., su tutte le domande proposte dalla contribuente.
1.1. La censura con la quale viene dedotta l’omessa/apparente motivazione si profila inammissibile e, comunque, nel merito, infondata.
1.2. In primo luogo, la censura non si confronta con l’effettivo decisum della sentenza impugnata in quanto la CTR, lungi dal fondare la decisione su una declaratoria di inammissibilità del gravame, lo ha rigettato nel merito, affermando in esordio di motivazione, ad abundantiam, il difetto di specificità dei motivi di appellocostituendo ciò un mero «obiter dictum», che non ha influito sul dispositivo della decisione, la cui ratio decidendi è, in realtà, rappresentata dal rigetto nel merito del gravame, per infondatezza della censura (Cass. 30354/2017; negli stessi termini, Cass. n. 22782/2018; Cass. sez. 5, n. 23872/20).Deve invero ritenersi che, nel caso in cui il giudice di appello, dopo aver rilevato – nella motivazione della sentenza – che l’appello sarebbe inammissibile per difetto di specificità dei motivi, abbia cionondimeno esaminato
i motivi stessi nel merito ritenendone l’infondatezza, il giudice del gravame non ha inteso spogliarsi della propria potestas iudicandi , ma – piuttosto – ha inteso rafforzare la propria decisione di mancato accoglimento del gravame con una ragione alternativa ad abundantiam , che tuttavia è rimasta fuori dalla decisione finale di rigetto, nel merito, dell’impugnazione (Cass. n. 22782/2018; Cass. sez. 5, n. 23872/20).
1.3.Invero, la CTRassolvendo il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale”ha, invero, rigettato nel merito l’appello atteso che: 1) non era fondata l’eccezione di prescrizione (quinquennale) della pretesa per l’anno 2008, coincidendo il dies a quo di decorrenza del relativo termine con la data (2013) di scoperta delle condotte omissive della società ai sensi dell’art. 15, comma 1, del TUA, rilevando ai fini del relativo computo la conoscenza dell’omissione non la prova della stessa; 2) con riguardo all’assunta violazione del contraddittorio endoprocedimentale, ‘non vi è era una reale censura’, essendosi la società limita ta a dedurre che lo stesso sarebbe stato ‘importante’ , stante la valenza indiziaria dei rilievi della GdF.
1.4. Inammissibile è poi la censura di violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto ove la parte deduca un error in procedendo per omessa pronuncia su una domanda «è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell’atto d’appello con cui le censure sono state formulate» (Cass. n. 11738 del 08/06/2016; Cass. n. 19410 del 30/09/2015); né rileva l’esistenza, in relazione al vizio lamentato, del potere di diretto esame degli atti da parte della Corte che « presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso
ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso » (Cass. n. 22880 del 29/09/2017; Cass. n. 40215 del 2021). Invero, la contribuente non ha provveduto a riportare in ricorso (riproducendo ivi il contenuto delle controdeduzioni in appello o allegandole al ricorso medesimo) gli esatti termini delle domande in ordine alle quali la CTR avrebbe omesso di pronunciare.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 del d.lgs. n. 504/95, novellato dal d.lgs. n. 48/2010, 2 del d.lgs. n. 472/97, 2935 c.c. nonché ‘ il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia ‘ per avere la CTR rigettato l’eccezione di prescrizione della pretesa impositiva relativamente al 2008 ritenendo che il dies a quo di decorrenza del relativo termine coincideva con la scoperta (2013) delle violazioni contestate concretanti condotte omissive, ai sensi dell’art. 15, comma 1, cit. sebbene l’eccezionalità della detta disposizione – che prevede il differimento del dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione alla data della scoperta dell’illecito -si giustificasse solo in presenza di ‘ comportamenti omissivi deliberatamente volti ad ostacolare l’azione accertativa dell’Amministrazione ‘ , in spregio ai principi di collaborazione e buona fede improntanti i rapporti tra contribuente e fisco; al riguardo, ad avviso della ricorrente, la CTR aveva erroneamente affermato che ‘ ai fini del computo della prescrizione rilevava la conoscenza dell’omissione non la prova della stessa ‘ laddove , ai fini del differimento del dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione, l’Amministrazione avrebbe dovuto fornire la prova – non risultante agli atti di causa – del comportamento fraudolento ad opera della società -concretando l’impossibilità ad agire del creditore l’unica causa pertinente di ‘ sospensione legale ‘ del termine di prescrizione di cui all’art. 2941, comma 1, n. 8 c.c.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2. Nella sentenza impugnata, la CTR ha disatteso l’eccezione di prescrizione (quinquennale) con riguardo alla pretesa relativa al 2008 in quanto, in forza dell ‘ art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA) (nella parte in cui prevede, nella versione vigente ratione temporis , che ” in caso di comportamenti
omissivi la prescrizione opera al momento della scoperta del fatto illecito ‘ ) – a fronte dell’avviso di pagamento notificato in data 4.7.2014 – nella speciepremesso che la condotta della contribuente era venuta in rilievo a seguito dell’operato della GdF -‘ le condotte omissive erano state scoperte solo nel 2013 e da lì partiva la prescrizione ‘ , evidenziando, quanto alla eccepita valenza indiziaria del p.v.c., che ‘ ai fini del computo della prescrizione, rilevava la data di conoscenza dell’omissione non la prova della stessa ‘.
2.3.Invero, non qualsiasi omissione imputabile al contribuente determina la decorrenza del termine di accertamento del tributo dalla data della scoperta del fatto illecito. Tale conclusione finirebbe con il sostanziarsi, sotto lo stretto profilo di diritto, in un’interpretazione abrogativa sia della prima proposizione dell’art. 15, 1° comma, TUA vigente ratione temporis , secondo il quale “il credito dell’Amministrazione finanziaria per l’accisa si prescrive in cinque anni”, sia della prima proposizione dell’art. 57 comma 3, TUA, secondo cui “il termine di prescrizione per il recupero dell’imposta è di cinque anni dalla data in cui è avvenuto il consumo”, che, all’evidenza, non avrebbero ragione di esistere se il mero fatto del mancato versamento dovesse equipararsi “al comportamento omissivo” che, ai sensi del secondo periodo di entrambe le disposizioni, fa decorrere la prescrizione dalla data della “scoperta dell’illecito” (Cassazione civile, sez. trib., 16/10/2020, n. 22597).
2.4.In altre parole, la struttura della norma postula che i “comportamenti omissivi” non possano essere identificati con il fatto contestato. Questi, infatti, rilevano perché impeditivi della “scoperta del fatto illecito”, ossia, con riguardo alla fattispecie in giudizio, l’omesso versamento delle accise dovute. In altri termini, l’omesso versamento integra la condotta sanzionata e, dunque, in quanto tale non può anche coincidere con il fatto (omissivo) che ha impedito di scoprire la condotta stessa.
2.5.Rilevano, in secondo luogo, solo i “comportamenti” omissivi (ulteriori rispetto alla condotta tipica e sanzionata), mentre sono privi di incidenza, per
l’espresso dato letterale della norma, i comportamenti attivi. Ciò si spiega, del resto, sul rilievo che le condotte omissive sono, in quanto tali, suscettibili di occultare il fatto illecito e, dunque, di impedire il controllo da parte dell’Amministrazione . È ben vero che un simile esito potrebbe derivare, in astratto, anche dal compimento di condotte positive. L’art. 57, comma 3, ultimo periodo TUA, tuttavia, pone un chiaro limite, mentre a favore di una interpretazione restrittiva del dato letterale depone la considerazione che l’identica previsione, di portata generale, contenuta nell’art. 15, comma 1, TUA è stata abrogata con l’art. 4ter d.l. n. 193 del 2016, manifestamente inteso ad assicurare la certezza dei rapporti.
2.6.Questa Corte ha precisato che, in tema di accise, costituisce comportamento omissivo tale da far decorrere il termine di prescrizione del diritto al pagamento dell’imposta dal momento della scoperta del fatto illecito, ai sensi dell’art. 15, comma 1 TUA (nel testo previgente al d.lgs. n. 40 del 2010), la condotta volta a celare la debenza del tributo – attraverso alterazioni documentali o contabili (ad esempio omesse o infedeli dichiarazioni, omesse fatturazioni) o altro – di non immediata nè di facile percezione da parte dell’Amministrazione, tanto da essere “scoperta” solo a seguito di indagini o di autodenuncia del contribuente (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22707 del 20/10/2020; ma in argomento vedasi anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 29204 del 12/11/2019; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 35903 del 2021).
2.7.Da quanto sopra si evincono due corollari: 1) non ogni mancato versamento del dovuto configura ex se un “comportamento omissivo”; 2) il comportamento in oggetto deve consistere in una condotta appartenente, anche a titolo di concorso al contribuente, intesa come condotta a questi imputabile e della quale il soggetto passivo del tributo risulti autore (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 35903 del 2021).
Ciò trova conferma anche in quella giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. civ. Sez. V Sent., 11/12/2013, n. 27670) la violazione delle prescrizioni di cui alla circolare del 4 novembre 1999, n. 214 del Dipartimento
delle Dogane del Ministero delle Finanze rileva esclusivamente come elemento indiziario di supporto al convincimento del giudice di merito in ordine alla prova del diverso uso finale del prodotto ceduto (per riscaldamento anziché per uso industriale) e, pertanto, non può integrare “ex se” la condotta omissiva prevista dall’art. 15, comma 1 TUA per il differimento del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale alla data della scoperta dell’illecito, dovendo comunque farsi riferimento a violazioni di obblighi di condotta posti da uno specifico parametro normativo, quale quello del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra contribuente e fisco di cui all’art. 10, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
2.8.Nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel disattendere l’eccezione di prescrizione (quinquennale) relativamente alla pretesa per il 2008 atteso che – senza che, diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, venga in rilievo, nella specie, una causa di sospensione legale della prescrizione di cui all’art. 2941, comma 1, n. 8 c.c. – le condotte omissive della contribuente – quali quelle risultanti dal p.v.c. volte a celare la debenza del tributo attraverso acquisti effettuati senza fattura di GPL di non immediata nè di facile percezione da parte dell’Amministrazione, tanto da essere “scoperte” solo a seguito di indagini sui conti correnti bancari dell’amministratore di fatto (v. pag. 2 -3 del ricorso e pag. 2 del controricorso) -erano state scoperte solo nel 2013 e da lì partiva la prescrizione’ . Peraltro, essendo ‘ la condotta del contribuente venuta in rilievo a seguito dell’operato della GdF ‘ la CTR ha disatteso la censura relativa al valore indiziario del p.v.c., ‘ perché ai fini del computo della prescrizione rilevava la conoscenza dell’omissione non la prova della stessa ‘; con ciò, volendo significare la rilevanza, ai fini della decorrenza della prescrizione, della data della ‘scoperta’ della condotta omissiva ( omessa fatturazione degli acquisti di GPL ) della contribuente in base agli elementi indiziari di cui al p.v.c. (sulla valenza del processo verbale di constatazione a seconda della natura dei fatti da esso attestati, v. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18420 del 05/07/2024) senza che fosse necessaria, sotto questo profilo, un’effettiva prova piena della stessa.
Inammissibile è poi la (sub) censura con la quale si denuncia ‘ il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia ‘ in quanto, pur a prescindere dal riferimento al parametro di sindacato del vizio di motivazione, non più attuale, ma inopportunamente evocato, va ribadito che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; n. 2785 del 2021).
Con il terzo motivo, si denuncia la violazione degli ‘ artt. 42, comma 2, del DPR n. 600/73, 56 del DPR n. 633/72, 12, comma 7 della legge n. 212/2000 nonché difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia- nullità dell’accertamento ‘ per avere la CTR disatteso l’eccezione di difetto di contraddittorio endoprocedimentale sebbene, nella specie, fosse mancato un ‘ sostanziale e corretto ‘ contraddittorio non avendo l’Ufficio -dopo l’avvio della procedura e la presentazione di richieste e/o osservazioni da parte della societàofferto una adeguata replica nel termine di cui all’art. 12, comma 7, emettendo l’avviso di pagamento, nullo per difetto di motivazione in ordine alle ragioni per le quali erano state disattese le contestazioni sollevate dalla contribuente in sede procedimentale. Al riguardo, la ricorrente denuncia la nullità dell’avviso di pagamento non essendovi in esso ‘ alcun riferimento al contraddittorio ma esclusivamente al p.v.c. della Guardia di Finanza ‘.
3.1. In disparte il non avere la contribuente assolto, in punto di autosufficienza, all’onere di riportare in ricorso, nelle parti rilevanti, ovvero allegare ad esso, il contenuto degli atti difensivi dei gradi di merito in ordine alla eccezione di violazione dell’art. 12, comma 7 cit ., onde consentire a questa Corte di verificare gli esatti termini della questione -il motivo si profila inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi avendo, nella specie, la CTR dichiarato inammissibile
la censura relativa al contraddittorio endoprocedimentale per sostanziale genericità della stessa (‘ Non è poi reale censura per quanto attiene al contraddittorio limitandosi l’appellante a dedurre che lo stesso sarebbe importante ‘) senza che tale statuizione risulti, sotto questo profilo, essere stata puntualmente aggredita.
3.2.Peraltro, la dedotta nullità dell’accertamento per non esservi nell’avviso di pagamento ‘ alcun riferimento al contraddittorio ma esclusivamente al p.v.c. della Guardia di Finanza ‘ non è riferita (neppure indirettamente) alla ratio decidendi della sentenza impugnata, ma esclusivamente al provvedimento impositivo, del quale soltanto sono censurate le supposte deficienze, ragione per la quale la anche detta (sub) censura risulta inammissibile.
4.In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 10.600,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME