Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10058 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10058 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8531/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO; -ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME Rosario, nella qualità di rappresentante legale del RAGIONE_SOCIALE
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 8853/2022, depositata il 20 ottobre 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso notificato il 20 settembre 2019 NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE ha impugnato l’atto di contestazione prot. n. 29356/RU del 20 dicembre 2012, con cui l’Ufficio delle dogane di Catania ha applicato la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 6.442,51, oltre euro 8,75 di spese di notifica, per violazioni in materia del d.lgs. 26 ottobre 1995 n. 504. L’atto di contestazione scaturisce dal processo verbale di constatazione prot. n. A/8044 del 28 maggio 2007 , elevato dall’Ufficio delle dogane di Catania con cui si è rilevato, a conclusione di un’attività di accertamento svolta presso la ditta, che la società ha omesso di annotare nel registro di carico e scarico alcune quantità di oli lubrificanti, commettendo conseguentemente di pagare euro 20.614,26 a titolo di imposta di consumo sugli oli lubrificanti acquistati da un Paese comunitario, in violazione degli artt. 62 e 2 c. 1 del d.lgs. 504/1995 e artt. 2 c. 8 e 4 c. 2 del d.m. 17 settembre 1996 n. 557. Fatti punibili, rispettivamente, a norma dell’art. 50 del d.lgs. 504/1995 e art. 13 del d.lgs. 471/1997. Nel corso dell’attività di accertamento , svolta presso i locali della società, i funzionari dell’Ufficio prelevavano campioni di prodotti per la lubrificazione provenienti da Paesi comunitari, prodotti che la società, pur avendone registrato le quantità nella contabilità ai fini IVA e altre imposizioni, non aveva assunto in carico nello specifico registro previsto dall’art. 3 c. 5 del d.m . 557/1996 e per i quali non aveva corrisposto l’imposta di consumo. I campioni prelevati venivano inviati al Laboratorio Chimico di Catania dell’Agenzia delle dogane per accertare se si trattava di oli lubrificanti da assoggettare a imposta di consumo. Il laboratorio accertava che i prodotti erano da classificare alla voce n. 27101981 della nomenclatura combinata della tariffa doganale e, quindi, da assoggettare a imposta di consumo di cu al comma 1
dell’art. 62 del d.lgs. 504/1995. I relativi certificati di analisi venivano notificati alla parte. Successivamente, con verbali del 30 marzo 2007 e 16 aprile 2007, redatti sulla base dei certificati di analisi dei campioni, è stato quantificato per ciascun anno, a partire dall’anno 2002, il quantitativo di oli lubrificanti di provenienza comunitaria che la società ha introdotto nel proprio deposito, l’imposta afferente, l’imposta pagata e, per differenza, quella da pagare, risultante pari a euro 21.712,93, successivamente corretta, con verbale del 28 maggio 2007, in euro 20.614,26.
L’Ufficio si è costituito in giudizio.
Con sentenza n. 12700/7/2018, depositata il 14 dicembre 2018, la Commissione tributaria provinciale di Catania ha rigettato il ricorso.
-Avverso tale sentenza proponeva appello il contribuente.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate.
Con sentenza n. 8853/2022, depositata il 20 ottobre 2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale, ha annullato l’atto di contestazione delle sanzioni e condannato l’Ufficio a corrispondere le spese di lite.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 472/1997 e dell’art. 15 del d.lgs. n. 504/1995 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado avrebbe violato e
falsamente applicato l’art. 20 del d.lgs. n. 472/1997 e l’art. 15 del d.lgs. n. 504/1995 atteso che, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità, è giunta alla conclusione che ‘l’azione di riscossione risultava perenta per decadenza non potendosi applicare il più lungo termine di legge in quanto non siamo in presenza di comportamenti omissivi ‘, ritenendo che la mancata annotazione di partite di oli lubrificanti nei relativi registri di carico e scarico, dalle quali è scaturito il mancato pagamento del tributo, non sia classificabile come comportamento omissivo. Al riguardo, si evidenzia che la condotta tenuta dalla ditta ben può qualificarsi come comportamento volto a celare la debenza del tributo alla luce della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. Sez. V, ord., 16/03/2022, n. 8649; n. 29204 del 12/11/2019). In tal senso, poiché l’omessa annotazione sui registri di carico e scarico e l’omesso pagamento dell’imposta integrano una condotta omissiva , solo dal momento della scoperta di tale omissione potrebbe decorrere il termine di prescrizione. Richiamando l’art. 20 del d.lgs . 472/1997 i diversi termini previsti dalle singole leggi che disciplinano tributi, ne consegue che, nel caso che ci occupa, assume rilievo la disciplina sulle accise e, più specificamente, l’art. 15 del d.lgs. 504/1995 che, nella versione vigente ratione temporis , dispone, al comma 1, che ‘ Il credito dell’Amministrazione finanziaria per l’accisa si prescrive in cinque anni e, limitatamente ai tabacchi, in dieci anni. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito” . Considerato che le violazioni consistono in comportamenti omissivi (ossia l’omessa annotazione di quantitativi di oli lubrificanti e l’omesso pagamento dell’imposta di consumo) rilevati nel 2007, l’atto impugnato – notificato il 24 dicembre 2012 – risulterebbe correttamente emesso nei termini di legge, poiché il termine ultimo di notifica dell’atto di contestazione
per tutte le violazioni scoperte e constatate nel 2007 veniva a scadere il 31 dicembre del 2012.
1.1. -Il motivo è fondato.
In tema di sanzioni sulle accise, i “comportamenti omissivi” cui, ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 504 del 1995 (nel testo anteriore all’art. 4-ter, comma 1, lett. c, del d.l. n. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016), è parametrata la decorrenza della prescrizione al momento della scoperta del fatto illecito – non consistono nel mancato versamento dell’imposta dovuta, bensì nel mancato compimento di una specifica attività, prevista per legge, tale da non consentire alla P.A. di procedere ai conseguenti controlli, solo in tal caso legittimandosi lo spostamento del “dies a quo” del termine prescrizionale (Cass., Sez. V, 12 novembre 2019, n. 29204).
In tal senso si è dato rilievo alla condotta volta a celare la debenza del tributo – attraverso alterazioni documentali o contabili (ad esempio omesse o infedeli dichiarazioni, omesse fatturazioni) o altro -di non immediata né di facile percezione da parte dell’Amministrazione, tanto da essere “scoperta” solo a seguito di indagini o di autodenuncia del contribuente (Cass., Sez. V, 22 novembre 2021, n. 35903; Cass., Sez. V, 20 ottobre 2020, n. 22707).
Se l’omesso pagamento dell’imposta non configura alcuna omissione rilevante ai sensi delle disposizioni richiamate, nondimeno, nel caso di specie, la Corte di giustizia tributaria non si è attenuta ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità poiché la mancata annotazione di partite di oli lubrificanti nei relativi registri di carico e scarico costituisce evidentemente una condotta omissiva rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina in questione.
-La sentenza va dunque cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente in diversa composizione per l’ulteriore esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione