Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7612 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7612 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13465/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE n. 1403/2016 depositata il 21/11/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
Considerato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1403/2016 depositata in data 21/11/2016, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 109/2014, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro il rigetto dell’istanza di disapplicazione delle disposizioni in materia di società di comodo.
Il provvedimento di rigetto era stato impugnato, sia davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino (dove era stato definito con sentenza, non impugnata, di inammissibilità del ricorso per mancanza di un provvedimento non autonomamente impugnabile, depositata in data 13/01/2014), sia davanti alla Commissione Tributaria di Alessandria (che, al contrario, aveva accolto il ricorso del contribuente con sentenza depositata in data 11/03/2014). In quest’ultimo caso contro la sentenza di primo grado è stato proposto appello, definito dalla CTR, con la sentenza impugnata nel presente giudizio di cassazione.
Le ragioni poste alla base del rigetto proposto dall’amministrazione finanziaria sono le seguenti:
-è stata ritenuta infondata l’eccezione di giudicato esterno sollevata dall’Agenzia delle Entrate in relazione alla pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Torino anteriormente depositata (13/01/2014) rispetto a quella della Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria (11/03/2014), in quanto, ad
avviso della CTR, « quello che il giudicato copre non è temporalmente illimitato dovendosi escludere i fatti successivi fra i quali rientrano anche quelli intervenuti nel periodo seguente alla emanazione della sentenza in cui questa era ancora impugnabile». Inoltre, la formazione del giudicato implicito implica un « rapporto di dipendenza indissolubile fra la questione decisa in modo espresso e quella della quale si vorrebbe intervenuta risoluzione implicita tale da determinare l’assoluta inutilità di una dec isione sulla seconda questione e che quella decisa in modo espresso non sia stata impugnata». Nella specie la questione decisa in modo espresso (impugnabilità dell’atto) è autonoma rispetto a quella (competenza della CTP) che si vorrebbe implicitamente decisa ed è inoltre soddisfatto il requisito della non avvenuta impugnazione, con la conseguente possibilità, per il giudice di seconde cure, di valutare la competenza territoriale;
– in relazione alla questione appena evocata la CTR ha privilegiato l’indirizzo per il quale la competenza territoriale, nel caso in esame, è della Commissione Tributaria Provinciale cui fa capo l’Agenzia individuata in base al domicilio fiscale del contribuente, facendo leva sul disposto dell’art. 4 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 , anche in relazione alla competenza dell’Agenzia all’emissione dell’avviso di accertamento in caso di mancato adeguamento alle determinazioni contenute nel diniego del Direttore Regionale. In tale ipotesi, ad avviso della CTR, potrebbero intervenire giudizi contrastanti per lo stesso identico rapporto. Rileva che: « questo non significa voler condizionare strettamente il giudizio sull’avviso a quello, logicamente precedente, relativo alla comunicazione, ma solo tendere a far sì che il primo citato (sull’avviso) vada oltre il secondo qui indicato (sulla comunicazione) evitando di rimettere in discussione quest’ultimo, peraltro suscettibile di autonoma
impugnazione in Ctr, come se si trattasse di un appello relativo allo stesso»;
-il provvedimento di rigetto dell’istanza di disapplicazione emesso dal direttore regionale è autonomamente impugnabile;
-nel merito sono infondate le censure dell’amministrazione finanziaria, dovendosi distinguere tra società non operativa (individuata, ai sensi dell’art. 30 legge n. 724 del 1994 solamente sulla base di un criterio quantitativo e comprendente tutte le società che non superano il cd. test di operatività, a prescindere dalle intenzioni e dal comportamento dei soci) e società di comodo (caratterizzata, oltre che dal marginale esercizio di un’attività economicoproduttiva, dall’uso improprio della forma societa ria). La non operatività non esprime, tuttavia, l’esistenza di una società di comodo, ma può dipendere anche da altri fattori.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
Con il primo motivo è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 4 d.lgs. n. 546 del 1992.
1.1. La ricorrente evidenzia che la CTR -nel richiamare il contenuto dell’art. 4 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 5 del regolamento di amministrazione -non ha tenuto conto che la competenza delle commissioni tributarie provinciali è inderogabile ai sen si dell’art. 5 d.lgs. n. 546 del 1992. Di conseguenza, il giudice competente era da individuare, necessariamente, nella Commissione Tributaria Provinciale di Torino.
1.2. Inoltre, ai sensi dell’art. 30, comma 4 -bis, legge n. 724 del 1994 e 37 bis, comma 8, d.P.R. 29/09/1973, n. 600, l’istanza deve essere presentata al direttore regionale delle entrate competente per territorio. Al fine di facilitare la trasmissione dell’istanza a quest’ultimo l’art. 1 d.m. 259 del 1998 prevede che la stessa sia presentata, a mezzo del servizio postale, all’ufficio finanziario competente per l’accertamento in ragione del domicilio fiscale del contribuente. Tale ultimo ufficio trasmette al direttore regionale l’istanza, unitamente al proprio parere, entro trenta giorni dalla sua ricezione.
Nel caso di specie, a prescindere dal fatto che l’istanza fosse stata presentata all’Agenzia delle Entrate di Alessandria, è incontestato che l’atto impugnato sia stato emesso dalla Direzione Regionale del Piemonte.
1.3. Viene, poi, censurato il riferimento dei giudici di merito alla seconda parte dell’art. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, che collega la competenza della CTP alla sede dell’ufficio cui spettano le attribuzioni sul tributo controverso: nella specie non si discute di quest’ultimo e, inoltre, si tratta di una previsione normativa speciale, applicabile solo al « centro di servizio » o ad « altre articolazioni dell’Agenzia delle Entrate , con competenza su tutto o parte del territorio nazionale» . Si tratta di locuzione aggiunta dall’art. 28, comma 2, d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30/07/2010, n. 122 -che non riguarda, tuttavia, gli uffici delle Direzioni Regionali dell’Agenzia delle Entrate, ma le apposite articolazioni con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, cui è attribuita l’attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate, al fine di incrementare le attività di controllo automatizzato. La seconda parte dell’art. 4 d.lgs. n. 546 del 1992 non può essere, quindi, estesa qualsiasi ufficio dell’amministrazione
finanziaria, per il quale trova applicazione, invece, la prima parte dell’art. 4 cit. , da correlare all’art. 10 d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
2.1. La ricorrente rileva che, nel caso di specie, il provvedimento oggetto di ricorso davanti alla CTP di Alessandria era stato impugnato anche davanti alla CTP di Torino, che aveva definito il giudizio con sentenza in cui dichiarava non impugnabile il diniego dell’amministrazione finanziaria. Sebbene il giudicato di rito non produca effetti esterni al giudizio in cui è maturato, la CTR avrebbe dovuto tenere conto che, a seguito del passaggio in giudicato della denuncia di inammissibilità, il provvedimento era diventato definitivo.
Con il terzo motivo è stata denunciata , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992.
3.1. La ricorrente rileva come la ritenuta impugnabilità del provvedimento di diniego si fondi su un indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 17 010 del 2012), secondo il quale l’interpello disapplicativo ha natura provvedimentale e non di mero parere. Non è, poi, immediatamente lesivo, in quanto ha l’effetto di incidere comunque sulla condotta del soggetto istante in ordine alla dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l’istanza è stata inoltrata. Ad avviso della ricorrente, tuttavia, la valutazione dell’amministrazione, in sede di interpello, è resa valutando l’idoneità degli elementi di fatto allegati dal contribuente per provare la sussistenza dei requisiti che legittimano la disapplicazione, senza che possa essere esercitato alcun controllo. Non solo: la natura provvedimentale della risposta all’interpello potrebbe essere
sostenuta se quest’ultima fosse vincolante per gli uffici cui è demandato il potere di accertamento. La risposta negativa all’interpello non vincola, tuttavia, gli uffici competenti a emettere l’avviso di accertamento , con la conseguenza che non è immediatamente, ma solo potenzialmente lesiva della sfera giuridica del contribuente.
Rileva, poi, che l’estensione del novero degli atti impugnabili da parte della giurisprudenza è consequenziale all’attribuzione al giudice tributario, ai sensi dell’art. 12 legge n. 448 del 2001, di tutte le controversie in materia di tributi, di qualunque genere e specie e che tutti gli atti riconosciuti immediatamente impugnabili, anche se non aventi natura e forma autoritativa, contengono l’esplicitazione di una pretesa tributaria definita e attuale.
Evidenzia inoltre come da Cass., n. 17010 del 2012 non si comprenda:
quali siano le ragioni che supportano l’interesse personale, reale e concreto a impugnare un atto che non pregiudica la posizione del contribuente;
quale sarebbe l’efficacia del giudicato formatosi sulla legittimità o illegittimità di un provvedimento di diniego di disapplicazione di una norma antielusiva (non essendo chiaro se a seconda l’esito del giudizio consegua per l’ufficio l’impossibilità o la necessità di emettere l’atto impositivo);
come un provvedimento privo di efficacia vincolante per il contribuente e l’amministrazione finanziaria, emesso allo stato degli atti e – sulla base delle allegazioni del contribuente stesso – in esito a un’istruttoria sommaria, possa acquisire, invece, tale efficacia a seguito di un accertamento giudiziale.
Richiama, poi, la riforma dell’art. 1 d.lgs. n. 156 del 2015 e le modifiche apportate all’istituto dell’interpello.
Con il quarto motivo è stata censurata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 30 legge n. 724 del 1994.
4.1. La ricorrente evidenzia che sono considerate «di comodo» le società «non operative», cioè che non conseguono un ammontare di ricavi inferiore a quelli minimi (presunti), ottenuti attraverso l’applicazione di percentuali prefissate e specifiche a determinate voci dell’attivo. Cons iderato che la società contribuente non ha superato il cd. test di operatività per l’anno d’imposta 2011, ricorre una presunzione legale relativa di non operatività che può essere vinta solo dalla prova contraria, ad esclusivo carico del soggetto passivo, consistente nella dimostrazione della sussistenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il rispetto delle pretese erariali stabilite dalla legge.
Passando all’esame dei motivi di ricorso, n el caso in esame è pacifico che l’atto impugnato sia stato emesso dalla Direzione Regionale del Piemonte, a seguito della presentazione da parte della società contribuente di un interpello disapplicativo ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, legge n. 794 del 1994. È altresì pacifico che il medesimo atto sia stato impugnato presso due diverse commissioni tributarie provinciali: quella del domicilio fiscale del contribuente (CTP di Alessandria) e quella in cui si trova l’amministraz ione che ha emesso l’atto imp ugnato (CTP di Torino).
Risulta, poi, che la CTP di Torino si sia pronunciata, dichiarando inammissibile il ricorso per mancanza di provvedimento autonomamente imponibile in data 13/01/2014, mentre la CTP di Alessandria abbia pronunciato la sentenza, accogliendo il ricorso del contribuente, in data 11/03/2014.
5.1 . Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione dell’art. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. è fondato.
L’art. 4 d.lgs. n. 546 del 1992 nella versione applicabile ratione temporis precisa, infatti, che: « Le commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero delle finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia è proposta nei confronti di un centro di servizio o altre articolazioni dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nell’ambito della dotazione organica prevista a legislazione vigente e anche mediante riorganizzazione, senza oneri aggiuntivi, degli Uffici dell’Agenzia è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso. »
In merito all’interpretazione di tale norma deve essere data continuità a quanto già precisato da questa Corte, secondo la quale: « La Commissione tributaria pr ovinciale competente per territorio si individua con riferimento al luogo in cui ha sede l’ufficio finanziario o il concessionario del servizio di riscossione che ha emesso il provvedimento impugnato, senza che possa assumere rilievo l’acquisizione del parere di altra direzione provinciale, alla quale non è riconducibile l’atto impugnato. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato con rinvio la decisione che aveva individuato quale giudice tributario territorialmente competente quello della sede della direzione provinciale che aveva rilasciato un parere prodromico all’emissione del provvedimento di diniego, in luogo di quello in cui
aveva sede l’ufficio finanziario che aveva emesso l’atto impugnato) » (Cass., 24/08/2022, n. 25194).
La sentenza impugnata, ritenendo che l’individuazione della competenza territoriale dovesse essere individuata nella CTP cui fa capo l’Agenzia individuata in base al domicilio fiscale del contribuente non si è, quindi, attenuta alla giurisprudenza di questa Corte appena riportata.
5.5. In conseguenza della fondatezza del primo motivo di ricorso devono ritenersi assorbiti gli altri motivi di ricorso.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia di primo grado di Torino, davanti alla quale la presente controversia dovrà essere riassunta nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione del presente provvedimento.
…
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Torino, davanti alla quale la causa dovrà essere riassunta nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente decisione.
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.