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Competenza interpello: la sede di chi emette l’atto

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito un principio chiave in materia di competenza territoriale per l’interpello disapplicativo. La Corte ha chiarito che il giudice competente a decidere sull’impugnazione del diniego è quello del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso l’atto finale, a prescindere da dove siano stati acquisiti pareri interni. L’ordinanza conferma inoltre che il diniego di interpello è un atto autonomamente impugnabile e che non esiste un termine di decadenza di 90 giorni per la sua presentazione prima della dichiarazione dei redditi.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Competenza territoriale interpello: la Cassazione fa chiarezza

Determinare il giudice giusto a cui rivolgersi è il primo passo, fondamentale, per la tutela dei propri diritti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia di competenza territoriale interpello, stabilendo che a contare è la sede dell’ufficio che emette l’atto finale, e non quella di altri uffici coinvolti nel procedimento. Questa decisione offre un’indicazione chiara ai contribuenti che intendono impugnare un provvedimento di diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate.

I fatti del caso: un interpello e un dubbio sulla competenza

Una società operante nel settore energetico aveva presentato un’istanza di interpello per ottenere la disapplicazione della normativa sulle cosiddette ‘società di comodo’. La Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, con sede a Catanzaro, aveva dichiarato inammissibile l’istanza. La società aveva impugnato tale provvedimento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (C.t.p.) di Cosenza, ottenendo una sentenza favorevole. L’Agenzia delle Entrate ha appellato la decisione, ma la Commissione Tributaria Regionale (C.t.r.) ha confermato la sentenza di primo grado. L’Agenzia ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando tre questioni principali: l’errata individuazione della competenza territoriale, la presunta non impugnabilità del diniego di interpello e la violazione dei termini per la presentazione dell’istanza.

La regola sulla competenza territoriale per l’interpello

Il primo motivo di ricorso, accolto dalla Suprema Corte, riguardava proprio la competenza territoriale interpello. L’Agenzia sosteneva che, essendo stato l’atto di diniego emesso dalla Direzione Regionale con sede a Catanzaro, la competenza a giudicare spettasse alla C.t.p. di Catanzaro e non a quella di Cosenza. La Cassazione ha confermato questa tesi, affermando che la competenza territoriale del giudice tributario si individua con riferimento al luogo in cui ha sede l’ufficio finanziario che ha emesso il provvedimento impugnato. Il fatto che nel procedimento fosse stato acquisito un parere dalla Direzione Provinciale di Cosenza è stato ritenuto irrilevante, poiché tale parere è un atto interno e non l’atto finale lesivo per il contribuente.

L’impugnabilità del diniego di interpello è confermata

La Corte ha rigettato il secondo motivo di ricorso, con cui l’Agenzia contestava la possibilità stessa di impugnare il diniego di interpello. Gli Ermellini hanno ribadito il loro orientamento consolidato: sebbene l’elenco degli atti impugnabili (art. 19, D.Lgs. 546/1992) sia tassativo, è ammessa l’impugnazione anche di atti non esplicitamente menzionati quando questi portano a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria definita. Il diniego di disapplicazione di una norma antielusiva rientra in questa categoria, in quanto manifesta un convincimento dell’amministrazione che pregiudica immediatamente la posizione del contribuente, costringendolo ad adeguarsi o a subire le conseguenze fiscali negative.

Nessun termine di 90 giorni per presentare l’istanza

Anche il terzo motivo, relativo ai termini di presentazione dell’istanza, è stato giudicato infondato. L’Agenzia sosteneva che l’interpello dovesse essere presentato almeno novanta giorni prima della scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi. La Cassazione ha chiarito che nessuna norma primaria o secondaria impone un simile termine di decadenza. L’interpello è ‘preventivo’ se presentato prima che il comportamento del contribuente trovi attuazione nella dichiarazione. Il termine dei novanta giorni, citato in alcune prassi amministrative, riguarda il tempo a disposizione dell’ufficio per rispondere, non il termine entro cui il contribuente deve agire. Una circolare, in quanto documento di prassi, non può introdurre sanzioni procedurali non previste dalla legge.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su una lettura chiara e sistematica delle norme processuali tributarie. Sul punto della competenza, il riferimento normativo è l’art. 4 del D.Lgs. 546/1992, che radica la giurisdizione presso il giudice del luogo in cui ha sede l’ente impositore che ha formato e sottoscritto l’atto. Questo criterio garantisce certezza e previene confusioni derivanti dal coinvolgimento di più uffici in fasi diverse del procedimento amministrativo. Per quanto riguarda l’impugnabilità, la Corte ha applicato un’interpretazione sostanziale, riconoscendo che il diniego di interpello, pur non essendo un avviso di accertamento, produce effetti diretti e concreti sulla sfera giuridica del contribuente. Infine, sulla questione dei termini, i giudici hanno riaffermato il principio di legalità, secondo cui eventuali decadenze o inammissibilità devono essere espressamente previste da una fonte normativa e non possono essere introdotte in via interpretativa dalla prassi amministrativa.

Conclusioni e implicazioni pratiche

L’ordinanza in esame offre tre importanti indicazioni pratiche per contribuenti e professionisti. In primo luogo, per radicare correttamente una controversia, è essenziale verificare sempre la sede dell’ufficio che ha firmato l’atto da impugnare: è questo, e solo questo, il criterio per determinare la competenza territoriale. In secondo luogo, viene consolidata la tutela del contribuente, che può agire in giudizio contro un diniego di interpello disapplicativo senza dover attendere un successivo atto impositivo. Infine, viene fatta chiarezza sui termini: la richiesta di interpello è tempestiva se presentata prima della scadenza della dichiarazione dei redditi in cui il comportamento assume rilevanza, senza dover rispettare un inesistente intervallo di 90 giorni.

Quale giudice è competente a decidere sull’impugnazione di un atto dell’Agenzia delle Entrate?
La competenza territoriale spetta alla commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio che ha emesso l’atto impugnato, indipendentemente dal coinvolgimento di altri uffici in fasi preliminari del procedimento.

Il provvedimento di diniego di un interpello disapplicativo è un atto che si può impugnare?
Sì. Secondo la giurisprudenza consolidata, il diniego di disapplicazione di norme antielusive è un atto autonomamente impugnabile perché comunica al contribuente una pretesa tributaria compiuta e immediatamente lesiva dei suoi diritti.

Qual è il termine per presentare un’istanza di interpello disapplicativo?
L’istanza è considerata preventiva, e quindi ammissibile, se viene presentata prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui il comportamento deve essere attuato. Non esiste un termine di decadenza che imponga di presentarla 90 giorni prima di tale scadenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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