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Compenso giudice tributario supplente: la Cassazione nega l’extra

Un giudice tributario, presidente di sezione, che ha svolto per un lungo periodo le funzioni di presidente di commissione tributaria in qualità di supplente, ha richiesto il pagamento degli emolumenti superiori corrispondenti. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8873/2024, ha respinto la richiesta. La Corte ha stabilito che la normativa non prevede un compenso aggiuntivo per tale supplenza, poiché le funzioni svolte sono considerate un’estensione del ruolo già ricoperto e retribuito. La decisione sottolinea che il ruolo di giudice tributario ha natura onoraria e non costituisce un rapporto di pubblico impiego, escludendo l’applicazione delle norme sulle mansioni superiori. Pertanto, il compenso del giudice tributario supplente rimane invariato.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Compenso Giudice Tributario Supplente: La Cassazione Nega l’Indennità Aggiuntiva

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 8873 del 4 aprile 2024, ha affrontato una questione di notevole interesse riguardante il compenso del giudice tributario supplente. La Suprema Corte ha stabilito che al presidente di sezione di una commissione tributaria, incaricato di sostituire il presidente di commissione assente, non spetta alcun compenso aggiuntivo per lo svolgimento di tali funzioni superiori. Questa decisione chiarisce l’interpretazione della normativa vigente e consolida un orientamento restrittivo in materia.

I Fatti del Caso

Un magistrato, presidente di sezione presso una commissione tributaria regionale, si trovava a ricoprire per un lungo periodo la funzione di presidente reggente della stessa commissione, a causa della vacanza del posto. In virtù di tale incarico, egli svolgeva tutte le funzioni, sia giurisdizionali che amministrative, tipiche del ruolo presidenziale. Ritenendo di aver diritto a un trattamento economico commisurato alle mansioni superiori effettivamente svolte, il giudice citava in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze per ottenere il pagamento della differenza tra il proprio compenso e quello previsto per il presidente di commissione.

La richiesta veniva respinta sia in primo grado che in appello. I giudici di merito sostenevano che il rapporto dei giudici tributari ha natura onoraria e non di pubblico impiego, escludendo così l’applicabilità delle norme che prevedono una retribuzione superiore in caso di svolgimento di mansioni superiori. Inoltre, la normativa specifica in materia non prevedeva alcun compenso aggiuntivo per la supplenza. Il giudice decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte e il compenso giudice tributario supplente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno fornito un’analisi dettagliata del quadro normativo, chiarendo perché la richiesta di un compenso aggiuntivo fosse infondata. La sentenza si basa su un’interpretazione rigorosa delle leggi che regolano l’ordinamento e il trattamento economico dei giudici tributari, in particolare il D.Lgs. 545/1992 e il D.L. 98/2011.

Analisi sulla natura della supplenza

Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa dell’istituto della supplenza. La Corte ha spiegato che la sostituzione del presidente di commissione da parte del presidente di sezione più anziano è un meccanismo automatico previsto dalla legge (art. 2, comma 2, D.Lgs. 545/1992). Tale meccanismo è finalizzato a garantire la continuità e l’efficienza dell’ufficio senza creare un nuovo rapporto o un nuovo titolo per un compenso diverso. Le funzioni svolte dal supplente, sebbene più ampie, sono considerate omogenee e un’estensione di quelle già proprie del suo ruolo di presidente di sezione.

L’interpretazione del quadro normativo sul compenso giudice tributario supplente

La Cassazione ha evidenziato come l’art. 39, comma 6, del D.L. n. 98/2011 escluda esplicitamente la possibilità di cumulare o ricevere compensi aggiuntivi per i giudici indicati nell’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 545/1992. Questa norma ha l’intento di limitare il diritto al compenso fisso e variabile solo a determinate funzioni, e la supplenza non rientra tra quelle che danno diritto a emolumenti ulteriori. In pratica, il legislatore ha scelto di non retribuire l’attività di supplenza in modo distinto, considerandola assorbita dal compenso già percepito dal giudice per il suo incarico principale.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si articolano su diversi punti chiave. In primo luogo, viene ribadita la natura onoraria e non di pubblico impiego dell’incarico di giudice tributario. Questo esclude in radice l’applicazione analogica delle norme del pubblico impiego (come l’art. 52 del D.Lgs. 165/2001), che garantiscono una retribuzione superiore per lo svolgimento di mansioni più elevate. La Corte ha citato proprie precedenti pronunce a Sezioni Unite che hanno già chiarito questa netta distinzione.

In secondo luogo, si sottolinea che le funzioni giurisdizionali del presidente di commissione e del presidente di sezione sono sostanzialmente simili. Il supplente, pertanto, non svolge un’attività qualitativamente diversa, ma piuttosto un’attività quantitativamente maggiore, estesa a tutta la commissione anziché alla singola sezione. Questo non è sufficiente, secondo la Corte, a giustificare un compenso extra, poiché il suo trattamento economico già remunera la sua qualifica.

Infine, la Corte ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente. La scelta del legislatore di non prevedere un compenso aggiuntivo rientra nella sua discrezionalità e non viola i principi di eguaglianza e di giusta retribuzione (artt. 3 e 36 Cost.), data la specificità e la natura onoraria del rapporto.

Conclusioni

La sentenza n. 8873/2024 della Corte di Cassazione stabilisce un principio di diritto chiaro e definitivo: il presidente di sezione di una commissione tributaria che agisce come supplente del presidente di commissione non ha diritto a un compenso aggiuntivo, né fisso né variabile. La sua retribuzione rimane quella legata al suo incarico originario. Questa pronuncia consolida l’idea che la supplenza è un dovere intrinseco alla funzione, volto a garantire l’operatività degli uffici giudiziari, e non una fonte di ulteriore guadagno. Per i giudici tributari, ciò significa che l’assunzione di maggiori responsabilità in via temporanea non comporta un automatico adeguamento economico, a meno che non sia espressamente previsto da una norma di legge.

Un giudice tributario che sostituisce un superiore ha diritto a un compenso maggiore?
No, secondo la Cassazione n. 8873/2024, il giudice tributario presidente di sezione che sostituisce il presidente di commissione non ha diritto a un compenso aggiuntivo. La sua retribuzione rimane quella prevista per il suo ruolo originario.

Perché la sostituzione del Presidente di Commissione non dà diritto a un’indennità aggiuntiva?
Perché la normativa di riferimento (in particolare l’art. 39, c. 6, D.L. 98/2011) esclude tale possibilità. La supplenza è considerata un meccanismo automatico per garantire la continuità dell’ufficio e le funzioni svolte sono ritenute un’estensione di quelle già retribuite, non un incarico qualitativamente diverso.

Il rapporto del giudice tributario è assimilabile a quello di un pubblico impiego ai fini della retribuzione per mansioni superiori?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’incarico di giudice tributario ha natura onoraria e non costituisce un rapporto di pubblico impiego. Di conseguenza, non si applicano le norme, come l’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, che prevedono il diritto a una retribuzione superiore in caso di svolgimento di mansioni più elevate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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