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Compenso di riscossione: la Cassazione fa chiarezza

Una società contribuente ha impugnato una cartella di pagamento, contestando la natura del compenso di riscossione. Durante il giudizio in Cassazione, a seguito del consolidarsi di un orientamento giurisprudenziale contrario alle sue tesi, la società ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il giudizio e ha compensato le spese legali, riconoscendo che il consolidamento della giurisprudenza era avvenuto in un momento successivo alla proposizione del ricorso, rendendo equa la decisione sulle spese.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Compenso di Riscossione: la Natura Remunerativa e l’Equità sulle Spese Legali

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una vicenda processuale riguardante la natura del compenso di riscossione, noto anche come aggio. Sebbene la causa si sia conclusa con una dichiarazione di estinzione del giudizio, la decisione offre spunti fondamentali sulla gestione delle spese legali quando la giurisprudenza si evolve nel corso di un processo.

I fatti del caso: Dalla cartella di pagamento al ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine dalla notifica, nel 2010, di una cartella di pagamento a un istituto di credito per un importo superiore a 4 milioni di euro a titolo di IRES per l’anno d’imposta 2004. La società contribuente non contestava il debito tributario principale, ma si opponeva esclusivamente alla richiesta di pagamento del compenso della riscossione. Tale compenso era calcolato in percentuale sul debito: il 4,65% in caso di pagamento entro 60 giorni e il 9% per pagamenti successivi.

Il giudizio di primo grado, presso la Commissione Tributaria Provinciale, aveva dato ragione al contribuente. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agente della riscossione. Di conseguenza, la società contribuente ha proposto ricorso per Cassazione.

Le questioni giuridiche: La natura del compenso di riscossione

I motivi del ricorso si basavano su due argomentazioni principali:
1. Natura sanzionatoria e non remunerativa: Il contribuente sosteneva che il compenso di riscossione avesse una natura punitiva. Di conseguenza, le modifiche normative introdotte nel 2006, che ne disciplinavano l’applicazione, non potevano essere applicate retroattivamente a un’annualità d’imposta (il 2004) precedente.
2. Illegittimità costituzionale: In subordine, il ricorrente sollevava dubbi sulla costituzionalità della norma, sostenendo che violasse il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), la capacità contributiva (art. 53 Cost.) e il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

La svolta processuale e il nuovo orientamento

Durante il giudizio in Cassazione, è intervenuto un fatto decisivo. La giurisprudenza della stessa Suprema Corte si è consolidata in senso opposto alle tesi del ricorrente. Con diverse pronunce, tra cui la n. 10809 del 2023, è stato chiarito che il compenso di riscossione non ha natura sanzionatoria, ma serve a coprire i costi dell’intera attività di riscossione svolta dall’Agente.

Prendendo atto di questo orientamento ormai pacifico, la società contribuente ha saggiamente deciso di depositare una dichiarazione di rinuncia al ricorso. Contestualmente, ha richiesto la compensazione delle spese legali, evidenziando che tale orientamento si era formato in epoca successiva alla proposizione del suo ricorso (avvenuta nel 2016) e recependo principi sanciti da una sentenza della Corte Costituzionale del 2021.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha accolto la richiesta di rinuncia e, di conseguenza, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. L’aspetto più interessante della decisione riguarda le spese legali. Nonostante l’opposizione dell’Agente della riscossione, i giudici hanno disposto la compensazione integrale delle spese.

La motivazione di tale scelta risiede proprio nell’evoluzione della giurisprudenza. La Corte ha riconosciuto che, al momento della proposizione del ricorso, la questione giuridica era ancora dibattuta. L’orientamento che ha reso infondate le pretese del contribuente si è consolidato solo in un momento successivo. Pertanto, i giudici hanno ritenuto equo che ciascuna parte sostenesse le proprie spese, dato che l’esito del giudizio è stato di fatto determinato da un cambiamento nel panorama giuridico avvenuto “in corso d’opera”.

Conclusioni

Questa ordinanza, pur non decidendo nel merito la controversia, offre due importanti insegnamenti. In primo luogo, ribadisce l’orientamento consolidato sulla natura remunerativa del compenso di riscossione, inteso come corrispettivo per il servizio pubblico svolto dall’Agente. In secondo luogo, stabilisce un importante principio di equità processuale: quando un ricorso viene abbandonato a causa di un consolidamento giurisprudenziale successivo, la compensazione delle spese legali rappresenta una soluzione giusta e ragionevole, riconoscendo la legittimità delle ragioni che avevano inizialmente spinto la parte ad agire in giudizio.

Qual è la natura del compenso di riscossione secondo la giurisprudenza consolidata?
Secondo l’orientamento ormai pacifico della Corte di Cassazione, il compenso di riscossione ha natura remunerativa e non sanzionatoria. Esso è finalizzato a coprire i costi dell’attività di riscossione complessivamente svolta dall’Agente della Riscossione.

Perché il contribuente ha ritirato il ricorso?
Il contribuente ha ritirato il ricorso perché, durante il corso del giudizio, la Suprema Corte ha consolidato un orientamento giurisprudenziale contrario alle sue tesi, rendendo di fatto il ricorso infondato e con scarse probabilità di accoglimento.

Perché la Corte ha deciso di compensare le spese legali nonostante la rinuncia del ricorrente?
La Corte ha compensato le spese perché l’orientamento giurisprudenziale che ha indotto il ricorrente a rinunciare si è consolidato in un’epoca successiva alla proposizione del ricorso. Al momento dell’avvio dell’azione legale, la questione era ancora dibattuta, per cui la Corte ha ritenuto equo che ogni parte sostenesse i propri costi legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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