Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1965 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 1965  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
Oggetto: tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18453/2022 R.G. proposto da COGNOME  AVV_NOTAIO,  che  si  difende  in  proprio,  elettivamente domiciliato nel suo studio in Roma, INDIRIZZO -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  p.t., rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-intimata-
avverso  la  sentenza  RAGIONE_SOCIALE  Commissione  Tributaria  regionale  del Lazio,  Roma,  n.  3061/01/2022  pronunciata  il  21  giugno  2022  e depositata l’01 luglio 2022 , non notificata.
Udita la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  09  gennaio 2024 dal Co: NOME COGNOMENOME COGNOME;
RILEVATO
Il contribuente agiva per l’ottemperanza RAGIONE_SOCIALE sentenza n. 8595/2018 RAGIONE_SOCIALE CTR del Lazio con la quale era stata annullata la cartella di pagamento emessa ai fini IRAP per l’anno d’imposta 2023. Nelle more del giudizio l’Ufficio effettuava il richiesto rimb orso sicché la CTR dichiarava la cessata materia del contendere disponendo altresì la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite. Il contribuente adiva pertanto questa Corte lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cpc per aver erroneamente la CTR disposto la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese. Il ricorso veniva accolto giusta ordinanza n. 2963/2022.
Riassunto nuovamente il giudizio, la CTR accoglieva il ricorso del contribuente liquidando in euro 4.000,00 complessivi le spese del giudizio  di  ottemperanza  (euro  1.000,00),  di  legittimità  (euro 2.000,00) e di rinvio (euro 1.000,00).
Invoca nuovamente la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza il contribuente che svolge un unico motivo di ricorso, articolato sotto tre  distinti  profili.  Rimane  intimata  l’Amministrazione  finanziaria , mentre in prossimità dell’odierna adunanza ha depositato memoria la parte contribuente.
CONSIDERATO
Con l’unico motivo di ricorso il contribuente lamenta la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e 4, per violazione  RAGIONE_SOCIALE  norme  di  diritto  che  presidiano  l’osservanza  dei parametri di base indicati dal comma 1 dell’art. 4 del d.m. 55/2014 e  dell’art.  4,  co.  1  bis,  del  d.m.  n.  37/2018:  parametri  posti esplicitamente a fondamento RAGIONE_SOCIALE tre note spese di cui sopra e dalla
CTR disattesi senza alcuna motivazione, nonché la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza, anche ai sensi RAGIONE_SOCIALE stesse norme sopra richiamate, per aver infranto il limite di cui all’art. 2233, co. 2, c.c. che preclude di liquidare, al netto degli esborsi, somme praticamente simboliche, non consone al decorso RAGIONE_SOCIALE professione. Infine, deduce la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata per violazione dell’art. 4, co. 1, e dell’art. 4, co. 5, d.m. n. 55/2014 che prescrivono la liquidazione del compenso per fasi, mentre la sentenza ha effettuato per ciascuna RAGIONE_SOCIALE parcelle una liquidazione sommaria, a forfait, rendendo così impossibile la valutazione dell’opera professionale sul fondamento dei parametri di base RAGIONE_SOCIALE singole fasi.
1.1  In  sintesi,  denunzia  la  violazione  dei  parametri  minimi  e inderogabili  di  cui  al  d.m.  n.  55/20147  che,  se  correttamente applicati,  avrebbero  dovuto  condurre  ad  una  liquidazione  di  euro 12.466,01 in luogo dei 4.000,00 euro complessivamente liquidati. Chiede altresì alla Corte, non residuando altri accertamenti di fatto, di decidere nel merito del ricorso.
Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di cui in motivazione.
2.1 È stato infatti affermato il principio di diritto secondo cui «In assenza di diversa convenzione tra le parti, ove la liquidazione dei compensi  professionali  e  RAGIONE_SOCIALE  spese  di  lite  avvenga  in  base  ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate allo stesso dal D.M. n. 37 del 2018, non è dato al giudice scendere  al  di  sotto  dei  valori  minimi,  in  quanto  aventi  carattere inderogabile» (Cfr. Cass., II, n. 10466/2023).
2.2  Sulla  scorta RAGIONE_SOCIALE  stesso  orientamento  è  stato  altresì affermato  che  «Il  ricorso  pone  il  problema  RAGIONE_SOCIALE  derogabilità  dei valori tabellari minimi fissati per ciascuna fase processuale dal nuovo testo dell’art. 4, comma primo, D.M. 55/2014, come modificato d al D.M.  37/2018,  che  ora  dispone  che,  ai  fini  RAGIONE_SOCIALE  liquidazione  del compenso, il  giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle
allegate, che, in applicazione dei parametri generali possono essere aumentati di regola sino all’80 per cento, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione in ogni caso non oltre il 70 per cento. L’art. 13, comma sesto, L. 247/2012 rimette, com’è noto, ad un apposito decreto del RAGIONE_SOCIALE, l’aggiornamento con cadenza biennale dei parametri medi, provvedimento da adottare d’intesa con in RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 1, comma 3, precisando che i nuovi parametri ‘si applicano quando all’atto dell’incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell’interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge’. La novellata previsione dell’art. 4, comma primo, è difforme dal punto di vista letterale dalle precedenti disposizioni regolamentari, che non contemplavano un vincolo espresso in ordine alla massima riduzione applicabile, limitandosi a disporre che detta riduzione non poteva di regola essere superiore al 50%. Sulla scorta di tale ultimo elemento testuale e alla luce del ritenuto carattere non vincolante dei parametri di liquidazione, questa Corte era giunta a sostenere che la quantificazione del compenso e RAGIONE_SOCIALE spese processuali fosse espressione di un potere discrezionale riservato al giudice, e che la liquidazione, se contenuta entro i valori tabellari minimi e massimi, non richiedeva un’apposita motivazione e non era sottoposta al controllo di legittimità, dovendosi invece giustificare la scelta del giudice di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, fatto salvo l’obbligo di non attribuire somme simboliche, lesive del decorso professionale (Cass. 28325/2022; Cass. 14198/2022; Cass. 19989/2021; Cass. 89/2021; Cass. 10343/2020). A tale approdo interpretativo, tuttora valido per le spese processuali e i compensi
professionali regolati dal D.M. 55/2014, non può darsi continuità anche per quelli sottoposti al regime introdotto dal D.M. 37/2018: non è più consentita la liquidazione di importi risultanti da una riduzione superiore alla percentuale massima del 50% dei parametri medi e ciò per effetto di una scelta normativa intenzionale, volta a circoscrivere il potere del giudice di quantificare il compenso -o le spese processuali- e a garantire, attraverso una limitata flessibilità del parametri tabellari, l’uniformi tà e la prevedibilità RAGIONE_SOCIALE liquidazioni a tutela del decoro RAGIONE_SOCIALE professione e del livello RAGIONE_SOCIALE prestazione professionale. La suddetta ratio legis è esplicitamente evidenziata nel parere del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, Sezione Consultiva, n. 2703/2017 del 27 dicembre 2017, che aveva giudicato inadeguato, rispetto al dichiarato scopo di ‘limitare il perimetro di discrezionalità riconosciuto al giudice, individuando RAGIONE_SOCIALE soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base al di sotto RAGIONE_SOCIALE quali non è possibile andare, l’utilizzo di una formula normativa suscettibile di avallare ‘approdi interpretativi in merito all’applicazione RAGIONE_SOCIALE locuzione ‘di regola’ anche alle riduzioni percentuali dei valori parametrici di base, mentre tale possibilità doveva più incisivamente essere limitati agli incrementi dei parametri e non alla riduzione’. L’attuale previsione è quindi volta proprio a specificare ‘con maggiore chiarezza l’inderogabilità RAGIONE_SOCIALE soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base da parte degli organi giudicanti, e ciò anche in considerazione del fatto che l’art. 13, comma 7 RAGIONE_SOCIALE legge n. 247 del 2012 prevede fra i criteri cui si deve attenere l’Amministrazione quello RAGIONE_SOCIALE ‘tra sparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali’» (Cfr. Cass., II, n. 9815/2023).
3. La censura è quindi fondata, avendo la CTR ritenuto congrue, a titolo di spese processuali, RAGIONE_SOCIALE somme inferiori a quelle risultanti dalla massima riduzione percentuale consentita dal D.M. n. 55/2014,
citato art. 4, comma1, nel testo novellato dal D.M. 37/2018, tenuto conto che la liquidazione è avvenuta in termini ‘complessivi’, senza specificazione alcuna né in relazione agli oneri e accessori di legge né alle anticipazioni legge, oltre che con l’attribuzione di un importo onnicomprensivo senza distinzione per fasi (Cass.6518/2022; Cass.23873/2021; Cass.19482/2018; Cass.6306/2016).
Non può invece farsi seguito alla richiesta di decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c. tenuto conto che «salvo il rispetto dei parametri  minimi  e  massimi,  la  determinazione  in  concreto  del compenso  per  le  prestazioni  professionali  di  avvocato  è  rimessa esclusivamente  al  prudente  apprezzamento  del  giudice  di  merito (Cass., I, n.  4782/2020).
In conclusione, il ricorso è fondato e va accolto nei limiti di cui in  motivazione,  la  sentenza  impugnata  va  cassata  con  rinvio  alla competente  Corte  di  giustizia  tributaria  di  secondo  grado  che provvederà a nuova valutazione RAGIONE_SOCIALE questioni di merito nonché alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, Roma, in