Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9857 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9857 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 15612-2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresenta ta e difesa dall’A vvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore COMUNE DI TORRE ANNUNZIATA , in persona del Sindaco pro tempore
-intimati- avverso la sentenza n. 470/2023 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA CAMPANIA, depositata il 16/01/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 /4/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania aveva accolto parzialmente l’appello della contribuente proposto, in relazione alla compensazione delle spese di lite, avverso la sentenza n.
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L ‘agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE ed il Comune sono rimasti intimati.
Parte ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 4 del Decreto Ministeriale 5 aprile 2014 n.55 del Ministero della Giustizia e dell’art. 2233 c.c., secondo comma, per avere la Corte di giustizia tributaria di secondo grado erroneamente liquidato le spese del giudizio in misura inferiore ai minimi tariffari previsti dalla legge.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza per motivazione contraddittoria in relazione all’art. 5, comma 4, del D.M. n. 55/2014 per avere i giudici d’appello l iquidato un importo esiguo per entrambi i gradi di giudizio giustificandolo in relazione al valore della controversia e del limitato impegno professionale, atteso che il valore della controversia
valido ai fini della liquidazione del compenso era pari ad Euro 241.051,49, e non era stato illustrato secondo quali criteri (valore della controversia e limitato impegno professionale) la Corte di merito aveva ritenuto di liquidare le spese di lite, senza neppure chiarire a quale dei due aveva inteso dare prevalenza.
2.1. Va preliminarmente esaminato, in quanto pregiudiziale, il secondo motivo, che va disatteso.
2.2. Occorre infatti ribadire che a seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del «minimo costituzionale« richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di «mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale», di «motivazione apparente», di «manifesta ed irriducibile contraddittorietà» e di «motivazione perplessa od incomprensibile», e dunque di totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un «fatto storico», che abbia formato oggetto di discussione e che appaia «decisivo» ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. Cass., Sez. U. n. 8053 del 2014; Cass. nn. 7090 del 2022, Cass. n. 8487 del 2020, 23940 del 2017).
2.3. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata esplicita, tuttavia, in maniera sufficiente la ratio decidendi , consentendo il controllo
del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con il restante motivo, la ricorrente ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo la contribuente, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
3.1. Il primo motivo è fondato nei limiti di seguito illustrati.
3.2. Va osservato che l ‘art. 4, comma 1, del d.m. 10 marzo 2014, n. 55 è stato oggetto di riformulazione in relazione all ‘art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. 8 marzo 2018, n. 37 (per le liquidazioni delle spese a far tempo dal 27 aprile 2018), che permane a seguito del d.m. 13 agosto 2022, n. 147.
3.3. Nell ‘iniziale formulazione dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, era stabilito che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice dovesse tener conto dei «valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento».
3.4. Vigendo questo testo, la giurisprudenza aveva affermato che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti dal d.m. n. 55 del 2014, non è soggetto al controllo di legittimità, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, non sussistendo più il vincolo legale dell ‘ inderogabilità dei minimi tariffari, fermo soltanto per la riduzione dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione il limite dell’art. 2233, comma 2, c.c., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione ( ex plurimis cfr. Cass. n. 28325 del 2022).
3.5. Sulla base della modifica operata dall’art. 1, comma 1, lettera a) del d.m. n. 37 del 2018 – applicabile alla presente fattispecie l’art. 4, comma 1, dispone invece che i valori medi «possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento» (nel senso dell’inderogabilità delle ‘riduzioni massime’ in conseguenza delle modifiche introdotte dal d.m. n. 37 del 2018, cfr. Cass. nn. 9690 e 1421 del 2021).
3.6. Va da ultimo precisato che la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 427/2017) ha affermato che «l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all’avvocato e al proprio cliente di pattuire un onorario d’importo inferiore al minimo stabilito da un regolamento adottato da un’organizzazione di categoria dell’ordine forense, a pena di procedimento disciplinare a carico dell’avvocato medesimo e, dall’altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d’importo inferiore a quello minimo, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma che spetta comunque al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l’attuazione di tali legittimi obiettivi».
3.7. Nella specie, i nuovi parametri risultano predisposti dal CNF ma adottati dal Ministero della giustizia, previo parere del Consiglio di Stato e pertanto da un organo statale per scopi di interesse generale correlati all’esigenza di garantire la trasparenza e l’unitarietà nella determinazione dei compensi professionali.
3.8. Deve pertanto affermarsi che, ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art. 4, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso, salvo specifica pattuizione, diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate.
3.9. Nella vicenda in esame la liquidazione operata dalla Commissione tributaria regionale (regolata per entrambi i gradi di giudizio dal regime introdotto dal D.M. 37/2018) è pari ad Euro 210,00 per il primo grado e ad Euro 230,00 per il secondo grado.
3.10. Come già affermato da questa Corte, sulla base di principi che il Collegio condivide, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di
avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali -sulla base del criterio del disputatum , ovverosia sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza (cfr. Cass. n. 18465 del 2024; Cass. n. 27871 del 2017; Cass. n. 536 del 2011).
3.11. Pertanto, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello volto ad ottenere una somma maggiore è rigettato, ed alla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’ap pellante, se il gravame volto ad ottenere una somma maggiore è accolto (in termini, cfr. Cass. n. 35195 del 2022).
3.12. Come più volte affermato da questa Corte, infatti, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato -in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali – sulla base del criterio del disputatum (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza); ove il giudizio di secondo grado abbia per oggetto esclusivo la valutazione della correttezza della decisione di condanna di una parte alle spese del giudizio di primo grado, il valore della controversia, ai predetti scopi, è dato dall’importo delle spese liquidate dal primo giudice, costituendo tale somma il disputatum posto all’esame del giudice di appello (in tal senso, cfr. Cass. nn. 18465 del 2024, 27871 del 2017, 12227 del 2015, 536 del 2011).
3.13. Ciò posto, il valore della causa in primo grado, da commisurare all’importo della comunicazione di iscrizione ipotecaria, era dunque pari ad
Euro 241.051,49, come riportato nel ricorso originario, allegato al ricorso in cassazione.
3.14. In relazione al valore indicato, l’importo minimo, liquidabile in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione, decisionale, era pari ad Euro 5.925,00, risultando dunque superiore all’importo liquidato per il primo grado.
3.15. Essendo stato liquidato un importo inferiore al minimo dei parametri tabellari, la doglianza della ricorrente è quindi fondata.
3.16. Con riguardo al giudizio di secondo grado, essendo stata disposta, in primo grado, la compensazione delle spese di lite ed avendo l’odierna ricorrente ottenuto in appello la condanna della controparte a titolo di spese di lite al pagamento della somma di euro 230,00, il valore della causa, in base al principio del disputatum , era pari ad euro 230,00.
3.17. In relazione al valore indicato, l’importo minimo, liquidabile in base ai parametri corrispondenti allo scaglione ed alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione e decisionale, sulla scorta di quanto dianzi illustrato, era pari ad euro 290,00, risultando superiore all’importo liquidato per il grado d’appello, con conseguente fondatezza delle doglianze della ricorrente sul punto.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, respinto il secondo motivo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinto il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da