Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20693 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20693 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9395 -2019 R.G. proposto da:
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso;
-ricorrente-
contro
LO PRETE COGNOME
-intimato –
avverso la sentenza n. 5069/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE di COSENZA, depositata il 24/9/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/3/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Montegiordano propone ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria provinciale di Cosenza, in sede di ottemperanza della sentenza emessa dalla medesima Commissione n. 264/2012, aveva condannato il Comune al pagamento dell’importo di Euro 264,62, oltre accessori di legge, in favore di NOME COGNOME a titolo di compensi professionali relativi al giudizio definito con la sentenza, oggetto di richiesta di ottemperanza, ed al pagamento delle spese di lite relative a quest’ultimo giudizio.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), c.p.c., violazione dell’art. 69, comma 4, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 per «inesistenza dei presupposti del giudizio di ottemperanza» non essendo rimasto inerte, il Comune, rispetto alla richieste di pagamento degli importi richiesti, essendosi invece attivato a tale scopo «sollecitando …(NOME COGNOME)… a prendere contatto con il legale difensore … onde procedere al pagamento di quanto statuito in sentenza».
1.2. La doglianza è infondata.
1.3. Risulta pacifico che NOME COGNOME abbia notificato al Comune di Montegiordano la sentenza, munita di formula esecutiva, in uno a nota spese, richiedendo il pagamento senza che il Comune vi abbia provveduto entro il termine dei novanta giorni.
1.3. Ciò posto, in tema di spese di lite nel processo tributario, se il pagamento in favore del contribuente, o del difensore antistatario, non
è eseguito spontaneamente dall’Amministrazione nel termine di novanta giorni dalla notifica della sentenza, ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 546 del 1992, le somme dovute a tale titolo possono essere richieste con il giudizio di ottemperanza, senza necessità di formale costituzione in mora e senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza che ha dato luogo al titolo di pagamento; pur restando nella facoltà dell’Amministrazione procedere all’adempimento spontaneo sino a che il provvedimento attuativo non sia stato emesso, la tardività dell’adempimento può incidere sulla regolamentazione delle spese del relativo processo (cfr. Cass. n. 11286 del 2022).
2.1. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. violazione dell’art. 70, comma 7, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 2909 c.c. per avere la Commissione tributaria provinciale erroneamente condannato il Comune al pagamento, in favore di NOME COGNOME «della totalità delle somme liquidate nella sentenza di cui si chiedeva l’esecuzione», sebbene egli fosse uno dei due difensori della parte ricorrente, con la conseguenza che allo stesso sarebbe spettato «il pagamento delle spese processuali nella misura del 50% rispetto al totale liquidato».
2.2. La doglianza è parimenti infondata.
2.3. Contrariamente a quanto affermato dal Comune ricorrente, l’impugnata sentenza non ha disposto il pagamento della totalità delle somme liquidate nella sentenza di cui si è chiesta l’ottemperanza interamente in favore del solo NOME COGNOME codifensore antistatario unitamente a COGNOME NOME, ma ha imposto « al convenuto Comune l’ottemperanza del giudicato di cui alla sentenza nr 264/5/2012 pronunciata dalla Commissione Tributaria di Cosenza in data 09 marzo 2012 e depositata in segreteria il 22 marzo 2012, relativa al procedimento nr. 1000/08 di R.G.R con cui i Giudici hanno condannato l’Amministrazione comunale al pagamento delle spese e competenze processuali quantificate in complessive € 200 oltre accessori di legge… il tutto nel termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione del
presente atto, in difetto del quale nomina per gli adempimenti di rito il dott. NOME COGNOME quali Commissario ad acta, al quale è riconosciuta la somma netta di € 400 …a titolo di compenso, oltre iva e cap».
2.4. Non vi è stata, quindi, alcuna violazione del comando contenuto nella sentenza passata in giudicato né attribuzione di nuovi diritti in favore del soggetto che ha promosso il giudizio di ottemperanza.
3.1. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), c.p.c., violazione dell’art. 15, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e degli artt. 91 e 92, primo comma, c.p.c. per omessa compensazione delle spese di lite in caso di soccombenza reciproca, essendo state accolte solo in parte le richieste del difensore, che ha agito in sede di ottemperanza.
3.2. La censura è inammissibile.
3.3. In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (cfr. Cass. nn. 24502 del 2017, 8421 del 2017),
4.1. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), c.p.c. violazione dell’art. 15, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 91, primo comma, c.p.c. lamentando la «omessa condanna del Sig. NOME COGNOME alle spese processuali per aver rifiutato senza giustificato motivo la proposta conciliativa».
4.2. La censura è infondata.
4.3. Occorre premettere che, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 156/2015, la regolamentazione delle spese nel
processo tributario trova compiuta ed autonoma codificazione nell’art.15 del D.lgs. n. 546/1992.
4.3. Il comma 2 octies della citata disposizione prevede che «qualora una delle due parti abbia formulato una proposta conciliativa non accettata dall’altra parte senza giustificato motivo restano a carico di quest’ultima le spese del processo ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto delle proposte ad esse effettuata».
4.4. Ciò premesso, pur volendo qualificare come proposta conciliativa non accettata senza giustificato motivo l’invio della missiva con la quale il Comune comunicava, a mezzo del proprio legale, di essere disponibile a pagare quanto liquidato dalla sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, non ricorre il presupposto per l’applicazione dell’art 15 comma 2 octies d.lvo 546/92 in quanto il giudice dell’ottemperanza ha disposto l’esecuzione della sentenza nella misura pari, e non inferiore, alla somma offerta al Lo Prete in sede stragiudiziale.
5.1. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), c.p.c. violazione dell’art. 15, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, dell’art. 28, comma 2, Decreto Ministero Giustizia n, 140/2012, e degli artt. 91 e 112 c.p.c. lamentando la violazione della liquidazione dei compensi professionali in favore dell’odierna parte intimata secondo i parametri previsti per i dottori commercialisti e gli esperti contabili.
5.2. La doglianza è fondata.
5.3. Evidenzia il ricorrente che la parte contribuente era difesa dal dottore commercialista NOME COGNOME e che in base all’art. 28 del d.m. 140/2012, tabella C) riquadro 10, il massimo delle spese liquidabili in relazione al valore della controversia -che il ricorrente deduce essere stato non superiore a Euro 300,00 somma asseritamente non rimborsata e pretesa in ottemperanza- il massimo importo liquidabile era pari a Euro 15,00, comprese spese generali del 12,5%, iva e contributo previdenziale.
5.4. In effetti, il citato art. 28, al comma 2, prevede che «il valore della pratica per la liquidazione di incarichi di predisposizione di ricorsi, appelli e memorie alle commissioni tributarie e ad altri organi giurisdizionali, nonché per la rappresentanza tributaria, è determinato, per ogni grado di giudizio, in funzione dell’importo complessivo delle imposte, tasse, contributi, sanzioni, interessi che sarebbero dovuti sulla base dell’atto impugnato o in contestazione oppure dei quali è richiesto il rimborso, e il compenso è liquidato, di regola, secondo quanto indicato dal riquadro 10.2 della tabella C – Dottori commercialisti ed esperti contabili», mentre il Riquadro 10.2, stabilisce che «sull’importo complessivo delle imposte, tasse, contributi, sanzioni, interessi dovuti: dal 1% al 5% ».
5.5. Nel caso in esame, il valore della pratica deve essere determinato sulla base dell’applicazione analogica dell’art. 28, comma 2, e del riquadro 10.2, trattandosi non della liquidazione di incarico «di predisposizione di ricorso, appello e memorie a commissione tributaria nonché di rappresentanza tributaria» in causa di impugnazione di atto impositivo o in causa su crediti di rimborso bensì della liquidazione di incarico di rappresentanza tributaria di fronte a commissione tributaria in causa avente ad oggetto esclusivamente le spese determinate in esito ad altra causa avente ad oggetto l’impugnazione di un atto impositivo (cfr. in termini Cass. nn. 8051 e 4239 del 2021, Cass. n. 25265 del 2020).
5.4. La fattispecie manca di disciplina specifica, cosicché per identità di ratio si applicano analogicamente le disposizioni citate facendo riferimento all’importo delle spese di cui è stato chiesto il rimborso.
5.5. La CTP avrebbe dovuto, quindi, liquidare le spese di difesa del difensore antistatario tra l’1 e il 5 per cento della somma di Euro 300,00, e va poi evidenziato che, in base al medesimo D.M. n. 140/2012, non spetta al commercialista alcun rimborso di spese forfetarie.
Sulla scorta di quanto sin qui osservato, va accolto il quinto motivo, respinti i rimanenti motivi, con cassazione della sentenza impugnata.
Atteso che lo stesso ricorrente indica nel massimo (5%) la percentuale applicabile per la liquidazione delle spese dovute a NOME COGNOME per il giudizio di ottemperanza di cui trattasi, è possibile decidere nel merito dichiarando che il Comune è tenuto a rifondere a quest’ultimo non, come si legge nella sentenza impugnata, «Euro 530,00 per onorario, oltre accessori di legge», bensì «Euro 15,00 per compensi professionali».
Le spese del giudizio sono compensate integralmente stante il limitato accoglimento del ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, respinti i rimanenti motivi; cassa parzialmente la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., condanna il Comune ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di ottemperanza in favore di NOME COGNOME che liquida e distrae in suo favore in Euro 15,00 per compensi professionali; compensa le spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità