LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Compensi eccessivi: quando un’ASD perde i benefici?

La Corte di Cassazione ha stabilito che i compensi eccessivi, superiori del 20% ai contratti collettivi, pagati da un’associazione sportiva dilettantistica (ASD) ai propri collaboratori, costituiscono una presunzione legale di distribuzione indiretta di utili. Questa violazione comporta la perdita del regime fiscale agevolato. La Corte ha chiarito che il confronto va fatto tra i salari lordi, senza considerare il “costo aziendale” o altre voci come straordinari, annullando la decisione di merito che aveva giustificato le maggiori somme erogate.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Compensi eccessivi in ASD: la Cassazione stabilisce quando si perdono i benefici

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su un tema cruciale per il mondo delle Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD): la gestione dei compensi a soci e collaboratori. La sentenza chiarisce in modo definitivo i limiti oltre i quali l’erogazione di stipendi può essere considerata una distribuzione indiretta di utili, con la conseguente perdita dei preziosi benefici fiscali. La questione dei compensi eccessivi rappresenta un’area di rischio che ogni amministratore di ente non commerciale deve conoscere e gestire con la massima attenzione.

Il Caso: Un’Associazione Sportiva Sotto la Lente del Fisco

L’Agenzia delle Entrate aveva contestato a una società sportiva dilettantistica la qualifica di ente non commerciale, revocandole il regime fiscale agevolato per l’anno d’imposta 2015. Secondo l’Ufficio, l’associazione aveva posto in essere una distribuzione indiretta di utili attraverso due condotte principali:

1. L’erogazione a due collaboratori, che erano anche soci amministratori, di compensi significativamente superiori (oltre il 20%) rispetto a quelli previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di riferimento.
2. Il pagamento di un canone d’affitto per i locali, ritenuto sproporzionato e superiore al valore di mercato, a una società immobiliare di fatto gestita dalle stesse persone.

L’associazione aveva impugnato l’avviso di accertamento, ottenendo ragione sia in primo che in secondo grado.

L’Analisi della Corte di Giustizia Tributaria

I giudici d’appello avevano respinto le argomentazioni del Fisco, ritenendo che il confronto tra i compensi erogati e quelli tabellari del CCNL fosse errato. Secondo la Corte territoriale, la comparazione non teneva conto di elementi fondamentali come le competenze professionali specifiche del personale, né di voci quali straordinari, lavoro notturno e festivo. Inoltre, i giudici avevano ritenuto che il parametro corretto non fosse il salario lordo, ma il cosiddetto “costo aziendale”, comprensivo di tutti gli oneri a carico del datore di lavoro. Anche il canone d’affitto era stato giudicato congruo in virtù di diverse considerazioni di natura economica e commerciale.

La Decisione della Cassazione sui compensi eccessivi

La Corte di Cassazione, investita del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha ribaltato la decisione di merito sulla questione dei compensi, accogliendo il primo motivo di ricorso e stabilendo un principio di diritto di fondamentale importanza.

Il Principio di Diritto sui Salari

La Suprema Corte ha affermato che la norma di riferimento (art. 10, comma 6, lett. e, del d.lgs. n. 460/1997) è chiarissima e va interpretata letteralmente. Tale norma istituisce una presunzione legale assoluta: la corresponsione a lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi per le medesime qualifiche si considera in ogni caso una distribuzione indiretta di utili.

I giudici hanno specificato che il confronto deve essere operato tra i “compensi corrisposti” (il salario lordo indicato in busta paga) e quelli previsti dal CCNL, anch’essi espressi al lordo. Qualsiasi altra considerazione, come il “costo aziendale”, le competenze professionali o le voci accessorie (straordinari, etc.), è del tutto irrilevante ai fini dell’applicazione di questa presunzione. L’errata interpretazione della norma da parte dei giudici di merito ha quindi portato alla cassazione della sentenza su questo punto.

Il Motivo sul Canone d’Affitto: L’Inammissibilità per “Doppia Conforme”

Sul secondo motivo, relativo al canone d’affitto eccessivo, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. Poiché sia il tribunale di primo grado che la corte d’appello avevano raggiunto la stessa conclusione basandosi sul medesimo percorso logico-fattuale, si è applicato il principio della “doppia conforme”, che preclude un ulteriore esame del fatto in sede di legittimità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura della disposizione normativa in esame, qualificata come norma antielusiva sostanziale di stretta interpretazione. L’obiettivo del legislatore è quello di prevenire, attraverso una presunzione legale, che gli enti non commerciali utilizzino lo strumento dei salari per distribuire profitti in modo mascherato, tradendo la loro finalità non lucrativa. Consentire una valutazione discrezionale che tenga conto di elementi esterni al dato letterale della norma (il confronto tra i salari lordi) vanificherebbe lo scopo della presunzione stessa. La Corte ha sottolineato come il superamento della soglia del 20% comporti in sé l’esclusione dal regime di favore, senza necessità di ulteriori indagini sulla congruità o giustificazione economica delle somme erogate.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un monito fondamentale per tutte le associazioni e società sportive dilettantistiche. La gestione dei compensi deve avvenire con la massima trasparenza e nel rigoroso rispetto dei parametri normativi. I compensi eccessivi non sono un’opzione praticabile se si vuole mantenere lo status di ente non commerciale e i relativi benefici fiscali. La decisione della Cassazione non lascia spazio a interpretazioni: il superamento del limite del 20% rispetto ai tabellari del CCNL è una linea rossa che, una volta superata, fa scattare automaticamente la presunzione di distribuzione di utili, con conseguenze fiscali potenzialmente molto gravi. La causa è stata rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, che dovrà ora decidere nuovamente la controversia attenendosi a questo rigido principio.

Come si calcola il superamento del limite per i compensi in una ASD?
La Corte di Cassazione ha chiarito che il calcolo deve basarsi su un confronto diretto tra il salario lordo effettivamente corrisposto al lavoratore e il salario lordo previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di riferimento per la medesima qualifica professionale. Non devono essere considerati altri parametri come il “costo aziendale” o voci accessorie.

Cosa accade se un’associazione sportiva paga stipendi superiori del 20% rispetto a quelli previsti dal CCNL?
Secondo la legge, tale condotta fa scattare una presunzione legale assoluta di distribuzione indiretta di utili. La conseguenza diretta è la perdita della qualifica di ente non commerciale e, di conseguenza, la decadenza da tutti i benefici fiscali previsti per le ASD, con il recupero delle imposte non versate.

È possibile giustificare compensi superiori alla soglia del 20% invocando le particolari competenze professionali del lavoratore o il lavoro straordinario?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma va interpretata letteralmente. Il superamento della soglia del 20% comporta di per sé l’esclusione dal regime di favore. Considerazioni relative alle competenze professionali, al lavoro straordinario, notturno o festivo sono irrilevanti ai fini dell’applicazione di questa specifica presunzione legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati