Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20755 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20755 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32215/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME elettivamente domiciliata in Agerola alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dalla quale è rappresentata e difesa(CODICE_FISCALE, pec avv.EMAIL;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende;
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 4063/2021 depositata il 11/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava l’iscrizione ipotecaria sull’immobile alla stessa trasferita dal coniuge in sede di separazione consensuale, trascritta dalla società RAGIONE_SOCIALE per un debito personale contratto dal coniuge separato. La commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva il ricorso e compensava le spese di lite per motivi di opportunità ed equità. Sull’appello della contribuente, la commissione tributaria regionale della Campania respingeva l’impugnazione in relazione al capo relativo alla regolamentazione delle spese di lite affermando che .
Ricorre, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza indicata in epigrafe la signora COGNOME L’agenzia delle entrate riscossione ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
La contribuente ha depositato memorie ex art. 380 c.p.c. in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 132 c pc e 118 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile, nonché dell’art. 111 della costituzione. Si afferma che la motivazione resa dal collegio di appello non soddisfa i requisiti imposti dalla legge sull’obbligo di motivazione; in particolare che le ragioni della decisione appaiono contraddittorie atteso che l’art. 92 comma 2, c.p.c. permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano gravi ed eccezionali ragioni, nella specie insussistenti. Si richiama l’affermazione compiuta da questa Corte, secondo cui detta disposizione costituisce una norma elastica quale
clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla a un dato contesto storico e sociale ovvero a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito. Simmetricamente, si afferma che la condanna alle spese di lite implica la soccombenza e questa si determina in relazione all’esito della «decisione del giudizio»: ne segue che la compensazione delle spese di lite, anche in seguito all’intervento della Corte costituzionale, sentenza n. 77 del 2018, può essere disposta solo nell’ipotesi di novità assoluta della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti ovvero nell’ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni o di assoluta incertezza che presentino la stessa gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92 c pc.
La pronuncia impugnata invece, nonostante la soccombenza totale di una parte, ha sancito la compensazione delle spese di giudizio con una motivazione che risulta incomprensibile e comunque non riconducibile alle gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente indicate.
Il secondo mezzo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 3, c.p.c., denuncia la violazione degli articoli 12 e 15 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 92 c.p.c..
Osserva la ricorrente che la motivazione resa dal primo giudice non esplicita affatto le ragioni della compensazione se non con la stereotipata formula dei motivi di equità, mentre solo nel giudizio di appello, il Collegio ha motivato la compensazione delle spese in ragione del breve lasso di tempo intercorso tra la trascrizione del trasferimento di proprietà immobiliare e l’iscrizione ipotecaria sul cespite trasferito alla ricorrente. Si afferma che a detto elemento
temporale non poteva essere attribuita alcuna rilevanza giuridica ai fini ai fini della statuizione in punto di spese, in quanto il decidente avrebbe dovuto considerare il lungo lasso di tempo atteso dalla contribuente per instaurare il giudizio, dopo aver inutilmente atteso otto mesi affinchè la società di riscossione provvedesse alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria richiesta estragiudizialmente dalla ricorrente, circostanza questa emergente anche dalla stessa sentenza impugnata.
Deve, dunque, ritenersi illegittima la decisione dei giudici di appello laddove ha lasciato a carico della parte vincitrice gli oneri difensivi, atteso che la deroga al principio della soccombenza poteva essere rappresentato solo dalla ricorrenza di circostanze rientranti nella previsione di cui all’art. 92 citato
Il terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., denuncia la violazione dell’art. 36 nn. 2,3 e 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Si osserva che l’omessa valutazione da parte del decidente della inerzia della riscossione in seguito all’istanza di cancellazione dell’ipoteca presentata in via stragiudiziale ha determinato l’erronea applicazione dell’art. 91 c.p.c.; soggiungendo che detta circostanza era stato oggetto di discussione tra le parti, tant’è che era stata rappresentata come motivo che giustificava il ricorso in primo ed in secondo grado.
In altri termini si deduce che parte ricorrente è stata costretta a ricorrere all’autorità giudiziaria in ragione del mancato riscontro della richiesta formulata in sede stragiudiziale di cancellazione dell’iscrizione ipotecaria su un immobile di proprietà di soggetto diverso dal debitore.
La prima censura è priva di pregio.
La censura di motivazione apparente o contraddittoria non rinvia all’impossibilità di percepire la ratio decidendi, quale connotato di una motivazione inesistente, ma al contrasto con la normativa regolativa del criterio di ripartizione delle spese giudiziali.
Non consta, comunque, un’apparenza motivazionale, bensì un percorso argomentativo che ben lascia cogliere, per quanto errata, la ratio decidendi in punto di compensazione delle spese di lite, la quale si fonda sulla rilevanza del breve lasso di tempo intercorso tra trascrizione del trasferimento immobiliare e l’iscrizione ipotecaria, emblematica della buona fede dell’ente procedente.
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile
2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente ed incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo una chiara illustrazione delle ragioni sottese all’applicazione del criterio della compensazione quale regola disciplinate il regime delle spese di lite. Per cui, la motivazione del decisum raggiunge appieno la soglia del minimo costituzionale.
La seconda e la terza censura, da esaminarsi congiuntamente in quanto concernono la medesima quaestio iuris, meritano accoglimento.
Per l’esame di detti mezzi occorre partire dalla formulazione dell’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 che regola, ratione temporis, la presente fattispecie. Si tratta, più precisamente, della versione risultante dalle modifiche apportate dall’art. 9, comma 1, lett. f), n. 2), d.lgs. 24/09/2015, n. 156 (applicabili dal 01/01/2016, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del testo normativo appena citato), in base al quale: «i commi 2 e 2-bis sono sostituiti dai seguenti: «2. Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.» L’art. 9, comma 1, lett. f), n. 1) d.lgs. 24/09/2015, n. 156, al contempo, ha eliminato nell’art. 15, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 il secondo periodo che rinviava all’art. 92, comma 2, cod. proc. civ..
Trovano, invece, applicazione ai giudizi instaurati «in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione» a decorrere dal 04/01/2024 le modifiche apportate all’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. e), n. 1) d.lgs. 30 dicembre
2023, n. 220 («Le spese del giudizio sono compensate, in tutto o in parte, in caso di soccombenza reciproca e quanto ricorrono gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate ovvero quando la parte è risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa ha prodotto solo nel grado di giudizio»). Nella formulazione applicabile, ratione temporis, alla presente controversia (senza che il risultato interpretativo si diversifichi in ragione delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 220 del 2023) il tenore letterale dell’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 (nel richiamare le «gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate») trova riscontro nell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., a seguito dell’intervento additivo di C. cost. n. 77 del 2018, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del d.l. 12/09/ 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile) – nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni . La stessa dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ. ha trovato, quale riferimento sistematico, le modifiche apportate all’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 ad opera del d.lgs. 156 del 2015.
In particolare l’art. 9, comma 1, lettera f), numero 2), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 (Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6 e 10, comma 1, lettere a e b, della legge 11 marzo 2014, n. 23), ha sostituito gli originari commi 2 e 2bis dell’art. 15 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega governativa nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991 n. 413) ed ha, tra l’altro, previsto che le spese del giudizio possono essere compensate in tutto o in
parte, oltre che in caso di soccombenza reciproca, anche «qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni» che devono essere espressamente motivate. Proprio dalla pronuncia resa da C. Cost. n. 77 del 2018 si traggono le coordinate ermeneutiche che possono condurre alla compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 e 92, comma 2, cod. proc. civ. (alla luce dell’intervento additivo appena richiamato). La Corte costituzionale ha rilevato, in primo luogo, che la regola generale è quella della liquidazione delle spese in favore della parte vittoriosa; il «normale complemento» dell’accoglimento della domanda ha affermato questa Corte (sentenza n. 303 del 1986) -è costituito proprio dalla liquidazione delle spese e delle competenze in favore della parte vittoriosa. Sicché è ben possibile -ha affermato questa Corte (sentenza n. 157 del 2014) – «una deroga all’istituto della condanna del soccombente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte vittoriosa, in presenza di elementi che la giustifichino (sentenze n. 270 del 2012 e n. 196 del 1982), non essendo, quindi, indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese (sentenza n. 117 del 1999)»). In secondo luogo, l’attuale formulazione dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. (cui rinviava anche l’art. 15, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, prima delle modifiche ad opera del d.lgs. n. 156 del 2015) che impone la presenza di «gravi ed eccezionali ragioni», finisce per restringere i margini del sindacato giurisdizionale, riducendo, in tal modo, le possibili deroghe alla regola generale della soccombenza, in tal modo i rapporti tra la regola cd. della soccombenza (art. 15, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992) e quella speciale della compensazione (art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992) risultano costruiti in termini di norma generale-norma eccezionale, e la seconda come una sorta di correttivo alla prima, di cui finisce per modulare l’applicazione secondo il principio di proporzionalità.
La gravità ed eccezionalità (cui il legislatore fa riferimento in via cumulativa) delle ragioni che inducono il giudice a compensare le spese può essere correlata alla condotta processuale complessivamente tenuta dalla parte soccombente nell’agire e resistere in giudizio, da valutare in relazione all’incidenza di fattori esterni e non controllabili che rendano contraria al principio di proporzionalità l’applicazione della regola della soccombenza sancita nell’art. 15, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 nella liquidazione delle spese. Un’ipotesi di ragione grave ed eccezionale è quella tipizzata ad opera del d.lgs. 220 del 2023 -applicabile ai processi instaurati dal 04/04/2024 -con la quale è stato inserito nell’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, il riferimento alla l’ipotesi in cui «la parte sia risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa ha prodotto solo nel corso del giudizio». Un’altra ipotesi, emersa nella giurisprudenza di legittimità (Cass. 23/12/2021, n. 41360) è invece riconducibile al mutamento sopravvenuto di giurisprudenza (v. anche C. cost. n. 77 del 2018).
In ogni caso, come già evidenziato da questa Corte (Cass., 08/04/2024, n. 9312; Cass., 24/01/2022, n. 1950) tali ragioni gravi ed eccezionali devono essere espressamente indicate nella sentenza, dove il giudice deve dare puntuale riscontro, pur nell’ambito del parametro di sinteticità sancito nell’art. 36, comma 1, n. 4) d.lgs. n. 546 del 1992.
Invero, in linea generale, deve ribadirsi come il potere del giudice di compensare le spese di lite presenti natura discrezionale, sicché il sindacato di questa Corte, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 17 aprile 2019, n. 10685), per cui vi esula, rientrando nel
potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri gravi motivi ex art. 15 d.lgs n. 546/1992 (tra le altre, Cass. Sez. 6-3, ord. 17 ottobre 2017, n. 24502; nello stesso senso anche Cass. Sez. 1, ord. 4 agosto 2017, n. 19613), e ciò in ragione della «elasticità» costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, «non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese» in favore della parte vittoriosa (così Cass. Sez. 6-3, ord. 26 luglio 2021, n. 21400, che richiama Corte cost., sent. 21 maggio 2014, n. 157).
Nondimeno, resta censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità (non della scelta di compensare le spese, ma) della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la compensazione, risultando suscettibile di cassazione la motivazione palesemente illogica, inconsistente o manifestamente erronea (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2019, n. 17816).
Tale, appunto, è l’evenienza verificatasi nel caso che occupa, in quanto i giudici regionali hanno ritenuto di compensare le spese di lite in ragione del breve lasso di tempo (due giorni) intercorso tra la trascrizione del trasferimento immobiliare e l’iscrizione ipotecaria da parte della Riscossione, senza tuttavia dare rilievo alla circostanza -pure discussa nel giudizio di merito come emerge dalla sentenza d’appello che otto mesi prima di incardinare il giudizio, la contribuente COGNOME aveva presentato alla società di riscossione istanza di annullamento in autotutela dell’iscrizione ipotecaria, dando atto dell’intervenuto trasferimento immobiliare da parte del debitore in forza della sentenza di separazione, senza ricevere alcuna risposta.
A tanto va aggiunto che al momento della iscrizione ipotecaria, la società di riscossione avrebbe dovuto avvedersi della trascrizione immobiliare in favore della ricorrente ed, in ogni caso, là dove questa non risultasse ancora in favore della ricorrente, eventuali disfunzioni dell’Ufficio del Catasto non potrebbero certamente riverberarsi sul terzo in favore del quale è stata effettuata la trascrizione immobiliare.
8. In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto .
Per tale via, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, anche per la statuizione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la statuizione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della