Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28454 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28454 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21533/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOME, con l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, con l’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO della CAMPANIA n. 1886/2024 depositata il 15/03/2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Parte ricorrente ha formulato ricorso davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli, per sentire annullare l’atto
0000041377 dell’11.01.2023 dell’importo di € 4.590,93, riferito a n. 7 diverse intimazioni per tributi locali (Tari-Tares), relative a diverse annualità.
Con sentenza n. 13205/23 la CGT di Napoli, ha accolto il ricorso e compensato le spese di lite
Il contribuente ha interposto appello limitatamente alle spese, e la Corte di gravame, con la sentenza in epigrafe indicata, lo ha respinto, sottolineando che il giudice ha discrezionalità nel compensare le spese processuali, purché motivi la decisione e che tale motivazione può essere contestata solo in casi estremi, come quando le spese gravano sulla parte vittoriosa. Nel caso concreto, la motivazione dei giudici di primo grado -fondata su criteri equitativi -è stata ritenuta adeguata e non riformabile.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico articolato motivo, cui ha resistito con controricorso il comune intimato.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata (nel mese di marzo 2025), ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., sulla considerazione che il ricorso fosse infondato perché contrario alla giurisprudenza consolidata in tema di spese processuali, atteso che, secondo la Cassazione, la compensazione delle spese è ammessa solo in presenza di gravi e motivate ragioni, sindacabili in Cassazione solo se illogiche o illegittime, mentre nel caso specifico, la motivazione del giudice d’appello -sebbene sintetica -è da considerare coerente e plausibile, poiché legata all’andamento processuale e alle specificità del caso.
Il difensore ha chiesto che la causa venisse decisa.
Successivamente ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 15 d.lgs. n. 546/1992, violazione degli artt.
91 e 92 c.p.c., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., e agli artt. 112, 132, 366, commi 1 e 2, c.p.c., del capo della sentenza impugnata, concernente la regolamentazione della compensazione delle spese di lite, assenza di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), cpc.
In particolare, sostiene che la motivazione fornita dalla Corte di secondo grado sia solo apparente, in quanto richiama un generico “canone equitativo” non presente nella sentenza di primo grado, rendendo così la decisione incomprensibile e priva di reale giustificazione. Inoltre, evidenzia che, avendo ottenuto piena vittoria nel giudizio, non vi erano né soccombenza reciproca né gravi ragioni che potessero giustificare la compensazione. Ritiene pertanto che la decisione violi il principio di soccombenza e danneggi il diritto di difesa, aggravando ingiustamente la parte vittoriosa e premiando l’inerzia dell’amministrazione che aveva dato origine al contenzioso.
La decisione gravata riporta, nella parte in fatto, la motivazione fatta propria dal giudice di prime cure per giustificare la compensazione delle spese di lite: ‘ i giudici di prime cure avevano compensate le spese di giudizio con la seguente motivazione: ‘ La definizione della lite su base processuale e la inesistenza di motivi che possano far prospettare che il tributo non fosse ab origine depongono per la compensazione delle spese ‘.
In riferimento a tale motivazione afferma quindi che il giudice ha ampia discrezionalità nel decidere sulla compensazione delle spese processuali, in quanto non deve motivare se rigetta la compensazione, ma è tenuto a motivare se la dispone, sottolineando che tale motivazione, però, è sindacabile solo se le spese vengono poste a carico della parte vittoriosa o se la decisione è abnorme. Afferma quindi che, la scelta di compensare, basata su criteri equitativi, rientra nel merito e non può essere contestata per difetto di motivazione, ritenendo che nel caso esaminato, la motivazione dei giudici di primo
grado è stata considerata plausibile e adeguata, e quindi non riformabile.
Tale decisione è corretta ed il motivo infondato.
La decisione gravata non ha fatto riferimento, come sembra sostenere il ricorrente, ad un criterio equitativo, ma ha fatto con evidenza riferimento alla ‘equità’ del giudice per sottolinearne il potere discrezionale di valutazione, seppur con locuzione non certo delle più chiare. Del resto, la CTG-1 grado non ha fatto uso in alcun modo del criterio equitativo, ma, al contrario, ha giustificato la compensazione delle spese di lite sulla definizione della lite su base processuale e sulla inesistenza di motivi che possano far prospettare che il tributo non fosse ab origine dovuto depongono per la compensazione delle spese.
3.1. Il collegio di appello ha indi ritenuto che tale motivazione fosse plausibile e non illogica e irrazionale, respingendo le censure di appello.
3.2. Questa corte ha già chiarito che in tema di spese legali, la compensazione per “gravi ed eccezionali ragioni”, sancita dall’art. 92, comma 2, c.p.c., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009 (“ratione temporis” applicabile), nei casi in cui difetti la reciproca soccombenza, riporta a una nozione elastica, che ricomprende la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso e che può essere conosciuta dal giudice di legittimità ove il giudice del merito si sia limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, restando in tal caso violato il precetto di legge e versandosi, se del caso, in presenza di motivazione apparente. Tuttavia il sindacato della Corte di cassazione non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata (Cass. 16/05/2022, n. 15495 (Rv. 664877 – 01)).
3.3. Nel caso di specie deve ritenersi che la motivazione resa in appello, che fa leva sulla plausibilità e congruità rispetto alla vicenda in concreto e al decisum , non sia né illogica, né irrazionale.
Invero, recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ‘nel rito tributario non è illogico ritenere che sussistano gravi ragioni idonee a giustificare la compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 15 d.lgs. 546/1992, nel caso in cui sia incontestato l’omesso pagamento di un tributo ed in cui l’esito favorevole della controversia per il contribuente sia determinato dal solo accertamento della intervenuta prescrizione del debito tributario, posto che sulla pubblica amministrazione grava l’ob bligo di recuperare i tributi non corrisposti attività rispetto alla quale non ha margini di discrezionalità e che dunque è vincolata a porre in essere -e che l’accertamento del decorso della prescrizione è attività del tutto ipotetica, in quanto rimessa alla sola eventuale iniziativa di parte, che può sempre, in modo potestativo, decidere di non avvalersene’ (Cass. 15/04/2025, n. 9876).
3.4. Nella fattispecie la questione si prospetta in termini non dissimili, avendo fatto leva, la disposta compensazione, sulla definizione della lite su base processuale e sulla inesistenza di motivi che potessero far prospettare che il tributo non fosse ab origine dovuto.
3.5. Deve quindi ritenersi che sia applicabile nella fattispecie il principio in base al quale ‘ non è né illogico né irrazionale, e quindi non è sindacabile in sede di legittimità, la decisione di gravame che, nel rito tributario, afferma che ricorrono le “gravi ed eccezionali ragioni”, suscettibili di giustificare la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 546 del 1992 ( ratione temporis vigente), nel caso in cui l’esito favorevole della controversia per il contribuente sia determinato unicamente da ragioni procedurali, in mancanza di certezza circa la non debenza del tributo’.
Alla luce di tali argomentazioni il ricorso deve essere rigettato, in quanto manifestamente infondato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo nei confronti della parte costituita.
In considerazione della conferma di quanto formulato nella PDA, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. in combinato disposto con l’art. 96 c.p.c. deve disporsi la condanna per responsabilità aggravata in favore di parte vittoriosa costituita e la condanna al pagamento della cassa delle ammende di somma compresa tra i 500 ed i 5000 euro.
Le stesse sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore del comune costituito in euro 1.486,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna il ricorrente a rifondere a parte controricorrente, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e 96 terzo comma c.p.c., un importo pari ad euro 750,00.
Ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e 96 quarto comma cpc condanna parti ricorrenti al pagamento della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 17/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME