Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19972 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19972 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7252/2023 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
REGIONE LAZIO
-intimato- avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 279/2023 depositata il 20/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso notificato alla Regione Lazio, a seguito del vano tentativo di mediazione ex art. 17 bis del d.lgs. 546/1992, innanzi alla
Commissione Tributaria Provinciale di Roma, l’odierno ricorrente si è opposto a ruoli esattoriali ed a cartelle di pagamento per un importo di € 214,94, per crediti di natura tributaria.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con la decisione n. 10758/2020, ha accolto il ricorso del contribuente, riconoscendo la possibilità di impugnare una cartella di pagamento di cui si è venuti a conoscenza solo tramite un estratto di ruolo. Ha inoltre stabilito che l’onere di dimostrare la corretta notifica della cartella spetta all’agente della riscossione, il quale nel caso specifico non aveva fornito adeguata prova, confermando altresì l’assenza di un litisconsorzio necessario tra ente impositore e agente della riscossione e dichiarando la carenza del diritto a procedere esecutivamente sulla base della cartella impugnata. Tuttavia, considerando la mancata contestazione del debito tributario, ha disposto la compensazione delle spese di giudizio.
Il contribuente ha proposto appello, limitatamente alla parte in cui il giudice di primo grado, pur in presenza dell’accoglimento del ricorso, aveva disposto la compensazione delle spese di lite.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio, con sentenza n. 279/2023 depositata in data 20.1.2023, ha rigettato l’appello, rilevando che il debito tributario non era stato contestato e che la Regione Lazio non poteva essere considerata responsabile della soccombenza, in quanto il soggetto effettivamente coinvolto nella contestazione era l’agente della riscossione, che però non era stato evocato in giudizio dal ricorrente. Di conseguenza, la decisione del giudice di prime cure di compensare le spese appariva ragionevole e rientrava nella sua discrezionalità, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza costituzionale. Sulla scorta di tale ragionamento, il motivo di impugnazione è stato respinto in quanto infondato, e non è stata disposta alcuna condanna alle spese per questo grado di giudizio, considerando che la Regione Lazio non ha partecipato al processo.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.
L’intimata non ha depositato controricorso.
Successivamente la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va, in primo luogo, dato atto, in relazione al tema dell’ammissibilità dell’ originaria impugnazione, che il giudice di primo grado ha espressamente preso posizione sull ‘ impugnabilità del cd. estratto di ruolo, come segnalato dal contribuente nella memoria di cui all’art. 380 -bis . 1. c.p.c.
Ne consegue che, nella presente fattispecie, non può ritenersi preclusa l ‘ analisi dei motivi d’impugnazione a fronte di un giudicato interno espresso sul predetto tema.
Con un unico motivo di ricorso si eccepisce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 15 d.lgs. 546/1992, come modificato dal d.lgs. 156/2015, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite pronunciata dal giudice di prime cure e confermata dal giudice di II grado.
Il ricorrente evidenzia che, in presenza di un integrale accoglimento del ricorso di primo grado, la compensazione delle spese poteva essere disposta solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni, espressamente motivate, come previsto dall’art. 15 del D.Lgs. 546/1992, mentre la motivazione addotta dalla Corte di Giustizia Tributaria di II grado per giustificare la compensazione delle spese (la quale ha argomentato che “la soccombenza non era dunque ascrivibile al comportamento tenuto dalla Regione Lazio che, nell’ambito del giudizio in questione, era l’ente impositore e non l’agente della riscossione; quest’ultimo, peraltro, non era stato nemmeno evocato in giudizio dal ricorrente pur venendo in contestazione un suo comportamento”) sarebbe incongruente e in contrasto con il giudicato
interno formatosi nel giudizio di primo grado, posto che la CTP di Roma aveva già accertato la legittimazione passiva esclusiva della Regione Lazio e che, se quest’ultima avesse ritenuto necessario, avrebbe dovuto chiamare in causa il concessionario della riscossione. Ne deriverebbe che l’argomentazione della Corte di Giustizia Tributaria di II grado, che fa leva sul mancato coinvolgimento del concessionario per giustificare la compensazione delle spese, sarebbe illogica e volta ad eludere il principio di soccombenza.
Va rammentato che, nella presente sede, compete la verifica della (sola) legittimità della decisione.
Nel caso di specie, la Corte di Giustizia Tributaria di II grado ha rilevato che sussistevano le gravi ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite in sede di prime cure, mentre, con riferimento alle spese del giudizio di gravame, nulla ha disposto perché, nonostante la soccombenza dell’appellante, la parte appellata vittoriosa non risultava costituita.
Si contesta, in sostanza, che la CGT di secondo grado non avrebbe escluso la sussistenza dei requisiti di legge per disporre la soccombenza, come applicati dal giudice di primo grado.
Va ricordato che questa Corte ha già precisato che, in tema di spese legali, la compensazione per gravi ed eccezionali ragioni’, sancita dall’art. 92, comma 2, c.p.c., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009 (“ratione temporis ” applicabile), nei casi in cui difetti la reciproca soccombenza, riporta a una nozione elastica, che ricomprende la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso e che può essere conosciuta dal giudice di legittimità ove il giudice del merito si sia limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, restando in tal caso violato il precetto di legge e versandosi, se del caso, in presenza di motivazione apparente. Tuttavia il sindacato della Corte di cassazione non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazione del giudice
non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata (Cass. 16/05/2022, n. 15495 (Rv. 664877 – 01)).
Nel caso di specie, la motivazione del giudice del gravame è fondata sul fatto che il debito tributario non era stato contestato e che la Regione Lazio non poteva essere considerata responsabile della soccombenza, in quanto il soggetto effettivamente coinvolto nella contestazione era l’agente della riscossione, che però non era stato evocato in giudizio dal ricorrente. Si tratta di motivazione né illogica, né irrazionale.
Va aggiunto sul punto che questa Corte (Cass. 3812/2023), in caso analogo, ha affermato che «A convinto avviso del Collegio lo ius superveniens costituisce valida ragione per sterilizzare la pretesa di spese avanzata per l’impugnazione ‘diretta’ di un estratto di ruolo ( rectius , del suo contenuto), che -in virtù dell’art. 12, comma 4 bis , del d.P.R. n. 602 del 1973 -sarebbe stata dichiarata inammissibile (statuizione preclusa dal giudicato formatosi sul merito dell’azione)».
Anche sotto tale, aggiuntiva, considerazione, la conferma della decisione di primo grado da parte del giudice regionale risulta, pertanto, corretta.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato.
Nulla deve disporsi quanto alle spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa di controparte.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.