Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9037 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9037 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10479/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE ROMA;
intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB. PROV. ROMA n. 11740/2021 depositata il 28/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.Con ricorso notificato alla RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi anche RAGIONE_SOCIALE) depositato in data 12.11.2018 avanti la Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE (RG 16040/2018) il Sig. NOME COGNOME, con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO, impugnava plurimi ruoli esattoriali e cartelle di pagamento per un importo complessivo di € 1.114,75, tutti riferibili all’attività accertatrice della RAGIONE_SOCIALE contestandone la legittimità per omessa notifica delle cartelle di pagamento e conseguente intervenuta prescrizione del credito ivi portato.
La Commissione Tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza 309/2020, accoglieva il ricorso e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite che liquidava in € 250,00 a favore del procuratore dichiaratosi antistatario AVV_NOTAIO.
L’odierno ricorrente, nella sua qualità di procuratore antistatario delle spese liquidate nella citata sentenza n. 309/2020, una volta decorso il termine lungo per il passaggio in giudicato della sentenza, attivava la procedura di ottemperanza disciplinata dall’art. 70 e ss. del d.lgs. 546/1992 e, in data 2.11.2020, notificava alla parte soccombente RAGIONE_SOCIALE atto di diffida e messa in mora con invito a provvedere alla corresponsione dell’importo liquidato in suo favore in forza della sentenza n. 309/2020 della CTP di RAGIONE_SOCIALE per un importo complessivo di € 364,78.
In data 6.12.2020, spirato inutilmente il termine di 30 giorni, depositava innanzi alla CTP di RAGIONE_SOCIALE ricorso (RG 12005/2020), con
il quale chiedeva l’ottemperanza del giudicato formatosi sulla sentenza n. 309/2020 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE sul capo di condanna al pagamento delle spese legali in favore dello scrivente procuratore come sopra descritto, con l’emanazione dei conseguenti provvedimenti, nonché la condanna dell’Ufficio alle spese del relativo giudizio.
In prossimità dell’udienza l’Ufficio si costituiva in giudizio deducendo di aver provveduto al pagamento delle spese, senza indicare la data della corresponsione, risultando agli atti il mandato di pagamento del 2021 e quindi in data successiva all’introduzione del giudizio di ottemperanza, con ricorso depositato in data 6.12.2020.
La Commissione Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 11740/2021, accertato che la RAGIONE_SOCIALE nel costituirsi in giudizio ‘rappresenta che ha provveduto al pagamento di quanto dovuto con mandato n. 702/2021 ‘ dichiarava l’ estinzione del giudizio, essendo avvenuta l’ottemperanza, compensando le spese.
Avverso la citata sentenza, propone ricorso il difensore sulla base di un unico motivo.
La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
La prima censura deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1546 del d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. con riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite pronunciata dal giudice nella fase di ottemperanza.
La motivazione violerebbe le prescrizioni dell’art.15 del d.lgs. 546/1992 derivante dalla modifica apportata dall’art. 9 comma 1 lett. f) della legge 156/2015, entrata in vigore, per quanto interessa, in data 1.1.2016 (il ricorso in ottemperanza è stato depositato in data 6.12.2020 e quindi, detta “versione” risulta, ratione temporis, applicabile) che ha prescritto che, salve le ipotesi
di soccombenza reciproca, da escludersi nel caso di specie, il Giudice possa disporre la compensazione parziale o totale delle spese solo in un caso di gravi ed eccezionali ragioni.
Del resto, evidenzia il ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE non ha rigettato il ricorso ma, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta, rispetto all’introduzione del giudizio, carenza dell’interesse ad ottenere una pronuncia giurisdizionale in relazione alla domanda di ottemperanza, con la conseguenza che il sopravvenuto venir meno dell’interesse presuppone che esso, al momento del deposito del ricorso, fosse sussistente.
Assume, di poi, che il ricorso in ottemperanza è stato depositato in data 6.12.2020, mentre la C.T.P. ha accertato (richiamando la costituzione della RAGIONE_SOCIALE) che il pagamento sarebbe stato effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE con mandato n. 702/2021, e quindi in data successiva al deposito del ricorso.
Inoltre, deduce l’insanabile contraddizione tra il rilievo motivazionale della C.T.P., nel merito, della sussistenza di tutti i presupposti per addivenire alla declaratoria di estinzione del giudizio essendo avvenuta l’ottemperanza e la regolamentazione delle spese di lite.
Il giudice di merito avrebbe quindi, disatteso l’applicazione del principio di soccombenza con riferimento alla regolamentazione delle spese della fase di ottemperanza, omettendo di enunciare i motivi legittimanti, ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. 546/1992 tale deroga, ovvero facendo ricorso a motivi apparenti ed illegittimi, e, conseguentemente, compensato le spese di giudizio della fase, nonostante la soccombenza virtuale dell’Ufficio e nonostante l’assenza delle condizioni previste dall’art. 15 del d.lgs. 546/1992., nella versione ratione temporis applicabile, idonee a giustificare la disposta compensazione delle spese di lite
3. Il ricorso è fondato.
Con sentenza del 2 aprile 2018, n. 77, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui non consente, nelle ipotesi di soccombenza totale, di compensare parzialmente o per intero le spese di lite anche ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle tipizzate dal legislatore.
Gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale retroagiscono fino al momento dell’introduzione nell’ordinamento della norma dichiarata illegittima. Pertanto, l’apprezzamento della sussistenza del vizio denunciato con il ricorso dev’essere fatto con riferimento alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità. Poiché gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità retroagiscono alla data di introduzione nell’ordinamento del testo di legge dichiarato costituzionalmente illegittimo, nel caso in cui con un ricorso per cassazione sia denunciata – ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – la violazione dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ, (nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162), che la Corte costituzionale, con sentenza 19 aprile 2018, n. 77, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, la valutazione della fondatezza o meno del ricorso deve farsi con riferimento alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità, essendo irrilevante che la decisione impugnata o addirittura la stessa proposizione del ricorso siano anteriori alla pronuncia del Giudice delle leggi.
3.1.Siffatta disposizione, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano «gravi ed eccezionali ragioni», costituisce «una norma elastica, quale clausola
generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un, dato contesto storico sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche» (cfr. Cass. n. 2883/2014; Cass. n. 21157 del 07/08/2019).
Le gravi ed eccezionali ragioni, dopo la sentenza della Corte costituzionale del 19.04.2018, n. 77, non sono più limitate ai casi di soccombenza reciproca ovvero di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza.
Nel caso in esame, in assenza di una reciproca soccombenza, occorre valutare se la compensazione delle spese di lite sia stata operata in presenza delle ragioni di «gravità ed eccezionalità»; il giudice è tenuto, infatti, ad indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza la presenza delle gravi ed eccezionali ragioni che impongono la compensazione delle spese processuali (Cass. n. 273/2023; Cass. n. 6835/2022; Cass. n. 1950/2022; Cass. n. 3977/2020). Nella fattispecie, deve rilevarsi che la sentenza impugnata non esplicita le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata.
3.2. La CTP non ha indicato le ragioni poste a base della compensazione delle spese del giudizio di ottemperanza, il che pone la decisione sul punto in contrasto con la giurisprudenza consolidata di legittimità.
La mancata specifica motivazione in ordine alle gravi ed eccezionali ragioni -anche diverse da quelle tipizzate – che consentono la compensazione comporta un vizio di violazione di legge al quale consegue la cassazione della decisione impugnata con rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di RAGIONE_SOCIALE che, in diversa composizione, nel
decidere nuovamente della vertenza, si atterrà al principio di diritto sopra richiamato.
4.In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata, limitatamente al capo relativo alle spese, e la causa deve essere rimessa alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, per la