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Compensazione spese legali: quando è illegittima?

Un avvocato, non avendo ricevuto il pagamento delle spese legali liquidate in una sentenza favorevole, avvia un giudizio di ottemperanza. L’ente pubblico paga solo dopo l’inizio della nuova causa. Il giudice dell’ottemperanza dichiara cessata la materia del contendere ma dispone la compensazione delle spese legali del nuovo giudizio. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che la compensazione delle spese legali, in caso di soccombenza virtuale, è illegittima se non motivata da gravi ed eccezionali ragioni.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Compensazione spese legali: un’eccezione, non la regola

La compensazione spese legali è un tema cruciale nel contenzioso. Quando una parte vince una causa, si aspetta che la parte soccombente sia condannata a rimborsare i costi legali sostenuti. Tuttavia, a volte i giudici decidono di ‘compensare’ le spese, lasciando che ogni parte si faccia carico delle proprie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i limiti stringenti entro cui tale decisione può essere considerata legittima, specialmente quando una parte adempie ai propri obblighi solo dopo l’avvio di un’azione esecutiva.

I Fatti del Caso: un Pagamento Tardivo

La vicenda trae origine da una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che aveva condannato una Camera di Commercio a pagare le spese di lite in favore di un avvocato, dichiaratosi antistatario. Nonostante la sentenza fosse divenuta definitiva, l’ente pubblico non provvedeva al pagamento.

Di conseguenza, il legale era costretto a notificare un atto di diffida e, persistendo l’inadempimento, a introdurre un giudizio di ottemperanza per ottenere coattivamente quanto gli era dovuto. Solo a seguito dell’instaurazione di questo nuovo procedimento, la Camera di Commercio effettuava finalmente il pagamento.

Il giudice del giudizio di ottemperanza, preso atto dell’avvenuto pagamento, dichiarava cessata la materia del contendere. Tuttavia, relativamente alle spese legali di questo secondo giudizio, ne disponeva l’integrale compensazione tra le parti.

Il Principio della Soccombenza Virtuale e la Compensazione Spese Legali

L’avvocato ha impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 15 del D.Lgs. 546/1992. La norma, applicabile al processo tributario, stabilisce che il giudice può disporre la compensazione spese legali solo in casi specifici come la soccombenza reciproca o la presenza di ‘gravi ed eccezionali ragioni’, che devono essere esplicitamente motivate.

Nel caso di specie, il ricorrente ha sostenuto che il pagamento era avvenuto solo a causa della sua iniziativa giudiziaria. Pertanto, l’ente pubblico doveva essere considerato la parte ‘virtualmente’ soccombente. La decisione di compensare le spese, senza fornire alcuna motivazione circa la sussistenza di ragioni gravi ed eccezionali, era quindi illegittima.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ricordato che, a seguito degli interventi della Corte Costituzionale (in particolare con la sentenza n. 77/2018), il potere del giudice di compensare le spese in assenza di soccombenza reciproca è stato rigorosamente circoscritto.

Il giudice può derogare al principio generale ‘chi perde paga’ (principio di soccombenza) solo in presenza di circostanze eccezionali, che devono essere chiaramente indicate nella motivazione della sentenza. Nel caso in esame, la Commissione Tributaria Provinciale si era limitata a dichiarare le spese compensate senza fornire alcuna giustificazione.

La Cassazione ha sottolineato che questo costituisce un vizio di violazione di legge. Il fatto che il pagamento sia avvenuto dopo l’inizio del giudizio di ottemperanza integrava una soccombenza virtuale della Camera di Commercio, il cui comportamento inadempiente aveva costretto il creditore a intraprendere una nuova azione legale per tutelare i propri diritti.

Le Conclusioni

La Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alle spese e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di primo grado, in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà decidere nuovamente sulla questione, attenendosi al principio di diritto secondo cui la compensazione delle spese legali, in un caso di soccombenza virtuale, è illegittima se non è supportata da una motivazione esplicita che dia conto delle ‘gravi ed eccezionali ragioni’ che la giustificano. Questa pronuncia rafforza la tutela del creditore e riafferma che la compensazione delle spese deve rimanere un’eccezione motivata e non una prassi discrezionale.

Quando un giudice può disporre la compensazione delle spese legali?
Secondo la normativa vigente e l’interpretazione della giurisprudenza, un giudice può compensare le spese legali principalmente in caso di soccombenza reciproca (entrambe le parti perdono su alcuni punti) o qualora sussistano ‘gravi ed eccezionali ragioni’, che devono essere specificamente indicate nella motivazione della sentenza.

Cosa si intende per ‘soccombenza virtuale’ e quali sono le sue conseguenze sulle spese legali?
Si parla di ‘soccombenza virtuale’ quando un giudizio si conclude senza una decisione di merito (ad esempio, perché la controparte ha pagato il debito dopo l’inizio della causa), ma è chiaro che una delle parti avrebbe perso se il processo fosse continuato. La parte virtualmente soccombente è quella il cui comportamento ha reso necessario avviare l’azione legale e, di norma, deve essere condannata al pagamento delle spese.

La decisione di compensare le spese deve sempre essere motivata?
Sì. Se il giudice decide di compensare le spese in un caso in cui non c’è soccombenza reciproca, è obbligato a esplicitare nella sentenza le ‘gravi ed eccezionali ragioni’ che giustificano tale deroga al principio generale della condanna della parte soccombente. La mancanza di motivazione rende la decisione illegittima e impugnabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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