Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 6 Num. 13498 Anno 2019
23
Civile Ord. Sez. 6 Num. 13498 Anno 2019
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/05/2019
ORDINANZA
sul ricorso 9200-2018 proposto da:
LA COGNOME NOME, LA COGNOME, LA COGNOME NOME, nella qualità di eredi di LA COGNOME NOME e di NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– con troricorrente –
avverso la sentenza n. 366/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il 06/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza n. 366/2/17 depositata in data 6 febbraio 2017 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina (in seguito, la CTR), quale giudice di rinvio a seguito dalla sentenza della Corte di cassazione del 24 luglio 2014 n.16824, per la parte che interessa, regolava le spese di lite dopo aver dichiarato «inammissibile l’appello incidentale che era stato a suo tempo proposto dall’Agen.zia delle Entrate contro La Corte NOME, con conseguente conferma della senten:za della Commissione Tributaria Provinciale di Messina n.297/ 9 / 2003 del 27 novembre 2003»;
Con tale decisione, i giudici di prime cure avevano parzialmente accolto il ricorso di La Corte NOME avverso il diniego sulla istanza di rimborso della maggiore somma trattenuta dal Comune di Messina ai fini IRPEF in sede di liquidazione del TFR, e riliquidava l’imposta e il rimborso della maggiore imposta versata, con interessi e rivalutazione monetaria;
Avverso la sentenza della CTR proponevano ricorso La Corte NOME, La Corte NOME e La Corte NOME – n.q. di eredi di COGNOME NOME e di NOME vedova La Corte – deducendo un unico motivo, che, illustrano con memoria. L’Agenzia delle entrate e del territorio si è difesa, depositando controricorso.
Considerato che:
– Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.- i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt.15 del d.lgs. n.546/1992 e 92 cod. proc. civ., per motivazione apparente della sentenza nella parte in cui ha giustificato il regolamento di parziale compensazione tra le parti delle spese processuali del giudizio di appello, di quello precedente di legittimità e del grado di rinvio;
«Nel regime anteriore a quello introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 28 dicembre 2003 n. 263, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal line, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché, tuttavia, le ragioni giustificati-lei dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorché le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sé considerazioni giuridiche o dijèitto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si dà atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillaioni giuri n prudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in .1a . tto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle riTettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali.» (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20598 del 30/07/2008 – Rv. 604398 – 01) ;
– Nel caso di specie, premesso che la censura si incentra unicamente sul regolamento delle spese di lite nei confronti dei ricorrenti, la motivazione della CTR «Per quanto riguarda le .5bese del giudizio d’appello, del giudizio di legittimità e del presente giudizio di rinvio, nei rapporti tra gli eredi La Corte e l’Agenzia delle Entrate, ritiene il collegio che, attesa la natura solo processuale della quesfione controversa, ricorrano giusti motivi per compensarle per metà,. la restante quota deve porsi a carico dell’Agenzia e liquidarsi in ,lavore dei ricorrenti in riassunzione, tenuto conto della natura seriale, della difficoltà e del valore della causa», si colloca nel rispetto del minimo costituzionale; infatti, la ratio decidendi che compensa per metà e liquida secondo soccombenza la restante metà, contempla l’esito dei due giudizi di
appello, e il riferimento alla natura solo processuale della controversia, va letto unitamente al resto della motivazione, che dà atto del fatto che l’appello principale avverso la sentenza della CTP del 2003 era stato proposto dal difensore dei contribuenti sulla questione della mancata distrazione delle spese di lite da parte della CTP, poi non riproposta, e che l’appello incidentale dell’Agenzia è stato dichiarato inammissibile a seguito della cassazione con rinvio su ricorso dei contribuenti. Sono parametri esplicitati, razionali e comunemente utilizzati dalla giurisprudenza per il regolamento delle spese di lite e ciò esclude l’apparenza della motivazione. Inoltre, non sussiste nemmeno la denunciata violazione di legge, considerate previsioni vigenti ratione temporis, ossia l’articolo 15, comma 1, Dlgs 546/92, secondo cui «la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudkio che sono liquidate con la sentenza. La commivsione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell’art. 92, secondo comma, codice di procedura civile» e l’art. 92 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis, ossia anteriore alla novella introdotta dalla legge 28 dicembre 2005 n. 263, dispone: «Il Giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, puo’ escludere la ripeti5,:ione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue (…)». La scelta discrezionale di compensare le spese processuali in tale quadro normativo è, secondo i principi giurisprudenziali già richiamati, riservata al prudente e motivato apprezzamento del giudice di merito che, come sopra visto, si è espresso attraverso una motivazione ben più ampia ed esplicativa della formula della «natura solo processuale della lite», la quale è utilizzata in calce alla decisione in chiave solo riassuntiva di quanto già sopra più articolatamente espresso dalla CTR. In effetti, la doglianza si rivela essere un tentativo di riesercizio della scelta discrezionale esercitata dai giudici di merito in modo motivato, e ciò è precluso a questa Corte. Il Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ricorso va dunque rigettato e al rigetto segue il regolamento delle spese di lite, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione alla controricorrente delle spese di lite, liquidate in € 1.400,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito. La Corte dà atto che, ai sensi dell’art. 1 comma 17 della legge 24.12.2012 n.228 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art.13 comma 1-bis D.P.R. n.115/2002, testo unico spese di giustizia
Così deciso in Roma il 27 febbraio 2019