Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21495 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21495 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4423/2023 R.G. proposto da:
Avv. COGNOME rappresentato e difeso da se stesso;
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, n. 14986/2022 depositata il 23/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME impugnava un’intimazione di pagamento e la sottostante cartella esattoriale per un importo complessivo di € 17.990,77, relativo a crediti di natura tributaria.
Con sentenza n. 8274/2021 del 9 luglio 2021, la CTP di Roma accoglie il ricorso, riconoscendo fondata l’eccezione di prescrizione e condannando la riscossione al pagamento delle spese legali per € 1.800,00, distratte in favore del procuratore antistatario, Avv. NOME COGNOME.
La sentenza passava in giudicato per decorso del termine di impugnazione.
L’avv. NOME COGNOME quale procuratore antistatario notificava l’atto di diffida e messa in mora all’Agenzia delle Entrate con richiesta di pagamento di € 2.626,41 (spese legali, IVA, CPA, spese di notifica e altre accessorie). Stante l’inerzia della riscossione presentava ricorso in ottemperanza alla CTP di Roma (RG 9764/2022), per ottenere esecuzione del capo della sentenza relativo alle spese.
In prossimità dell’udienza del 25 novembre 2022, si costituiva la RAGIONE_SOCIALE comunicando di aver eseguito il pagamento in data 6 settembre 2022.
Con sentenza n. 14986/2022 depositata il 23 dicembre 2022, il Collegio dichiarava cessata la materia del contendere e compensava le spese del giudizio di ottemperanza.
Avverso detta decisione ricorre per la cassazione, sulla base di due motivi, l’avv. COGNOME Replica con controricorso la Riscossione.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il primo strumento di impugnazione deduce ; per avere il decidente omesso di pronunciarsi sulla domanda di
accertamento virtuale della soccombenza della Riscossione nel ricorso in ottemperanza, limitandosi a disporre la compensazione delle spese.
2.Al secondo motivo si prospetta , denunciando la mancata articolazione della motivazione a sostegno della disposta compensazione delle spese di lite (e della conseguente deroga all’applicazione del principio di soccombenza), il che viola le prescrizioni dell’art.15 del d.lgs. 546/1992 derivante dalla modifica apportata dall’art. 9 comma 1 lett. f) della legge n.156/2015, entrata in vigore, in data 1.1.2016 (il ricorso in ottemperanza è stato depositato in data 19.7.2022 e quindi, detta “versione” risulta, ratione temporis, applicabile) che ha prescritto che, salve le ipotesi di soccombenza reciproca, da escludersi nel caso di specie, il Giudice possa disporre la compensazione parziale o totale delle spese solo in un caso di gravi ed eccezionali ragioni.
3.Le censure sono fondate.
4.Con sentenza del 2 aprile 2018, n. 77, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui non consente, nelle ipotesi di soccombenza totale, di compensare parzialmente o per intero le spese di lite anche ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle tipizzate dal legislatore. Gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale retroagiscono fino al momento dell’introduzione nell’ordinamento della norma dichiarata illegittima. Pertanto, l’apprezzamento della sussistenza del vizio denunciato con il ricorso dev’essere fatto con riferimento alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità. Poiché gli effetti della dichiarazione di
incostituzionalità retroagiscono alla data di introduzione nell’ordinamento del testo di legge dichiarato costituzionalmente illegittimo, nel caso in cui con un ricorso per cassazione sia denunciata – ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – la violazione dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ, (nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162), che la Corte costituzionale, con sentenza 19 aprile 2018, n. 77, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, la valutazione della fondatezza o meno del ricorso deve farsi con riferimento alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità, essendo irrilevante che la decisione impugnata o addirittura la stessa proposizione del ricorso siano anteriori alla pronuncia del Giudice delle leggi.
Siffatta disposizione, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano «gravi ed eccezionali ragioni», costituisce «una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un, dato contesto storico sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche» (cfr. Cass. n. 2883/2014; n. 21157 del 07/08/2019).
Le gravi ed eccezionali ragioni, dopo la sentenza della Corte costituzionale del 19.04.2018, n. 77, non sono più limitate ai casi di soccombenza reciproca ovvero di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza, Nel caso in esame, in assenza di una reciproca soccombenza, occorre valutare se la compensazione delle spese di lite sia stata operata in presenza
delle ragioni di «gravità ed eccezionalità»; il giudice è tenuto, infatti, ad indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza la presenza delle gravi ed eccezionali ragioni che impongono la compensazione delle spese processuali (Cass. n. 273/2023; Cass. n. 6835/2022; Cass. n. 1950/2022; Cass. n. 3977/2020).
5.Nella fattispecie, deve rilevarsi che la sentenza impugnata non esplicita le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata.
Né rileva il potere discrezionale del giudicante, nell’ipotesi di cessazione della materia del contendere di compensare le spese di lite di compensare le spese di lite, non correlandosi a tale conclusione del giudizio necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale riconoscimento consegua ad un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 c.p.c. (Corte di Cassazione, 28/03/2018, n. 7607. Id. Cass. civ. Sez. V, 13/04/2016, n. 7273). Ciò, in quanto il giudice deve valutare ed esplicitare le relative ragioni per le quali il contegno processuale della parte e il rispetto del principio della lealtà processuale ex art. 88 c.p.c. autorizzano la compensazione delle spese di lite.
La C.T.P., dichiarata la cessazione della materia del contendere avrebbe dovuto valutare la fondatezza del ricorso secondo il criterio della soccombenza virtuale ovvero esplicitare le ragioni che gli consentivano di compensare le spese di lite. Invece dopo aver rilevato l’intervenuto pagamento del dovuto successivamente alla introduzione del giudizio e l’infondatezza delle ulteriori istanze del difensore, affermando che il sopravvenuto pagamento corrispondeva al quantum indicato nel capo di condanna della sentenza, non ha indicato le ragioni poste a base della compensazione delle spese del giudizio di ottemperanza, il che pone la decisione sul punto in contrasto con la giurisprudenza consolidata di legittimità.
La mancata specifica motivazione in merito alla fondatezza o meno del ricorso ed alle ragioni -anche diverse da quelle tipizzate – che consentono la compensazione comporta un vizio di violazione di legge al quale consegue la cassazione della decisione impugnata con rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma che, in diversa composizione, nel decidere nuovamente della vertenza, si atterrà al principio di diritto sopra richiamato.
6.In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata, limitatamente al capo relativo alle spese, e la causa deve essere rimessa alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, in diversa composizione, anche