Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20600 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20600 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 13/03/2025
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30457/2020 del ruolo generale, proposto
DA
SPESE GIUDIZIO –
COMPENSAZIONE – MINIMI
TARIFFARI –
LIQUIDAZIONE GLOBALE
DUE GRADI –
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina da intendersi poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
l ‘RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RESISTENTE – per la cassazione della sentenza n. 1044/7/2020 della Commissione tributaria regionale del Lazio depositata in data 21 febbraio 2020.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 13 marzo 2025. Numero sezionale 1813/2025 Numero di raccolta generale 20600/2025 Data pubblicazione 22/07/2025
FATTI DI CAUSA
1. Oggetto di controversia è la liquidazione delle spese di giudizio della suindicata pronuncia con cui il Giudice regionale, chiamato a decidere sull’appello interposto dalla contribuente avverso la sentenza n. 249/1/2018 della Commissione tributaria provinciale di Viterbo, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere (prendendo atto del versamento della somma pretesa con l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro applicata alla sentenza civile del Tribunale di Viterbo) e compensato le spese di giudizio, in riforma parziale di detta pronuncia, dichiarava compensate per metà le spese del doppio grado di giudizio, condannando l’Agenzia delle Entrate al pagamento dell’altra metà, liquidata in complessivi 200,00 € (100,00 € per ciascun grado), oltre accessori e di legge e distrazione.
Tutto ciò, dando, preliminarmente, conto che l’esame dei motivi del ricorso era precluso « dall’inesistenza del tributo siccome assolto da un terzo, per cui esso neppure andava richiesto all’odierno appellante», per poi osservare che « la soccombenza virtuale dell’Ufficio appare mitigata dall’eccezionale rapidità dei tempi con cui si è svolta la procedura di imposizione e pagamento del tributo, per cui è verosimile che l’Ufficio non abbia potuto provvedere allo sgravio in autotutela prima della notifica del ricorso. Pertanto si compensano per metà le spese del doppio grado del giudizio, senza l’aumento del 50% ex articolo 15 co. 2 -septies cit., non essendovi stati maggiori spese grazie al pronto accoglimento del reclamo da parte dell’Ufficio, che peraltro va condannato al pagamento dell’altra metà, liquidata come dispositivo, per il principio della soccombenza» (così nella sentenza impugnata).
Numero di raccolta generale 20600/2025
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, notificandolo in data 24 novembre 2020, formulando quattro motivi d’impugnazione, depositando in data 3 marzo 2025 memoria ex art. 380bis .1., c.p.c., con cui ha rinunciato alla seconda censura. Data pubblicazione 22/07/2025
L’Agenzia delle Entrate ha depositato nota con cui, dando atto di non essersi costituita nei termini, ha riservato la facoltà di partecipare eventualmente all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, commi 1 e 2, d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 24 Cost., lamentando che la motivazione addotta dalla Commissione non integrava le gravi ed eccezionali ragioni che potevano giustificare la compensazione anche parziale delle spese.
Con la terza censura (essendo stata – come detto – la seconda rinunciata) la contribuente ha eccepito, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 6, della legge 247/2012, 1, 2 e 4, comma 1, d.m. n. 55/2014, 1 e 6 d.m. n. 37/2018 e 15, commi 1 e 2ter , d.lgs. n. 546/1992, ponendo in rilievo che il Giudice aveva liquidato il compenso in misura inferiore ai minimi tariffari, che risultavano essere pari a 220,00 € per il primo e secondo grado, cui dovevano aggiungersi l’importo di 48,45 per spese vive di primo grado e di 30,00 € per spese vive (contributo unificato) del secondo grado di giudizio.
Con il quarto motivo di impugnazione l’istante ha denunciato, con riguardo al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num. 3,
Numero sezionale 1813/2025
c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 2 -septies , d.lgs. n. 546/1992 nella parte in cui, in relazione alle spese di giudizio di primo grado, la Commissione regionale aveva escluso la maggiorazione delle spese di cui all’art. 17 -bis d.lgs. n. 546/1992 sulla base di una motivazione generica rispetto alla perentorietà del dato normativo che riconosce comunque la maggiorazione nella misura forfettaria del 50%. Numero di raccolta generale 20600/2025 Data pubblicazione 22/07/2025
Le predette censure, tutte connesse in relazione al tema delle spese di giudizio, vanno accolte nei limiti che seguono.
Il primo motivo di ricorso non ha fondamento.
Si ripetono principi più volte espressi da questa Corte, osservando che:
in tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione è diretto ad evitare che siano addotte ragioni illogiche od erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 157/2014), in una verifica in negativo in ragione della elasticità costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese in favore della parte vittoriosa (cfr. Cass. n. 21400/2021);
il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c. è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, senza necessità, peraltro, di motivare le ragioni per le quali ritiene
di non doverlo fare (cfr., tra le tante, Cass. n. 21501/2024; Cass. n. 11329/2019; Cass. n. 26912/2020 e Cass. n. 24502/2017); Numero di raccolta generale 20600/2025 Data pubblicazione 22/07/2025
-le «gravi ed eccezionali ragioni» giustificative della compensazione delle spese di giudizio non possono essere illogiche, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (Cass. n. 9977/2019) e devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (cfr., su tali principi, tra le tante, Cass. n. 9312/2024; Cass. n. 2572 / 2023; Cass. n. 3429/2023; Cass. n. 3337/2023; Cass. n. 12212 /2023 ; Cass. n. 21956/2023; Cass. n. 24716/2023; Cass. n. 29226/2023; Cass. n. 20049/2022; Cass. n. 2206/2019¸ Cass. n. 6059/2017);
In particolare, il giudice deve tener conto della condotta processuale della parte soccombente nell’agire e resistere in giudizio, nonché dell’incidenza di fattori esterni e non controllabili, tali da rendere, nel caso concreto, contraria al principio di proporzionalità l’applicazione del criterio generale della soccombenza (cfr. Cass. n. 23592/2024)
5.1. Nella fattispecie in esame, la Commissione ha, sulla base di una motivazione coerente sul piano logico, giustificato la compensazione, peraltro parziale, delle spese alla luce della « eccezionale rapidità dei tempi con cui si è svolta la procedura di imposizione e pagamento del tributo, per cui è verosimile che l’Ufficio non abbia potuto provvedere allo sgravio in autotutela prima della notifica del ricorso», circostanza fattuale questa che integra le condizioni perviste dall’art, 15 comma 2, d.lgs. n. 546/1992, dovendo ravvisarsi nel requisito elastico dell’eccezionalità ciò che non accade nell’ordinarietà dei casi, come ritenuto dal Giudice regionale.
5.2. Va aggiunto che -come già ritenuto da questa Corte – non è privo di rilievo, ai fini della statuizione sulle spese, il fatto che, al
Numero sezionale 1813/2025
momento della notifica dell’atto introduttivo, la parte istante abbia ottenuto il pieno soddisfacimento della pretesa azionata. Numero di raccolta generale 20600/2025 Data pubblicazione 22/07/2025
Si tratta, infatti, «di una situazione suscettibile di valutazione, in parte analoga a quella che il giudice di merito effettua in presenza di una soccombenza reciproca». Il Giudice di merito può apprezzare, infatti, alla stregua del principio di causalità, la circostanza che il giudizio, divenuto in gran parte superfluo al momento dell’instaurazione del contraddittorio (per avere la parte oramai ottenuto, al momento della notifica dell’atto introduttivo, il risultato cui il giudizio medesimo tendeva) sia, invece, coltivato al solo fine del recupero delle spese legali. Il Giudice valuta l’utilità, in concreto, della prosecuzione della lite e, valorizzando la «sproporzione consapevole dell’impegno processuale richiesto alla (altra) parte» (Cass. nr. 19598 del 2023), legittimamente può regolare le spese di lite tanto in base al principio della soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., quanto, a norma dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., esercitando il potere di compensazione totale (con le spese di ciascuna parte che restano a carico di ognuna) o parziale (con la quota non compensata posta a carico della parte convenuta)» (così Cass. n. 4823/2024).
Non occorrono, invece, soverchie riflessioni per ritenere fondato il terzo motivo con cui è stata dedotta la violazione dei minimi tariffari.
6.1. Anche in tal caso, si resta nel solco di principi consolidati nel ribadire che:
-in tema di liquidazione delle spese processuali l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo la relativa misura a parametri indicati tabellarmente (cfr. Cass. n. 15506/2024, che richiama Cass. n.
Numero sezionale 1813/2025
14198/2022; Cass. n. 89/2021, Cass. n. 19989/2021, cui adde Cass. n. 29677/2024); Numero di raccolta generale 20600/2025 Data pubblicazione 22/07/2025
a seguito delle modificazioni introdotte nella formulazione dell’art. 4 d.m. n. 55/2014 e con il d.m. n. 37/2018, non è più consentito, nella liquidazione delle spese di lite, scendere al di sotto dei valori minimi della tariffa, per lo scaglione applicabile, in quanto tali valori minimi devono ritemersi avere carattere inderogabile (Cass. n. 9815/2023; Cass. n. 29184/2023; Cass. n. 10438/2023; Cass., n. 11102/2024 cui adde Cass. n. 25732/2024; Cass. n. 25789/2024; Cass. n. 25790/2024).
6.2. Ciò posto, nella fattispecie in esame è agevole osservare che la liquidazione di 100,00 € per ogni grado di giudizio, già decurtata del 50% compensato e, quindi, la misura considerata di 200,00 € per ogni grado giudizio è inferiore al minimo tabellare di 220,00 € per ogni grado, cui devono aggiungersi le spese vive, non liquidate di 48,45 € (contributo unificato e spese di notifica) per il primo grado e di 30,00 € (contributo unificato) per il secondo grado di giudizio, come rappresentato dalla ricorrente.
Ciò significa che andava liquidata, al netto della citata compensazione, la somma di 110,00 € per compensi e di 24,22 € per spese vive in relazione al giudizio di primo grado, nonchè l’importo di 110,00 € per compensi e di 15,00 € per spese vive in relazione al giudizio di appello.
7. Non ha fondamento il quarto motivo d’impugnazione.
L’«eccezionale rapidità» con cui l’Ufficio ha disposto il «non luogo a provvedere» (così nella sentenza impugnata) sul ricorso/istanza di reclamo per essere stata la pretesa soddisfatta dal coobbligato in via solidale è stata tale da essere intervenuta in data 24 novembre 2016, molto prima del decorso del teorico (come si vedrà) termine di novanta giorni previsto dall’art. 17 -bis d.lgs. n.
Numero sezionale 1813/2025
Numero di raccolta generale 20600/2025
546/1992 (scadente, come emerge dalla sentenza impugnata, l’8 febbraio 2017), il che ha giustificato – al netto del precedente, superfluo argomentare del Giudice regionale sulla debenza della maggiorazione di cui alla citata disposizione anche in caso di accoglimento del reclamo – la decisione assunta, la quale non ha riconosciuto « l’aumento del 50% ex articolo 15 co. 2 -septies cit., non essendovi stati maggiori spese », in ciò ravvisando l’insussistenza del procedimento di mediazione, a cui la citata norma lega la maggiorazione, essendo stata la pretesa neutralizzata dall’intervenuto pagamento del coobbligato. Data pubblicazione 22/07/2025
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata limitatamente al terzo motivo e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con la condanna dell’Agenzia delle Entrate alle spese dei due gradi merito, nei termini sopra illustrati, e con attribuzione al difensore che ha reso la prescritta dichiarazione.
8.1. Difatti, alla luce di un’interpretazione dell’art. 384 c.p.c. conforme al principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., nonchè degli ampi poteri che in tema di spese processuali l’art. 385, secondo comma, c.p.c. accorda alla Corte, è possibile liquidare le spese di merito, nella specie indicati nella misura minima dalla stessa ricorrente, risultando del tutto illogico imporre il giudizio di rinvio, al solo fine di provvedere ad una liquidazione che, in quanto ancorata a parametri di legge, ben può essere direttamente compiuta dal giudice di legittimità (cfr. Cass. sul principio Cass. n. 14199/2021; Cass. n. 1761/2014 e Cass. n. 211/2016).
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, nella misura indicata al dispositivo, che si adegua alla semplicità delle questioni trattate, ampiamente chiarite dalla suindicata giurisprudenza di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, che liquida nella somma di 110,00 € per competenze e di 24,22 € per spese vive, nonché nell’importo di 110,00 € per competenze e di 15,00 € per spese vive in relazione al giudizio di appello, con distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida nelle somme di 350,00 € per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti, con attribuzione a favore dell’avv. NOME COGNOME
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 marzo 2025.
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME