Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27841 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27841 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, con AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza n. 5524/2018 resa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio-Latina e depositata in data 7 agosto 2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’otto ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.Il contribuente impugnava il silenziorifiuto dell’amministrazione alla propria istanza di rimborso delle ritenute d’acconto IRPEF praticate da RAGIONE_SOCIALE in qualità di sostituto. Soccombente in appello, il contribuente proponeva ricorso in cassazione affidandosi a cinque motivi; l’RAGIONE_SOCIALE resisteva a mezzo di controricorso, ma chiedeva l’accoglimento del quinto motivo del ricorso con compensazione delle spese; a ciò era conseguito il versamento delle somme pretese nei limiti riconosciuti, avendo ritenuto
IMPUGNAZIONE ESTINZIONE
appunto l’RAGIONE_SOCIALE la debenza della ritenuta nei limiti del 12,5 % dei rendimenti maturati.
In data 24 febbraio 2025 veniva depositata proposta di definizione accelerata sul presupposto della manifesta infondatezza del ricorso. In assenza di istanza di decisione, con decreto 11 aprile 2025 veniva emesso decreto di estinzione e liquidate le spese a carico del ricorrente.
Con istanza depositata in data 29 aprile 2025 la parte ricorrente instava, ai sensi dell’art. 391 cpc, per la fissazione dell’udienza, chiedendo in particolare la riforma del decreto di estinzione in punto spese, ritenendo invece che le stesse andassero compensate.
CONSIDERATO CHE
1.Come noto a seguito delle modifiche disposte dal d.lgs. n. 149/2022 all’art. 380 -bis, cod. proc. civ., è stata introdotta una nuova fattispecie estintiva, costituita dalla proposta di definizione accelerata la quale, ove comunicata e non oggetto di istanza di decisione nel termine di quaranta giorni, determina appunto l’estinzione in quanto la mancata richiesta viene equiparata alla rinuncia al ricorso.
Deve peraltro ritenersi che, trattandosi comunque pur sempre di estinzione per rinuncia, le parti conservino il potere di chiedere la fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto di estinzione, come previsto dall’art. 391, terzo comma, cod. proc. civ., e com’è accaduto nella specie a mezzo della già ricordata istanza del 27 dicembre 2023.
Ciò detto occorre a questo punto verificare qual sia l’oggetto del giudizio che consegue a siffatta istanza.
In proposito, com’è stato già osservato da questa Corte (Cass. n. 15817/2009), la formulazione del terzo comma dell’art. 391 cod. proc. civ., non fornisce dati testuali ai fini della individuazione dei poteri della Corte adita con l’istanza di fissazione della pubblica udienza. Sul piano sistematico è, tuttavia, da ritenere che il
legislatore abbia voluto concedere alle parti in causa – che non ritengano esaustivo il provvedimento presidenziale di estinzione emanato a seguito della rinunzia – la possibilità di chiedere alla Corte di pronunziarsi sulla controversia, senza imporre loro l’onere di indicare quali siano i motivi di tale richiesta. Quindi, non di un vero e proprio rimedio di carattere impugnatorio si tratterebbe, quanto di una richiesta di passaggio ad una fase successiva del giudizio per un esame completo della controversia, in cui la Corte è chiamata a pronunziarsi sul ricorso in base agli stessi elementi conosciuti dal presidente o dal suo delegato, ma con competenza decisoria piena e non limitata alla sola possibilità di pronunzia sull’istanza di estinzione per rinunzia. In altre parole, la controversia viene rimessa nella sua interezza alla Corte, la quale potrà valutare se la pronunzia sull’istanza di estinzione sia correttamente emanata, oppure, debba procedersi all’esame del ricorso per cassazione.
Ulteriormente, sempre da parte della giurisprudenza di questa Corte, è stato sottolineato che oggetto della fase che ne occupa può anche essere rappresentato dalla verifica della soccombenza virtuale, ai fini della quantificazione delle spese e della determinazione del soggetto che debba sopportarle (in tal senso Cass. Sez. U. n. 19980/2014 e, da ultimo, Cass. n. 26444/2024), e nella specie in effetti il decreto di estinzione ha pronunciato in proposito la condanna a carico del ricorrente al pagamento delle spese.
Deve invece escludersi che, ove sia verificata la regolarità del decreto di estinzione, come nella specie non è neppure discusso, possa rimettersi in discussione il merito della controversia.
Invero, anche col meccanismo introdotto dalla ricordata modifica dell’art. 380 -bis, cod. proc. civ., a seguito della proposta di definizione accelerata per poter discutere il merito del ricorso occorre proporre istanza di decisione nel termine di quaranta giorni
dalla comunicazione della proposta stessa, in difetto lo stesso può essere esaminato appunto solo previa verifica dell’illegittimità del decreto di estinzione.
Orbene nella specie non può che rilevarsi come il decreto di estinzione sia stato emesso in presenza di tutti i requisiti di legge, ed in particolare a seguito dell’inutile decorso del termine di quaranta giorni dalla regolare comunicazione della proposta.
Nella specie del resto ciò che la parte richiede è una nuova regolamentazione delle spese disposte in sede di decreto.
Orbene, volta che il meccanismo sopra descritto di cui all’art. 380 -bis cpc determina la formazione di una fattispecie estintiva per rinuncia, nessun ostacolo si frappone alla determinazione delle spese in virtù della soccombenza virtuale, dal momento che l’infondatezza posta alla base della proposta non influisce sul meccanismo estintivo, che invece appunto presuppone solo la sussistenza di una proposta notificata e non oggetto di istanza di decisione.
La stessa decisione sulle spese non dipende a sua volta dal principio di soccombenza, ma essenzialmente dal fatto che le stesse vanno di norma poste a carico del rinunciante, e nella specie infatti tale è -seppure in base alla particolare fattispecie prevista dal citato art. 380-bis cpc – e non contesta di essere, il ricorrente.
Peraltro, l’art. 391 cpc stabilisce espressamente che con l’estinzione può essere pronunciata la condanna, lasciando quindi alla discrezionalità del giudice di legittimità la decisione anche di compensare le spese.
Poiché nella specie si dà atto che non solo la controparte aveva chiesto l’accoglimento di uno dei cinque motivi di ricorso, ma concretamente poi era stato dato seguito al parziale rimborso oggetto di domanda, sussistono indubbiamente i requisiti per la compensazione integrale delle spese.
In conseguenza il decreto, per il resto confermato, dev’essere modificato con riguardo alle spese nel senso sopra indicato.
P. Q. M.
La Corte a modifica del decreto di estinzione dispone l’integrale compensazione delle spese fra le parti, confermando lo stesso nel resto.
Così deciso in Roma, l’otto ottobre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)