Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7050 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7050 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE,
-intimata – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, SEZIONE STACCTA DI CALTANISETTA, n. 11000/2021, depositata in data 13 dicembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Spese di lite compensazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15200/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv.
NOME COGNOME,
-ricorrente –
Rilevato che:
NOME COGNOME ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (già Riscossione RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE) che non ha svolto attività difensiva, avverso la sentenza in epigrafe, dolendosi della compensazione delle spese di lite.
La C.t.r. ha dichiarato inammissibile, compensando le spese, l’appello del l’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. che -statuendo sul ricorso del contribuente avverso il preavviso di fermo di beni mobili registrati con riferimento a sei cartelle di pagamento -aveva dichiarato cessata la materia del contendere per quattro delle sei cartelle impugnate, ed aveva annullato le restanti due disponendo, quanto alle spese, la loro compensazione. Il provvedimento di compensazione delle spese del grado di giudizio veniva motivato «in considerazione della novità dei temi esaminati e della complessità della controversia».
Il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: «a) l’omessa applicazione degli artt. 15 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e art. 91 cod. proc. civ. per mancata condanna alle spese del grado di controparte (principio del victus victori ); b) falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. per illegittima compensazione delle spese di lite».
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la compensazione delle spese di lite, nonostante l’appello della Riscossione Sicilia s.p.a. fosse stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse, stante l’integrale pagamento delle somme di cui alle cartelle di pagamento azionate e poste alla base del preavviso di fermo e per aver motivato detta compensazione «in considerazione della novità dei temi esaminati e della complessità della controversia».
Assume che, in virtù dell’art. 15 d.lgs. n. 546 del 1992 (nella versione antecedente alla novella introdotta dal d.lgs. n. 156 del 2015) e dell’art. 92 cod. proc. civ. (come modificato dall’art. 13, comma 2, d.l. n. 132 del 2014) il giudice di merito può ricorrere alla compensazione solo in presenza delle tre ipotesi tipizzate -la soccombenza reciproca, l’assoluta novità della questione trattata e il mutamento della giurisprudenza -e di «altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni». Aggiunge che queste ultime, come stabilito dalla Corte Costituzionale (Sentenza n. 77 del 2018), proprio in ragione del carattere eccezionale della compensazione, devono essere indicate esplicitamente nella motivazione e riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendo, viceversa, essere espresse con una formula generica ,inidonea a consentire il necessario controllo.
2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione de ll’art . 36, comma 3, n. 4) d.lgs. n. 546 del 1992, dell’ art. 118, comma. 2 disp. att. cod. proc. civ. e degli art. 111, sesto comma, e 24 Cost.,
Denuncia error in procedendo, e conseguente nullità della sentenza, per motivazione omessa e/o apparente. Assume che la C.t.r., nel dare una parvenza di motivazione all’ille gittima decisione di compensare le spese, si è limitata ad indicare due ipotesi generali ed astratte ini donee ad assolvere all’onere di specifica e puntuale motivazione.
3. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.
3.1. In tema di spese, l’art. 15, commi 1 e 2, d.lgs. n. 546 del 1992, è stato modificato dall’art. 9, comma 1, lett. f) d.lgs. m. 156 del 2015, con il quale è stata introdotta nel processo tributario la disciplina della compensazione delle spese di giudizio in modo autonomo rispetto al
codice di procedura civile, stabilendo che «le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate».
Le disposizioni così modificate sono entrate in vigore dal 1° gennaio 2016 a norma dell’art. 12, comma 1, d.lgs. cit. e, dunque, sono applicabili alla fattispecie in esame che attiene ad una pronuncia resa nel 2021.
3.2. Sebbene il legislatore del 2015 abbia disciplinato la compensazione delle spese nel processo tributario in modo autonomo rispetto all’art. 92 cod. proc. civ. , non può prescindersi dagli approdi della giurisprudenza, anche costituzionale, in merito a detta ultima norma. Va rammentato in proposito che l’attuale versione dell’art. 15 d.lgs. n. 546 del 1992 è analoga a quanto disposto dall’art. 92 secondo comma, cod. proc. civ. successivamente alle modifiche apportate dall’art. 45, comma 11, legge 18 giugn o 2009, n. 69 che aveva riformulato detta disposizione prevedendo, in sostituzione della compensazione per «giusti motivi», la compensazione per «gravi ed eccezionali ragioni».
Intervenendo nuovamente sull’art. 92 cit., il legislatore con l’art. 13, comma 1, d.l. n. 132 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 162 del 2014, ha eliminato la clausola generale delle «gravi ed eccezionali ragioni» prevedendo la compensazione in due ipotesi nominate (oltre a quella della soccombenza reciproca che non è mai mutata), ossia l’assoluta novità della questione trattata ed il mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.
3.3. La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di tale ulteriore restrizione, l’ha ritenuta in violazione del principio di ragionevolezza e di eguaglianza, essendo rimaste fuori altre analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa. La
Consulta, in particolare, ha evidenziato che il fondamento sotteso all’ipotesi tipica del mutamento della giurisprudenza su una questione dirimente -ipotesi che, ove anche non prevista espressamente, avrebbe potuto ricavarsi per sussunzione dalla clausola generale delle «gravi ed eccezionali ragioni» -sta appunto nel sopravvenuto mutamento del quadro di riferimento della causa che altera i termini della lite senza che ciò sia ascrivibile alla condotta processuale delle parti; di seguito la Consulta ha espressamente precisato che «tale ratio può rinvenirsi anche in altre analoghe fattispecie di sopravvenuto mutamento dei termini della controversia senza che nulla possa addebitarsi alle parti: tra le più evidenti, una norma di interpretazione autentica o più in generale uno ius superveniens , soprattutto se nella forma di norma con efficacia retroattiva; o una pronuncia di questa Corte, in particolare se di illegittimità costituzionale; o una decisione di una Corte europea; o una nuova regolamentazione nel diritto dell’Unione europea; o altre analoghe sopravvenienze.]» (Corte cost. n. 77 del 2018).
3.4. Così chiarito il quadro normativo, deve rilevarsi che, nella fattispecie in esame, i giudici di appello non si sono attenuti ai criteri ora richiamati, in quanto la sentenza impugnata non esplicita le ragioni poste a fondamento della decisione, essendosi limitata a disporre la compensazione stante «novità dei temi esaminati e della complessità della controversia» e, dunque, utilizzando una formula astratta e generica che non assolve all’obbligo di indicare specificamente la presenza delle gravi ed eccezionali ragioni. In particolare, non ha esplicitato perché la questione dovesse ritenersi nuova e complessa. (c.fr in senso analogo Cass. 20/10/2023, n. 29210).
4. In conclusione, il ricorso va, accolto e la sentenza impugnata va cassata. Inoltre, non essendoci ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso può essere deciso nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.,
liquidando le spese del secondo grado di giudizio -non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste per la compensazione -in euro 463,00 ( € 179 ,00 per fase studio, € 1 05 ,00 per fase introduttiva ed € 179,00 per fase decisionale) oltre accessori di legge e di tariffa.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del procuratore antistatario che ne ha fatto richiesta limitatamente a queste ultime.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla compensazione delle spese del giudizio di appello e, decidendo nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., liquida queste ultime in euro 463,00 per compensi oltre il 15 per cento per rimborso forfetario spese generali, iva e cap come per legge e condanna l’Agenzia delle entrate -Riscossione al pagamento delle stesse in favore del ricorrente.
Condanna l’Agenzia delle entrate -Riscossione al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 678,00 per compensi, oltre il 15 per cento per rimborso forfetario spese generali, iva e cap come per legge, da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2025.