Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21514 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21514 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta dai Magistrati
Oggetto: ottemperanza- spese
NOME
-Presidente –
Oggetto
NOME
-Consigliere –
R.G.N. 14485/2023
COGNOME NOME
-Consigliere –
COGNOME
Balsamo NOME
-Consigliere –
U – 15/05/2025
NOME
-Consigliere COGNOME.-
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14485/2023 R.G. proposto da Avv. COGNOME rappresentato e difeso in proprio;
-ricorrente –
contro
Regione Lazio, in persona del presidente p.t, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, n. 1723/2022 depositata il 28 dicembre 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto un ricorso con il quale l’Avv. NOME COGNOME (d’ora in poi odierno ricorrente) ha chiesto l’ottemperanza
del giudicato formatosi sulla sentenza (n. 4623/2021), emessa dalla CTR del Lazio, sul capo di condanna relativo al pagamento delle spese legali , nella misura di € 400,00 per il primo grado e di € 400,00 per il secondo grado, a carico della Regione Lazio (d’ora in poi controricorrente) e in favore dello stesso, dichiaratosi antistatario.
L ‘ odierno ricorrente, in qualità di procuratore di NOME COGNOME, aveva, infatti, proposto un’ impugnativa di un ruolo esattoriale e di una cartella di pagamento riguardante crediti di natura tributaria, in ragione dell’intervenuta prescrizione del credito per l’omessa notifica della cartella di pagamento.
A seguito di diffida e messa in mora, l’odierno ricorrente ha proposto ricorso per ottemperanza.
La CTR del Lazio ha accolto il ricorso nei seguenti termini:
-l ‘appellante, odierno ricorrente ha dato prova del passaggio in giudicato della sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, della messa in mora, con atto del 7/06/2022, nonché del mancato pagamento della somma di € 1.167,29;
-la regione Lazio, costituendosi, ha dimostrato di avere emesso il mandato di pagamento in data 28/10/2022 p er l’importo di € 1.075 ,38 prima dell’udienza camerale, addebitando il ritardo al ricorrente che non avrebbe dato seguito alle richieste, né fornito chiarimento in relazione alle spese sostenute;
-deve, dunque, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese del giudizio, in quanto il ritardo è imputabile allo stesso ricorrente che non ha provveduto a fornire tempestivamente i chiarimenti richiesti.
Il ricorrente propone ricorso fondato su un motivo, la controparte si costituisce proponendo controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 -46 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , dell’art. 132 c.p.c. con riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite. Con tale motivo, il ricorrente chiarisce di avere proposto il presente giudizio, più che per l’esiguo valore della controversia , per stigmatizzare «la granitica propensione» delle commissioni tributarie capitoline a disporre la compensazione delle spese nei giudizi di ottemperanza nelle ipotesi in cui l’ufficio provveda al pagamento di quanto dovuto successivamente all’introduzione della relativa fase, addossando sulla parte istante gli oneri e gli esborsi dell’attività professionale svolta. Denuncia in particolare l’assenza delle gravi ed eccezionali ragioni che la normativa presuppone nelle ipotesi in cui venga disposta la compensazione delle spese di lite.
1.1. Il motivo è infondato.
Nel caso di specie, la cessata materia del contendere deriva dal fatto che l’odierna intimata, a seguito del deposito del ricorso per ottemperanza (avvenuto in data 19.7.2022) e prima della data fissata per l’udienza (udienza del 24.11.2022), ha provveduto ad ottemperare, in data 28.10.2022, il capo di sentenza riguardante la condanna al pagamento delle spese processuali in favore dell’odierno ricorrente.
Occorre premettere, in via generale, che la statuizione di cessazione della materia del contendere comporta l’obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali dell’intero giudizio, salva, peraltro, la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale, le cui ragioni possono essere esplicitate, in via integrativa, anche in sede di gravame (Cass.
Sez. L, n. 11494 del 2004, Rv. 573779 – 01; Sez. 6 – L, n. 3148 del 2016, Rv. 638618 – 01).
Nel processo tributario, poi, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell’atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, invece, l’obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 c.p.c., che può essere premiato con la compensazione delle spese (Cass., Sez. 5, n. 8834/2024; Sez. 5, n. 7273/2016; Sez. 5, n. 22231/2011, Rv. 620084 – 01).
Sotto il profilo della disciplina applicabile, nel caso di specie si verte nell’ipotesi, disciplinata dall’art. 15 del d.lgs. n. 546 del 1992, secondo cui: «1. La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza. La commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile».
Al secondo comma, il citato articolo impone di motivare espressamente la sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni legittimanti ex art. 92, comma 2, c.p.c. la deroga al principio di soccombenza (Cass. Sez. U, n. 2572/2012, Rv. 621247 -01, Sez. 6 – 2, n. 2883/2014, Rv. 629612 -01).
Ora costituisce principio consolidato, da cui il Collegio non intende discostarsi, che il sindacato della Corte Suprema di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il
principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Cass., Sez. 5, n. 7572/2024; Sez. 5, n. 35616/2021; Cass., 17 ottobre 2017, n. 24502; Sez. 6-3, n. 8421/2017, Rv. 646335 – 01; Sez. 5, n. 15317/2013, Rv. 627183 -01).
Nel caso di specie la sentenza impugnata, sulla compensazione delle spese, ha così motivato, «non potendosi porre a carico della regione Lazio, come richiesto dal ricorrente, le spese del presente procedimento, avendo motivato l’ente le ragioni del lieve ritardo con le richieste alle quali poteva essere dato un più sollecito riscontro riguardando questioni processuali della parte contribuente nei due giudizi di merito, né potendosi, d’altro canto, disporre le spese del procedimento a carico dello stesso ricorrente, vittorioso nel merito, ed avente, come tale, diritto al pagamento richiesto».
Il ricorrente, pur formalmente censurando la motivazione sotto il profilo della violazione di legge, poi, all’interno del motivo ne denuncia l’apparenza e la contraddittorietà , richiedendo un riesame e una diversa valutazione degli esiti istruttori.
Con esso si pretende di mettere in discussione l ‘affermazione del giudice del merito secondo cui il ritardo nel pagamento era da considerarsi lieve e, per tale rilievo, esso si deve ritenere inammissibile.
Occorre rilevare, nel solco di una consolidata giurisprudenza, che la decisione sulla compensazione è frutto di una valutazione effettuata all’esito dell’esame degli elementi istruttori che non
può essere oggetto di delibazione in questa sede, in quanto è da ritenere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U, n. 34476/2019, Rv. 656492 -03, Sez. 1, n. 5987/2021, Rv. 660761 – 02).
Il giudice di legittimità è chiamato a stabilire che le ragioni poste a fondamento del provvedimento ex art. 92, comma 2, c.p.c. siano “non illogiche” o “erronee”, e ciò, tra l’altro, pure in conformità con l’avvenuta “riduzione al minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01).
Nel caso di specie la motivazione non risulta, né erronea, né illogica avendo reputato lieve un ritardo che, a seguito di accertamenti in fatto, ha ritenuto in parte addebitabile anche al ricorrente.
Da quanto esposto consegue il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese secondo il principio della soccombenza che vengono liquidate in dispositivo.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare in favore della controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 600,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi , rimborso forfettario nella misura del 15%, e accessori di legge se dovuti. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME