Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21492 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21492 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4418/2023 R.G. proposto da:
Avv. COGNOME rappresentato e difeso da se stesso;
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del Lazio, n. 3907/2022 depositata il 16/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava i ruoli esattoriali e relative cartelle di pagamento per l’importo complessivo di € 88.348,92 fondati su crediti di natura tributaria, eccependo l’intervenuta prescrizione del credito maturato tra l’anno di imposta e comunque tra la data di notifica delle singole cartelle di pagamento e la data di estrazione del ruolo esattoriale, deducendo, altresì, la mancata notifica delle cartelle di pagamento sottese all’estratto di ruolo.
La Commissione Tributaria Provinciale con decisione n. 12160/2019 del 25.9.2019 accoglieva il ricorso ritenendo fondata l’eccepita prescrizione, e compensava integralmente le spese di lite tra le parti in causa .
Avverso detta sentenza proponeva gravame innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Roma la Sig.ra NOME COGNOME
La Commissione tributaria regionale del Lazio con sentenza n. 3415/2020, depositata in data 11.11.2020, accoglieva l’appello principale della contribuente, rigettando quello incidentale dell’Ufficio, e per l’effetto condannava l’ADE al pagamento delle spese di lite nella misura di € 3.000 per il doppio grado di giudizio, distratte in favore del procuratore antistatario Avv. NOME COGNOME.
L’odierno ricorrente, nella sua qualità di procuratore antistatario delle spese liquidate nella citata sentenza n. 3415/2020, in
pendenza del ricorso in Cassazione, attivava la procedura di ottemperanza disciplinata dall’art. 70 e ss. del d.lgs. 546/1992.
La C.T.R. del Lazio fissava con decreto l’udienza camerale per il giorno 21.6.2021. In prossimità della nuova udienza l’Ufficio si costituiva in giudizio deducendo di aver provveduto a dare esecuzione al capo di condanna di cui era stato chiesto da parte dell’odierno ricorrente l’esecuzione con il giudizio di ottemperanza in data 21.6.2021
La Commissione Tributaria Regionale di Roma, con sentenza n. 3907/2022 depositata in data 16.9.2022 dopo aver rilevato che:
Avverso tale sentenza ricorre l’Avv. NOME COGNOME svolgendo un unico motivo. Replica con controricorso la Riscossione.
MOTIVI DI DIRITTO
1. Si deduce nel motivo di ricorso la violazione o falsa applicazione dell’art. 1546 del d.lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. con riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite pronunciata dal giudice nella fase di ottemperanza
Si assume che la sentenza viola le prescrizioni dell’art.15 del d.lgs. 546/1992 derivante dalla modifica apportata dall’art. 9 comma 1 lett. f) della legge n. 156/2015, entrata in vigore, per quanto interessa, in data 1.1.2016 (il ricorso in ottemperanza è stato depositato in data 23.4.2021 e quindi, detta “versione” risulta, ratione temporis, applicabile) che ha prescritto che, salve le ipotesi di soccombenza reciproca, da escludersi nel caso di specie, il giudice possa disporre la compensazione parziale o totale delle spese solo in un caso di gravi ed eccezionali ragioni, che, nella specie, non risultano esplicate dalla Corte distrettuale.
Si afferma che muovendo dalla premessa che non opera più la deroga all’art. 15 del d.lgs. 546/1992, non vi è alcuna ragione per sottrarre il giudizio di ottemperanza al principio della soccombenza. Se, infatti, l’incardinamento del giudizio di ottemperanza non priva l’Amministrazione del potere di procedere all’adempimento fintanto che il provvedimento attuativo non sia stato emesso, l’adempimento intervenuto tardivamente non esime il giudice tributario dall’onere di regolamentazione delle spese di lite nè di enunciare i motivi legittimanti, ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. 546/1992 tale deroga.
In particolare, si deduce che la sentenza ha fatto ricorso ad una motivazione del tutto apparente ed incomprensibile dal momento che la predicata non imputabilità del ritardo non può giustificare la disposta compensazione delle spese di lite, in quanto un pagamento giudicato espressamente tardivo (in quanto, come
evidenziato, sopravvenuto all’introduzione del giudizio di ottemperanza), non può considerarsi ‘giuridicamente’ e logicamente non imputabile alla parte debitrice ai fini della regolamentazione delle spese di lite e non può, salvo risolversi in un’evidente contraddizione motivazionale, giustificare la disposta compensazione delle spese di lite.
2. La censura è fondata.
La cessazione della materia del contendere si ha per effetto della sopravvenuta carenza d’interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito, senza che debba sussistere un espresso accordo delle parti anche sulla fondatezza (o infondatezza) delle rispettive posizioni originarie nel giudizio, perché altrimenti non vi sarebbero neppure i presupposti per procedere all’accertamento della soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese, che invece costituisce il naturale corollario di un tal genere di pronuncia, quando non siano le stesse parti a chiedere congiuntamente la compensazione delle spese (Sez. U., n. 10553 del 7 maggio 2009). In altri termini, una volta preso atto della sopravvenienza nel corso del giudizio di fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti, il giudice deve procedere senz’altro alla declaratoria di cessazione della materia del contendere ed ad emettere una pronuncia finale sulle spese, secondo una valutazione di soccombenza virtuale, allo stato degli atti, e quindi sulla scorta delle ragioni originariamente sostenute.
Nel caso in esame, il decidente ha ritenuto giustificato il ritardo nel pagamento del dovuto per la mancanza di dati( anagrafici o di altra
natura) poi richiesti al legale nel corso del giudizio di ottemperanza.
Con sentenza del 2 aprile 2018, n. 77, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui non consente, nelle ipotesi di soccombenza totale, di compensare parzialmente o per intero le spese di lite anche ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle tipizzate dal legislatore. Gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale retroagiscono fino al momento dell’introduzione nell’ordinamento della norma dichiarata illegittima. Pertanto, l’apprezzamento della sussistenza del vizio denunciato con il ricorso dev’essere fatto con riferimento alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità. Poiché gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità retroagiscono alla data di introduzione nell’ordinamento del testo di legge dichiarato costituzionalmente illegittimo, nel caso in cui con un ricorso per cassazione sia denunciata – ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – la violazione dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ, (nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162), che la Corte costituzionale, con sentenza 19 aprile 2018, n. 77, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, la valutazione della fondatezza o meno del ricorso deve farsi con riferimento alla situazione normativa determinata dalla pronuncia di incostituzionalità, essendo irrilevante che la decisione impugnata o addirittura la stessa proposizione del ricorso siano anteriori alla pronuncia del Giudice delle leggi.
Siffatta disposizione, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano «gravi ed eccezionali ragioni», costituisce «una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un, dato contesto storico sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche» (cfr. Cass. n. 2883/2014; n. 21157 del 07/08/2019).
Le gravi ed eccezionali ragioni, dopo la sentenza della Corte costituzionale del 19.04.2018, n. 77, non sono più limitate ai casi di soccombenza reciproca ovvero di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza, ma non comprendono ovviamente i casi di ritardi nei pagamenti da parte del debitore che non si attiva per tempo al fine di adempiere tempestivamente.
Se, infatti, l’incardinamento del giudizio di ottemperanza non priva l’Amministrazione del potere di procedere all’adempimento fintanto che il provvedimento attuativo non sia stato emesso, l’adempimento intervenuto tardivamente può incidere sulle spese del processo, potendone l’adito giudice tributario tenere conto, per la valutazione della soccombenza virtuale.
Nel caso in esame, in assenza di una reciproca soccombenza, la compensazione delle spese di lite è stata operata in assenza della motivazione delle ragioni di «gravità ed eccezionalità» di cui all’art. 92 c.p.c., che il giudice è tenuto ad indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza (Cass. n. 273/2023; Cass. n. 6835/2022; Cass.n.1950/2022; Cass. n. 3977/2020).
Né rileva il potere discrezionale del giudicante, nell’ipotesi di cessazione della materia del contendere di compensare le spese di lite, qualora tale riconoscimento consegua ad un comportamento
processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 c.p.c. (Cass. 28/03/2018, n. 7607; Cass. civ. Sez. V, 13/04/2016, n. 7273); ciò, in quanto il giudice deve valutare ed esplicitare le relative ragioni per le quali il contegno processuale della parte e il rispetto del principio della lealtà processuale ex art. 88 c.p.c. autorizzano la compensazione delle spese di lite.
La mancata specifica motivazione in merito alla fondatezza o meno del ricorso ed alle ragioni -anche diverse da quelle tipizzate – che consentono la compensazione comporta un vizio di violazione di legge al quale consegue la cassazione della decisione impugnata con rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, che, in diversa composizione, nel decidere nuovamente della vertenza, si atterrà al principio di diritto sopra richiamato.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata, limitatamente al capo relativo alle spese, e la causa deve essere rimessa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Roma, in diversa composizione, per la liquidazione delle spese del giudizio di ottemperanza e del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alle spese e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che statuirà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione tributaria della Corte di cassazione del 15 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME