Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21421 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21421 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19509/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
CONTRO
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore;
-intimata- avverso SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di SECONDO GRADO del LAZIO n. 3150/2023 depositata il 26/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio di rigetto l’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Roma, che, accogliendo il ricorso per l’annullamento dell’estratto di ruolo, relativo a cartelle di pagamento per tasse automobilistiche per l’importo complessivo di euro 4.444,66, aveva compensato le spese di lite.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado, confermando la sentenza di prima cura, ha ritenuto condivisibile la decisione gravata, in relazione alla sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni, giustificanti ex art. 15 d. lgs. 546 del 1992, la compensazione delle spese di lite, in ragione non solo del comportamento delle parti e della oscillante giurisprudenza di legittimità, ma anche della considerazione che, alla luce della più recente normativa di cui all’art. 3 bis del d.l. 146 del 2021, il ricorso per l’annullamento dell’estratto di ruolo sarebbe inammissibile, avendo le Sezioni unite (n. 26283/2022) chiarito che detta novella è applicabile anche ai giudizi pendenti.
La Regione Lazio è rimasta intimata.
Con memoria del 2 maggio 2025 la parte ricorrente, sottolineando la sussistenza di giudicato interno sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo, conferma le conclusioni assunte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Parte ricorrente formula un unico motivo di ricorso.
Con la doglianza fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 d. lgs. 546 del 1990. Osserva che la decisione che conferma la statuizione sulla compensazione delle spese di lite, adottata dal giudice di prima cura, si pone in contrasto con la disciplina di cui
all’art. 15 cit., che consente la compensazione solo a fronte di gravi ed eccezionali ragioni, da valutarsi sulla base di specifiche circostanze o aspetti della controversia. Invero, per un verso, nel confermare la decisione impugnata, il giudice di secondo grado omette il confronto con il contenuto della censura sollevata dalla parte appellante, finendo, con motivazione solo apparente, per ricalcare l’errore contenuto nella sentenza gravata. E ciò, perché, diversamente da quanto affermato, non appare apprezzabile alcuna oscillazione giurisprudenziale sull’oggetto del giudizio, tanto è vero che la C.T.P. richiama, nel decidere nel merito, una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 20425/2017) di ben un triennio precedente la decisione. Per altro verso, la Corte di secondo grado pone a fondamento del rigetto dell’appello l’intervento della novella legislativa che ha modificato l’art. 12, comma d.P.R. 602 del 1973, introducendo il comma 4 bis, entrata in vigore il 21 dicembre 2021, successivamente alla pronuncia del giudice di prima cura, che nessuna rilevanza può assumere nella fattispecie in esame, essendo intervenuto giudicato sul punto. Peraltro, siffatta novella, non ha reso inammissibile l’impugnazione del ruolo esattoriale, come affermato dalla sentenza, ma l’ha assoggettata alla presenza di determinate condizioni, sulla cui sussistenza la decisione non si sofferma. Anche in questo caso, dunque, la motivazione si rivela solo apparente.
Il motivo merita parziale accoglimento.
Va, innanzitutto, osservato che la doglianza è sollevata esclusivamente sotto il profilo della violazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., in relazione alla violazione dell’art. 15 d. lgs. 546 del 1992, cionondimeno, essa censura anche un vizio motivazionale, sotto il profilo della motivazione apparente, da sussumersi nell’ipotesi di cui n. 5) (cfr. da ultimo: Cass. Sez. 5, 23/10/2024, n. 27551; Cass. Sez.
5, 05/03/2021, n. 6150). Tuttavia, ‘L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato’ ( ex multis : Cass. Sez. 6, 27/10/2017, n. 25557), sicché i diversi profili proposti possono essere esaminati.
Il primo, riguardante l’apparenza della motivazione è manifestamente infondato.
Invero, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado motiva in modo esplicito la statuizione assunta. E lo fa, con argomenti, che, al di là della loro correttezza o plausibilità giuridica sostengono adeguatamente la decisione. Essi, infatti, si pongono a confronto con sia con la disposizione di cui all’art. 15 d. lgs. 546 del 1992, che non il motivo di ricorso, e rinvengono la sussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni, poste a sostegno della sentenza appellata, nella oscillazione giurisprudenziale sui termini di prescrizione e decadenza, a ciò aggiungendo l’ulteriore giustificazione della sopravvenienza normativa (di cui all’art. 3 bis del d.l. 146 del 2021, che ha introdotto all’art.12 del d.P.R. 602 del 1973 il comma 4 bis), il cui riferimento, discutibile o meno, comunque fonda il ragionamento del giudice del gravame.
Il secondo profilo è, invece, fondato.
Le Sezioni unite di questa Corte, con una risalente pronuncia, cui è seguito un consolidato orientamento, hanno chiarito che ‘L’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a
speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la novità delle questioni affrontate integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise. (Nella specie, la S.C. ha cassato, decidendo poi nel merito, la statuizione sulla compensazione delle spese per aver il TSAP dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse processuale del ricorrente, senza affrontare alcuna questione “nuova”). (Cass. Sez. U., 22/02/2012, n. 2572; cfr. da ultimo ex multis : Cass. Sez. 6, 11/03/2022, n. 7992; in precedenza: Cass. Sez. 6, 10/02/2014 n. 2883).
7. Ciò posto, premesso che ‘ In tema di spese giudiziali, ai sensi dell’art 92 c.p.c., nella formulazione vigente “ratione temporis”, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica (nella specie, la particolarità della fattispecie), inidonea a consentire il necessario controllo (Cass. Sez. 6, 14/07/2016, n. 14411) va ricordato che a giustificazione delle gravi ed eccezionali ragioni che, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (come risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 77 del 2018), la compensazione delle spese processuali,
certamente rientra l’incertezza giurisprudenziale sulla questione oggetto del giudizio, ma essa va valutata, all’epoca dell’introduzione della causa (Cass. Sez. 3, 15/03/2025, n. 6901).
Ne consegue che la condivisione, da parte della sentenza impugnata, delle ragioni di compensazione delle spese di lite sulla base dell’oscillazione giurisprudenziale, risolta con una sentenza delle Sezioni unite di tre anni precedente l’instaurazione del giudizio, si appalesa certamente censurabile sotto il profilo della violazione dell’art. 15 d. lgs. 546 del 1993, non potendo essa integrare una delle cause che autorizzano il superamento del principio della soccombenza.
Per altro verso, il mero riferimento al comportamento processuale delle parti, non ancorato ad elementi concreti, integra proprio quella generica formula che impedisce il ricorso alla compensazione per assenza di specificità delle ragioni ad esso sottese.
Infine, del tutto inidoneo a sostenere la compensazione deve ritenersi il richiamo ad una disposizione sostanziale sopravvenuta, posto che al di là dell’eccepito formarsi del giudicato sul punto (ammissibilità dell’impugnazione dell’estratto di ruolo), essa non può fondare la valutazione del comportamento assunto dalla parte nell’intraprendere la lite, né, ovviamente, è configurabile come incertezza giurisprudenziale idonea a condizionarne l’esito, tale per cui non solo agire, ma resistere in giudizio si giustifica in ragione del dubbio, essendo, invece, il mutamento normativo espressione della volontà legislativa che è, per definizione, esterna al processo ed alle sue dinamiche.
Si deve, dunque, affermare che la decisione impugnata ha erroneamente applicato il disposto dell’art. 15 d.
lgs. 546 del 1993, per come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte.
La sentenza deve, dunque, essere cassata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui va demandata anche la regolazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.