Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14747 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14747 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20764/2018 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
E CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, succeduta ex lege ad RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA della C.T.R. della LOMBARDIA, sez. stacc. di BRESCIA n. 133/2018 depositata il 15/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugna la sentenza della C.T.R. della Lombardia con la quale è stato dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, l’appello avverso la sentenza della C.T.P. di Cremona, che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile il ricorso avverso la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA
La C.T.R., dato atto che il ricorrente aveva promosso il giudizio di ottemperanza delle sentenze nn. 390/36/2000 e 289/63/2000 della C.T.R. della Lombardia, sez. staccata di Brescia e che la medesima C.T.R. aveva respinto il ricorso, a ciò seguendo l’emissione della cartella di pagamento successivamente impugnata davanti alla C.T.P., ha ritenuto inammissibile l’appello proposto contro la sentenza di primo grado, che denegava la richiesta di compensazione del debito portato dalla cartella con il residuo credito per rimborso, giacente presso il Concessionario della riscossione, rilevando il difetto di interesse ad agire, per avere il contribuente già
corrisposto le somme di cui alla cartella, senza dichiarare che il pagamento avveniva in via cautelativa, ciò impedendo la compensazione.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione, già RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME formula quattro motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 nn. 3,4 e 5 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1174, 1241, 1242, 1243, 2697, 2700, 2712, 2714, 2716, 2720 e 2733 cod. civ., e degli artt. 112, 115, 116, 156, 161, 167, 215, 228 e 229 cod. proc. civ., oltre alla violazione dell’art. 111 Cost., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti. Osserva che la sentenza impugnata, dopo avere sottolineato che i crediti del contribuente nei confronti di Equitalia sono ‘liquidi e di importo superiore al debito in discussione’, con riferimento alla richiesta di compensazione ha affermato che della ‘mancata concessione non vi è traccia nella documentazione, né tanto meno della natura del credito’. Rammenta: che il ricorrente aveva compiutamente allegato la sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 289/63/2010, da cui risultava un credito del contribuente per euro 3.995,76 -credito ammesso dall’Agenzia delle Entrate con dichiarazione confessoria del 30/11/2009; che la giurisprudenza di legittimità ammette la compensazione c.d. impropria, di cui all’art. 1241 cod. civ.; che il ricorrente aveva prodotto la sentenza della Suprema Corte n. 712/2017 resa nei confronti del contribuente e dell’Agenzia delle Entrate, da cui risultava il credito ed il diritto del contribuente alla compensazione; che l’Agenzia delle Entrate,
nelle proprie controdeduzioni aveva ammesso l’astratta ammissibilità della compensazione, contestando tuttavia le modalità formali della richiesta, benché la relativa domanda possa essere azionata anche in via giudiziale; che l’istanza di compensazione era stata fatta valere sia avanti alla C.T.P di Cremona (RG. 348/2015), che avanti alla C.T.R. della Lombardia sez. stacc. di Brescia (RG. 6637/2016). Assume che, escludendo la sussistenza dell’istanza di compensazione la sentenza impugnata, la sentenza impugnata ha violato l’art. 2697 cod. civ., avendo il ricorrente provato i fatti costitutivi del credito, mentre era del tutto mancata la prova del fatto estintivo gravante sulla controparte.
Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, comma 1 nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. la violazione degli artt. 111 Cost., 112, 132, 156 cod. proc. civ. e degli artt. 2699, 2700, 2712, 2714 e 2720 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, per non avere la C.T.R. provveduto a valutare la sentenza della Corte di cassazione n. 712/2017, versata in atti.
Con il terzo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., della violazione degli artt. 111 Cost., 112. 115, 116. 163 cod. proc. civ. e degli artt. 2702, 2712, 2717, 2718, 2719, 2909 cod. civ., nonché dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, per non avere la C.T.R. esaminato gli atti di messa in mora del 21 gennaio 2014 e del 3 giugno 2016, notificati all’Agenzia delle Entrate.
Con il quarto motivo deduce, ex art. 360, comma 1 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 2909 cod. civ., nonché dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di contraddittorio fra le parti, per non avere la C.T.R. considerato la sentenza della Corte di
cassazione n. 712/2017, oggetto di cosa giudicata, che espressamente stabiliva come ‘il meccanismo della compensazione regolato dagli artt. 1241 e seg. cod. civ., costituendo una forma di estinzione delle obbligazioni diversa dall’adempimento…rappresenta un modo legittimo di soddisfarlo, senza dazione in danaro’.
L’Agenzia delle Entrate eccepisce l’inammissibilità del ricorso, sotto tre distinti profili: per violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., non essendo i motivi proposti connotati dalla necessaria specificità e chiarezza, essi risolvendosi in plurime e congiunte censure di errori in procedendo ed errori in iudicando ; per carenza di interesse alla declaratoria di compensazione, non potendo compensarsi un credito con un debito estinto per intervenuto pagamento; per omessa impugnazione della ratio decidendi , inerente all’intervenuto pagamento del credito portato dalla cartella esattoriale.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Come correttamente osservato dall’Agenzia delle Entrate, infatti, il ricorrente non censura la reale ratio decidendi della pronuncia impugnata, consistente nel diniego della reclamata compensazione per essere il credito dell’Agenzia delle Entrate estinto per intervenuto pagamento della somma portata dalla cartella esattoriale impugnata.
A fronte di ciò, perdono rilievo le doglianze relative all’omesso esame dei documenti prodotti dalla parte contribuente, posto che per sollevare tali censure il medesimo avrebbe prima dovuto allegare di non avere corrisposto la somma oggetto del debito tributario, di cui alla cartella esattoriale impugnata. Il suddetto pagamento implica, infatti, il venir meno del presupposto stesso della compensazione che, a norma dell’art. 1241 cod. civ., è la sussistenza di reciproci debiti.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità da liquidarsi in euro 536,00 oltre a spese prenotate a debito.
Sussistono, a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 536,00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2025