Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21445 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME SALVATORE
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20703/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale PEC:
-ricorrente-
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE ENTRATE SEDE AVELLINO e AGENZIA RAGIONE_SOCIALE ENTRATE RISCOSSIONE
-intimate-
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE CAMPANIA n. 1756/2023 depositata il 13/03/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal
Consigliere SALVATORE COGNOME.
Fatti di causa
Con ricorso alla CTP di Avellino la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa si opponeva al silenzio rifiuto relativo ad una istanza di rimborso di un credito IVA, relativo all’anno di imposta 2014, riconosciuto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella misura di euro 32.034,00 e non liquidato dall’RAGIONE_SOCIALE per l’esistenza di debiti in capo alla società. La Commissione Provinciale di Avellino, con sentenza n. 557/2021, accoglieva parzialmente il ricorso, disponendo il rimborso dell’Iva come accertata dall’RAGIONE_SOCIALE in € 32.034,00, al netto dell’importo ammesso al passivo RAGIONE_SOCIALE liquidazione coatta, pari a euro 13.658,35. Il successivo appello dell’RAGIONE_SOCIALE è stato accolto dalla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado RAGIONE_SOCIALE Campania, con il rigetto dell’originario ricorso. La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa ha proposto ricorso per cassazione articolato su due censure. Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione
Con il primo motivo di ricorso si lamenta l” errata e falsa applicazione dell’art. 100 cpc in relazione agli art. 102 e 103 cpc in merito alla carenza di legittimazione processuale ed alla assenza di litisconsorzio tra le parti in lite ‘. Nella prospettazione di parte ricorrente, il solo soggetto legittimato ad impugnare la sentenza di primo grado, con la quale veniva accolto l’originario ricorso, era l’Agente RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, essendo l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE inammissibile proprio per carenza di interesse.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta il ‘ vizio RAGIONE_SOCIALE impugnata sentenza per assenza di pronuncia e motivazione in ordine ad un motivo di diritto sollevato nel corso dei giudizi di I e II grado’ , in quanto i Giudici di secondo grado avrebbero ‘omesso di esprimersi in ordine all’ulteriore profilo attinente la competenza del Giudice Tributario rispetto a quella del Giudice Ordinario, atteso che il diritto alla compensazione in rapporto allo stato passivo era da sottoporre alla competenza di que st’ultimo’.
Il primo motivo è infondato.
La CTR ha correttamente osservato che: ‘ Sostiene l’appellante che l’RAGIONE_SOCIALE sarebbe carente dell’interesse all’impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenza per essersi formato il giudicato nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, stante l’assenza di impugnazione da parte di quest’ultima. La dicotomia operata dall’appellante in merito all’interesse, o meglio, alla legittimazione dell’Ufficio rispetto a quella del concessionario è del tutto errata, alla luce del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui la posizione del concessionario nei confronti del contribuente, esaurendosi nella funzione di mero destinatario del pagamento, non comporta una situazione di litisconsorzio necessario, né sostanziale, né processuale, tra l’ente impositore ed il concessionario stesso. Sicché l’ufficio finanziario titolare del rapporto sostanziale, che è stato parte nel giudizio di primo grado, può impugnare la sentenza sotto ogni aspetto, non essendo necessario che, in ordine ai motivi relativi alla fase RAGIONE_SOCIALE riscossione, abbia proposto gravame anche l’RAGIONE_SOCIALE‘ .
Osserva questa Corte che l’RAGIONE_SOCIALE è titolare RAGIONE_SOCIALE legittimazione ad appellare sotto ogni profilo una sentenza
astrattamente idonea, se passata in giudicato, a renderle opponibile la pronuncia di insussistenza, ovvero invalidità, RAGIONE_SOCIALE pretesa tributaria oggetto del giudizio.
Giova rilevare che l’interesse ad agire viene determinato, d’altronde, dalla titolarità RAGIONE_SOCIALE posizione giuridica garantita dall’ordinamento. Nessun dubbio sussiste in ordine alla circostanza che il rapporto tributario faccia capo all’Amministrazione, essendo l’agente RAGIONE_SOCIALE riscossione -come chiarito plurime volte dalla giurisprudenza nomofilattica -un mero soggetto incaricato dal creditore ed autorizzato a ricevere il pagamento, ossia ‘ un mero destinatario del pagamento, o più precisamente, mutuando lo schema civilistico dell’art. 1188 c.c., il soggetto incaricato dal creditore ed autorizzato a ricevere il pagamento ‘ (cfr. Cass. 15 aprile 2011, n. 8613; Cass. 4 aprile 2018, n. 8295; Cass. 14 settembre 2020, n. 19074; Cass. 16 febbraio 2022, n. 5062). Il principio per cui l’agente per la riscossione è un mero adiectus solutionis causa è, del resto, profilo sedimentato nella giurisprudenza di questa Corte (v. anche Cass. 20 ottobre 2006, n. 22617).
Il concessionario svolge la propria attività – che comporta l’esercizio delegato di pubbliche funzioni -in nome e per conto dell’Amministrazione finanziaria, e la sua attività deve essere riferita non solo, per la parte di sua competenza, al concessionario stesso, ma anche, e nella sua interezza, all’Amministrazione finanziaria, che non rimane estranea ad eventuali vizi o nullità che si possano verificare nella fase RAGIONE_SOCIALE riscossione. Sussiste, pertanto, in capo all’RAGIONE_SOCIALE un preciso interesse in causa dell’ufficio alla conservazione degli atti del concessionario.
Nella specie, è tra l’altro evidente che la controversia abbia riguardato anche i presupposti RAGIONE_SOCIALE pretesa impositiva, non certo (o non soltanto) i vizi RAGIONE_SOCIALE procedura di riscossione. Emerge, invero, dalla
stessa esposizione dei fatti fornita in ricorso che oggetto dell’impugnativa originaria non sono stati soltanto i vizi RAGIONE_SOCIALE procedura di esazione, ma anche l’ an e il quantum RAGIONE_SOCIALE pretesa tributaria considerata nella sua fondatezza sostanziale, anche alla luce dei limiti di operatività RAGIONE_SOCIALE compensazione fra il credito RAGIONE_SOCIALE contribuente e il controcredito dell’Amministrazione.
Il secondo motivo è inammissibile e comunque infondato.
La sentenza d’appello non fa menzione RAGIONE_SOCIALE questione RAGIONE_SOCIALE competenza in ordine alla compensazione eccepita dall’Amministrazione.
Questa Corte ha puntualizzato plurime volte che ‘ Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità RAGIONE_SOCIALE censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa’ (Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430).
Ad ogni buon conto la censura è destituita di fondamento.
Ha puntualizzato questa Corte, con riferimento al fallimento, ma con argomentazioni mutuabili in rapporto alla procedura concorsuale RAGIONE_SOCIALE liquidazione coatta amministrativa, che ‘ In tema di contenzioso tributario, l’Amministrazione finanziaria può eccepire in compensazione il proprio credito tributario nei confronti del fallito, anche qualora non sia stato oggetto di ammissione al passivo (nella specie, per tardività RAGIONE_SOCIALE domanda d’insinuazione), al solo scopo di conseguire il rigetto RAGIONE_SOCIALE domanda RAGIONE_SOCIALE curatela diretta ad ottenere
il rimborso d’imposta, sussistendo la competenza fallimentare, ai sensi dell’art.56 l.fall., solo nel caso in cui sia chiesta la condanna del fallimento al pagamento di un’eventuale differenza ‘ (Cass. 15 luglio 2016, n. 14615).
L’art. 56 l. fall. riprodotto pedissequamente nell’art. 155 nel Codice RAGIONE_SOCIALE crisi d’impresa e dell’insolvenza ( D.lgs. n. 14 del 2019) -è applicabile, infatti, anche alla liquidazione coatta amministrativa in virtù del dispositivo di cui all’art. 201 l. fall. (ora art. 304 CCII); esso prevede che ” I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché’ non scaduti prima RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di fallimento “.
La norma affonda la propria ratio in un principio di giustizia sostanziale, apparendo iniquo che il titolare, al contempo, di un debito verso l’imprenditore sottoposto a liquidazione concorsuale e di un credito nei suoi confronti, debba soddisfare immantinente il primo e subire la falcidia cd. ‘fallimentare’ in relazione al secondo.
Ora, quand’anche in linea astratta operi la regola del ridetto art. 56 l.fall., e benché non sia impedito all’Amministrazione Finanziaria di dedurre la relativa questione in sede di verifica dello stato passivo RAGIONE_SOCIALE liquidazione coatta amministrativa ivi chiedendo al giudice del concorso di pronunciare sulla stessa e, per l’effetto, di ammetterlo al passivo per la somma (eventuale), conseguente al conguaglio tra le rispettive posizioni di credito-debito, non è neppure impedito alla stessa Amministrazione di far valere detto controcredito nel giudizio tributario allo scopo di paralizzare anche parzialmente, come nella specie, l’altrui pretesa.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, nel giudizio promosso dall’organo concorsuale (il curatore, ma lo stesso vale per l’organo commissariale RAGIONE_SOCIALE l.c.a.), per il recupero di un credito del soggetto di cui è stata dichiarata l’insolvenza ( i.e. , il fallito, ma
anche, per identità di fattispecie, l’imprenditore sottoposto a l.c.a.), il convenuto -nella specie l’Amministrazione finanziaria nei cui confronti è diretta l’impugnazione del silenzio -rifiuto funzionale all’ottenimento del rimborso ben può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito (correlato ad una pretesa fiscale) verso la procedura (il fallimento oppure, come nella specie, la l.c.a.), atteso che tale eccezione è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ottenendone il rigetto totale o parziale, mentre il rito speciale per l’accertamento del passivo previsto dagli artt. 93 e ss. l. fall. (richiamato per la l.c.a. dall’art. 209 l. fall.) trova applicazione nel caso di domanda riconvenzionale, tesa ad una pronuncia a sé favorevole idonea al giudicato, di accertamento o di condanna al pagamento dell’importo spettante alla medesima parte una volta operata la compensazione (Cass. n. 30298 del 2017; Cass. n. 14418 del 2013).
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza nella misura espressa in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Tributaria del 12