Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7153 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Compensazione
di crediti IVA in anticipo-
violazione sostanziale-
omesso versamento
d’imposta –
sanzione ex art. 13 del d.lgs. n. 471/97-
compensazione credito Iva in assenza visto di conformità sulla dichiarazione – violazione meramente formale
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 13858 del ruolo generale dell’anno 2020, proposto da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 8867/24/2019, depositata in data 22 novembre 2019, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 8217/15/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’atto con il quale l’Amministrazione aveva recuperato il credito Iva relativo all’anno 2011 utilizzato in compensazione nella relativa dichiarazione presentata in data 1.10.2012 in violazione dell’art. 17, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 241/1997, nella versione vigente ratione temporis (per importi superiori a 10.000,00 euro annui anticipatamente a decorrere dal 16.2.2012 in luogo che dal 16.11.2012), e dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009 senza l’apposizione (per l’utilizzo in compensazi one di crediti Iva per importi superiori a 15.000 euro annui) del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla dichiarazione da cui emergeva il credito, oltre interessi e la sanzione ex
art. 13 del d.lgs. n. 471/1997 (pari al 30% dell’importo indebitamente utilizzato in compensazione).
2.In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR a fronte dell’appello della contribuente proposto limitatamente al capo relativo alla determinazione della sanzione (pag. 1 della sentenza impugnata) – riformando la sentenza di primo grado con la quale la CTP, nell’accogliere parzialmente il ricorso, aveva ritenuto legittimo l’atto di recupero del credito Iva, applicando il cumulo giuridico con riguardo alla sanzione – ha annullato la sanzione irrogata atteso che, all’epoca dei fatti (anno di imposta 2011), mancava una previsione normativa al riguardo, essendo la violazione contestata (utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistente … in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti) quella prevista dall’art. 13, comma 4, de l d.lgs. n. 471/1997, nella formulazione dal 1° gennaio 2016, a seguito della novella di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 158/2015, non applicabile retroattivamente ai fatti commessi e disciplinati dalla pregressa normativa; ciò considerando che l’ar t. 3 della legge n. 212/2000 prevedeva che le disposizioni tributarie non avevano effetto retroattivo.
3.La società contribuente resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 212/2000, in combinato disposto con gli artt. 3 del d.l. n. 50/2017, 13 del d.lgs. n. 471/1997, 17 del d.lgs. n. 241/1997, 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009, per avere la CTR annullato la sanzione irrogata ai sensi dell’art. 13 cit. ritenendo non applicabile retroattivamente la previsione sanzionatoria prevista dal comma 4 del predetto articolo, nella formulazione dal 1° gennaio 2016, a seguito della novella di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 158/2015, sebbene l’Amministrazione – a fron te dell’indebito utilizzo in compensazione di credito Iva esposto in dichiarazione senza rispettare i termini temporali previsti dall’art. 17
del d.lgs. n. 241/97 (giorno 16 del mese successivo a quello della presentazione della dichiarazione) e senza l’apposizione, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009, oltre determinati importi, del visto di conformità di cui all’ar t. 35, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 241 del 1997- avesse recuperato il credito e, contestualmente, irrogato, ex art. 17 del d.lgs. n. 472/97, la sanzione amministrativa di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471/97 , nella versione vigente ratione temporis ( Ritardati ed omessi versamenti diretti ), conformemente alla prassi di cui alla circolare dell’Agenzia n. 1/E del 15 gennaio 2010 in merito all’utilizzo in compensazione di crediti indisponibili e alla giurisprudenza di legittimità in tema di violazioni sostanziali (sono richiamate Cass. n. 25816/2015; Cass. n. 23755/2015; Cass. n. 27315/2016).
1.1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c. del ricorso per violazione del principio di autosufficienza e per redazione dello stesso con la tecnica del c.d. ‘copia e incolla’. Invero, premesso che il ricorso non è confezionato con tale tecnica, in quanto la riproduzione di una parte soltanto d ella motivazione dell’avviso di accertamento , oltre ad occupare una limitatissima parte del ricorso, si rendeva necessaria ai fini della esposizione delle ragioni del mezzo di cassazione dedotto, lo stesso si palesa autosufficiente in quanto sviluppa una sintesi chiara dell’intera vicenda processuale e mette in luce le ragioni a sostegno dello stesso concretanti una specifica critica alla decisione impugnata, con espressa menzione degli atti processuali su cui si fonda.
1.2. Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.
1.3. Va precisato, in primo luogo, che, in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso, ed ogni deduzione sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio non può, per costante giurisprudenza di questa Corte, considerarsi superato per effetto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 8, comma 1 (c.d. statuto dei diritti del
contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall ‘ anno d’imposta 2002 (Cass. civ., 26 gennaio 2021, n. 12136; Cass. civ., 22 ottobre 2020, n. 23099); ciò premesso, va altresì evidenziato, con specifico riferimento alle previsioni normative che hanno contemplato e consentito la facoltà di procedere alla compensazione come modalità di estinzione del debito tributario, che: a) una prima forma di compensazione è stata prevista con riferimento a debiti e crediti riguardanti la medesima imposta e con limiti temporali (si tratta della cosiddetta “compensazione verticale” disciplinata del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 11, comma 3); b) la seconda forma di compensazione è stata prevista dal D.lgs. 9 Luglio 1997, n. 241, art. 17, che ha esteso la possibilità di estinguere le obbligazioni attraverso la compensazione, ai tributi non omogenei, prevedendo la possibilità di applicare l’istituto della compensazione al momento del versamento unitario di diverse imposte e contributi (cosiddetta ” compensazione speciale “); c) il legislatore, modificando successivamente il suddetto art. 17 (ad es., tramite la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 28, D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542, artt. 4 ed 8), ha reso più ampia l’area di operatività della compensazione facendovi rientrare il ravvedimento operoso del contribuente e l’accertamento con adesione (Cass., sez. 5, n. 22128 del 2021).
1.4. Va quindi precisato che l’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 241/1997, nella versione applicabile ratione temporis (come modificato dall’ articolo 10 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102) prevedeva che: «I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale
compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 10.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge ».
1.5 .L’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009 nella versione applicabile ratione temporis , disponeva che: « I contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito (…)».
1.6. In tema di sanzioni amministrative tributarie, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo (Cass. n. 16450 del 2021). 1.7. In tema di sanzioni amministrative, in base al combinato disposto di cui agli artt. 10, comma 3, st. contr. e 6, comma 5-bis, d.lgs. n. 472 del 1997, le violazioni tributarie possono essere “sostanziali”, se incidono sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento, “formali”, se pregiudicano l’esercizio delle azioni di controllo pur non incidendo sulla base imponibile, sull’imposta o sul versamento, oppure “meramente formali”, perché non influenti sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo e non arrecanti pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo; solo tali ultime violazioni non sono punibili per inoffensività, dovendo la valutazione concreta circa la natura “formale” o “meramente formale” della violazione compiersi in base all’idoneità “ex ante” della condotta a recare detto pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo (Cass. n. 28938 del 2020); per configurare una violazione meramente formale occorre «la contemporanea sussistenza di un duplice presupposto, ovvero che la violazione accertata non comporti un pregiudizio
all’esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incida sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo» (Cass. n. 27211/2014; 23352/2017, 14158/2018; Cass., sez. 6-5, n. 5289 del 2020).
Le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dall’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale l’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (Cass. n. 8148 del 2019; Cass. n. 1540 del 2017; v. anche Cass. sez. 5-6, n. 2809 del 2022 tra le medesime parti).
1.8.In tema di sanzioni tributarie , il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili comporta l’applicazione della sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 (vigente ” ratione temporis “), equivalendo al mancato versamento, alle scadenze previste, della parte del tributo eccedente rispetto al limite, e determinando il ritardato incasso erariale con conseguente “deficit” di cassa (sia pure transitorio), senza che ciò dia luogo ad una doppia imposizione poiché resta nella possibilità del contribuente chiederne il rimborso (Cass. n. 26926 del 2019; Cass. sez. 5-6, n. 2809 del 2022 tra le medesime parti). Questa Corte ha precisato che ‘ non può esservi dubbio che, in ipotesi di superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili, si realizzi quel mancato versamento che è sanzionato dal D. Lgs. n. 471/1997, art. 13 comma 1, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti ‘ (Cass. , sez. 5, n. 25816 del 2015).
1.9.Invero, la compensazione di credito Iva di importo superiore a 10.000,00 euro in anticipo rispetto al 16 del mese successivo alla presentazione della dichiarazione (ex art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, nella formulazione vigente ratione temporis ) concreta una violazione di carattere sostanziale trattandosi di
un omesso versamento d’imposta derivante dalla compensazione di credito d’imposta (per quanto esistente) in assenza dei presupposti di legge con conseguente applicazione del trattamento sanzionatorio per omesso/tardivo versamento ex art. 13 del d.lgs. n. 471/1997 (pari al 30% dell’importo indebitamente compensato).
1.10. Diversamente quanto alla contestata violazione dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009, questa Corte ha condivisibilmente precisato che« La funzione del visto di conformità richiesto per poter operare la compensazione dei crediti di imposta è quella di assicurare un controllo anticipato della esistenza e spettanza del credito compensabile mediante l’attribuzione della relativa verifica ad un professionista abilitato. L’inosservanza di tale adempimento è quindi inidonea a pregiudicare l’esercizio delle attività di controllo e di verifica della sussistenza del credito da parte dell’Ente accertatore. Essa è altresì inidonea ad incidere negativamente in danno del fisco sia sulla base imponibile dell’imposta sia sul versamento del tributo, in quanto, una volta accertata sul piano sostanziale l’esistenza del credito IVA e il conseguente diritto del contribuente di portarlo in compensazione, la mancata apposizione del visto si risolve in una infrazione puramente formale che non determina il venir meno di tale diritto. Contrariamente a quanto assunto dall’Agenzia, la compensazione dei crediti in violazione dell’obbligo dell’apposizione del visto non configura, sotto il profilo sanzionatorio, una violazione di omesso versamento » (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25736 del 2022; v. nello stesso senso Cass., 6-5, n. 5289 del 2020 secondo cui ‘ in tema di compensazione di crediti IVA, la mancata apposizione, sulla dichiarazione del contribuente, del visto di conformità del responsabile del centro di assistenza fiscale, previsto dall’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del d.l. n. 78 del 2009, convertito nella l. n. 102 del 2009, configura, anche ai fini dell’applicazione delle relative sanzioni, una violazione meramente formale, non equiparabile ad un omesso versamento, in quanto non pregiudica l’esercizio delle attività di controllo da parte dell’ente accertatore e non incide sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo ‘ ).
1.11 . Sul piano sanzionatorio, quanto all’applicazione del c.d. cumulo giuridico o materiale, questa Corte ha precisato che « l’art. 12 cit. trova espressa applicazione ai soli casi di violazione che attiene alla determinazione dell’imponibile o alla liquidazione; di contro, nel caso di omesso pagamento l’imposta è già liquidata, tant’è che l’art. 13 cit. disciplina un diverso criterio di determinazione della sanzione valido per “ciascun omesso versamento di imposta”, come tale incompatibile con il cumulo giuridico previsto dal D.Lgs. n. 472, art. 12. L’ontologica differente offensività delle due violazioni consente pertanto di affermare che il tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non è assoggettabile all’istituto della continuazione, disciplinato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, ma alla più severa disciplina del cumulo materiale delle sanzioni, previsto dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, che applica per ciascun mancato o tardivo pagamento un trattamento sanzionatorio, proporzionale ed autonomo, pari al trenta per cento di ogni importo non versato » (cfr. Cass. nr.10357/2015 1733/2018 e da ultimo Cass. 4155/2020; Cass., sez. 6-5, n. 5744 del 2021). In merito all’applicabilità del cumulo giuridico nelle ipotesi di concorso materiale di violazioni «formali» e non «sostanziali», si vedano Cass. n. 28938 del 2020 nonché Cass. sez. 5, 16/01/2019, n. 901, Rv. 652459-01, anche in motivazione, la quale chiarisce che l’operatività del cumulo giuridico di cui al citato art. 12, comma 1, è esclusa per le violazioni sostanziali, e Cass. sez. 5, 25/06/2014, nn. 14401 e 14402).
1.12.Nella sentenza impugnata, il giudice di appello non si è attenuto ai suddetti principi nell’annullare quanto alla contestata violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/97 per compensazione di credito Iva anticipatamente – la sanzione irrogata ritenendo che ‘ la violazione contestata quella prevista dal 4 comma dell’art. 13 , la cui entrata in vigore al 1° gennaio 2016 ‘ (a seguito della novella di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 158/2015 ) per cui ‘ tale nuova previsione sanzionatoria non poteva estendersi retroattivamente a fatti commessi e disciplinati dalla pregressa normativa… a
tacer d’ogni altra considerazione, l’art. 13 della legge n. 212/2000 prevedeva che le disposizioni tributarie non avevano effetto retroattivo ‘; ciò, invece di ritenere concretata una violazione di carattere sostanziale con conseguente legittima applicazione del trattamento sanzionatorio ex art. 13 del d.lgs. n. 471/97 (Ritardati od omessi versamenti diretti), nella formulazione vigente ratione temporis , per omesso versamento d’imposta derivante dalla compensazione di credito d’imposta in assenza dei presupposti previsti dagli artt. 17 del d.lgs. n. 241/1997. Diversamente, quanto alla contestata violazione dell’art. 10 , comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009 per mancata apposizione del visto di conformità, il motivo è infondato – con correzione sul punto della motivazione della sentenza impugnata dovendosi confermare l’annullamento della sanzione irrogata non già in quanto – come statuito dal giudice di appello non poteva applicarsi retroattivamente la previsione dell’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 471/97, come novellato dal d.lgs. 158 del 2015, ma in quanto trattavasi di una violazione meramente formale non configurando, sotto il profilo sanzionatorio, una violazione di omesso versamento e non concretando una condotta punibile per assenza di offensività.
In conclusione, va accolto il ricorso nei termini di cui in motivazione con cassazione della sentenza impugnata – in relazione al ricorso come accolto -e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, ex art. 384, comma 2, c.p.c., va accolto il ricorso originario della società limitatamente alla sanzione irrogata in relazione alla contestata violazione dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009.
Stante l’esito del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e decidendo, nel merito, accoglie il ricorso originario della società
limitatamente alla sanzione irrogata in relazione alla violazione dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2025