Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33979 Anno 2024
Oggetto: Tributi
COMPENSAZIONE CREDITO IVA- SUPERAMENTO LIMITI- SANZIONI- 2006-
Includibilità delle eccedenze Iva Relatore: COGNOME NOME
infrannuali nel monte annuo di compensabilità orizzontale
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33979 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero 26873 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato in calce al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso gli indirizzi di posta elettronica (PEC) dei difensori: EMAIL e EMAIL;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 548/34/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 26/04/2016;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso ;
Uditi per la società contribuente l’Avv.to NOME COGNOME e l’Agenzia delle entrate l’Avv.to dello Stato NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.L ‘Agenzia delle entrate notificò a RAGIONE_SOCIALE un atto di irrogazione di sanzione per omesso versamento di imposte, ex art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, quale conseguenza della compensazione, operata dalla società nella dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2006, di crediti Iva in misura eccedente rispetto all’importo di euro 516.456,90 fissato, per ciascun anno solare, dagli artt. 17, 25 del D.Lgs. n. 241 del 1997 e 34 della legge n. 388 del 2000 nella versione vigente ratione temporis .
2.La contribuente impugnò detto provvedimento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cuneo che, con sentenza n. 28/04/2014, lo rigettò.
La società propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, la quale, con sentenza n. 548/34/2016, depositata il 26/04/2016, lo rigettò.
In punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello ha osservato che: 1) anche le compensazioni di crediti Iva infrannuali – richiedibili ex artt. 17 del d.lgs. n. 241/1997 e 8, terzo comma, del D.P.R. n. 542/1999 – concorrevano
al conteggio del ‘tetto’ di valore di cui all’art. 34 della legge n. 388/2000, essendo tale disposizione (con la quale si era innalzato a euro 516.456,90 il limite dei crediti Iva compensabili) riferita indistintamente a tutte le compensazioni orizzontali; 2) non doveva essere applicata la procedura ex art. 54bis del d.P.R. n. 633 del 1972 , avendo l’Agenzia emesso, ex art. 1, comma 421 della legge n. 311/2004, atto di contestazione di sanzione per mancato rispetto del limite previsto per le compensazioni annuali; 3) era infondata la censura relativa all’assunta pretesa titolarità di un diritto soggettivo alla definizione agevolata delle sanzioni non essendo ‘ancorata ad alcun principio giuridico e non prevista dallo strumento (atto di contestazione) utilizzato dall’Ufficio per sanzionare il riscontrato abuso’; 4) era inapplicabile l’art. 10, comma 3, della legge n. 212/2000 non sussistendo obiettive condizioni di incertezza sulla portata delle norme tributarie in materia.
5.Avverso tale decisione la società contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate.
La società contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Il PG ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 8, comma 3, del d.P.R. n. 542/99 e 34 della legge n. 388/2000 per avere la CTR incluso le eccedenze Iva infrannuali nel monte annuo di compensabilità di euro 516.456,90 ritenendo applicabile tout court l’art. 34 cit. disciplinante genericamente le compensazioni, sebbene la norma speciale di cui all’art. 8 cit. (non oggetto di alcuna modifica) non prevedesse alcuna limitazione con riferimento alle eccedenze Iva maturate nei trimestri infrannuali per cui la contribuente – in possesso dei requisiti indicati dal secondo comma dell’articolo 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 per la richiesta di rimborsi di imposta relativi a periodi inferiori all ‘ anno – poteva, in alternativa, effettuare la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per l’ammontare massimo corrispondente
all’eccedenza detraibile del trimestre di riferimento . Pertanto, ad avviso della ricorrente, la società, essendo in possesso dei requisiti indicati dal secondo comma dell’articolo 38-bis cit., avrebbe avuto diritto di effettuare le compensazioni infrannuali ai sensi dell’art. 8 cit. oltre alle compensazioni di cui all’ordinario limite annuo di euro 516.456,90.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. L’articolo 25, comma 2, d.lgs. n. 241/1997 fissava, per ciascun periodo d’imposta, un limite quantitativo alla possibilità di compensazione, stabilendo che «il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi che possono essere compensati, è, fino all’anno 2000, fissato in 500 milioni per ciascun periodo d’imposta», soglia successivamente elevata a norma dell’articolo 34, comma 1, della legge n. 388/2000, il quale, nella formulazione applicabile ratione temporis , prescriveva che: ” A decorrere dal 1 gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, art. 17 ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare “.
1.3.La suddetta previsione normativa, come visto, nel definire il limite massimo di compensabilità dei crediti di imposta, ha fatto specifico richiamo alla previsione di cui all’art. 17, d.lgs. n. 241/1997 che prevedeva, nella formulazione relativa all’anno d’imposta di cui si controverte, che: “I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all ‘ INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”. Perimetrata la disciplina normativa di riferimento, va quindi osservato che, in materia, questa Corte ha affermato che la l. n. 388/2000, art. 34, nel sancire, a decorrere dall’1 gennaio 2001, un limite massimo per ciascun anno solare dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili ai sensi del d.lgs. n. 241/1997, art. 17, ha inteso introdurre un
meccanismo volto ad assicurare che la compensazione orizzontale tra crediti e debiti relativi ad imposte diverse non oltrepassi, per ogni periodo d’imposta, quel limite. Ciò al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale, che non può essere superato anche in sede di liquidazioni periodiche IVA, come confermato anche dalla Corte di Giustizia, nella sentenza del 16 marzo 2017, RAGIONE_SOCIALE, in C-211/2016 (cfr. Cass., 29 marzo 2017, n. 8101; 26 settembre 2018, n. 22962; Cass. sez. 5, n. 31309 del 2023). Invero, la disciplina in esame, relativa ai limiti di compensabilità del credito di cui all’art. 17, cit., trova applicazione con riferimento alla c.d. compensazione orizzontale dei crediti, cioè qualora vengano a essere compensati crediti di imposta con debiti relativi ad altre imposte. È in questo senso che la disciplina nazionale, come interpretata, ha trovato copertura ed è ad un tempo compatibile con i parametri interpretativi della giurisprudenza euro-unitaria (Corte di Giustizia, 16 marzo 2017, RAGIONE_SOCIALE, in C-211/16, cit.). La questione che era stata prospettata alla Corte di giustizia, invero, era proprio relativa alla coerenza con la disciplina unionale dei limiti di compensabilità orizzontale di un credito Iva (Cass. sez. 5, n. 31309 del 2023).
1.4.Con riferimento alla c.d. compensazione verticale dei crediti iva, la disciplina sopra menzionata non può trovare applicazione. Invero, nel caso di utilizzo di un credito Iva annuale in detrazione su Iva a debito (‘compensazione verticale’) questo può avvenire sia in liquidazione periodica, sia in F24. In entrambi i casi, gli importi utilizzati non entrano nel limite annuale previsto ex lege per la compensabilità orizzontale.
Questa Corte ha precisato che la compensazione di un credito Iva con un debito della stessa natura (cd. compensazione verticale) è consentita solo mediante scomputo del credito annuale dall’imposta a debito emergente dalle liquidazioni periodiche relative all’anno successivo (Cass. sez. 5, n. 31309 del 2023).
1.5.Un limite alla compensabilità in materia di crediti iva è previsto dall’art. 8, comma 3, d.P.R. n. 542/1999, che stabilisce che: ‘ I contribuenti in possesso dei requisiti indicati dal secondo comma dell’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per la richiesta di rimborsi
di imposta relativi a periodi inferiori all’anno, possono, in alternativa, effettuare la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per l’ammontare massimo corrispondente all’eccedenza detraibile del trimestre di riferimento, presentando all’ufficio competente, in via telematica entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento, l’istanza di cui al comma 2 ‘.
Si tratta, a ben vedere, di un limite di compensabilità del credito iva che ha specificamente riguardo alla disciplina di cui all’art. 38 bis del d.P.R. n. 633/1972, limitato, tuttavia, alle compensazioni infrannuali.
1.6.Alla luce di quanto sopra, stante la portata generale dell’art. 34 l. n. 388/2000 che non distingue tra crediti infrannuali e crediti di imposta derivanti da annualità precedenti, la quota di crediti infrannuali ( ex articolo 38bis secondo comma del Dpr n. 633/1972) se utilizzata in compensazione con altre imposte soggiace al limite annuo previsto ex lege per la compensazione orizzontale, mentre il limite di compensabilità delle eccedenze Iva infrannuali opera, ai sensi dell’art. 8 comma 3, d.P.R. n. 542/1999, soltanto nel periodo (trimestre) di riferimento.
1.7. Da qui l’enunciazione del seguente principio di diritto : « l’utilizzo dei crediti Iva trimestrali in compensazione orizzontale soggiace al limite annuale di cui all’art. 34 della legge n. 388/2000 – e successivi innalzamenti di soglia -mentre tale limite non opera nel caso di rimborsi infrannuali disposti dagli Uffici. Diversamente per i contribuenti in possesso dei requisiti indicati dal secondo comma dell’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’art. 8, c omma 3 del comma 3, d.P.R. n. 542/1999, prevede un limite di compensabilità infrannuale avuto riguardo al trimestre di riferimento » .
1.8.Nella sentenza impugnata, il giudice di appello ha dunque correttamente ritenuto che le compensazioni di crediti Iva infrannuali – richiedibili ex artt. 17 del d.lgs. n. 241/1997 e 8, terzo comma del DPR n. 542/1999 – concorrevano al
conteggio del ‘tetto’ di valore di cui all’art. 34 della legge n. 388/2000 (nella specie di euro 516.456,90).
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 54bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e 2 del d.lgs. n. 462/97 per avere la CTR rigettato il motivo di gravame relativo all’assunta applicabilità della procedura di cui all’art. 54bis cit. sebbene la fattispecie fosse stata qualificata dall’Agenzia come ‘omesso versamento’ per cui non potevano che applicarsi le modalità di cui all’art. 54bis con liquidazione da parte dell’Amministrazione , avvalendosi di procedure automatizzate, dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione presentata e con possibilità del contribuente di usufruire della riduzione delle sanzioni a 1/3 dell’irrogato ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 462/97. Pertanto, ad avviso della ricorrente, sarebbe erronea anche la statuizione del giudice di appello circa l’inesistenza ‘ di un diritto soggettivo alla definizione agevolata delle sanzioni non essendo ancorata ad alcun principio giuridico e non prevista dallo strumento (atto di contestazione) utilizzabile e utilizzato dall’Ufficio ‘.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2. Il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, che è sanzionato dall’art.13 del d.lgs. n. 471 del 1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti (Cass. n. 18369 del 2012; Cass., n. 18080 del 2017, cit.; 4 aprile 2018, n. 8247; 7 dicembre 2018, n. 31706; 17 aprile 2019, n. 10708; 22 ottobre 2019, n. 26926).
2.3.Ai sensi dell ‘art. 1, comma 421, della legge 311 del 2004 applicabile ratione temporis : « Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni, nonche’ quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, nonché per il recupero delle relative sanzioni e interessi l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall’articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. La disposizione del primo periodo non si applica alle attivita’ di recupero delle somme di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27 ».
2.4.Nella sentenza impugnata giudice di appello ha correttamente affermato l’inapplicabilità , nella specie, dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 stante l’emissione dell’atto di contestazione della sanzione per mancato rispetto del limite previsto per la compensazione annuale dei crediti Iva, ai sensi del richiamato art. 1, comma 421, della legge n. 311 del 2004.
2.5.Peraltro, secondo la prevalente giurisprudenza della Corte ” la definizione agevolata delle sanzioni non si applica in caso di omesso o ritardato pagamento dei tributi, ravvisabile anche laddove sia stata effettuata compensazione in misura superiore a quella consentita, sia ove la sanzione sia stata irrogata unitamente all’avviso di accertamento sia se sia stata irrogata con un distinto ed autonomo atto ” (v. Cass. n. 27315 del 2016; Cass. n. 17721 del 2009; contra v. Cass. n. 18682 del 2016). Ritiene il Collegio di aderire a tale impostazione alla luce del dato letterale della disposizione di cui all’ultimo periodo dell’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 472 del 1997, secondo la quale “Per le sanzioni indicate nel periodo precedente, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista nel comma 2 e nell’articolo 16, comma 3.” L’inciso ” in nessun caso ” significa propriamente che, in presenza di un omesso o ritardato pagamento di tributi, il
versamento ridotto delle sanzioni è precluso, oggettivamente, sia se l’Ufficio abbia proceduto direttamente alla iscrizione a ruolo delle sanzioni a seguito di controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni effettuato a norma degli artt. 36 bis e ter, d.P.R. n. 600 del 1973, ovvero a norma degli artt. 54bis, d.P.R. n. 600 del 1973, sia nell’ipotesi in cui la sanzione sia stata irrogata unitamente alla emissione dell’avviso di accertamento a norma dell’art. 16, d.lgs. n. 472 del 1997, ovvero, ancora, con distinto ed autonomo atto di irrogazione delle sanzioni a norma dell’art. 17 del citato d.lgs. La ratio della norma si individua nel fatto che, in presenza di omissioni di versamenti di imposta, il legislatore ha inteso vietare in ogni caso l’accesso alla definizione agevolata delle sole sanzioni, essendo consentito unicamente di beneficiare di sanzioni determinate ex lege in misura ridotta allorché il contribuente abbia provveduto al pagamento integrale, nei termini previsti, della somma dovuta a titolo di imposta (Sez. 5, Sentenza n. 18080 del 2017).
2.6.Posto quanto sopra, il giudice di appello si è attenuto ai suddetti principi nel ritenere con riguardo all’impugnato atto di contestazione della sanzione ex art. 13 cit. inesistente un assunto ‘ diritto soggettivo alla definizione agevolata delle sanzioni ‘ non essendo ancorata ad ‘ alcun principio giudico né prevista dallo strumento (atto di contestazione) utilizzabile e utilizzato dall’Ufficio per sanzionare il riscontrato abuso ‘.
Con il terzo motivo si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell ‘ art. 36 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR affermato apoditticamente- incorrendo in un difetto dei requisiti minimi motivazionalila non applicabilità alla fattispecie dell’art. 10, comma 3, della legge n. 212/2000.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2. Va ribadito che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da ” error in procedendo “, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento
seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 01). Al riguardo, si rileva che la motivazione della sentenza d’appello va letta complessivamente, e non può essere, dunque, parcellizzata e sezionata, in vari segmenti. Nella specie, la statuizione circa la insussistenza di obiettive condizioni di incertezza sulla portata delle norme in materia di compensazione di crediti Iva, tali da giustificare la mancata irrogazione della sanzione ex art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 va rapportata alla ricostruzione interpretativa del giudice di appello in ordine alla portata dell’art. 34 della legge n. 388/2000 quale norma riferita indistintamente a tutte le compensazioni orizzontali, concorrendo anche i crediti Iva infrannuali al conteggio del ‘ tetto ‘ di valore ivi previsto; ciò conformemente all’orientamento di questa Corte secondo cui, i n tema di sanzioni per violazioni delle norme tributarie, l’obiettiva “incertezza normativa tributaria” – desumibile, da parte del giudice, da una serie di “fatti indice” – è caratterizzata dall’impossibilità di individuare con sicurezza, al termine di un procedimento interpretativo corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto – il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’Amministrazione – come emerge dall’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, che distingue le due figure pur ricollegandovi i medesimi effetti (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32082 del 09/12/2019). Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione”. Il che, nella specie -come correttamente affermato dal giudice di appello – non appare ravvisabile, essendo, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia sopra richiamata, chiaro il c ontenuto dell’art. 34 cit. quale norma – successiva a ll’art. 8 del DPR n. 542/1999 -contenente la fissazione di un plafond massimo (progressivamente aumentato in forza di successivi interventi legislativi) di
compensabilità annuale dei crediti IVA, applicabile, per esigenze di equilibrio delle previsioni di gettito fiscale, anche ai crediti infrannuali chiesti in compensazione. Tale interpretazione del quadro normativo ha trovato riscontro, peraltro, anche nel Comunicato Stampa dell’Agenzia delle entrate del 20 luglio 2004 (Precisazioni su compensazione dei crediti trimestrali IVA) secondo cui « in relazione ad alcuni dubbi manifestati dalla stampa specializzata sulla possibilità, per i contribuenti che hanno i requisiti per richiedere il rimborso trimestrale dei crediti IVA, di utilizzare i medesimi in compensazione, senza tener conto del limite annuo previsto dall’articolo 25 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241 come modificato dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, l’Agenzia delle Entrate precisa che detto limite si applica, indistintamente, a tutti i crediti relativi alle imposte annotate sul conto fiscale, mentre non esistono limiti per i rimborsi disposti dagli uffici (cfr. circolare 22 luglio 1994, n. 119 …). Con la risoluzione 5 dicembre 2003 n. 218/E, e’ stato precisato che i crediti trimestrali derivanti dalle liquidazioni periodiche IVA, non sono soggetti al limite imposto dal menzionato articolo 25 solo se richiesti a rimborso e non anche nell’ipotesi in cui siano utilizzati in compensazione. I rimborsi infrannuali, infatti, sono disposti direttamente dagli uffici competenti e non dal concessionario della riscossione ».
Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92, in combinato all’art. 183 della VI Direttiva CEE (2006/112), per essere la CTR incorsa in un difetto dei requisiti minimi motivazionali in ordine alla eccezione -proposta nei gradi di merito di nullità dell’atto di contestazione , essendo in contrasto con l’art. 183 cit., come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia , l’obbligare i soggetti passivi – dalla cui dichiarazione fiscale emerga una eccedenza – a procedere al riporto della stessa, integralmente o parzialmente, al periodo di imposta successivo.
4.1.Il motivo è infondato.
4.2.Occorre premettere che questa Corte ha condivisibilmente affermato che la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenu to ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (così, Cass. n. 2731 del 2017; n. 28663/13; conformi, nn. 3990/99, 8561/06, 2313/10, 8622/12; v. anche n. 23989/14, che afferma il medesimo principio con riferimento al caso di motivazione solo apparente; contra, nn. 23328/11, 4804/07, 6784/03, 2440/88, 6699/82 e 4505/81). Di qui la possibilità d’integrare la motivazione della sentenza impugnata, ove lacunosa, nei termini di seguito indicati.
4.3. L’interpretazione della disciplina nazionale trova dunque copertura ed è ad un tempo compatibile con i parametri interpretativi della giurisprudenza eurounitaria, secondo cui « L’articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita la compensazione di taluni debiti tributari con crediti d’imposta sul valore aggiunto a un importo massimo determinato, per ogni periodo d’imposta, a condizione che l’ordinamento giuridico nazionale preveda comunque la possibilità per il soggetto passivo di recuperare tutto il credito d’imposta sul valore aggiunto entro un termine ragionevole » (Corte di Giustizia, 16 marzo
2017, RAGIONE_SOCIALE, in C-211/16, cit. ). Il contribuente dunque, raggiunto il limite massimo di credito compensabile, può riportare al periodo successivo il credito residuo per imputare nuovamente il credito a compensazione, in tale ambito avvalendosi anche delle liquidazioni infrannuali che hanno cadenza trimestrale. Se il credito residuo supera comunque il limite massimo, può riportarlo all’annualità successiva insieme a quello ulteriore nel frattempo maturato, ex art. 8, commi 2 e 3, d.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542. Può, inoltre, chiedere il rimborso del maggior credito, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 30 e 38 bis, d.P.R. n. 633 del 1972. Si è peraltro evidenziato che, sebbene il limite riguardi anche i rimborsi in quanto annotati sul conto fiscale, non esistono limiti per quelli disposti dagli uffici, come precisato dalla Agenzia delle entrate-Risoluzione 5 dicembre 2003, n. 218/E, e successivo Comunicato stampa del 20 luglio 2004(cfr. Cass., 21 luglio 2017, n. 18080). Si tratta in conclusione di una disciplina che, nei termini rappresentati, non incide, peraltro, sul principio di neutralità dell’imposta armonizzata. Invero, le esigenze di equilibrio delle previsioni di gettito fiscale, unitamente al meccanismo compensativo, solo frazionato ma assicurato nella sua interezza dalla restituzione dell’eccedenza con le modalità previste dalla disciplina, escludono il timore di un recupero del credito iva non rispettoso della ragionevolezza dei tempi, che è la condizione pretesa dalla Corte di Giustizia.
In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato.
6.In considerazione del consolidamento della giurisprudenza di legittimità sulla portata del limite annuale di compensabilità dei crediti Iva ex art. 34 cit. successivamente alla proposizione del presente ricorso, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti integralmente le spese del giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2024
Il Consigliere est.
NOME COGNOME Il Presidente Viscido di Nocera NOME
Bruschetta