Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7154 Anno 2025
Oggetto: Tributi Compensazione di crediti IVA in anticipo- violazione sostanziale- omesso versamento d’imposta – sanzione ex art. 13 del d.lgs. n. 471/97- compensazione credito Iva in assenza visto di conformità sulla dichiarazione – violazione meramente formale
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7154 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 30503 del ruolo generale dell’anno 202 1, proposto da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente principale e controricorrente incidentale-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dal l’Avv.to NOME COGNOME COGNOME e dal l’Avv.to NOME COGNOME , elettivamente domiciliata presso lo studio del l’Avv.to NOME COGNOME , in Roma, alla INDIRIZZO;
– ricorrente incidentale- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 3954/15/2021, depositata in data 3 maggio 2021, non notificata; Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.Con sentenza n. 3954/15/2021, depositata in data 3 maggio 2021, la Commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto parzialmente l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 8150/05/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’atto con il quale l’Amministrazione aveva recuperato l’Iva relativamente all’anno 201 2 per utilizzo in compensazione di credito Iva nella dichiarazione (M.U. 2013) presentata, in data 30.9.2013, in violazione dell’art. 17, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 241/1997, nella versione vigente ratione temporis (per importi superiori a 5.000,00 euro annui anticipatamente a decorrere dal 16.04.2013 in luogo che dal 16.10.2013), e dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009 senza l’apposizione (per l’utilizzo in compensazione di crediti Iva per importi superiori a 15.000 euro annui) del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla dichiarazione da cui emergeva il credito, oltre interessi e sanzioni ex art. 13 del d.lgs. n. 471/1997 (pari al 30%
dell’importo indebitamente utilizzato in compensazione) applicate secondo il cumulo materiale.
2.In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR – riformando la sentenza di primo grado con la quale la CTP, nell’accogliere il ricorso, aveva ritenuto illegittimo il recupero dell’imposta e applicabile il cumulo giuridico delle sanzioni -ha accolto parzialmente l’appello dell’Ufficio ritenendo legittimo il recupero di imposta e confermando per le sanzioni l’applicazione del cumulo giuridico ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 .
Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso per cassazione (notificato via pec in data 2.12.2021) affidato a un motivo.
4.La società contribuente propone successivo ricorso (spedito per la notifica, a mezzo servizio postale, in data 2.12.2021) affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO CHE
1.Preliminarmente si riuniscono i ricorsi ex art. 335 c.p.c.; va, al riguardo, osservato che “nei procedimenti con pluralità di parti, una volta avvenuta ad istanza di una di esse la notificazione del ricorso per cassazione, le altre parti, alle quali il ricorso sia stato notificato, debbono proporre, a pena di decadenza, i loro eventuali ricorsi avverso la medesima sentenza nello stesso procedimento e, perciò, nella forma del ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 371 c.p.c., in relazione all’art. 333 dello stesso codice, salva la possibilità della conversione del ricorso comunque presentato in ricorso incidentale – e conseguente riunione ai sensi dell’art. 335 c.p.c. – qualora risulti proposto entro i quaranta giorni dalla notificazione del primo ricorso principale, posto che in tale ipotesi, in assenza di una espressa indicazione di essenzialità dell’osservanza delle forme del ricorso incidentale, si ravvisa l’idoneità del secondo ricorso a raggiungere lo scopo”. Cass. n. 27898 del 2011; conf. n. 25054 del 07/11/2013, n. 27887/2009); le S.U. n. 7074 del 2017, hanno confermato tale orientamento, statuendo che “in
virtù del principio di unità dell’impugnazione, il ricorso proposto irritualmente in forma autonoma da chi, ai sensi degli artt. 333 e 371 c.p.c., avrebbe potuto proporre soltanto impugnazione incidentale, per convertirsi in quest’ultima deve averne i requisiti temporali, onde la conversione risulta ammissibile solo se la notificazione del relativo atto non ecceda il termine di quaranta giorni da quello dell’impugnazione principale” (v. da ultimo, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 33809 del 19/12/2019). Nella fattispecie, il ricorso per cassazione della società contribuente è stato proposto entro tale termine, con atto spedito per la notifica a mezzo servizio postale il 2/12/2021 (lo stesso giorno del perfezionamento della notifica, a mezzo PEC, del ricorso principale dell’Agenzia delle entrate) (nello stesso senso, v. da ultimo, Cass. n. Sez. 5, Ordinanza n. 15934 del 2021).
2. Con l’unico motivo del ricorso principale l’Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 13 del d.lgs. n. 471/97 e 12 del d.lgs. n. 472/97 per avere la CTR ritenuto applicabile l’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni disciplinato dall’art. 12 del d.lgs. n. 472/97 sebbene le violazioni contestate (degli artt. 17, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 241/1997, e 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009) concretassero omessi e/o tardivi pagamen ti d’imposta con conseguente inapplicabilità dell’istituto della continuazione ex art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472/97, dovendo le singole violazioni essere sanzionate singolarmente e disponendo l’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 un trattamento sanzion atorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (pari al 30% di ogni importo non versato).
3.Con il primo motivo del ricorso successivo (valevole come incidentale), la società contribuente denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n.n. 3, 4, e 5 c.p.c., la violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 241/97, 10 del d.l. n. 78/2009, 3 della legge n. 212/2000 e 3 del d.l. n. 50 del 2017 per avere la CTR ritenuto con una motivazione peraltro illogica e contraddittoria – legittimo il recupero d’imposta : 1) per compensazione di credito di Iva (di importi superiori a euro 5.000,00) in anticipo trattandosi di un omesso versamento del debito corrispondente al credito portato in compensazione sebbene si trattasse di una
violazione meramente formale a fronte di un credito Iva esistente utilizzato in compensazione; 2) per compensazione di credito Iva (di importi superiori a euro 15.000,00) in mancanza del visto di conformità sulla dichiarazione sebbene, oltre alla eccepita irretroattività dell’art. 3 del d.l. 50 del 2017 avente carattere innovativo (ed entrato in vigore il 24.4.2017), l’inosservanza di tale adempimento costituisse una violazione meramente formale non avendo comportato alcuna alterazione dell’imposta e dell’ imponibile, né alcun pregiudizio per l’attività di controllo e per le casse erariali.
4.Con il secondo motivo del ricorso incidentale, si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n.n. 3, 4, e 5 c.p.c., la violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 241/97, 10 del d.l. n. 78/2009 e 3 del d.l. n. 50 del 2017 per avere la CTR -con una motivazione oltre che erronea anche contraddittoria e illogica – ritenuto legittimo il recupero dell’imposta per compensazione del credito Iva (esistente) in assenza del visto di conformità sebbene trattavasi di una violazione non sostanziale (con sanzione propo rzionale ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 471/ 1997) ma di natura formale (come statuito con riferimento alle sanzioni).
Con il terzo motivo del ricorso incidentale, si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., la violazione del principio di irretroattività ex art. 3, comma 1, della legge n. 212/2000, 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, 3 del d.l. n. 50 del 2017 per avere la CTR omesso di valutare l’eccezione proposta nel ricorso introduttivo di decorso dei termini decadenziali per il recupero da parte dell’Ufficio dell’imposta per la compensazione di credito Iva esistente, ma non ancora disponibile (quindi non inesistente ma non spettante).
6 . L’unico motivo del ricorso principale -che aggredisce la sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabile l’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni – e i due motivi del ricorso incidentale -che aggrediscono la sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimo il recupero dell’imposta da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati nei termini di seguito indicati.
Va disattesa, al riguardo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale per difetto di specificità e sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei sollevata dall’Ufficio (nel controricorso al ricorso incidentale) in quanto, pur essendo evocati in rubrica contestualmente i numeri 3, 4 e 5 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., le censure della contribuente sono sostanzialmente sviluppate in termini di violazione di legge ed esclusivamente sotto questo profilo sono fondate nei termini di seguito indicati.
6.1. Va precisato, in primo luogo, che, in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso, ed ogni deduzione sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio non può, per costante giurisprudenza di questa Corte, considerarsi superato per effetto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 8, comma 1 (c.d. statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno d’imposta 2002 (Cass. civ., 26 gennaio 2021, n. 12136; Cass. civ., 22 ottobre 2020, n. 23099); ciò premesso, va altresì evidenziato, con specifico riferimento alle previsioni normative che hanno contemplato e consentito la facoltà di procedere alla compensazione come modalità di estinzione del debito tributario, che: a) una prima forma di compensazione è stata prevista con riferimento a debiti e crediti riguardanti la medesima imposta e con limiti temporali (si tratta della cosiddetta “compensazione verticale” disciplinata del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 11, comma 3); b) la seconda forma di compensazione è stata prevista dal D.lgs. 9 Luglio 1997, n. 241, art. 17, che ha esteso la possibilità di estinguere le obbligazioni attraverso la compensazione, ai tributi non omogenei, prevedendo la possibilità di applicare l’istituto della compensazione al momento del versamento unitario di diverse imposte e contributi (cosiddetta ” compensazione speciale “); c) il legislatore, modificando
successivamente il suddetto art. 17 (ad es., tramite la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 28, D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542, artt. 4 ed 8), ha reso più ampia l’area di operatività della compensazione facendovi rientrare il ravvedimento operoso del contribuente e l’accertamento con adesione ( Cass. sez. 5 n. 22128 del 2021).
6 .2.Va quindi precisato che l’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 241/1997, nella versione applicabile ratione temporis (modificato dall’art. 2 della Legge del 28/06/2012 n. 92) prevedeva che: «I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva . La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge ».
6 .3.L’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009 nella versione applicabile ratione temporis , disponeva che: « I contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito (…)».
6.4. In tema di sanzioni amministrative tributarie, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo (Cass. n. 16450 del 2021).
6.5. In tema di sanzioni amministrative, in base al combinato disposto di cui agli artt. 10, comma 3, st. contr. e 6, comma 5-bis, d.lgs. n. 472 del 1997, le violazioni tributarie possono essere “sostanziali”, se incidono sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento, “formali”, se pregiudicano l’esercizio delle azioni di controllo pur non incidendo sulla base imponibile, sull’imposta o sul versamento, oppure “meramente formali”, perché non influenti sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo e non arrecanti pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo; solo tali ultime violazioni non sono punibili per inoffensività, dovendo la valutazione concreta circa la natura “formale” o “meramente formale” della violazione compiersi in base all’idoneità “ex ante” della condotta a recare detto pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo (Cass. n. 28938 del 2020); per configurare una violazione meramente formale occorre «la contemporanea sussistenza di un duplice presupposto, ovvero che la violazione accertata non comporti un pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incida sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo» (Cass. n. 27211/2014; 23352/2017, 14158/2018; Cass., sez. 6-5, n. 5289 del 2020).
6.6. Le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dall’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale l’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (Cass. n. 8148 del 2019; Cass. n. 1540 del 2017; v. anche Cass. sez. 5-6, n. 2809 del 2022 tra le medesime parti).
6.7.In tema di sanzioni tributarie , il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili comporta l’applicazione della sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 (vigente ” ratione temporis “), equivalendo al mancato
versamento, alle scadenze previste, della parte del tributo eccedente rispetto al limite, e determinando il ritardato incasso erariale con conseguente “deficit” di cassa (sia pure transitorio), senza che ciò dia luogo ad una doppia imposizione poiché resta nella possibilità del contribuente chiederne il rimborso (Cass. n. 26926 del 2019; Cass. sez. 5-6, n. 2809 del 2022 tra le medesime parti). Questa Corte ha precisato che ‘ non può esservi dubbio che, in ipotesi di superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili, si realizzi quel mancato versamento che è sanzionato dal D. Lgs. n. 471/1997, art. 13 comma 1, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti ‘ (Cass. sez. 5 n. 25816/2015).
6.8. Invero, la compensazione di credito Iva di importo superiore a 5.000,00 euro in anticipo rispetto al 16 del mese successivo alla presentazione della dichiarazione (ex art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, nella formulazione vigente ratione temporis ) concreta una violazione di carattere sostanziale trattandosi di un omesso versamento d’imposta derivante dalla compensazione di credito d’imposta (per quanto esistente) in assenza dei presupposti di legge con conseguente applicazione del trattamento sanzionatorio per omesso/tardivo versamento ex art. 13 del d.lgs. n. 471/1997 (pari al 30% dell’importo indebitamente compensato) e inapplicabilità dell’istituto del c.d. cumulo giuridico.
6 .9. Diversamente quanto alla contestata violazione dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009, questa Corte ha condivisibilmente precisato che « La funzione del visto di conformità richiesto per poter operare la compensazione dei crediti di imposta è quella di assicurare un controllo anticipato della esistenza e spettanza del credito compensabile mediante l’attribuzione della relativa verifica ad un professionista abilitato. L’inosservanza di tale adempimento è quindi inidonea a pregiudicare l’esercizio delle attività di controllo e di verifica della sussistenza del credito da parte dell’Ente accertatore. Essa è altresì inidonea ad incidere negativamente in danno del fisco sia sulla base imponibile dell’imposta sia sul versamento del tributo, in quanto, una volta accertata sul piano sostanziale l’esistenza del credito IVA e il conseguente diritto del contribuente di
portarlo in compensazione, la mancata apposizione del visto si risolve in una infrazione puramente formale che non determina il venir meno di tale diritto. Contrariamente a quanto assunto dall’Agenzia, la compensazione dei crediti in violazione dell’obbligo dell’apposizione del visto non configura, sotto il profilo sanzionatorio, una violazione di omesso versamento » (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25736 del 2022; v. nello stesso senso Cass., 6-5, n. 5289 del 2020 secondo cui ‘ in tema di compensazione di crediti IVA, la mancata apposizione, sulla dichiarazione del contribuente, del visto di conformità del responsabile del centro di assistenza fiscale, previsto dall’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del d.l. n. 78 del 2009, convertito nella l. n. 102 del 2009, configura, anche ai fini dell’applicazione delle relative sanzioni, una violazione meramente formale, non equiparabile ad un omesso versamento, in quanto non pregiudica l’esercizio delle attività di controllo da parte dell’ente accertatore e non incide sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo ‘ ).
6.10. Sul piano sanzionatorio, quanto all’applicazione del c.d. cumulo giuridico o materiale, questa Corte ha precisato che « l’art. 12 cit. trova espressa applicazione ai soli casi di violazione che attiene alla determinazione dell’imponibile o alla liquidazione; di contro, nel caso di omesso pagamento l’imposta è già liquidata, tant’è che l’art. 13 cit. disciplina un diverso criterio di determinazione della sanzione valido per “ciascun omesso versamento di imposta”, come tale incompatibile con il cumulo giuridico previsto dal D.Lgs. n. 472, art. 12. L’ontologica differente offensività delle due violazioni consente pertanto di affermare che il tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non è assoggettabile all’istituto della continuazione, disciplinato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, ma alla più severa disciplina del cumulo materiale delle sanzioni, previsto dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, che applica per ciascun mancato o tardivo pagamento un trattamento sanzionatorio, proporzionale ed autonomo, pari al trenta per cento di ogni importo non versato » (cfr. Cass. nr.10357/2015 1733/2018 e da
ultimo Cass. 4155/2020; Cass., sez. 6-5, n. 5744 del 2021). In merito all’applicabilità del cumulo giuridico in merito alle ipotesi di concorso materiale di violazioni «formali» e non «sostanziali», si vedano Cass. n. 28938 del 2020 e anche Cass. sez. 5, 16/01/2019, n. 901, Rv. 652459-01, anche in motivazione, la quale chiarisce che l’operatività del cumulo giuridico di cui al citato art. 12, comma 1, è esclusa per le violazioni sostanziali, e Cass. sez. 5, 25/06/2014, nn. 14401 e 14402).
6.11. Ne consegue l’enunciazione de i seguenti principi di diritto:
6.12. « L’utilizzo in compensazione di un credito Iva annuale o infrannuale per importi superiori all’ ammontare stabilito dall’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, nella formulazione vigente ratione temporis, in anticipo rispetto ai termini ivi indicati, concreta una violazione di carattere sostanziale, risolvendosi, sotto il profilo sanzionatorio, in un ‘ omesso versamento di imposta ‘ non assoggettabile all’istituto della continuazione, disciplinato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, ma alla più severa disciplina del cumulo materiale delle sanzioni, previsto dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 ».
6.13.« L’utilizzo in compensazione di credito IVA senza l’apposizione sulla dichiarazione del contribuente, del visto di conformità del responsabile del centro di assistenza fiscale, previsto dall’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del d.l. n. 78 del 2009, convertito nella l. n. 102 del 2009, configura una violazione puramente formale che non determina il venir meno del diritto del contribuente di portare in compensazione il credito Iva una volta accertata, sul piano sostanziale, l’esistenza dello stesso (ovvero ne ll’ipotesi di sua mancata contestazione); sotto il profilo sanzionatorio, tale violazione meramente formale, non equiparabile ad un omesso versamento, in quanto non pregiudica l’esercizio delle attività di controllo da parte dell’ente accertatore e non incide sulla determinazione della base imponibile
dell’imposta e sul versamento del tributo, non è punibile per assenza di offensività della condotta» .
6.14 .Nella sentenza impugnata la CTR: 1) quanto al recupero dell’imposta si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere legittimo il recupero dell’Iva relativamente alla contestata compensazione di credito Iva (per importi superiori a euro 5.000,00) in antici po in violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/97 nella formulazione vigente ratione temporis , trattandosi di ‘ un utilizzo di un credito esistente ma non disponibile ‘ e dunque di un mancato versamento del tributo dovuto; diversamente – e sotto questo profilo vanno accolti i primi due motivi del ricorso incidentale quanto alla denunciata violazione di legge -la CTR non si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere legittimo il recupero dell’imposta relativamente alla contestata compensazione di credito Iva (per importi superiori a euro 15.000,00) in assenza del visto di conformità sulla dichiarazione (‘ A ben vedere anche alla luce della richiamata pronuncia -Cass. n. 5289/2020 -che rileva solo ai fini della commisurazione della sanzioni risulta legittimo il recupero dell’imposta ‘) ; ciò in quanto, non essendo l’inosservanza di tale adempimento idonea ad incidere sul la determinazione dell’imponibile né tantomeno a pregiudicare l’esercizio delle attività di controllo da parte dell’ente accertatore, la stessa, alla luce dei principi sopra richiamati, concretava una violazione meramente formale che, lungi dal rilevare soltanto ai fini sanzionatori, non faceva venire meno il diritto della contribuente alla compensazione del credito Iva una volta accertata sul piano sostanziale l’esistenza dello stesso (nella specie non contestato); 2) quanto alle sanzioni, la CTR non ha fatto buon governo dei richiamati principi di diritto -e, sotto questo profilo, va accolto il ricorso principale dell’Agenzia -nel ritenere applicabile il c.d. cumulo giuridico e non materiale delle sanzioni con riguardo alla contestata violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/97 per compensazione di credito Iva in anticipo, sebbene si trattasse di una violazione sostanziale concretando un omesso versamento di imposta già liquidata (per il quale l’art. 13 del d.lgs. n. 471/97 disponeva un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato
pagamento). Diversamente, quanto alla contestazione relativa alla compensazione del credito Iva in assenza del visto di conformità, concretando una violazione meramente formale, non equiparabile ad un omesso versamento, non era punibile per assenza di offensività della relativa condotta.
Il terzo motivo del ricorso incidentale -in disparte i profili di inammissibilità della formulazione del mezzo con cui sono state cumulate indistintamente le censure ai sensi del n. 3 e n. 5 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c. – non coglie la ratio decidendi atteso che la CTR ha ritenuto che ‘ tenuto conto del disposto di cui all’art. 56 del d.lgs. n. 546/92 … le questioni e le eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale che non erano specificamente riproposte in appello si intendevano rinunciate ‘; con ciò, evidentemente riferendosi a tutte le eccezioni -come quella attinente alla decadenza dell’Ufficio dal recupero della pretesa relativa a crediti Iva compensati -dedotte nel ricorso introduttivo (v. pag. 11 del ricorso) e non riprodotte in appello; né sotto questo profilo, la contribuente assolve all’onere di autosufficienza nel riprodurre, nelle parti rilevanti (se non un mero stralcio del ricorso di primo grado) gli atti difensivi dei gradi di merito.
In conclusione, va accolto il ricorso principale e i primi due motivi del ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, dichiarato inammissibile il terzo motivo del ricorso principale, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione ai motivi come accolti- e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, c.p.c., con accoglimento del ricorso originario della società limitatamente all’imposta recuperata per violazione dell ‘art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009 e alle relative sanzioni irrogate.
Stante la reciproca soccombenza, sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso principale e i primi due motivi del ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso
principale, cassa la sentenza impugnata – in relazione ai motivi come accolti – e decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della società limitatamente all’imposta recuperata per violazione dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78/2009 e alle relative sanzioni irrogate. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2025