Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22153 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7648/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della TOSCANA-FIRENZE n. 2/2022 depositata il 03/01/2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 11/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE
-in data 14.04.2007 presentava istanza di concordato preventivo;
-in data 07/05/2007 veniva ammessa al concordato preventivo;
in data 03/07/2008 veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Lucca ‘a seguito del mancato raggiungimento RAGIONE_SOCIALE maggioranze dei creditori relativamente alla domanda di concordato preventivo’.
In data 16/03/2018 il Tribunale di Lucca dichiarava l’omologa del concordato fallimentare ex art. 124 l.f. dando esecuzione al medesimo.
In data 27/04/2018 la contribuente presentava alla D.P. di Pisa dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE istanza di rimborso dell’Iva annuale relativa all’anno d’imposta 2017 per un importo di euro 256.875,00.
In data 06/08/2018 l’Ufficio eccepiva la compensabilità tra il credito Iva chiesto a rimborso e la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, relativa ad Ires 2007, notificata in data 10/06/2011, da cui emergeva un debito verso l’Erario per complessivi euro 437.715,84, riscossi nel limite di euro 31.899,59.
In data 22/08/2018 l’Ufficio notificava provvedimento di sospensione del rimborso ai sensi dell’art. 23 D.Lgs. n. 472 del 1997.
2. La contribuente proponeva ricorso.
Rilevava -come da sentenza in epigrafe -che ‘l’RAGIONE_SOCIALE ave già precisato il proprio credito in sede di procedura fallimentare anche con riguardo a contenziosi fiscali pendenti e
quindi con riserva ottenendo il pagamento di euro 4.810.000,21 in base alla proposta di concordato fallimentare poi omologata dal Tribunale con definizione, quindi, di tutti i crediti antecedenti alla procedura stessa, sosteneva che la cartella di pagamento non risultava ammessa al passivo della procedura fallimentare non essendo stata depositata alcuna domanda di ammissione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE. Il richiamo di quest’ultima alla consecutività tra la procedura fallimentare e la procedura del concordato preventivo sarebbe venuta meno per la mancanza della domanda di ammissione al passivo, elemento sostanziale di riconoscimento ai fini della legge fallimentare. Secondo gli effetti del concordato fallimentare omologato dal Tribunale di Lucca ai sensi dell’art. 124 della legge fallimentare, ed alla luce dell’art. 135 della legge predetta, al credito vantato dall’RAGIONE_SOCIALE per la cartella richiamata non si estendevano le garanzie date nel concordato da terzi. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non poteva quindi utilizzare il credito in compensazione non estendendosi le garanzie del terzo, tra cui poteva considerarsi l’attivo fallimentare messo a disposizione del concordato, mancando appunto la domanda di ammissione al passivo richiamato dall’art. 135 della l.f.’.
2.1. Con la sentenza n. 360/03/2019, depositata il 24/07/2019, la Commissione Tributaria Provinciale di Pisa accoglieva il ricorso di parte ricorrente per i seguenti motivi: ‘La pretesa compensazione eccepita dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non può essere accordata in quanto ove fosse consentita andrebbe a violare il principio di concorsualità dei creditori , in base al quale i creditori cosiddetti concorsuali, cioè tutti quelli anteriori al fallimento, non solo hanno il diritto ma anche l’onere di partecipare al concorso secondo le regole del diritto fallimentare, vale a dire tramite il previo accertamento del passivo di cui al capo V della Legge Fallimentare’; né tali conclusioni ‘vengono contraddett dal principio di continuità RAGIONE_SOCIALE procedure concorsuali in relazione
ai casi come quello di specie, in cui all’istanza di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento’, poiché ‘il presupposto per l’applicazione di tale principio è, comunque, il fatto che i crediti a tale fase riconducibili siano stati comunque insinuati al fallimento; in assenza di tale presupposto l’azione a tutela del credito successiva alla chiusura del fallimento andrebbe a violare il principio della par condicio’; inoltre, ‘il terzo assuntore ex art. 124 l.f. non è tenuto a garantire i tre diti non ammessi al passivo’.
L’Ufficio proponeva appello, rigettato dalla CTR della Toscana, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Il credito di imposta preteso in compensazione dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Ires 2007), per il quale è stato emesso il provvedimento di sospensione impugnato, non risulta sia stato inserito nella massa passiva del fallimento che ha interessato la società appellata. Del suo inserimento nella procedura di concordato, infatti, non è stata data alcuna prova. Risulta, per contro, che il concordato preventivo è stato aperto con provvedimento del Tribunale di Lucca depositato il 18 maggio 2007, ossia l’anno relativo al debito tributario non ancora maturato inserito nella cartella di pagamento la cui iscrizione a ruolo è del 12.5.2011, ossia circa tre anni dopo il deposito della sentenza dichiarativa di fallimento; pertanto, appare evidente che l’ammontare residuo di debito nei confronti dell’erario di euro 405.816,25 (dovuto al pagamento parziale di euro 31.899,59 da parte della società appellata) non stato inserito in quello insinuato come credito privilegiato nella procedura di fallimento, riconosciuto e accettato dall’RAGIONE_SOCIALE nell’importo di euro 4.810.000,21 in seguito al concordato fallimentare omologato dal Tribunale di Lucca il 16 marzo 2018, nonché riscosso dalla stessa RAGIONE_SOCIALE con tre quasi concomitanti bonifici. Per altro, dalle date sopra riportate appare evidente che il preteso credito dell’RAGIONE_SOCIALE, non potendosi considerare maturato come sopra evidenziato – alla data dello stato di insolvenza della società appellata, da fare risalire a quella di apertura del concordato preventivo, non poteva ritenersi come da parte degli organi del fallimento e ciò vale a escludere l’apponibilità del credito medesimo al terzo assuntore del concordato che non è tenuto, infatti, per i crediti non ammessi al passivo e quelli non accertati come esistenti in sede di concordato fallimentare. Ma ammesso che tale credito dell’Ufficio fiscale
fosse riconducibile retroattivamente allo stato di insolvenza certificato con la sentenza dichiarativa del fallimento, tale credito doveva ritenersi definito con il concordato fallimentare nei limiti della precisazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE dell’ammontare del proprio credito accettato nel concordato fallimentare.
Appare, pertanto, al Collegio inconferente il richiamo che fa l’RAGIONE_SOCIALE appellante all’art. 56 della legge fallimentare e alla giurisprudenza della Corte di Cassazione intervenuta sull’applicazione della stessa norma, come pure del principio di continuità tra le procedure concorsuali, non esistendo nella fattispecie crediti contrapposti attinenti al medesimo periodo temporale di riferimento, in applicazione del principio di continuità RAGIONE_SOCIALE due procedure concorsuali .
Va poi richiamato l’altro principio affermato sempre dalla Corte di Cassazione in base al quale la compensazione nel fallimento è ammessa anche quando il controcredito del fallito divenga liquido o esigibile dopo il fallimento, purché il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che è sufficiente che i requisiti di cui all’art. 1243 c.c., ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia (Sez. 1 a , sentenza 31.8.2010, n. 18915). Ma nel caso di specie manca questa condizione essendo maturato il credito della società fallita nell’anno di imposta 2017 e, pertanto, successivamente alla dichiarazione del fallimento.
Il credito relativo alla cartella di pagamento di che trattasi è da ritenere, pertanto, estraneo alla procedura fallimentare in questione e l’esercizio del potere di sospensione del pagamento del credito alla società contribuente in asserito esercizio del diritto di compensazione nella procedura fallimentare concreta una palese violazione del principio di par condicio creditorum per la ragione che con la compensazione del credito d’imposta IVA 2017 vantato dalla contribuente con il debito di imposta Ires a.i. 2007 l’RAGIONE_SOCIALE modificherebbe unilateralmente ex post la proposta di concordato fallimentare accettata e già omologata dal Tribunale di Lucca, lucrando sulla massa passiva fallimentare un maggiore introito monetario per un credito non ivi insinuato e, quindi, al di fuori della stessa procedura fallimentare in violazione dell’art. 135 della legge fallimentare .
4. Propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo. Resiste la contribuente con controricorso.
Con requisitoria scritta in data 19 maggio 2024, il Sost. Proc. Gen., in persona della AVV_NOTAIO, insta per l’accoglimento del ricorso, osservando, in particolare, che, nella specie di causa ricorrevano certamente i presupposti per addivenire alla compensazione el’applicabilità dell’art. 56 nonché gli altri requisiti per l’applicazione di tale istituto quali : 1) la consequenzialità tra la procedura di concordato preventivo e la dichiarazione di fallimento, atteso che la domanda di concordato preventivo è del 14.4.2007, l’ammissione al concordato è avvenuta il 7.5.2007 e la dichiarazione di fallimento è della successiva data del 3.7.2008, e ciò comporta la retrodatazione della dichiarazione di fallimento; l’esistenza di un credito/debito maturato nel corso del periodo prefallimentare in quanto il credito che l’ufficio oppone a compensazione è relativo al debito IRES della società portato con la cartella di pagamento alla stessa notificato, con riferimento al periodo 1.1.2008-30.6.2008 (dati pedissequamente riportati dall’ufficio nel corpo del ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza).
Con riferimento al fenomeno della consecuzione tra procedimenti è stato da ultimo ricordato da questa Corte (Sez. I, sentenza 6/9/ 2021 n.24056-RV 662390-01) che pur distinti tali procedimenti ne attuano uno unitario, sorretto dal medesimo presupposto di analogo fenomeno economico, (quale è lo stato di insolvenza) .
La contribuente deposita ampia memoria illustrativa datata 29 maggio 2024, ribadendo che le tesi erariali ‘ trascurano (anche nella redazione del motivo di ricorso) gli effetti prodotti dal concordato omologato ed eseguito rispetto ai creditori del fallito ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 124 e 135 L.F’. e replicando alla requisitoria del Pubblico Ministero in ragione del fatto che ‘nel caso di specie non ricorrono i presupposti applicativi dell’art. 56 L.F.’.
All’odierna pubblica udienza, i Sost. Proc. Gen., nelle persone dei AVV_NOTAIOri NOME COGNOME e della AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME, concludono per l’accoglimento del ricorso. Per l’RAGIONE_SOCIALE nessuno compare. La difesa della contribuente insiste per il rigetto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1241 e 1243 c.c. nonché dell’art. 56 l.f., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.’.
1.1. ‘Qualora il curatore agisca in sede ordinaria per il pagamento del credito vantato nei confronti del terzo in bonis, quest’ultimo, al solo fine di paralizzare la domanda attorea, potrà, in via di eccezione, opporgli il proprio controcredito almeno fino ad un valore pari al credito vantato nei suoi confronti dal fallito, così efficacemente resistendo in parte qua all’accoglimento dell’avversa domanda e ciò – ha espressamente chiarito la Suprema Corte anche laddove il controcredito non sia mai stato insinuato allo stato passivo. Diversamente, un’eventuale eccedenza del credito vantato dal terzo in bonis verso il fallito non potrebbe essere oggetto di condanna, ma in quel caso, e solo in quello, dovrà essere oggetto di autonomo procedimento di insinuazione al passivo’; ‘non rileva che il concordato fallimentare sia ormai definito e omologato e che il controcredito opposto dall’amministrazione non sia mai stato certificato nella sentenza di fallimento, poiché l’Ufficio ha semplicemente opposto a seguito dell’istanza di rimborso presentata, e come mera eccezione di compensazione, un proprio controcredito al solo fine di paralizzare la domanda attorea, ma non ha certamente agito al fine di ottenere la differenza tra il credito richiesto dal fallito e il controcredito opposto’.
‘Ciò posto, errata è altresì la conclusione dei giudici laddove affermano che il credito del 2017 non potrebbe formare oggetto di compensazione con il precedente debito Ires. La Corte di Cassazione, con pronunce costanti nel tempo, ha infatti affermato il principio di conseguenzialità RAGIONE_SOCIALE procedure concorsuali, in particolare del concordato preventivo seguito poi dalla dichiarazione di fallimento, in quanto riconducibili al medesimo stato di insolvenza’; ‘risulta pacificamente dagli atti processuali che l’istanza di concordato preventivo è stata presentata in data
14/04/2007 e l’ammissione al concordato preventivo è avvenuta in data 07/05/2007, mentre la dichiarazione di fallimento è datata 03/07/2008. Ciò posto, giusta la consecutività RAGIONE_SOCIALE procedure come sopra vista, deve ritenersi che il credito Iva 2017 possa ben essere opposto in compensazione con il debito Ires relativo alla cartella di pagamento NUMERO_CARTA: il debito Ires portato in cartella nasce, infatti, a seguito della liquidazione ex art. 36-bis della dichiarazione presentata in data 26/01/2009 dall’allora curatore fallimentare NOME AVV_NOTAIO e relativa, come in essa espressamente indicato a pagina 2, al periodo 01/01/200830/06/2008 . Tale periodo è quindi compreso tra la procedura di concordato e quella di fallimento, che però, per quanto sopra detto, devono considerarsi unitarie si può dunque affermare che, operando la compensazione tra crediti e debiti della ‘massa dei creditori’ , ci si mantiene su un piano di omogeneità cui sono riferiti i rapporti debitori e creditori’.
‘A ciò va aggiunta anche una contraddizione degli stessi giudici, nel momento in cui affermano che il preteso credito dell’RAGIONE_SOCIALE, non potendosi considerare maturato – come sopra evidenziato – alla data dello stato di insolvenza della società appellata, da fare risalire a quella di apertura del concordato preventivo, non poteva ritenersi ‘, mentre in realtà è lo stesso curatore fallimentare ad aver presentato la dichiarazione da cui poi è scaturita la cartella opposta’.
‘Sulla scorta di quanto fin qui affermato, si appresta quindi errato anche quanto statuito nella sentenza a proposito dell’assuntore del concordato fallimentare, in quanto (come in precedenza ribadito), ai fini dell’esperimento della sola eccezione di compensazione, non è richiesta la preventiva insinuazione al passivo fallimentare’.
Il motivo non è inammissibile come eccepito in controricorso.
2.1. Eccepisce la contribuente quanto segue:
a) ‘l’itinerario motivazionale della sentenza della CTR si dipani da due ragioni alternative e pregiudiziali ad ogni riforma della gravata pronuncia. Una di tali ‘rationes decidendi’, tuttavia, non risulta impugnata. Secondo la CTR (v. sentenza, p. 5), l’intero credito originariamente vantato dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti della procedura ‘…doveva ritenersi definito con il concordato fallimentare nei limiti della precisazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE dell’ammontare del proprio credito accettato nel concordato fallimentare…’. Da cui la CTR ricava che: ‘…il credito relativo alla cartella di pagamento di che trattasi è da ritenere, pertanto, estraneo alla procedura fallimentare in questione e l’esercizio del potere di sospensione del pagamento del credito alla società contribuente in asserito esercizio del diritto di compensazione nella procedura fallimentare concreta una palese violazione del principio di par condicio creditorum il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi…’. A tale statuizione l’odierna ricorrente ha prestato piena acquiescenza non interponendo alcun gravame, con la conseguente inammissibilità del ricorso ‘;
b) ‘violazione dei criteri sostanziali e redazionali che reggono il procedimento per cassazione. L’odierno mezzo di gravame, infatti, più che un ricorso pare un’elencazione di argomentazioni tratte di peso dai precedenti gradi di giudizio, senza osservare né gli obblighi di specificità, chiarezza e completezza nella redazione dei motivi’;
c) ‘da un punto di vista redazionale, il motivo appare composito, frammisto di più censure e argomenti, senza, però, esprimerli in maniera tale da consentirne un partito
esame. Ciò costituisce ulteriore motivo di inammissibilità, ostando a tale formulazione di motivi compositi l’art. 366, n. 4, c.p.c. che, invece, impone la redazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di gravame in maniera tale da consentire un autonomo e partito esame’;
‘il motivo avversario mira poi ad ottenere un nuovo sindacato di fatto, pur se sotto le mentite spoglie del motivo ex art. 360, n. 3, c.p.c.’.
2.2. Il motivo contiene essenziali riferimenti agli atti del procedimento e del giudizio, individuando con precisione finanche le singole affermazioni della sentenza impugnata ritenute non condivisibili alla luce di specifiche disposizioni di legge -tutte attinenti all’unico ‘thema’ della disciplina dell’eccezione di compensazione nell’ambito RAGIONE_SOCIALE procedure fallimentari assunte come violate, sotto una pertinente censura vertita solo in diritto, attesa la denuncia di errori esclusivamente giuridici compiuti dalla CTR, senza la benché minima richiesta di rivalutazione del quadro fattuale, i cenni al quale sono funzionali solo a corroborare l’affermazione di illegittimità degli esiti decisori da essa attinti.
Né il motivo cade in difetto di interesse per la mancata impugnazione dell’asserto sull’estraneità del ‘credito relativo alla cartella di pagamento di che trattasi alla procedura fallimentare’: invero la tesi in esso rappresentata è imperniata proprio sull’irrilevanza della mancata richiesta di ammissione di detto credito al passivo fallimentare in ragione della sua generalizzata opponibilità in via di eccezione.
Il motivo è fondato ai sensi e nei limiti di cui alla motivazione a seguire.
3.1. Costituisce principio enunciato già in epoca risalente quello a termini del quale ‘l’ assuntore del concordato, nell’acquisire i beni, i diritti e le azioni compresi nell’attivo del fallimento , succede non al fallito, ma alla massa. Pertanto, eccezioni ed atti che non
sono opponibili alla massa – ed al curatore che ne tutela in giudizio le ragioni non sono opponibili neppure all’assuntore’ (Sez. 1, n. 4535 del 30/07/1984, Rv. 436434-01; Sez. 1, n. 5728 del 05/11/1979, Rv. 402342-01).
Di converso eccezioni opponibili alla massa -ed al curatore -sono opponibili pure all’assuntore.
Più recentemente, a Sez. 1, n. 13762 del 31/05/2017, Rv. 64444601, si deve l’insegnamento secondo cui ‘il curatore fallimentare che agisca giudizialmente per ottenere il pagamento di una somma già dovuta al fallito esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio di quest’ultimo, collocandosi nella medesima sua posizione, sostanziale e processuale, sicché il terzo convenuto in giudizio dal curatore può legittimamente opporgli tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’imprenditore fallito, comprese le prove documentali e senza i limiti di cui all’art. 2704 c.c. Ne deriva che, in caso di chiusura del fallimento per concordato fallimentare, l’assuntore che prosegua o intraprenda analoghe iniziative giudiziarie verso il terzo viene a trovarsi nella medesima posizione processuale che aveva o avrebbe avuto il curatore’.
3.1.1. Il precipitato dei superiori principi di diritto può riassumersi in ciò che l’assuntore versa nella medesima posizione processuale del curatore, sicché -a differenza di quanto opinato dalla sentenza impugnata, che pertanto va corretta -è esposto a tutte le eccezioni che avrebbero potuto essere sollevate nei confronti di quest’ultimo, tra cui, pertanto, l’eccezione di compensazione.
3.2. Quanto al regime dell’eccezione di compensazione del controcredito erariale al cospetto di una pretesa creditoria agitata dal fallimento, Sez. 5, n. 34421 del 11/12/2023, Rv. 669854 -01, ha avuto occasione di precisare che ‘l’Amministrazione, dopo l’insinuazione al passivo di un credito erariale non contestato sorto prima del fallimento, può adottare il fermo amministrativo di cui
all’art. 69 del r .d. n. 2440 del 1923, il giudice delegato abbia respinto, con provvedimento non impugnato, la sua istanza di compensazione parziale con un minor controcredito che, parimenti non contestato e ceduto ad un terzo, sia esposto in dichiarazione dal curatore e derivi da rapporti di imposta anteriori al fallimento, poiché tale provvedimento ha efficacia unicamente endofallimentare ai fini del realizzo del maggior credito nel rispetto del concorso dei creditori, ma non impedisce che, al di fuori del fallimento, l’Amministrazione possa opporre al cessionario del minor credito l’eccezione di compensazione, a cautela della quale il fermo è tipicamente preordinato’.
3.2.1. Il punto rilevante (che impone di dover nuovamente correggere ‘in parte qua’ la motivazione della sentenza impugnata) è che l’Amministrazione può proporre l’eccezione di compensazione, al di fuori del fallimento, indipendentemente dall’insinuazione del controcredito al passivo.
Un tanto si coglie, espressamente, in motivazione (parr. 3.6.2 e 3.6.3, pp. 18 ss.), laddove la S.C. osserva:
3.6.2. Viene in linea di conto un insegnamento che permea la giurisprudenza di legittimità sin da tempi ormai non più recenti.
Il riferimento cade su Sez. 1, Sentenza n. 2423 del 12/03/1994, intervenuta in un caso la curatela fallimentare di una società di fatto, ‘ vantando un credito di L. 861.000 nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria dello Stato a titolo di rimborso di un’eccedenza netta , conveniva davanti al Tribunale di Firenze l’Amministrazione debitrice della quale chiedeva la condanna al pagamento della somma indicata ‘, mentre ‘ la convenuta chiedeva il rigetto della domanda, eccependo la compensazione, fino a concorrenza, del credito vantato dal fallimento (non contestato nella sussistenza, nel titolo e nell’ammontare), con un credito del Fisco già insinuato ed ammesso al passivo fallimentare per L. 1.382.000 ‘; il Tribunale ‘ dichiarava inammissibile la compensazione e dava accoglimento alla domanda di condanna ‘; la Corte territoriale, invece, riconosceva ‘ il diritto dell’appellante di opporre in compensazione alla curatela il proprio credito verso il fallito ‘.
RAGIONE_SOCIALE era investita dalla curatela della questione dell’illegittimità del riconoscimento di tale diritto,
-‘ perché nel dichiarare al passivo il proprio credito, l’Amministrazione Finanziaria dello Stato non aveva chiesto la compensazione né espresso alcuna riserva in tale senso, pur essendo pienamente consapevole dell’esistenza del suo debito verso il fallito. ‘ammissione non ha la sola funzione accertativa del credito vantato, ma altresì funzione di ammissione alla procedura concorsuale, rendendo il credito concorrente; il che significa che con l’ammissione il creditore chiede la soddisfazione secondo le regole del concorso, con preclusione della compensazione che costituisce eccezione alle regole del concorso ed è un mezzo estintivo interamente satisfattivo, al di fuori della falcidia fallimentare ‘;
-‘ ché la compensazione non opera ex lege (art. 1241 c.c.) ma è rimessa all’attività della parte ‘, donde, ‘ avendo la parte chiesto la soddisfazione nelle forme concorsuali, implicitamente rinunciato ad una soddisfazione extraconcorsuale, quale deriverebbe dalla compensazione ‘.
Orbene la SRAGIONE_SOCIALE. -osservato in sintesi che ‘ la ricorrente curatela valorizza l’avvenuta ammissione, in via definitiva, al passivo fallimentare di un credito dell’Amministrazione Finanziaria come causa impeditiva all’esperibilità dell’eccezione di compensazione, sotto un duplice profilo: a) come effetto del giudicato interno (preclusivo) alla procedura concorsuale; b) come espressione di rinuncia, sia pure implicita, alla compensazione stessa ‘ -con affermazioni tuttora pienamente condivisibili spiega in motivazione:
Il contrario, e più recente, indirizzo giurisprudenziale, cui si ritiene di dovere aderire dandovi continuità, pone in rilievo la diversità di ambiti e di finalità, sotto il profilo processuale, tra l’ammissione al passivo di un credito, da un lato, e l’eccezione di compensazione del credito, dall’altro. L’ammissione al passivo ha la finalità di determinare la partecipazione al concorso, e le modalità della partecipazione, di ogni singolo credito. Nell’ambito del concorso, pertanto, il provvedimento definitivo di ammissione al passivo (nella forma dello stato passivo ovvero in quella dell’insinuazione tardiva) assume la sua efficacia preclusiva, non estensibile ai rapporti processuali esterni al concorso e che implichino una
contrapposizione tra la curatela fallimentare, quale soggetto processuale attivo, e terzo debitore.
Dall’esclusione dell’efficacia di giudicato esterno per il provvedimento di ammissione al passivo di un credito, deriva la mancanza di preclusione alla compensazione, eccepita alla curatela che agisca per la condanna del debitore al pagamento di una somma, eccezione che ha la finalità precipua di paralizzare la domanda del curatore e di ottenerne il rigetto.
Da questa impostazione processuale, che riconosce due ambiti processuali distinti all’ammissione al passivo di un credito ed all’eccezione di compensazione contro un’azione di condanna proposta dal curatore, sono derivate, nelle pronunce di questa Corte, varie conseguenze tra di loro collegate quali (oltre alla già ricordata non necessità della preventiva verificazione del credito opposto in compensazione), la non preclusione all’opposizione del provvedimento di esclusione del giudice delegato (Cass. 17 luglio 1985 n. 4223; 23 maggio 1978 n. 2564), la proponibilità dell’eccezione indipendentemente dal fatto che il credito sia stato, o non, ammesso al passivo fallimentare (Cass. 20 maggio 1986 n. 3337), ovvero quand’anche l’ammissione sia avvenuta (Cass. sent. 13 maggio 1971 n. 1385; 10 marzo 1975 n. 882 in parte; sent. n. 4921-88). Né può sostenersi, sotto il diverso profilo, che la stessa domanda di ammissione al passivo comporti rinuncia alla compensazione, in quanto l’interesse a proporre tale eccezione non sorge dall’atto di ammissione al passivo del credito opposto in compensazione, ma solo dall’eventuale esercizio della contraria pretesa di credito da parte del fallimento (Cass. 10 marzo 1975 n. 882; 25 novembre 1992 n. 12. 537).
Dalla superiore sentenza è tratto un principio di diritto (Rv. 485692-01) divenuto tralaticio, che recita:
Il titolare di un credito ammesso in via definitiva al passivo fallimentare, se convenuto in giudizio dal curatore per far valere un credito del fallimento, può, ai sensi dell’art. 56 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, opporre la compensazione, fino a concorrenza, del proprio credito con quello vantato nei suoi confronti dal fallimento, senza che gli si possa eccepire la rinuncia tacita alla compensazione come conseguenza implicita
nella domanda di ammissione al passivo o l’efficacia preclusiva del provvedimento di ammissione al passivo in via definitiva.
3.6.3. Per completezza, v’è da rilevare che l’opponibilità al fallimento, che azioni un proprio credito, di un controcredito in compensazione prescinde finanche dall’ammissione in via definitiva al passivo fallimentare. Invero, ‘ il principio del concorso formale, sancito dall’art. 52 legge fall., secondo cui ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme sulla verificazione dello stato passivo, non esclude che, nel giudizio proposto dal curatore fallimentare per la condanna al pagamento di un debito di un terzo nei confronti del fallito, il terzo possa opporre in compensazione, in via di eccezione, il suo credito, anche quando esso non sia stato accertato in sede di verificazione del passivo ed anche quando tale accertamento non sia stato neppure richiesto, giacché in tal caso il terzo chiede l’accertamento della sua pretesa creditoria, non ai fini della partecipazione al concorso, ma soltanto per contrastare la pretesa del curatore ‘ (cfr. ad es. Sez. 1, Sentenza n. 18223 del 21/12/2002, Rv. 559369-01). Ne consegue che ‘ nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito del fallito il convenuto può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il fallimento, atteso che tale eccezione è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ottenendone il rigetto totale o parziale, mentre il rito speciale per l’accertamento del passivo previsto dagli artt. 93 e ss. l.fall. trova applicazione nel caso di domanda riconvenzionale, tesa ad una pronuncia a sé favorevole idonea al giudicato, di accertamento o di condanna al pagamento dell’importo spettante alla medesima parte una volta operata la compensazione ‘ (cfr. ad es. Sez. 61, Ordinanza n. 30298 del 18/12/2017, Rv. 647290-01).
3.3. Pertanto, unendo insieme le prospettive di Sez. 5, n. 34421 del 2023 e di Sez. 1, nn. 4535 del 1984 e 5728 del 1979, si ricava (così enunciandosi corrispondente principio di diritto) che,
anche in caso di intervenuta omologa di concordato fallimentare, che, determinando la successione dell’assuntore alla massa, comporta l’opponibilità al curatore/esecutore ed all’assuntore RAGIONE_SOCIALE eccezioni opponibili a questa, l’Amministrazione, nel giudizio promosso dal curatore/esecutore per la soddisfazione
di un credito ai fini dell’Iva del fallito, può eccepire riconvenzionalmente in compensazione l’esistenza di un controcredito verso il fallimento, non ostandovi il fatto che non ne abbia richiesto il riconoscimento mediante insinuazione al passivo né precisato l’ammontare ai fini della soddisfazione concordataria .
3.4. Ciò, tuttavia, alle specifiche condizioni cui, dal punto di vista del diritto sostanziale, e non più processuale, soggiace l’eccezione di compensazione in costanza di fallimento.
Vige, infatti, la regola di carattere generale per cui, ‘ in materia di fallimento, in forza dell’art. 56 l.fall., applicabile anche ai crediti erariali, qualora sia richiesto all’Amministrazione finanziaria il rimborso di un credito Iva formatosi ‘ -come pacificamente nella specie, poiché, intervenuta la dichiarazione di fallimento il 03/07/2008, al 27/04/2018 risale la richiesta di rimborso dell’Iva annuale per l’anno di imposta 2017 -‘ durante lo svolgimento della procedura concorsuale, l’erario può opporre in compensazione solamente i crediti che siano sorti successivamente all’apertura della procedura medesima, con esclusione di quelli formatisi in epoca precedente, non potendo la compensazione ex art. 56 cit. -quand’anche veicolata alla stregua di eccezione riconvenzionale -avvenire fra un credito concorsuale, preesistente al fallimento, e un credito della massa, sorto dopo la dichiarazione di fallimento, il quale, facendo capo alla curatela, non è un credito del fallito, né condivide alcun rapporto di reciprocità con il credito concorsuale ‘ (Sez. 5, n. 16779 del 15/06/2021, Rv. 661753-01).
3.5. A questo punto -come ulteriore fattore di complicazione della fattispecie oggetto di giudizio -viene in conto la questione dell’applicabilità o meno del principio, di matrice giurisprudenziale, della cd. “consecuzione RAGIONE_SOCIALE procedure” che opera nel caso di successione tra concordato preventivo e fallimento.
3.5.1. Quantunque il fallimento della contribuente sia occorso in esito a concordato preventivo esitato negativamente, ritiene il Collegio (a dispetto di un isolato e risalente precedente contrario: Sez. 1, n. 24330 del 22/11/2007, Rv. 600628-01) di dare continuità al successivo meditato orientamento, a tenore del quale ‘ nel caso in cui all’ammissione da parte del tribunale della domanda di concordato preventivo, proposta ai sensi dell’art. 160 legge fall. ‘ratione temporis’ vigente, secondo il testo successivo alla legge n. 80 del 2005 e al d.lgs. n. 5 del 2006 ed anteriore al d.lgs. n. 169 del 2007 – segua la dichiarazione di fallimento ex art. 162, secondo comma, legge fall., per effetto della mancata approvazione dei creditori ex artt.177-178 legge fall., trova applicazione il principio della consecutività RAGIONE_SOCIALE due procedure concorsuali, costituendo la sentenza di fallimento l’atto terminale del procedimento, non assumendo rilievo l’abbandono – in sede normativa – dell’automatismo di tale dichiarazione, per la quale ora sono necessari l’iniziativa di un creditore o del P.M., il positivo accertamento dell’insolvenza e il comune elemento oggettivo. Pertanto quando si verifichi ‘a posteriori’ (nella specie, con sentenza passata in giudicato) che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data della presentazione della predetta domanda ‘ ( Sez. 1, n. 18437 del 06/08/2010, Rv. 61433901).
3.5.2. Chiarita dunque l’applicabilità nella specie della ‘consecutio’, v’è da rilevare che è ben vero che il terreno di elezione della relativa elaborazione è quello dell’individuazione del ‘periodo sospetto’ [come ‘apertis verbis’ rimarcato da Sez. 1, n. 25278 del 14/12/2016, Rv. 642756-01 : ‘ L’art. 69 bis l.fall., nel testo successivo alle modifiche apportate dall’art. 33, comma 1, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012,
laddove dispone che, se alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli artt. 64, 65, 67, commi 1 e 2, e 69 l.fall. decorrono «dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese», trova applicazione, in forza del comma 3 del citato art. 33, ai procedimenti di concordato preventivo introdotti «dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione» e, quindi, per effetto dei termini a ritroso previsti dal menzionato art. 67, anche agli atti pregiudizievoli compiuti prima della sua stessa entrata in vigore, senza, peraltro, che tale conseguenza lo esponga a possibili censure di incostituzionalità, per disparità di trattamento, rispetto alle procedure aperte in epoca anteriore alla data predetta: la norma, infatti, sia pure con riguardo alla data di iscrizione della domanda nel registro RAGIONE_SOCIALE impresa, ha recepito il principio di consecuzione tra le procedure concorsuali che, nell’interpretazione giurisprudenziale, già assegnava rilevanza, ai fini del computo del periodo sospetto, alla data di presentazione della domanda di concordato (ove la procedura fosse stata poi ammessa) per essere la sentenza di fallimento l’atto terminale di un procedimento comunque sorretto dalla successivamente accertata insolvenza dell’imprenditore ‘]; tuttavia la ‘consecutio’ rileva anche agli effetti di qualifica (cfr. ad es. Sez. 1, n. 14713 del 29/05/2019, Rv. 654268-01) e collocazione (cfr. ad es. Sez. 1, n. 24056 del 06/09/2021, Rv. 662390-01 ) dei crediti azionati; sicché non può ‘a fortiori’ non rilevare in punto di individuazione in sé dei crediti maturati dall’Amministrazione in costanza di procedura piuttosto che anteriormente: profilo dirimente nel caso di specie, considerato che così all’imprenditore concordante, come al fallito, che chieda ‘il rimborso di un credito Iva formatosi durante lo svolgimento della procedura concorsuale, l’Amministrazione finanziaria può opporre in compensazione crediti che siano sorti successivamente
all’apertura della procedura medesima, mentre – al contrario – non può opporre in compensazione crediti formatisi in epoca precedente l’apertura della procedura, stante il principio richiamato dagli artt. 56 e 169 l.fall., applicabile anche ai crediti erariali’ (Sez. 5, n. 13467 del 02/07/2020, Rv. 658109-01).
3.5.3. Sinteticamente:
il principio secondo cui, in forza dell’art. 56 l.fall., applicabile anche ai crediti erariali, qualora sia richiesto all’Amministrazione finanziaria il rimborso di un credito Iva formatosi durante lo svolgimento della procedura concorsuale, l’erario può opporre in compensazione i crediti che siano sorti successivamente all’apertura della procedura medesima deve essere inteso nel senso che, se il fallimento interviene in esito a concordato preventivo pur esitato negativamente, per effetto della ‘consecutio’ RAGIONE_SOCIALE procedure, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data della presentazione della domanda di concordato, a misura che emerga che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza.
3.6. Ora, in punto di insorgenza del credito erariale opposto in compensazione, la CTR afferma che si tratta di credito a titolo di Ires per l’anno d’imposta 2007, ‘r isulta, per contro, che il concordato preventivo è stato aperto con provvedimento del Tribunale di Lucca depositato il 18 maggio 2007, ossia l’anno relativo al debito tributario non ancora maturato inserito nella cartella’; sicché ‘il preteso credito dell’RAGIONE_SOCIALE, non potendosi considerare maturato alla data dello stato di insolvenza della società appellata, da fare risalire a quella di apertura del
concordato preventivo, non poteva ritenersi come da parte degli organi del fallimento’.
3.7. Al riguardo -a fronte della deduzione dell’RAGIONE_SOCIALE nel motivo secondo cui ‘il debito Ires portato in cartella nasce a seguito della liquidazione ex art. 36-bis della dichiarazione presentata in data 26/01/2009 dall’allora curatore fallimentare e relativa, come in essa espressamente indicato a pagina 2, al periodo 01/01/200830/06/2008’ quel che la CTR ha mancato di accertare -con conseguente necessità di rinvio al giudice di merito, previa cassazione ‘in parte qua’ della sentenza impugnata -è il periodo di afferenza (anteriore o posteriore al provvedimento del tribunale del 18 maggio 2007) dei presupposti di maturazione del credito agenziale, indipendentemente dalla data in cui è divenuto liquido ed esigibile mediante la presentazione della dichiarazione (cfr. ‘mutatis mutandis’ Sez. 5, n. 20063 del 13/07/2023, Rv. 668283-01; Sez. 5, n. 14620 del 29/05/2019, Rv. 654072-01) , onde, poi, discernere l’eventuale parte di credito (anteriore alla domanda) non eccepibile in compensazione da quella (posteriore) che invece, per quanto sopra detto, lo è.
Ne consegue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per nuovo esame e per le spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso ai sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado di giudizio.
Così deciso a Roma, lì 11 giugno 2024.