Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21256 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21256 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 30/07/2024
Oggetto: tributi -rimborso – fallimento compensazione -pignoramento presso terzi
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18336/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Curatore pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura
speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliato presso il proprio indirizzo EMAIL
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche, n. 149/04/2023, depositata in data 13 febbraio 2023 Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 9 aprile 2024;
udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore RAGIONE_SOCIALE NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso ;
udito l’AVV_NOTAIO dell’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato per il ricorrente;
udito l’AVV_NOTAIO per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un decreto di compensazione di un credito IVA, emesso a seguito di una richiesta di rimborso di una eccedenza di imposta relativa al periodo di imposta 2010 per l’importo di € 1.300.000,00. L’RAGIONE_SOCIALE aveva opposto un controcredito risultante da tre cartelle di pagamento dell’importo complessivo di € 1.315.425,15, oggetto -come risulta dalla sentenza impugnata -di ammissione allo stato passivo. Il RAGIONE_SOCIALE contribuente ha dedotto che l’originaria eccedenza di imposta, risultante dalla dichiarazione IVA 2011 e formatasi prima della dichiarazione di fallimento, era stata oggetto di pignoramento presso terzi da parte di alcuni creditori del fallimento (creditore procedente e intervenuti). In esito alla dichiarazione positiva del l’RAGIONE_SOCIALE quale debitor debitoris, il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Pesaro, con ordinanza del 21 giugno 2012, intervenuta lo stesso giorno della dichiarazione di fallimento, aveva assegnato il credito ai creditori della procedura esecutiva. Il fallimento contribuente ha ritenuto che il
credito IVA doveva ritenersi indisponibile dal debitore e, pertanto, non compensabile con crediti vantati dall’Ufficio nei confronti del debitore .
La CTP di Pesaro ha rigettato il ricorso.
La CGT di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche, con sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello proposto dal fallimento contribuente. Il giudice di appello, per quanto qui ancora rileva, ha preso le mosse dal ruolo del pagamento del debitor debitoris a favore del creditore assegnatario dopo la dichiarazione di fallimento, ritenendo (in tesi) inefficace l’eventuale pagamento ex art. 44 l. fall.; ha, poi, ritenuto che detta inefficacia si sarebbe potuta eccepita solo dal curatore, trattandosi di utilità acquisita alla massa dei creditori non più nella disponibilità del debitore, da distribuire nel rispetto RAGIONE_SOCIALE regole del concorso, ancorché si trattasse di pagamento coattivo. Ha, quindi, osservato il giudice di appello che l’Ufficio ha , nella specie, correttamente « bloccato » il pagamento ai creditori pignoratizi, essendo il curatore legittimato ad avvalersi degli effetti dell’ordinanza di assegnazione (« a costui che il debitor debitoris dovrà effettuare il pagamento dovuto in forza essa »). Ha, quindi, dedotto che l’impugnazione del decreto di compensazione « corrisponde » alla rinuncia da parte del fallimento a far valere l’azione di inefficacia ex art. 44 l. fall., come risultante dalla transazione che era stata sottoscritta tra curatore e creditori procedenti nell’esecuzione presso terzi. Stante, pertanto, la legittimazione del curatore a far valere l’ordinanza di assegnazione nei confronti del debitor debitoris e stante l’i ndisponibilità del credito IVA, già assegnato ai creditori pignoratizi, la sentenza impugnata ha concluso che tale effetto non può essere paralizzato dal decreto di compensazione emesso dall’Ufficio.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a cinque motivi; resiste con controricorso il fallimento contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 2 e 70 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 112 cod. proc. civ. per extrapetizione, nella parte in cui la sentenza impugnata si è pronunciata sulle conseguenze derivanti dai rapporti tra ordinanza di assegnazione e dichiarazione di fallimento del creditore, questioni estranee alla materia del contendere. Osserva parte ricorrente che oggetto del giudizio è la legittimità del decreto di compensazione, non anche l’efficacia del pignoramento presso terzi del l’originario credito IVA vantato dal debitore dichiarato fallito, né i rapporti tra il curatore del fallimento e i creditori. Osserva il ricorrente che la sentenza si sarebbe risolta in una sorta di obbligo imposto all’Amministrazione Finanziaria di dare esecuzione all’ordinanza di assegnazione, attività processuale non consentita nel giudizio tributario, neanche in sede di ottemperanza.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 81 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha statuito sul motivo di appello della curatela del fallimento con cui si chiedeva di dare esecuzione a una ordinanza di assegnazione emessa nei confronti dei creditori pignoratizi. Osserva il ricorrente che il curatore del fallimento non sarebbe legittimato a far valere diritti spettanti a terzi.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 100 cod. proc. civ., in quanto il fallimento contribuente avrebbe avuto interesse unicamente a impugnare il decreto di diniego della compensazione, non anche l’accertamento dell’indisponibilità del credito IVA da parte del fallimento contribuente ai fini dell’esecutività
dell’ordinanza di assegnazione del credito nei confronti del creditore pignoratizio.
4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 44 l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’impugnazione del decreto di diniego della compensazione corrisponderebbe alla rinuncia del fallimento a far valere l’inefficacia dei pagamenti effettuati dopo la dichiarazione di fallimento. Il ricorrente, premettendo che non vi sarebbe prova di questo accordo di natura transattiva tra creditori pignoratizi e curatela del fallimento, deduce che i pagamenti eseguiti dal debitor debitoris sono inefficaci tout court e che l’azione di ineff icacia è indisponibile; osserva, inoltre, come nessun pagamento sarebbe stato eseguito dall’Ufficio, come rilevato in sentenza, per cui l’impugnazione del decreto di compensazione non può essere correlato a un evento (il pagamento da parte del debitor debitoris ) mai intervenuto.
5. Con il quinto motivo, indicato anch’esso come «motivo n. 4», si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 56 l. fall. , nella parte in cui il giudice di appello ha omesso di valutare la legittimità della compensazione del credito con i controcrediti vantati dall’Ufficio, già ammessi allo stato passivo del fallimento debitore. Osserva parte ricorrente che -stante l’omessa esecuzione dell’ordinanza di assegnazione da parte dell’Ufficio quale debitor debitoris -il debitore era legittimato a opporre al fallimento l’eccezione di compensazione , trattandosi di credito (in quanto attività acquisita alla massa dei creditori) di cui era tornato ad essere titolare il fallimento contribuente, in quanto legittimato a far valere le utilità di massa. Nel qual caso, il creditore erariale avrebbe legittimamente potuto opporre al fallimento creditore contribuente il proprio controcredito, come indicato nel
decreto dell’Ufficio oggetto di impugnazione trascritto per specificità , trattandosi di crediti e debiti omologhi sorti entrambi in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati nei termini che seguono. Come risulta anche dalla sentenza del TAR Marche n. 712/2015, allegata al presente ricorso, un creditore del RAGIONE_SOCIALE, società all’epoca ancora in bonis , aveva promosso procedimento di espropriazione presso terzi nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, DP di Pesaro, pignorando il credito IVA della società contribuente risultante dalla dichiarazione IVA del periodo di imposta 2010 sino alla concorrenza del proprio credito (€ 983.017,51); risulta, inoltre, che l’Ufficio , debitor debitoris nella procedura espropriativa presso terzi, aveva reso dichiarazione positiva in epoca precedente l’apertura della procedura concorsuale de lla società pignorata. Successivamente, il 21 giugno 2012 sono intervenute contestualmente sia la dichiarazione di fallimento della società pignorata, sia l’ordinanza di assegnazione del credito , già vantato dalla società pignorata e poi dichiarata fallita nei confronti del debitor debitoris , in favore del creditore procedente (sino alla concorrenza del proprio credito).
L ‘RAGIONE_SOCIALE non ha dato seguito all’ordinanza di assegnazione e, come risulta dalla menzionata sentenza, il creditore procedente ha proseguito nell’azione esecutiva presso terzi davanti al giudice amministrativo, ai fini di ottenerne l’esecuzione, la cui domanda è stata rigettata dalla menzionata pronuncia del TAR Marche. Nelle more -come risulta dal controricorso -il fallimento aveva (peraltro) già sottoscritto con il creditore pignoratizio un accordo transattivo, volto a rinunciare all’azione di inefficacia ex art. 44 l. fall. degli eventuali pagamenti eseguiti dal debitor debitoris nei confronti dei creditori procedenti. Il credito è, poi, stato oggetto di richiesta di
rimborso da parte del curatore del fallimento, quale rappresentante della massa (e, quindi, anche dei creditori pignoratizi, circostanza che si rivelerà decisiva ai fini del presente giudizio), richiesta che è stata negata dall’Ufficio, opponendovisi un co ntrocredito nei confronti del debitore, già pignorato, risultante dall’ammissione al passivo di crediti tributari incorporati in tre cartelle di pagamento, sorto prima della dichiarazione di fallimento.
Va osservato, in primo luogo, che gli effetti della sentenza di fallimento si verificano per il fallito dalla data della pronuncia della dichiarazione di fallimento, secondo la regola della cd. zero hour rule , che implica che la dichiarazione di fallimento retroagisce all’ora zero del giorno in cui la dichiarazione è intervenuta (Cass., Sez. V, 17 aprile 2019, 10696; Cass., Sez. VI, 27 febbraio 2019, n. 5781). Non può essere applicato al caso di specie il diverso principio secondo cui a un determinato documento, ove redatto con modalità informatiche, può essere attribuita una « marca temporale » sul documento informatico (come definita dall’art. 1, comma 1, lett. i) DPCM 22 febbraio 2013) che consenta di attribuire a quel documento una validazione temporale opponibile ai terzi (Cass., Sez. Lav., 10 luglio 2020, n. 14811; Cass., Sez. I, 13 febbraio 2019, n. 4251), trattandosi nella specie di provvedimento giurisdizionale (sentenza dichiarativa di fallimento) pronunciato prima dell’avvento del processo telematico (art. 16 -bis d.l. 18 ottobre 2012 n. 179). Ne consegue che, sotto questo profilo, l’ordinanza di assegnazione (richiamata in tutti i motivi di ricorso), pronunciata dopo la dichiarazione di fallimento, è inopponibile in quanto tale alla procedura concorsuale.
In secondo luogo, benché il giudice tributario – come evidenziato dal controricorrente -possa esaminare incidentalmente le questioni che costituiscano antecedente logico della decisione (Cass., Sez. U., 29 aprile 2003, n. 6631; Cass., Sez. V, 19 giugno 2009, n. 14316; Cass.,
Sez. U., 24 febbraio 2012, n. 2814; Cass., Sez. V, 27 luglio 2021, n. 21435), la questione de ll’azione ex art. 44 l. fall. (come dedotto dal ricorrente nel quarto motivo di ricorso) è estranea al caso di specie, in quanto nessun pagamento è stato eseguito dal debitor debitoris ; la rinuncia del curatore a far valere tale azione nei confronti dei creditori pignoratizi (in esecuzione del menzionato accordo transattivo) non ha, pertanto, incidenza nel caso di specie.
10. In terzo luogo, l’ accordo transattivo tra curatore e creditori della procedura espropriativa (che, peraltro, non parrebbe propriamente ottemperato dagli stessi creditori, i quali avevano inizialmente perseguito in sede di giurisdizione amministrativa l’iniziativa di dar corso all’ordinanza di assegnazione) non ha rilevanza nel suo complesso, per una ragione ancora più a monte rispetto a ll’inopponibilità dell’ordinanza di assegnazione alla procedura concorsuale. Il curatore subentra, salve disposizioni speciali, nelle procedure espropriative pendenti (art. 107, comma 6, l. fall., come novellato dal d. lgs. n. 5/2006), sia mobiliari (anche presso terzi) sia immobiliari; subentro che il curatore ha, nel caso di specie, esercitato nel momento in cui ha chiesto l’assegnazione del credito, usufruendo degli effetti sostanziali della procedura mobiliare già pendente.
11. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove penda all’atto della apertura della procedura concorsuale una procedura esecutiva (ovvero a essa cautelare, come il sequestro conservativo), il curatore – a norma dell’art. 107 l. fall. – si sostituisce al creditore istante, che perde ogni potere di impulso ai sensi dell’art. 51 l. fall. Tale sostituzione opera di diritto, senza che sia necessario un intervento del curatore o un provvedimento di sostituzione del giudice dell’esecuzione. Al momento in cui il curatore interviene nell’esecuzione, si realizza un fenomeno di subentro nel processo, come manifestazione del più generale potere di disposizione dei beni del fallito ex art. 31 l. fall., non
anche una sostituzione processuale ex art. 81 cod. proc. civ., potendo il curatore giovarsi degli effetti sostanziali e processuali del pignoramento ex art. 2913 cod. civ., senza sostituirsi nelle posizioni giuridiche processuali strettamente personali del creditore istante, dalle quali non deriva i propri poteri, che, invece, hanno fonte nella legge (Cass., Sez. I, 8 maggio 2019, n. 12061; Cass., Sez. I, 11 dicembre 2019, n. 25963).
12. Non è, pertanto, l’ordinanza di assegnazione che cristallizza i diritti della massa nei confronti del debitor debitoris , bensì l’avvio della procedura espropriativa in epoca precedente l’apertura del concorso, che apre l’esecuzione su taluni beni a favore di determinati creditori , di cui il curatore si giova . L’effetto di questo subentro è quello di rendere inopponibili nei confronti non solo dei creditori procedente e intervenuti, bensì dell’intera massa gli eventuali atti pregiudizievoli o dispositivi sul bene pignorato successivi al pignoramento. Il subentro del curatore comporta -in termini non dissimili dall’estensione degli effetti a favore della massa dell’azione revocatoria ordinaria intentata prima della dichiarazione di fallimento (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2022, n. 35529) -l’estensione di questi effetti conservativi in favore della massa , trasformando l’esecuzione da individuale in collettiva (Cass., Sez. I, 26 febbraio, 2019, n. 5655; Cass., Sez. I, 12 luglio 2011, n. 15249; Cass., Sez. I, 22 dicembre 2015, n. 25802).
13. Si tratta di un fenomeno tradizionalmente noto come assorbimento nel fallimento RAGIONE_SOCIALE azioni esecutive individuali, che non attiene « alla legittimazione del curatore al subentro nell’esecuzione singola, secondo un’iniziativa d’intervento o sostituzione, bensì alla possibilità che nel fallimento successivo trovi applicazione diretta la regola -volta a dirimere conflitti con i terzi -della positiva neutralizzazione della medesima efficacia già discendente ex lege verso i soli creditori procedente e intervenuti (…) restando salvi in favore
della massa gli effetti anche sostanziali degli atti già compiuti che non siano incompatibili con il sistema dell’esecuzione concorsuale fallimentare» (Cass., Sez. I, 30 luglio 2015, n.16158). Tra questi effetti va ascritto « quello dell’indisponibilità (dunque perdurante) degli stessi beni, derivante dal pignoramento (…) nella specie, non vi è stata soluzione di continuità tra la segregazione del bene promossa con il pignoramento presso terzi del credito ed il fallimento del debitore (…) Riesce così pienamente ad operare (…) la limitazione della disponibilità del medesimo bene in capo al debitore e l’anticipazione degli effetti» in favore della massa dei creditori (Cass., n. 16158/2015, cit.).
14. Da tali premesse deve dedursi che l’indisponibilità del credito pignorato si apprezza in relazione alla non opponibilità degli atti dispositivi o depauperativi del bene pignorato con decorrenza non dall’apertura della procedura concorsuale, bensì dalla precedente apertura della procedura esecutiva individuale. Con il subentro del curatore nella procedura espropriativa pendente, tutti i creditori si avvantaggiano degli effetti conservativi della medesima. Ove si tratti di subentro nell’espropriazione pre sso terzi, la massa dei creditori si giova dell’indisponibilità del credito in relazione agli atti dispositivi compiuti medio tempore (es. incasso del credito, rinuncia o cessione). Inoltre, il subentro ipso iure nella procedura pendente consente la celebrazione della fase distributiva (distribuzione del ricavato) all’interno della procedura concorsuale ( piani di riparto) a favore di tutti i creditori, rendendo ex ante operanti anche le inopponibilità dei titoli di prelazione di cui all’art. 2916 cod. civ . Sotto questo profilo, il subentro del curatore (anche nell’espropriazione presso terzi ) costituisce, come osservato in dottrina, atto dovuto, vuoi per evitare che l’appropriazione dell’utilità da parte dei creditori vada a discapito della liquidazione complessiva del patrimonio del fallito, vuoi perché si evita che venga effettuato un pagamento in violazione della par
condicio creditorum che -in questo caso – risulterebbe ulteriormente inefficace ex art. 44 l. fall.
Qui emerge la falsa applicazione degli artt. 107 e 56 l. fall. compiuta dalla sentenza impugnata. L’ indisponibilità del bene pignorato (un credito) rispetto ad atti dispositivi o depauperativi di cui si giova la massa dei creditori, si trasforma in indisponibilità tale da precludere al debitor debitoris di opporre propri controcrediti che sarebbero opponibili al debitore pignorato e allo stesso curatore. L’indisponibilità del credito nei confronti del debitore, da strumento di tutela dei creditori, diviene strumento che inibisce l’applicazione di una norma concorsuale, che tutela il creditore nel caso in cui egli venga compulsato d al curatore all’adempimento del credito già pignorato.
Configurare l’indisponibilità del credito in tali termini significa affermare che il curatore, ove agisca in riscossione di un credito del fallito, benché subentri in una azione proposta dai creditori prima della dichiarazione di fallimento (come la revocatoria ordinaria pendente), esercita una legittimazione diversa da quella dell’originario debitore e, quindi, agisce non come successore del fallito ma come rappresentante della massa, al solo fine (peraltro) di rendere inopponibili le eccezioni di compensazione che gli si sarebbero potute opporre ove quel credito il curatore lo avesse riscosso quale avente causa del debitore. Principio, questo, contrario alla giurisprudenza di questa Corte – formatasi in tema di pignoramento presso terzi avente a oggetto crediti nascenti da rapporto di conto corrente bancario -secondo cui la dichiarazione positiva resa dall’istituto bancario terzo pignorato nella procedura espropriativa (ancorché la procedura fosse stata dichiarata improcedibile per il sopravvenuto fallimento del debitore), non preclude al terzo pignorato di eccepire in compensazione, ai sensi dell’art. 56 l. fall., un proprio controcredito vantato verso il fallimento in forza di un distinto rapporto di conto corrente (Cass., Sez. I, 4 marzo 2015, n.
4380). Principio, ulteriormente, in contrasto con l’assorbimento dell a procedura esecutiva in quella concorsuale, che, come visto, non attiene « alla legittimazione del curatore al subentro nell’esecuzione singola (…) », bensì mira a far «salvi in favore della massa gli effetti anche sostanziali degli atti già compiuti che non siano incompatibili con il sistema dell’esecuzione concorsuale fallimentare» (Cass., n. 16158/2015, cit.).
Principi ai quali deve darsi continuità, perché -diversamente l’eccezione di compensazione diverrebbe inopponibile sul l’assunto secondo cui quello che è un credito del fallito si sarebbe trasformato in un credito di terzi (o di massa), nonostante l’azione esecutiva in cui il curatore è subentrato si limiti a sterilizzare nei confronti di tutti i creditori gli eventuali effetti degli atti depauperativi compiuti medio tempore sul credito, che è e rimane credito del debitore.
Trasformazione, peraltro, in contrasto con il disposto dell’art. 56 l. fall., che consente di eccepire la compensazione in caso di crediti e controcrediti omologhi, ossia che abbiano il fatto genetico dell’obbligazione in un momento anteriore al concorso (Cass., Sez. V, 13 luglio 2023, n. 20063; Cass., Sez. V, 13 dicembre 2022, n. 36400; Cass., Sez. II, 7 dicembre 2021, n. 38888); quand’anche il curatore agisca per il recupero del credito in rappresentanza della massa, questo non muta la natura del credito riscosso, ove anteriore al fallimento, al quale sono comunque opponibili controcrediti omologhi.
Infine, l’opposta soluzione discriminerebbe il creditore (ammesso o meno allo stato passivo) che vanti un controcredito concorsuale nei confronti della massa, che egli ha diritto di compensare ove compulsato, con debiti che egli vanti nei confronti del fallito, a seconda che il suo controcredito sia stato o meno oggetto di pignoramento presso terzi da parte di uno o creditori. Disparità di trattamento che non trova giustificazione all’interno della disciplina
concorsuale e che non trova giustificazione neanche in relazione al fenomeno dell’assorbimento della procedura esecutiva in quella concorsuale, che comporta la mera estensione dell’anticipazione dell’effetto protettivo dell’indisponibilità del bene, proprio della procedura espropriativa, in favore della massa dei creditori.
20. Nella specie, è accertato che crediti e debiti sono sorti entrambi in epoca anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento. L’Ufficio ha, pertanto, legittimamente opposto alla curatela del fallimento il proprio controcredito ex art. 56 l. fall. Il ricorso va, pertanto, accolto per quanto di ragione, cassandosi la sentenza impugnata e, non essendovi ulteriori accertamenti in fatto da compiere ex art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, rigettandosi l’originario ricorso. Le spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità sono integralmente compensate tra le parti, attesa la relativa novità della questione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente; dichiara compensate le spese processuali dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, in data 9 aprile 2024