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Collegamento societario: i legami di parentela bastano?

L’Agenzia Fiscale ha contestato a una S.r.l. la mancata tassazione di versamenti ricevuti da altre società, qualificandoli come proventi. La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto i versamenti non imponibili, riconoscendo un collegamento societario basato su legami di parentela tra i soci. La Corte di Cassazione, data la rilevanza della questione e l’assenza di precedenti specifici, ha rinviato la causa a una pubblica udienza per approfondire quando i legami familiari possono configurare un collegamento tra società ai fini fiscali.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Collegamento societario: i legami di parentela bastano a definire un gruppo?

La Corte di Cassazione, con un’importante ordinanza interlocutoria, ha posto le basi per una futura pronuncia su un tema tanto delicato quanto cruciale nel diritto tributario e societario: fino a che punto i legami familiari tra i soci di diverse aziende possono configurare un collegamento societario? Questa domanda, al centro di un contenzioso tra l’Agenzia Fiscale e una società, è stata ritenuta di tale rilevanza da meritare un rinvio a pubblica udienza, data l’assenza di precedenti specifici.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia Fiscale a una società a responsabilità limitata. L’Ufficio contestava la mancata dichiarazione di maggiori ricavi, derivanti da movimentazioni finanziarie classificate nei conti “crediti vari verso imprese collegate” e “riserva di versamenti in conto capitale”. Secondo l’Agenzia, tali somme non erano semplici trasferimenti infragruppo, ma vere e proprie sopravvenienze attive, e come tali andavano tassate ai fini IRES e IRAP.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva le ragioni della società, negando l’esistenza di un gruppo societario e sottolineando la mancata presentazione di un bilancio consolidato. La decisione veniva però ribaltata in appello. La Commissione Tributaria Regionale riconosceva l’esistenza di un collegamento societario, basandosi su due elementi: il rapporto di parentela che legava i soci di tutte le società coinvolte e la nomina di un unico procuratore speciale, anch’egli parente dei soci. Di conseguenza, i giudici di secondo grado qualificavano le movimentazioni come trasferimenti infragruppo non imponibili, al fine di evitare una duplicazione d’imposta.

I Motivi del Ricorso e il collegamento societario

L’Agenzia Fiscale ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando tre motivi di ricorso. I più rilevanti sono il secondo e il terzo, che vanno al cuore della questione.

Con il secondo motivo, l’Agenzia lamentava la violazione dell’art. 2359 del codice civile, sostenendo che la CTR avesse erroneamente interpretato i presupposti del collegamento societario. Secondo il Fisco, il mero rapporto di parentela tra soci di società diverse, in assenza di partecipazioni societarie incrociate, non è sufficiente a provare l’esistenza di un’influenza dominante.

Con il terzo motivo, veniva dedotta la violazione dell’art. 88 del T.U.I.R. L’Agenzia evidenziava come la norma consideri non tassabili solo i versamenti a fondo perduto effettuati dai propri soci. Nel caso di specie, i versamenti provenivano da altre società (seppur gestite da familiari), non dai soci diretti della società accertata. Tali operazioni, prive di una chiara giustificazione economica, dovevano quindi essere qualificate come proventi straordinari tassabili.

Le Motivazioni dell’Ordinanza

La Suprema Corte non ha deciso nel merito la controversia, ma ha emesso un’ordinanza interlocutoria di grande importanza. I giudici hanno riconosciuto che le questioni di diritto sollevate dall’Agenzia Fiscale, in particolare quelle relative al secondo e terzo motivo, rivestono “particolare rilevanza”.

La Corte ha sottolineato come la definizione dei presupposti per la configurazione del collegamento societario ai sensi dell’art. 2359, comma 3, c.c., specialmente in relazione all’influenza che possono avere i rapporti di parentela tra i soci, sia una questione complessa e priva di precedenti giurisprudenziali specifici da parte della Sezione Tributaria. La stessa complessità è stata riscontrata nell’interpretazione dell’art. 88 T.U.I.R. in contesti di gruppi societari di fatto.

In virtù di questa rilevanza e della necessità di un approfondimento, la Cassazione ha ritenuto necessario rimettere la causa a una pubblica udienza. Questa scelta procedurale è riservata ai casi di maggiore importanza, dove il dibattito tra le parti e una discussione più ampia sono fondamentali per giungere a una decisione ponderata che possa costituire un precedente per casi futuri.

Conclusioni

L’ordinanza in esame, pur non risolvendo la disputa, segna un passaggio fondamentale. La futura sentenza che verrà emessa a seguito della pubblica udienza è destinata a diventare un punto di riferimento per operatori del diritto e imprese. Essa chiarirà i confini tra gestione familiare e collegamento societario rilevante ai fini fiscali, stabilendo con maggiore precisione quando le movimentazioni finanziarie tra società riconducibili a uno stesso nucleo familiare possano essere considerate trasferimenti infragruppo neutri e quando, invece, debbano essere assoggettate a tassazione come ricavi. La decisione avrà implicazioni significative sulla pianificazione fiscale dei gruppi di imprese, specialmente in un tessuto economico come quello italiano, caratterizzato da una forte presenza di aziende a conduzione familiare.

I legami di parentela tra i soci di diverse società sono sufficienti a creare un ‘collegamento societario’ ai fini fiscali?
L’ordinanza non fornisce una risposta definitiva, ma evidenzia che questa è una questione giuridica di ‘particolare rilevanza’ e priva di precedenti specifici. Proprio per dirimere questo dubbio, la Corte ha rinviato il caso a una discussione in pubblica udienza.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha ritenuto che le questioni legali sollevate, in particolare come interpretare il collegamento societario basato su vincoli familiari (art. 2359 c.c.) e la tassabilità dei versamenti tra società ‘sorelle’ (art. 88 T.U.I.R.), fossero troppo complesse e importanti per essere decise con la procedura camerale. La mancanza di precedenti specifici ha reso necessario un rinvio a pubblica udienza per un esame più approfondito.

I versamenti di denaro tra società ‘sorelle’ (controllate dagli stessi familiari) possono essere considerati non imponibili come i versamenti dei soci?
Secondo la tesi dell’Agenzia Fiscale, no. L’art. 88 T.U.I.R. esclude dalla tassazione solo i versamenti effettuati dai diretti soci a favore della propria società. La Corte di Cassazione ha identificato questo punto come una delle questioni cruciali che dovranno essere discusse e decise nella futura udienza pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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