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Collaborazione volontaria: quando l’atto è impugnabile

Un contribuente si è visto negare l’accesso alla procedura di collaborazione volontaria. L’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che l’atto di diniego non fosse impugnabile. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che qualsiasi atto che comunichi una pretesa tributaria ben definita è appellabile, anche se non esplicitamente elencato dalla legge. Il diniego di collaborazione volontaria rientra in questa categoria, in quanto pregiudica la posizione del contribuente. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, basato sulla presunta violazione di circolari interne, ribadendo che queste non costituiscono fonti di diritto.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Collaborazione volontaria: la Cassazione conferma l’impugnabilità del rigetto

La procedura di collaborazione volontaria è uno strumento cruciale per i contribuenti che desiderano regolarizzare la propria posizione con il Fisco. Ma cosa succede se l’Agenzia delle Entrate rigetta la domanda? È possibile fare ricorso immediato? Con l’ordinanza n. 1335/2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, rafforzando le tutele del contribuente e definendo i limiti del contenzioso tributario.

I Fatti del Caso

Un contribuente aveva aderito alla procedura di collaborazione volontaria per regolarizzare capitali detenuti all’estero. Dopo una serie di interlocuzioni, l’Amministrazione finanziaria richiedeva la documentazione comprovante l’effettivo rientro delle somme in Italia. Ritenendo che la documentazione non fosse stata prodotta nei termini previsti da un proprio provvedimento direttoriale, l’Ufficio comunicava al contribuente l’inammissibilità dell’istanza, con la conseguente perdita dei benefici fiscali.

Il contribuente impugnava tale comunicazione, ottenendo ragione sia in primo che in secondo grado. I giudici di merito ritenevano l’atto impugnabile e, nel merito, consideravano adempiuti gli obblighi del contribuente. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ricorreva per la cassazione della sentenza.

I motivi del ricorso e l’ambito della collaborazione volontaria

L’Amministrazione finanziaria basava il proprio ricorso su due motivi principali:
1. L’inammissibilità del ricorso originario: Secondo l’Agenzia, l’atto di rigetto era una mera comunicazione endoprocedimentale, non inclusa nell’elenco tassativo degli atti impugnabili previsto dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992.
2. L’errata applicazione delle norme: L’Agenzia sosteneva che i giudici di merito avessero violato le norme sulla collaborazione volontaria e, soprattutto, i provvedimenti direttoriali e le circolari che ne disciplinavano l’attuazione.

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, arrivando a conclusioni di grande rilevanza per i diritti dei contribuenti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha rigettato il primo motivo e dichiarato inammissibile il secondo, confermando la vittoria del contribuente.

L’Impugnabilità degli Atti non Elencati: un Principio di Tutela

Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: l’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, sebbene tassativo, deve essere interpretato in modo estensivo. Ciò significa che è possibile impugnare anche atti non esplicitamente menzionati, a condizione che portino a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata, con le relative ragioni di fatto e di diritto.

Il rigetto dell’istanza di collaborazione volontaria non è una semplice comunicazione interna. Al contrario, è un provvedimento che incide direttamente e negativamente sulla posizione giuridica del contribuente, precludendogli l’accesso a un regime di definizione agevolata e ripristinando il potere sanzionatorio pieno dell’Amministrazione. Questo crea un interesse attuale e concreto del contribuente a richiedere un controllo giurisdizionale sulla legittimità dell’atto. Pertanto, l’atto di diniego è equiparabile al rigetto di una domanda di definizione agevolata e, come tale, è immediatamente impugnabile.

L’Inammissibilità del Ricorso Basato su Circolari e Provvedimenti Interni

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte lo ha dichiarato inammissibile in modo netto. L’Agenzia delle Entrate lamentava la violazione non di una legge, ma di un proprio provvedimento direttoriale e di alcune circolari ministeriali. La Cassazione ha ricordato che il ricorso per violazione di legge (ex art. 360, n. 3 c.p.c.) può fondarsi solo sulla violazione di norme di diritto, non di atti amministrativi.

Le circolari e i provvedimenti direttoriali sono atti interni all’amministrazione, che servono a fornire indirizzi uniformi ai propri uffici. Essi non hanno forza di legge, non creano diritti soggettivi per i terzi e non vincolano né i contribuenti né, tantomeno, i giudici. Di conseguenza, la loro presunta violazione non può costituire un valido motivo per un ricorso in Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione stabilisce due principi fondamentali a tutela del contribuente:
1. Garanzia di Accesso alla Giustizia: Il diritto di difesa è garantito anche contro atti che, pur non essendo formalmente nell’elenco dell’art. 19, definiscono una pretesa fiscale e ledono un interesse concreto del contribuente. Il rigetto di un’istanza di collaborazione volontaria è uno di questi.
2. Gerarchia delle Fonti: L’Amministrazione finanziaria non può pretendere di elevare i propri atti interni (circolari, provvedimenti) al rango di legge. Il contenzioso tributario si basa sull’applicazione delle norme di diritto, e le interpretazioni dell’Agenzia non possono prevalere su di esse né vincolare l’operato del giudice.

È possibile impugnare un atto dell’Agenzia delle Entrate non espressamente previsto dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992?
Sì. La Corte di Cassazione afferma che, tramite un’interpretazione estensiva, è possibile impugnare anche atti non inclusi nell’elenco, a condizione che comunichino al contribuente una pretesa tributaria ben individuata, esplicitandone le ragioni, e che ledano un interesse attuale e concreto del contribuente.

Il rigetto di un’istanza di collaborazione volontaria è un atto impugnabile?
Sì. Secondo la Corte, il rigetto della domanda di collaborazione volontaria è equiparabile al rigetto di una domanda di definizione agevolata di un rapporto tributario. È un atto che incide direttamente sulla posizione del contribuente, limitando il suo accesso a benefici fiscali, e pertanto è immediatamente impugnabile.

La violazione di una circolare ministeriale o di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia può essere motivo di ricorso per Cassazione?
No. La Corte ha stabilito che le circolari ministeriali e i provvedimenti direttoriali sono meri atti amministrativi interni, non norme di diritto. La loro violazione non può quindi costituire un motivo di ricorso per Cassazione sotto il profilo della ‘violazione di legge’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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