Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11739 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 11739 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27088/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO (TEL. NUMERO_TELEFONO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 623/2020 depositata il 24/02/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito Il P.G. che ha concluso per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Udita l’avvocatura che ha concluso per la cessazione della materia del contendere.
FATTI DI CAUSA
1.La controversia trae origine dalla successione di NOME COGNOME, deceduta il 3 dicembre 2016, senza testamento, lasciando come unici eredi i figli NOME e NOME COGNOME COGNOME. La dichiarazione di successione, presentata il 30 novembre 2017, indicava un valore complessivo dell’asse ereditario di 2.792.388 euro e riportava donazioni effettuate in vita dalla defunta per un importo complessivo di 3.754.888 euro ciascuno. Gli eredi avevano espressamente richiesto che l’Agenzia delle Entrate non considerasse il cumulo delle donazioni nel calcolo della franchigia, in conformità con la giurisprudenza della Cassazione. Invece, con avviso di liquidazione, l’Agenzia liquidava in Euro 120.161,08 (Euro 60.080,54 per ciascuno dei due eredi) l’imposta di successione dovuta, cumulando le donazioni che avevano fruito di franchigia (Euro 1.000.000) con il relictum (Euro 1.396.194), determinando una maggiore imposta di euro 40.000 (4% di I .000.000) per ciascun erede.
I contribuenti impugnavano l’avviso di liquidazione dinanzi ai giudici di prossimità di Lecco.
Con sentenza n. 129/2018 del 2/7/2018 la Commissione Tributaria Provinciale di Lecco respingeva il ricorso.
Sull’appello degli eredi, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia confermava la sentenza di primo grado, affermando il principio che l’indicazione delle donazioni nella dichiarazione di
successione è finalizzata non solo a determinare l’aliquota, ma anche ad evitare operazioni elusive per ridurre l’imposta; in particolare, ha confermato la legittimità dell’aumento dell’asse ereditario imponibile di 1.000.000 di euro, derivante dal valore delle donazioni precedenti che avevano usufruito della franchigia.
Avverso detta decisione, ricorrono per cassazione gli eredi svolgendo un unico motivo.
Replica con controricorso l’Agenzia.
L’amministrazione ha depositato memoria in data 21 marzo 2025 per chiedere la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Con memoria del 28 marzo 2025, anche parte contribuente ha domandato la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Il PG. ha concluso per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
MOTIVI DI DIRITTO
1.L ‘unica censura, proposta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., deduce ; per avere il decidente illegittimamente applicato un principio abrogato dalla riforma fiscale, ignorando l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, che esclude il cumulo delle donazioni ai fini del calcolo della franchigia successoria. Si osserva che l’imposta di successione era stata soppressa nel 2001 e reintrodotta nel 2006 con aliquote proporzionali anziché progressive; che la legge 21 novembre 2000, n. 342 aveva eliminato la progressività a scaglioni, sostituendola con aliquote fisse e nuove soglie di esenzione, rendendo obsoleto il meccanismo del coacervo tra donatum e relictum (art. 8, comma 4, TUS).
In particolare, si obietta che la soppressione dell’imposta sulle successioni e donazioni è avvenuta con la legge 18 ottobre 2001, n. 383 in vigore dal 25 ottobre 2001, successivamente reintrodotta con il cit. d.l. 262/2006, convertito nella legge 286/2006 che ha introdotto un sistema di tassazione proporzionale, prevedendo: Aliquote fisse applicate al “valore complessivo netto dei beni”; una franchigia di 1.000.000 di euro per il coniuge e i parenti in linea retta; il mantenimento delle norme del d.lgs. 346/1990, nella versione vigente al 24 ottobre 2001, per quanto compatibili con le nuove regole.
Si assume che dalla norma “procedimentale” dell’art 29, comma 1, lett. f) TUS non è lecito trarre alcun argomento, né sulla sopravvivenza del c.d. “coacervo” di donatum con relictum , né sulla sua improbabile ” ratio antielusiva”, in quanto trattasi semplicemente di un adempimento divenuto superfluo a seguito dell’evoluzione legislativa, come altri elencati all’art. 29 cit., perché l’art. 8, comma 4, TUS, che prevede il cumulo del donatum con il relictum ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 7, deve ritenersi implicitamente abrogato con la soppressione della tassazione progressiva a scaglioni ad opera della legge n. 342/2000.
2.In data 21 marzo 2025, l’amministrazione finanziaria ha presentato istanza per la declaratoria della cessazione della materia del contendere, sul rilievo che aveva annullato parzialmente l’atto impositivo. In data 28 marzo 2025, i contribuenti hanno depositato memorie difensive, dando conto dell’intervenuto annullamento dell’atto impositivo, ma insistendo per la liquidazione delle spese alla luce del principio della soccombenza virtuale.
3. Anche di recente è stato ribadito che (Cass. n. 19845/2019) si ha cessazione della materia del contendere allorché risulti acquisito agli atti del giudizio che non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che conseguentemente non vi è più
la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto, il che ricorre quando (cfr. Cass. n. 26299/2018) sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, dell’interesse al ricorso. E’, infatti, principio tradizionalmente affermato da questa Corte quello secondo cui la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale (Cass. n. 14939/2020; Cass. n. 21757/2021). Cass n.24714/2022 ha ribadito che il Giudice che dichiara cessata la materia del contendere deve pronunciarsi sulle spese di giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale; l’individuazione della parte soccombente, sebbene solo virtualmente, si basa su una ricognizione della probabilità di accoglimento della pretesa basata su criteri di verosimiglianza(conf. sentenza del 29/11/2016 n. 24234)
Tenuto conto della domanda di parte contribuente volta ad ottenere la condanna dell’amministrazione alle spese di lite deve esaminarsi la fondatezza del ricorso per cassazione.
4.1.La questione rimessa al Collegio è se, in tema di imposta di successione, ai fini del calcolo della franchigia da essa prevista, si debba tener conto anche di donazioni effettuate in vita dal de cuius e in epoca in cui esse erano esenti dalla predetta imposta.
4.2.L’imposta sulle successioni prima disciplinata dal d.p.r. 637 del 1972, poi dal d.lgs. n. 346 del 1990, soppressa dall’art. 13 della I. n. 383 del 2001 e, infine, reintrodotta dal d.l. n. 262 del 2006, conv. in legge n. 296 del 2006, ha subito nel tempo diverse modifiche per quanto riguarda le aliquote e le franchigie di successione.
4.3.In particolare, l’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 346 del 1990 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) prevede che «il valore globale netto dell’asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 7, di un importo pari al valore attuale complessi ivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, (…)». Il richiamato art 7 (Determinazione dell’imposta) prevedeva aliquote progressive di imposta per importi e gradi di parentela. Tale ultima norma è stata abrogata dall’art. 69 (Norme in materia di imposta sulle successioni e sulle donazioni) della legge n. 342 del 2000 (Misure in materia fiscale), il quale prevede «(…) c) i commi 1 e 2 dell’articolo 7 sono sostituiti dai seguenti: “1. L’imposta è determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore della quota di eredità o del legato: a) quattro per cento, nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta; b) sei per cento, nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado; c) otto per cento, nei confronti degli altri soggetti. 2. L’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera i 350 milioni di lire. 2bis. Quando il beneficiario è un discendente in linea retta minore di età, anche chiamato per rappresentazione, o una persona con handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificata dalla legge 21 maggio 1998, n. 162, l’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l’ammontare di un miliardo di lire». 5.Questa Corte (n. 24940 del 2016; Cass. n. 758/2019; n. 10255/2020; n. 11422/2022), con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, ha affermato che «In tema d’imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva in forza dell’art. 69 della legge n. 342 del 2000, deve ritenersi implicitamente abrogato l’art.8, comma 4, del d.lgs. 31
ottobre 1990, n. 346 che prevedeva il cumulo del ” donatum” con il “relictum ” al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore non dell’asse, ma della quota di eredità o del legato».
5.1.Deve precisarsi che questa Corte (Cass. nn. 29739 del 2008;Cass. n. 5972 del 2007) ha, altresì, affermato che l’art. 8, comma 4, cit. – laddove prescrive il coacervo (o cumulo) del donatum con il relictum – non era finalizzato a ricomprendere nella base imponibile anche il donatum (oggetto di autonoma imposizione), ma unicamente a stabilire una forma di ‘riunione fittizia’ nella massa ereditaria dei beni donati, ai 4 soli fini della determinazione dell’aliquota da applicare per calcolare l’imposta sui beni relitti.
5.2. Il sistema della ‘riunione fittizia’, in altri termini, operava in funzione antielusiva, così da evitare che il compendio ereditario venisse sottratto all’imposizione progressiva mediante preordinate donazioni in vita. Ora, fermo restando che – come poc’anzi evidenziato – il cumulo non sortiva effetto impositivo del donatum, ma soltanto effetto determinativo dell’aliquota progressiva, si ritiene logica e coerente conseguenza che, eliminata quest’ultima in favore di un sistema ad aliquota fissa sul valore non dell’asse globale ma della quota di eredità o del legato, non vi sia più spazio per dar luogo al coacervo.
5.3.Deve dunque ritenersi che, anche prima della formale abrogazione dell’art. 7 (co.1 – 2 quater) d.lgs. n. 346 del 1990 ad opera dell’art. 2, comma 50, della legge n. 286 del 2006, il disposto dell’articolo 8, comma 4, cit. trovasse – a seguito ed in forza della menzionata modificazione, da parte della legge n. 342 del 2000, della norma di riferimento sostanziale di cui all’art.7 medesimo – insuperabile limite di compatibilità.
Nel caso di specie, quindi, non era applicabile alla donazione disposta a favore dei contribuenti il cumulo sopra indicato con la conseguenza che il ricorso si palesa fondato.
7.Tuttavia, tenuto conto che la giurisprudenza di legittimità si è recentemente consolidata e che l’amministrazione ha annullato in autotutela l’atto impositivo conforma ndosi all’indirizzo di legittimità soccorrono i motivi per compensare le spese del giudizio.
P. Q. M.
La Corte
Dichiara cessata la materia del contendere; compensa le spese dell’intero giudizio.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione