Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3031 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5   Num. 3031  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 01/02/2024
Registro Invim Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22302/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  presso  i  cui  uffici,  in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  suo  legale  rappresentante p.t. ,  con domicilio  eletto  in  Roma,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 4690/2019, depositata il 22 novembre 2019, della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 5 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO; uditi l’AVV_NOTAIO,  per  l’ RAGIONE_SOCIALE,  e l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO  Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 4690/2019, depositata il 22 novembre 2019, la Commissione  tributaria regionale della Lombardia  ha  accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che  diversamente  aveva  disatteso  l’impugnazione  di  un  avviso  di liquidazione  dell’imposta  di  registro  dovuta  (in  misura  fissa)  dalla contribuente in relazione alla registrazione di un contratto di locazione recante una clausola penale.
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha ritenuto che:
la disciplina contrattuale, convenuta tra le parti, in ordine al «caso di omesso o ritardato versamento dei canoni della locazione, oggetto del contendere, sancita nell’art. 9, … non integra una clausola penale … anche se l’adempimento o l’inadempimento cui è connessa sono eventi, non esterni, ma intrinseci alla causa del contratto, e non essendo frutto di una ulteriore e particolare volontà pattizia andatasi ad aggiungere, per volontà discrezionale RAGIONE_SOCIALE parti, ad una regolamentazione contrattuale già di per sé compiuta e autosufficiente.»;
per di più, si trattava di clausola con la quale le parti avevano dato attuazione alla sopravvenuta disciplina di legge (d.l. 12 settembre 2014 n. 132, art. 17, comma 1,  conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162) che -nel modificare l’art. 1284 cod. civ., introducendovi un quarto ed
un  quinto  comma -aveva  reso  applicabile,  ai  rapporti  diversi  dalle transazioni commerciali, la disciplina degli interessi moratori prevista dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231;
ad ogni modo, tra la clausola in esame e le altre del contratto di locazione sussisteva una «interconnessione … oggettivamente causale, non contingente o frutto di una autonoma determinazione pattizia» risultando detta clausola volta a «conseguire lo scopo avuto di mira dal contratto, che è quello dell’esatto, tempestivo e reciproco adempimento» così che l’imposta di registro andava applicata (ai sensi del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 21, comma 2) come se l’atto contenesse la sola disposizione (contratto di locazione) che dà luogo alla imposizione più onerosa.
-L’ RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, illustrati con memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.  proc.  civ., l’RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione  e  falsa  applicazione  di legge con riferimento agli artt. 1224, 1284, comma 4, e 1382 cod. civ., nonché al d.l. 12 settembre 2014 n. 132, art. 17, comma 1, conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162;
 si  assume,  in  sintesi,  che  la  stessa  clausola  di  determinazione degli interessi moratori -costituendo una predeterminazione del danno da liquidare -deve essere assimilata all’istituto della clausola penale, così come rilevato dalla stessa giurisprudenza di legittimità;
 soggiunge  la  ricorrente  che,  ad  ogni  modo,  erroneamente  il giudice del gravame aveva ricondotto la clausola in questione allo ius superveniens (d.l.  n.  132/2014,  art.  17,  cit.)  in  quanto,  venendo  in considerazione  un  rapporto  (di  locazione  ad  uso  abitativo)  non riconducibile alla disciplina posta, in tema di transazioni commerciali
tra le imprese, dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, con detta clausola le parti avevano esteso l’àmbito di applicazione del novellato art. 1284, comma  4,  e  RAGIONE_SOCIALE  stesso  d.lgs.  n.  231/2002,  cit.,  prevedendo  la corresponsione  di  interessi  moratori  quale  mera,  ed  automatica, conseguenza del ritardato pagamento, a prescindere dalla proposizione di  una  domanda  giudiziale  e  senz’alcuna  necessità  di  una  previa costituzione in mora;
il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 1382 cod. civ., e del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 21;
-deduce l’RAGIONE_SOCIALE che la clausola penale in quanto tale estranea alla causa del contratto principale cui accede -assolve ad «una propria autonoma  natura  e  funzione»,  da  correlare  ad  una  liquidazione convenzionale  anticipata  del  danno  da  inadempimento,  e -come rilevato dalla dottrina e dalla stessa giurisprudenza di legittimità -è connotata da una causa propria e autonoma, seppur complementare e collegata alla causa del contratto cui accede (così formando oggetto di un negozio autonomo);
da una siffatta qualificazione della fattispecie consegue, pertanto, sul piano della tassazione di registro, che il nesso tra la clausola penale e la «disposizione» negoziale (principale) cui accede deve ascriversi alla previsione del primo comma dell’art. 21, cit. che, giustappunto, ha riguardo a «più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre» – siccome trattandosi di un nesso tra disposizioni connotato da una «accessorietà contingente, frutto cioè di una autonoma determinazione espressa dalle parti»; e -venendo in considerazione la previsione di una prestazione patrimoniale risarcitoria (solo) eventuale, in quanto suscettibile di inverarsi col (previsto) inadempimento contrattuale -il relativo règime di tassazione non può che essere ricondotto alla disciplina della
registrazione degli atti condizionati (d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 27), con liquidazione dell’imposta (in misura fissa) al momento della registrazione e (in misura proporzionale) all’atto dell’inverarsi dell’evento condizionante.
-I  due motivi -che vanno congiuntamente esaminati perché connessi -sono destituiti di fondamento e vanno senz’altro disattesi.
 La  risoluzione  della  questione  concernente  l’applicabilità  del disposto  dell’art.  21,  comma  1,  d.P.R.  26  aprile  1986,  n.  131  alle clausole  penali  contenute  nei  contratti  (nella  specie,  contratto  di locazione) esige la preliminare esegesi della definizione ‘disposizioni’ di  cui  l’atto  si  compone,  nonché  la  ricognizione  della  rilevanza  della causa  giuridica  del  negozio  quale  elemento  unificante  le  diverse clausole contenute nell’atto sottoposto a registrazione.
3.1 – Si rammenta che ai sensi dell’art. 21, 1° comma, cit., <>.
Il  2°  comma  prosegue  prevedendo  che:  <>.
3.2. – La declinazione degli effetti giuridici volontari assoggettabili ad imposizione indiretta è, come anticipato, rappresentata dal concetto di “disposizioni” di cui al cit. art. 21 T.U.R.
La prescrizione in esame era originariamente contemplata dall’art. 9, r.d. n. 3269 del 1923, poi dall’art. 20 d.p.r. n. 634 del 1972 ed è infine confluita nell’art. 21 cit.
In particolare, la previsione contenuta nell’art. 9 del r.d. n. 3269 del  1923  disponeva  che:  <>.
Il  2°  comma  soggiungeva  che:  <>.
3.3  –  Il  termine  “disposizione”  venne  interpretato  in  un  primo momento dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel senso di riferirlo alle “singole clausole’ di una convenzione o anche ad uno degli elementi di essa:  tante  sono  le  disposizioni  contenute  in  un  atto,  quante  le corrispondenti voci della tariffa.
A partire dagli anni ’50, il concetto di ‘disposizione’ ha assunto un significato diverso, ritenendo la dottrina e la giurisprudenza che non potesse essere ampliato sino a ricomprendervi uno degli elementi del contratto; il termine viene, così, ricondotto al negozio giuridico e non più alle singole clausole di cui esso si compone e le norme, quali l’art. 43, 3° comma r.d. n. 3269 del 1923 (il quale, in particolare, prevedeva che nei trasferimenti a titolo oneroso della proprietà, dell’usufrutto, dell’uso o godimento di beni o di altro diritto reale, non fosse soggetta a tassa particolare l’obbligazione o la quietanza del prezzo contenuta nell’atto stesso col quale fosse stato stipulato il trasferimento), pur precedentemente valorizzate ai fini di una valutazione atomistica della clausola, vengono poi interpretate non più quali ipotesi eccezionali a conferma della regola, quanto piuttosto quali indici del fatto che  (Cass., sez. I civ., 28 gennaio 1966, n. 332; Cass., sez. I civ., 11 dicembre 1967, n. 2907).
L’ambito  di  applicazione  della  norma,  pertanto,  presuppone  una pluralità di negozi giuridici contenuti nel medesimo documento, in tal senso  dovendosi  intendere  il  termine  ‘disposizioni’,  giacchè  se  si trattasse di pattuizioni o clausole,  concernenti  un  solo  negozio giuridico, sia pure misto, l’unicità della tassazione discenderebbe dai principi generali che informano la legge di registro.
In particolare, Cass. del 29/10/1970, n. 2221 ha affermato che <> (in senso conforme Cass. del 13/11/1996, n. 9938). Più recentemente, Cass. n. 3315 del 3.2.2022 ha osservato che, con il termine «disposizione», <>.
La  rinnovata  centralità  dell’unitaria  regolamentazione  negoziale, peraltro,  ha  avuto  come  conseguenza  quella  di  attribuire  primaria rilevanza alla sua causa giuridica quale elemento unificante le diverse clausole contenute nell’atto sottoposto a registrazione.
Conclusione,  questa,  cui  è  giunta  la  stessa  Amministrazione Finanziaria con la Circolare n. 18/E del 2013 la quale, nell’illustrare le modalità  di  applicazione  dell’imposta  di  registro,  ha  avuto  modo  di precisare che: <>.
4. Secondo l’indirizzo inaugurato dalle S.U. del 12.09.1973, n. 406,  l’art.9  della  previgente  legge  di  registro,  statuendo  che  ogni negozio giuridico sconta la propria tassa, anche se più negozi risultano consacrati  in  un  unico  atto  in  senso  materiale,  tende  ad  evitare
eventuali frodi fiscali, attraverso l’espediente della unicità del documento presentato alla registrazione, stabilendo che si effettui la tassazione per ciascun distinto negozio.
L’evoluzione della giurisprudenza di legittimità ha, dunque, concluso per la teorica della causa unica; affermando che, mentre l’atto complesso va assoggettato ad un’unica tassazione, come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa, in quanto le varie disposizioni sono rette da un’unica causa e, quindi, derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre; le disposizioni che danno vita ad un collegamento negoziale, in quanto rette da cause distinte, sono invece soggette ciascuna ad autonoma tassazione, in quanto la pluralità RAGIONE_SOCIALE cause dei singoli negozi, ancorché funzionalmente collegate dalla causa complessiva dell’operazione, essendo autonomamente identificabili, portano ad escludere l’operatività del secondo comma dell’art. 21 cit. (Cass. del 06/09/1996, n. 8142).
La  distinzione  tra  il  primo  ed  il  secondo  comma  dell’art.  21  del d.P.R.  n.  131  del  1986  pone  dunque  la  differenza  fra  il  negozio complesso e quelli collegati, in virtù della quale il primo è contrassegnato da una causa unica, là dove, nel collegamento, distinti ed autonomi atti negoziali si riannodano ad una fattispecie complessa pluricausale, della quale ciascuno realizza una parte, ma pur sempre in base ad interessi immediati ed autonomamente identificabili.
Nello stabilire il regime tributario di registro applicabile nel caso in cui l’atto contenga più disposizioni, la norma detta il criterio distintivo tra tassazione unica, da applicare con riguardo alla disposizione soggetta all’imposizione più onerosa (comma 2) e tassazione separata RAGIONE_SOCIALE singole disposizioni (comma 1), individuandolo, in linea con il principio AVV_NOTAIO della tassazione secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto, a prescindere dal nomen iuris adoperato, nella
sussistenza o meno del requisito che esse “derivino necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre” ( Cass. del 18.07.2022, n. 22476).
4.1 – La autonoma tassabilità RAGIONE_SOCIALE disposizioni è stata, poi, dalla giurisprudenza di legittimità interpretata nel senso che <> (Cass. del 05/06/1971, n. 1674; Cass. del 11/09/2014, n. 19245): in particolare, si è sostenuto che è necessario che sussista tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento che non dipenda dalla volontà RAGIONE_SOCIALE parti, ma sia, con carattere di oggettiva causalità, connaturato, come necessario giuridicamente e concettualmente, alle convenzioni stesse (Cass., SS.UU. n. 406/1973; Cass. n. 18374/2007; Cass. n. n. 10180/2009); l’avverbio utilizzato dal legislatore nel disposto del cit. art. 21 – necessariamente – lascerebbe intendere, secondo detto indirizzo, che la connessione deve consistere in una oggettiva esigenza indotta dalla natura RAGIONE_SOCIALE disposizioni (v. Cass. civ., Sez. V, ord., 15 marzo 2021, n. 7154, non massimata; Cass., sez. un., n. 13252/2015; Cass. 10180/2009; Cass. 18374/2007), non rilevando, invece, l’esistenza di una mera connessione, oltre che soggettiva per volontà RAGIONE_SOCIALE parti, anche di natura occasionale, rimanendo, in tal caso, le disposizioni soggette separatamente ad imposta, ai sensi della regola AVV_NOTAIO recata dal citato d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 21, comma 1, come se ciascuna fosse un atto distinto (Cass., Sez. 5, 7 giugno 2004, n. 1078).
Ciò che occorre, in virtù dell’art. 21, comma 2, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (norma eccezionale e di stretta interpretazione), è dunque
che  non  si  possa  concepire  l’esistenza  dell’una  senza  prescindere dall’altra;  non  rileva,  invece,  l’esistenza  di  una  sola  connessione soggettiva per volontà RAGIONE_SOCIALE parti o di natura occasionale, rimanendo in tal caso le disposizioni soggette separatamente ad imposta (ai sensi della regola AVV_NOTAIO recata dal citato art. 21, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), come se ciascuna fosse un atto distinto (Cass., Sez. 5^, 7 giugno 2004, n. 10789).
5. – Occorre, tuttavia, osservare che le fattispecie esaminate dalla Corte concernevano per lo più  e, dunque, provvedimenti giurisdizionali o negozi giuridici idonei a produrre effetti giuridici indipendentemente dagli altri negozi (disposizioni), vale a dire negozi giuridici con cause eterogenee.
6. – Sennonchè, la giurisprudenza maggioritaria ha rimarcato che la funzione coercitiva e di predeterminazione del danno della clausola penale ne implica la sua necessaria accessorietà ( ex multis : Cass., sez. III civ., 26 settembre 2006, n. 18779: <>; si veda fra le tante: Cass., sez. III civ., 19 gennaio 2007, n. 1183; Cass., sez. III civ., 13 gennaio 2005, n. 591; Cass., sez. II civ., 21 maggio 2001, n. 6927).
Recentemente le S.U. del 25/03/2022, n. 9775 hanno chiarito che clausole penali di tal tipo svolgono  <>.
In altri termini, la funzione sanzionatoria è stata correlata dalle S.U. alla  natura  pubblicistica  della  fattispecie  colà  dedotta  (concessionecontratto), ribadendosi, per contro, la diversa funzione civilistica RAGIONE_SOCIALE clausole penali (v. anche Cass. del 26/07/2021, n. 21398; Cass. del 03/05/2023, n. 11548).
7. – Occorre, allora, verificare se la previsione di una clausola penale all’interno di un contratto nel caso in esame di locazione possa ritenersi per intrinseca natura connessa al contratto, secondo la lettera dell’art. 21 cit. e secondo il criterio per c ui (tra le altre, Cass. n. 10789 del 07/06/2004 cit.) ‘al fine di ritenere necessariamente connesse e derivanti l’una dall’altra più disposizioni contenute nello stesso atto (ovvero più statuizioni, ove l’atto sia un provvedimento giudiziario) – ciò che comporta, in virtù del secondo comma del citato art. 21 (norma eccezionale, e pertanto di stretta interpretazione), l’applicazione una sola volta dell’imposta, come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa -, occorre che non si possa concepire l’esistenza dell’una disposizione (o statuizione) se si prescinde dall’altra, determinandosi una connessione oggettiva per volontà della legge o per l’intrinseca natura RAGIONE_SOCIALE diverse disposizioni (o statuizioni), a nulla rilevando l’esistenza, tra le stesse, di una mera connessione soggettiva. (…)’ .
7.1 – Il valore giuridico dato alla clausola penale dall’art. 1382 del cod.civ. è quello di predeterminare il danno, ferma la possibilità che le parti  convengano  la  risarcibilità,  come  recita  la  norma,  ‘del  danno ulteriore’.
Nell’art. 1382 cod.civ. non si allude alla funzione coercitiva che alla clausola assegnava l’art. 1209 cod. civ. del 1865, perciò tale funzione
è solo indirettamente esercitata dalla penale in sè, mentre la coazione all’adempimento deriva direttamente dall’obbligo di risarcire il danno, di cui la clausola agevola  l’esecuzione: la agevola  evitando  al contraente adempiente la prova del danno subito ex art. 1382, secondo comma, cod.civ.
Secondo quanto questa Corte ha da tempo chiarito, la clausola penale – pur nella complessità RAGIONE_SOCIALE forme del suo manifestarsi, da rapportarsi alla concreta conformazione che le parti le hanno di volta in volta assegnato – svolge una funzione, non tanto san zionatoriopunitiva, quanto appunto di risarcimento forfettario del danno, indirettamente intesa a rinsaldare il vincolo contrattuale ed a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente, con l’effetto di limitare a tale prestazione il risarcimento, indipendentemente dalla prova dell’esistenza e dell’entità del pregiudizio effettivamente sofferto (da ultimo Cass. 26 luglio 2021, n. 21398; Cass. del 20.01.2023, n. 11548, in motiv.); la funzione risarcitoria, oltre che coercitiva, più che sanzionatoria-punitiva, risulta altresì confermata, oltre che dalla già ricordata possibilità di risarcimento del ‘danno ulteriore’, dalla sua riducibilità equitativa ex art. 1384 cod.civ. se manifestamente eccessiva, e c iò anche d’ufficio (Cass., Sez. Un., 13 settembre 2005, n. 18128) e quand’anche le parti ne abbiano invece convenuto l’irriducibilità (Cass. 16 dicembre 2019, n. 33159; Cass. 18 gennaio 2018, n. 1189).
8. – La clausola penale ha, allora, secondo la previsione codicistica, lo scopo di sostenere l’esatto, reciproco, tempestivo adempimento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni ‘principali’, intendendosi per tali quelle assunte con il contratto cui accede; essa non ha quindi una ca usa ‘propria’ e distinta (cosa che invece potrebbe accadere in diverse ipotesi, pur segnate da accessorietà, come quella di garanzia), ma ha una funzione servente e rafforzativa intrinseca di quella del contratto nel quale è
contenuta;  dovendosi  desumere  pertanto  che  più  che  discendere dall’inadempimento  dell’obbligazione  assunta contrattualmente,  la clausola penale si attiva sin dalla conclusione del contratto in funzione dipendente dall’obbligazione contrattuale.
Le  clausole  penali  non  possono  sopravvivere  autonomamente rispetto  al  contratto  e  ad  esse  deve  applicarsi  la  disciplina  AVV_NOTAIO dell’oggetto  del  contratto  (v.  Cass.  dell’08/10/2020,  n.  21713,  in motiv.), tenuto conto che trovano la loro fonte e radice nella medesima causa del contratto rispetto alla quale hanno effetto ancillare.
Esse attengono dunque, per loro inscindibile funzione ed ‘intrinseca natura’  (ed  in  ciò  palesano  la  loro  essenza,  appunto,  di  ‘clausole’ regolamentari  di  una  prestazione  più  che  di  ‘disposizioni’  negoziali) all’unitaria disciplina del contratto al quale ac cedono; venendo per il resto a prestabilire e specificare una prestazione ovvero un obbligo, quello risarcitorio, altrimenti regolato direttamente dalla legge.
Tali prestazioni sono, pertanto, riconducibili ad un unico rapporto, caratterizzato da un’unica causa, atteso che il legislatore ha concesso alle parti di innestare la predeterminazione del danno risarcibile direttamente nel contenuto del disciplinare di contratto, di talché non potrebbe affermarsi che le disposizioni -contratto e connessa clausola penale siano rette da cause diverse e separabili; quindi con l’effetto di doverle considerare derivanti, per loro intrinseca natura, le une dalle altre (in senso conforme Cass. del 13/11/1996, n. 9938).
8.1  –  Nel  caso  di  inadempimento,  si  instaura  una  relazione  di alternatività-esclusione  tra  le  obbligazioni  originate  dal  contratto  e quella da penale, atteso che il creditore può domandare e ottenere la prestazione  principale  o  la  penale,  ma  non  entrambe,  in  virtù  del divieto di cumulo previsto dall’art. 1383 cod. civ.
Ciò conferma che la funzione della clausola in esame – desumibile dal  dettato  degli  artt.  1382  –  1386  cod.civ.  –  non  può  ritenersi
eterogenea rispetto all’obbligazione nascente dal contratto di locazione a cui accede, perché sul piano giuridico, l’obbligazione insorgente dalla clausola penale, sebbene sia si attivi conseguentemente all’inadempimento dell’obbligazione, non si pone come causa diversa dall’obbligazione principale, alla luce della funzione ripristinatoria e deterrentecoercitiva rispetto all’adempim ento sua propria, dunque finalizzata a disincentivare e ‘riparare’ l’inadempimento, oltre che introdotta dal legislatore come elemento contrattuale volto a ridurre la conflittualità in caso di inadempienza, tutelando anche in ciò, ab initio , la parte adempiente.
È dunque la stessa disposizione di legge che correla gli effetti della clausola penale all’inadempimento contrattuale, con la conseguenza che, assumendo appunto la clausola penale una funzione puramente accessoria e non autonoma come confermato da Cass. del 26.09.2005, n. 18779 – rispetto al contratto che la prevede, l’obbligo che da essa deriva non può sussistere autonomamente rispetto all’obbligazione principale. Obbligazione principale che difatti, se per qualsiasi ragione (diversa dall’inadempimento) travolta, non può che rendere per ciò solo al pari inoperante la penale; il che equivale ad osservare che se certo può sussistere, com’è ovvio, un contratto senza penale (tranne che nei casi in cui questa sia imposta direttamente dalla legge, come in materia di appalti pubblici), non può al contrario sussistere quest’ultima senza il contratto, di cui segue per intero le sorti, anche nel caso di sua invalidazione o cessione.
 –  Neppure  potrebbe  ritenersi  violato,  in  questa  prospettiva  di derivazione necessaria non biunivoca, il principio ex art. 53 Cost., posto a presidio anche dell’imposizione di registro.
Non solo perché, salvo il limite dell’arbitrio e della irragionevolezza, il legislatore è libero, come più volte ricordato dal Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, di discrezionalmente individuare le fattispecie impositive (e, nel caso
di derivazione necessaria ex art. 21 co. 2^, esso mostra appunto di volersi limitare al prelievo più gravoso, rinunciando agli altri), ma anche perché la clausola penale -sia e proprio per la sua natura risarcitoria e dunque meramente reintegrativa di un patrimonio diminuito dall’inadempimento, sia per il suo tipico effetto di esonero probatorio -non esprime di per sé alcuna ricchezza significativa di forza economica e capacità contributiva (o, quantomeno, non più di quelle espresse per il caso di regolare adempimento del contratto).
10.  –  Non  sembra  che  a  diversa  conclusione  debba  pervenirsi nell’ipotesi in cui le parti stabiliscano, a titolo di penale per il ritardo, un tasso di interesse moratorio eccedente quello legale (ad esempio ragguagliato, pur in difetto dei presupposti tipici, a quello previsto per le transazioni commerciali dal d.lgs. 231/02).
Seppure si sia affermato (v. Cass. Sez. 3^, n. 5379/23) che, in tal caso,  non  tanto  di  clausola  penale  si  verterebbe  quanto  di  effetto corrispettivoretributivo  dell’inadempimento,  con  conseguente  sua riducibilità ad equità non ex art. 1384 cit., ma in applicazione dei tassisoglia di usurarietà ex l. 108/96, resta che -ai fini tributari -anche una simile pattuizione presenta gli illustrati caratteri della intrinseca e necessaria derivazione ex art. 21, 2^ co. Tur.
Tanto più considerando che sia la penale sia l’interesse moratorio (entrambi accomunati nella esclusione dal computo della base imponibile Iva, ex art. 15 n. 1) d.P.R.633/72) sono volti a predeterminare le conseguenze dannose dell’inadempimento (quanto ai secondi, nel caso in cui il ritardo riguardi un’obbligazione pecuniaria), e che il pagamento degli interessi di mora (salva la loro quantificazione) non discende dalla volontà RAGIONE_SOCIALE parti, ma direttamente dall’art. 1224 cod.civ.; e, nell’ottica risarcitori a, anche in questo caso il creditore è ammesso a dimostrare di aver subito ‘un danno maggiore’, così da spettargli ‘l’ulteriore risarcimento’.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto nell’affermazione del seguente principio di diritto: ‘ ai fini di cui all’art. 21 d.P.R. 131/86, la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola  dell’imposizione  della  disposizione  più  onerosa  prevista  dal s econdo comma della norma citata’.
– Sussistono giusti motivi per la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese, stante -a  fronte  di  una  giurisprudenza  di  merito  schierata  su contrastanti soluzioni – la mancanza di un orientamento di legittimità in materia.
Non sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ), trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis , Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955). 
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
–
compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023.