Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32377 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32377 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18940 -20 22 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, alla INDIRIZZO è domiciliata;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (pec: EMAILpec.ordineavvocatitorino.it), NOME COGNOME (pec: EMAILpec.ordineavvocatitorinoEMAILit), NOME COGNOME (pec: EMAILpec.ordineavvocatitorino.it),
Oggetto:
TRIBUTI –
dazio antidumping –
elementi di fissaggio
NOME COGNOME (pec: EMAIL)
e NOME COGNOME (pec: EMAIL) ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio legale dei predetti ultimi due difensori ;
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – avverso la sentenza n. 492/03/2022 della Commissione tributaria regionale del PIEMONTE, depositata il 19/04/2022 e notificata in data 30/05/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 8 ottobre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
La controversia ha preso le mosse dall’impugnazione di due avvisi di rettifica di bollette di importazione doganale e contestuali atti di irrogazione delle sanzioni emessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, quale importatrice dalla Cina di elementi di fissaggio in ferro e acciaio, nonché di un avviso di rettifica e contestuale atto di irrogazione delle sanzioni emessi nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, quale spedizioniere obbligata in solido con l’impor tatrice, con cui l’amministrazione doganale provvedeva all’applicazione del dazio antidumping in relazione ad importazioni effettuate negli anni 2013 e 2014.
Con sentenza n. 1350/01/2018 la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Piemonte rigettava l’appello dell’Agenzia delle dogane avverso la sfavorevole sentenza di primo
grado annullando tutti gli atti impositivi e sanzionatori ritenendo applicabile retroattivamente il Regolamento UE n. 2016/278 del 26 febbraio 2016 che aveva abrogato i dazi antidumping sugli elementi di fissaggio originari della Cina, di cui al regolamento UE 2009/91.
La Corte di cassazione, investita dell’impugnazione promossa dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, con l’ordinanza n. 21037 del 2 ottobre 2020, ritenendo non applicabile retroattivamente il predetto Regolamento UE, in accoglimento del ricorso agenziale, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa al giudice d’appello per la decisione sulle questioni rimaste assorbite.
Riassunta la causa dall’Ufficio, che riproponeva la questione, dedotta con l’originario appello, sulla classificazione degli elementi di fissaggio importati dalle società contribuenti, con la sentenza impugnata la CTR respingeva l’appello con compensazione delle spese processuali ritenendo non assimilabili le «colonnette filettate» oggetto di importazione «a normali ‘viti, dadi, bulloni, cuscinetti e rondelle’, vale a dire la categoria definibile come minuteria metallica su cui gravava l’applicabilità de l dazio antidumping», trattandosi di «’colonnette’ destinate all’ancoraggio delle ruote ai mozzi di taluni specifici modelli di autocarri, autoarticolati e mezzi pesanti, composti da parti non separatamente utilizzabili e non amovibili se non attraverso il loro danneggiamento (one-use)».
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo di ricorso cui replica l’intimat a con controricorso, poi illustrato con memoria.
Considerato che:
Con il mezzo di cassazione la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e
falsa applicazione del Regolamento (CEE) n. 2658/1987 del Consiglio e del Regolamento (CE) n. 91/2009 del Consiglio».
2. In relazione alla prima censura, di violazione del Regolamento (CEE) n. 2658/1987, la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata ha violato il Regolamento (CEE) n. 2658/1987 del Consiglio ‘ relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune ‘. Infatti, la società RAGIONE_SOCIALE all’atto dell’importazione aveva dichiarato le merci sotto la generica e residuale voce doganale di tariffa 8708, quali ‘Parti ed accessori degli autoveicoli delle voci da 8701 a 8705’ ed attributi a due diverse sottovoci, mentre l’ufficio doganale di Torino aveva attribuito alle predette merci la voce 7318 e le sottovoci corrispondenti a dadi, viti e bulloni, rondelle ed altri, nonché la voce 8482 e la sottovoce corrispondente a cuscinetti.
2.1. Orbene, sulla base delle disposizioni del sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci (cd. SA), e della ‘nomenclatura combinata’ (cd. NC), applicabili ratione temporis al caso di specie e, in particolare, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 927/2012 della Commissione per l’anno 2013 e di quello n. 1001/2013 per l’anno 2014 , nonché delle voci e sottovoci oltre delle note esplicative premesse alle sezioni e ai capitoli che venivano in rilievo nella presente fattispecie, l’Ufficio riteneva che le merci importate, costituite da ‘colonnette’ «dotate di filettatura e destinate, ‘ all’ancoraggio delle ruote dei mozzi di taluni specifici modelli di autocarri, autoarticolati e mezzi pesanti ‘ », «Come riconosce la stessa CTR» (ricorso, pag. 12), rientrassero nella voce 7318, indicata dall’Ufficio doganale di Torino, risultando «presenti le principali caratteristiche individuate dalle note esplicative del SA per definire gli articoli che rientrano nella voce 7318 (bulloni, viti, ecc.), ossia la generale presenza di filettatura e l’utilizzo degli stessi per assemblare o fissare due o più pezzi tra loro». Aveva, quindi, errato
la CTR che, nel dare rilievo al fatto che le ‘colonnette’ erano destinate ad un utilizzo specifico e che, a differenza delle viti e dei bulloni tradizionali, non erano riutilizzabili più volte, andavano classificate come rientranti nella voce 8708, ovvero «parti ed accessori delle voci da 8701 a 8705», ove la sottovoce 8708 50 è riferita a «Ponti con differenziale, anche dotati di altri organi di trasmissione e assi portanti; loro parti».
2.2. Per la ricorrente è, quindi, erronea la ricognizione della fattispecie astratta compiuta dal giudice del rinvio non assumendo nel caso di specie alcun rilievo, ai fini della classificazione dei prodotti in questione, la loro destinazione ad uno specifico utilizzo, posto che in base alla nota esplicativa della voce 7318, «I bulloni e viti per metalli di qualsiasi genere sono classificati in questa voce, qualunque sia la loro forma e il loro uso, compresi quelli di forma speciale». E non assume rilevanza neppure la circostanza, affermata dai giudici di appello, che «le ‘colonnette’, una volta utilizzate per fissare la ruota al mozzo, non sarebbero ‘ amovibili se non attraverso il loro danneggiamento (one-use) ‘ », in quanto le note esplicative della voce 7318 si limitano a richiedere che i prodotti classificati come viti o bulloni permettano ‘ di unire tra loro due o più pezzi in modo che sia possibile smontarli ulteriormente senza danneggiamento ‘, dovendosi peraltro rilevare che «le normali viti e bulloni non si prestano necessariamente a usi ripetuti, qualora ne venga forzato l’inse rimento e venga così danneggiata la filettatura» (ricorso, pag. 13). Quello che rileva, per la ricorrente, è invece «che i pezzi uniti dall’elemento di fissaggio possano essere smontati ‘ senza danneggiamento ‘» (ricorso, pag. 13) .
Va preliminarmente premesso che la censura in esame è ammissibile in quanto, diversamente da quanto sostiene la controricorrente, non si risolve nella richiesta di revisione del giudizio di merito compiuto dalla CTR, non essendo dedotta un’erronea
ricostruzione della fattispecie concreta da parte dei giudici di appello, che la ricorrente non contesta, bensì l’erronea ricognizione astratta normativa, implicante un problema interpretativo delle disposizioni censurate, correttamente dedotto come error in iudicando (cfr., ex multis , Cass. n. 19651 del 2024; Cass. n. 3340 del 2019).
La censura è, invece, infondata e va rigettata.
Al riguardo devono richiamarsi, in quanto condivise dal Collegio, le argomentazioni svolte da questa Corte nelle ordinanze n. 10878 e n. 10883 del 23 aprile 2024 (non massimate), emesse in giudizi del tutto analoghi in cui, come nel caso di specie, la questione era quella della corretta classificazione di sistemi di fissaggio utilizzati per l’assemblaggio di altri pezzi, che la Corte ha ritenuto non indipendente dalla possibilità di uno smontaggio senza danneggiamento.
5.1. Si legge nelle citate ordinanze che:
-«al capitolo 7318, intitolato ‘Viti, bulloni, dadi, tirafondi, ganci a vite, ribadini, copiglie, chiavette, rondelle (comprese le rondelle elastiche) e articoli simili, di ghisa, ferro o acciaio’, in riferimento ai ‘Bulloni, dadi, viti per metalli, viti per legno e tirafondi’ (lett. A), l’SA recita: ‘Tutti questi articoli sono normalmente filettati allo stato finito, ad eccezione per esempio di certi bulloni che alle volte sono fissati per mezzo di copiglie. Essi permettono di unire tra di loro uno o più pezzi in modo che sia possibile smontarli ulteriormente senza danneggiamento’»;
«Ai fini della classificazione degli elementi di assemblaggio sotto il capitolo in questione, quindi, a venire in linea di conto è la possibilità di ulteriore smontaggio dei singoli pezzi, una volta, per mezzo di essi, assemblati, senza danneggiamento. L ‘assenza di danneggiamento, attesa la genericità dell’espressione utilizzata in fine di periodo, deve ritenersi riferita sia ai singoli pezzi che agli
elementi di assemblaggio, giammai al prodotto finito, che ‘naturaliter’ vien meno per effetto dell’estrazione di questi ultimi».
5.2. Ne consegue che il giudice di appello non è incorso nell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa in quanto, incontestate le circostanze che le merci importate erano costituite da «’colonnette’ destinate all’ancoraggio delle ruote ai mozzi di taluni specifici modelli di autocarri, autoarticolati e mezzi pesanti» ed erano «composti da parti non separatamente utilizzabili e non amovibili se non attraverso il loro danneggiamento (oneuse)», costituendo tali elementi di fissaggio, una volta ‘applicati’, un corpo unico con i pezzi assemblati, per modo che non possono essere smontati senza danneggiare tanto i pezzi quanto, inevitabilmente, gli stessi elementi di assemblaggio che vi aderiscono, ha fatto corretta applicazione del regolamento unionale citato in rubrica e, in particolare, delle note esplicative della voce 7318.
Con la seconda censura la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del regolamento CE n. 91/2009, istitutivo del dazio antidumping, sostenendone l’applicabilità al caso di specie giacché, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR, le ‘colonnette filettate’ oggetto di importazione sono assimilabili a « ‘normali ‘viti, dadi, bulloni, cuscinetti e rondelle ‘, vale a dire la categoria definibile come minuteria metallica su cui grava l’applicabilità del dazio antidumping’ ».
7. Il motivo è infondato.
7.1. L’art. 1 del citato regolamento così recita: « Viene istituito un dazio antidumping definitivo su determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio non inossidabile, ovvero viti per legno (esclusi i tirafondi), viti autofilettanti, altre viti e bulloni a testa (anche con relativi dadi o rondelle, ma escluse le viti ottenute dalla massa su torni automatici a «décolleter» di spessore di stelo inferiore o uguale a 6 mm ed esclusi viti e bulloni per fissare gli elementi delle strade
ferrate) e rondelle, originari della Repubblica popolare cinese, dichiarati con i codici NC NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, ex 7318 15 90, ex 7318 21 00 e ex 7318 22 00 (codici TARIC NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA) ».
7.2. Ne consegue che, in presenza di una ben precisa specificazione da parte del Legislatore unionale dei codici NC che individuano gli elementi di fissaggio sottoposti a dazio antidumping, quelli diversamente classificati sono esclusi dall’applicazione del dazio proprio perché diversi e, quindi, a prescindere dal fatto che siano «standard» o «speciali», in questi ultimi ricomprendendosi quelli che, a differenza dei primi, «soddisfano specifiche esigenze dell’utilizzatore e/o sono fabbricati su disegno dei clienti», generalmente utilizzati «in applicazioni più impegnative, come nell’industria automobilistica, chimica, ecc., e che in media essi sono generalmente più costosi da produrre e presentano un prezzo di vendita più elevato degli elementi di fissaggio standard» (come si legge nei ‘Considerando’ del citato Regolamento).
Conclusivamente il ricorso va rigettato e le spese processuali compensate essendo stata la decisione assunta sulla base di un recentissimo orientamento giurisprudenziale.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e compensa le spese processuali. Così deciso in Roma in data 8 ottobre 2024