Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24286 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24286 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8910/2020 R.G. proposto da : AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Liguria n. 1401/2019 depositata il 28/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello della contribuente e dichiarato di categoria catastale A/2, classe 6, l’appartamento di cui all’avviso di accertamento che annullava;
ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con tre motivi;
resiste con controricorso, integrato da successiva memoria, la contribuente che chiede di rigettare il ricorso; con la memoria la contribuente deposita sentenza di questa Corte relativa ad un caso analogo (sentenza n. 1030 del 2023).
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve rigettarsi in quanto infondato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità; non si procede al raddoppio del contributo unificato in quanto il ricorso è stato proposto dall’Agenzia delle entrate difesa dall’Avvocatura di Stato («Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la sussistenza dei presupposti per il raddoppio, pur avendo dichiarato inammissibile un ricorso del Ministero dell’Interno per l’inapplicabilità dello speciale regime impugnatorio di cui all’art. 11 della l. n. 206 del 2004)», Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).
Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli art. 17 e 20, del r.d.l. n. 652 del 1939, art. 1, d.m.
n. 701/1994 e 38, primo comma, d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. .
La contribuente avrebbe utilizzato la procedura DOCFA e non la procedura prevista dall’art. 38 del d.P.R. 917 del 1986. La procedura DOCFA, per la ricorrente, sarebbe riservata solo alla variazione relativa al mutamento della consistenza dello stato dell’immobile (ristrutturazioni) e non anche nelle ipotesi di mancanza di attualità della rendita per motivi esterni, quali la obsolescenza degli impianti tecnologici dell’immobile o la sua vetustà (in generale).
Il motivo, oltre che infondato, risulta prioritariamente inammissibile in quanto la procedura Docfa -utilizzata dal contribuente – risulta incontestata nei giudizi di merito e prospettata, quale illegittima, solo in Cassazione. Neanche nell’avviso di accertamento, impugnato, l’Agenzia delle entrate contestava la procedura Docfa.
Nel caso in giudizio, inoltre, come rappresentato nello stesso ricorso per cassazione, l’immobile aveva subito una obsolescenza degli impianti tecnologici e l’eliminazione del servizio di portineria. Elementi, questi, ritenuti, con accertamenti in fatto insindacabili in sede di legittimità, idonei a comportare una rivisitazione della rendita proprio attraverso una DOCFA (con modifica della categoria e classe).
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 17, secondo comma, r.d.l. n. 652 del 1939, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. .
Il motivo è inammissibile prima che infondato. Il motivo, proposto quale violazione di legge, in realtà mira ad una rivalutazione del fatto, non consentita in sede di legittimità. L’Agenzia delle entrate richiede una valutazione di fatto alla Corte di Cassazione ed una rivisitazione del giudizio delibativo già svolto dalla CTR, peraltro con motivazione logica e adeguata.
Con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del d.m. 2 agosto 1969, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. .
L’Agenzia ritiene errata la decisione in quanto confonderebbe nella motivazione la categoria catastale dell’abitazione ‘ signorile ‘ con quella fiscale (per agevolazioni) di abitazione di ‘ lusso ‘ . Il motivo è inammissibile in quanto relativo alla motivazione, e non alla violazione di legge; motivazione che risulta estremamente dettagliata e logica e anche se fosse, in qualche minima parte, contraddittoria, la stessa nel complesso non potrebbe affatto ritenersi solo apparente.
in tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost. art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta: «In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a
prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 – 01); in tale grave forma di vizio non incorre la sentenza impugnata, laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello hanno accertato in fatto la giusta classificazione catastale in relazione agli elementi di prova valutati.
Non sussiste, quindi, nessun vizio radicale della motivazione della sentenza, impugnata.
La CTR, in ogni caso, non ha sovrapposto la nozione di ‘lusso’ ai sensi del DM LLPP 1969 cit. a quella di ‘signorilità’ propri della classificazione catastale, concludendo invece a favore di parte contribuente in ragione di plurimi ed argomentati parametri valutativi ritenuti non validamente confutati dall’Agenzia . Ratio, questa, come detto qui non censurabile.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025 .