Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 91 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 91 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 03/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23259/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegata al ricorso per cassazione
-ricorrente- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale a margine del controricorso
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 542/2022 depositata il 17/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento Imu n. 34672, relativo all’anno di imposta 2013, che disconosceva il carattere di ruralità del immobili posseduti pro quota da NOME COGNOME ed affermava l’edificabilità delle relative aree contigue.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con sentenza n. 1755/11/20, respingeva il ricorso con sentenza che veniva appellata dal contribuente.
Con la sentenza n. 542/2022, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, accoglieva parzialmente l’appello, riconoscendo l’esenzione dell’imposta Imu nella misura di 1/3 del fabbricato catalogato in classe D/10, con le relative pertinenze.
Secondo il giudice di secondo grado .
Il Comune di Peschiera Borromeo ricorre sulla base di due motivi per la cassazione della summenzionata decisione.
Replica con controricorso il contribuente.
L’ente locale ha depositato memorie difensive in prossimità dell’ adunanza.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il primo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c.; per avere la Commissione tributaria regionale, nel riconoscere l’esenzione dall’imposta, omesso di esaminare plurimi fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti rappresentati dalla denuncia di inizio attività, concernente l’intervento di demolizioni dei fabbricati per l’attuazione del Piano di recupero della Cascina Monasterolo, nonché dall’autorizzazione dirigenziale, sottoscritta dal direttore del settore parco RAGIONE_SOCIALE Milano, avente ad oggetto ‘interventi di completamento del piano di recupero della Cascina Monasterolo da cui risultano gli interventi finalizzati a trasformare gli edifici rurali dismessi presenti nel complesso in residenziali, previa demolizione del capannone prefabbricato, risalente agli anni novanta, nonché la realizzazione di un nuovo corpo residenziale ed infine la relazione paesaggistica e storico
descrittiva dell’intervento residenziale che controparte intendeva realizzare.
2.Con il secondo motivo si prospetta l’erronea valutazione della prova in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c. nella parte il cui i giudici distrettuali hanno statuito che .
Viceversa, si assume che nel fascicolo aziendale – allegato agli atti -non v’è alcun cenno all’odierno fabbricato rurale di cui controparte richiede l’esenzione dall’imposta .
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
3.1.Entrambe le censure attingono solo una delle due rationes decidendi che fondano la sentenza impugnata, in quanto concernendo la rilevanza e decisività della documentazione prodotta dal Comune nel giudizio di merito al fine di rivelare la perdita del carattere della ruralità dei cespiti di proprietà di NOME COGNOME e, in particolare, il secondo motivo, deducendo il travisamento della prova, vale a dire la dispercezione del contenuto del fascicolo aziendale, trascurano di attingere la parte della motivazione secondo la quale rileva, ai fini del riconoscimento della ruralità e dunque dell’esenzione, la classificazione catastale in categoria D/10.
Il collegio d’appello ha difatti motivato l’accoglimento del gravame non solo , bensì riconoscendo la ruralità dei fondi – ivi comprese le aree pertinenziali di cui al foglio 51 mappale 11 sub 701 – in quanto classificati nella categoria catastale D/10, relativa a fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole, all’uopo citando l’arresto giurisprudenziale delle SSUU di Cassazione le quali hanno stabilito che qualora un fabbricato sia stato catastalmente classificato come “rurale” (categoria A/6 per le unità abitative, categoria D/10 per gli immobili strumentali alle attività agricole) non deve scontare imposta alcuna.
Ebbene, l’amministrazione comunale di Peschiera Borromeo non ha attinto con il ricorso per cassazione questa seconda ratio decidendi, limitandosi a voler suffragare con la documentazione prodotta in giudizio la perdita della ruralità; e che si tratti di autonoma ragione del decidere, diversamente da quanto obiettato dal Comune in memoria, emerge giustappunto dall’ indirizzo di legittimità inaugurato dalle S.U. n. 18565 del 2009 e richiamato nella sentenza d’appello, secondo cui, ai fini del trattamento esonerativo, è dirimente l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative, o D/10 per gli immobili strumentali); sicché l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (conv. in legge 26 febbraio 1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23 comma 1 bis del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (conv. in legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504; – per converso, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente, che invochi l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo
assoggettato; – allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’Ici. L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14; più recentemente confermate da Cass. n. 16737/15, Cass. n. 2116/2017; Cass. n. 31239/2017; Cass. n. 11085/2019; Cass. n. 10381/2022; Cass. n. 9496/2024).
4.Orbene, è noto che, in tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni (o il rigetto della relativa doglianza) determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposta avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre, fondata su di essa. Pertanto, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure,
affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, in toto o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (S.U. n. 20107 del 2024; Cass. n. 5102/2024; Cass. n. 13880 del 2020; Cass. n. 11493/2018; in senso analogo già Cass. Sez. Un. del 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. del 14 febbraio 2012, n. 210; Sez. U. n. 16602 del 08/08/2005).
5.Segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.
P.Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Comune; condanna parte ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal contribuente che liquida in euro 3.000,00, per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, oltre rimborso forfettario pari al 15% ed accessori come per legge.
v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della