Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21266 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21266 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11373/2021 proposti da:
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del legale rappresentante Avv. NOME COGNOME nato a Sora (FR) il 04/03/1958 e residente in Salerno, alla INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta determina n.69 del 11.11.2020 e procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Prof. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), con studio in Salerno, alla INDIRIZZO e domicilio telematico presso la seguente casella (pec): avvcarlomancuso@pecEMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla
Avviso
accertamento
catastale
–
Partitore idrico
– Cat. D/1, anziché E/9
INDIRIZZO
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 5498/2020 emessa dalla CTR Campania -Sezione distaccata di Salerno – in data 19/11/2020 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava un avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva proceduto alla rideterminazione della rendita catastale ed al riclassamento con l’assegnazione della categoria D/1 in luogo di quella proposto con Docfa E/3 per alcuni immobili siti in Salerno.
La CTP di Salerno accoglieva il ricorso, evidenziando che l’immobile in questione faceva parte di un partitore idrico in pressione che alimentava i serbatori idraulici per il territorio della città di Salerno e doveva essere ricondotto nella cat. E/9, alla stregua di acquedotti civici, torri piezometriche, vasche per la riserva idrica, locali per i depuratori e regolazione dell’acqua potabile.
Sull’impugnazione dell’Ufficio, la CTR della Campania accoglieva il gravame, affermando che il fabbricato doveva ospitare impianti per la regolazione delle acque, presentava molte affinità con strutture destinate ad ospitare impianti per il trasporto e la distribuzione dell’energia (accatastabili in cat. D) e risultava essere stato dichiarato singolarmente, e non in connessione con altre unità, non costituendo quindi pertinenza di immobile di pubblica utilità. Aggiungeva che la gestione dell’impianto presentava i caratteri della economicità intesa quale perseguimento del lucro oggettivo, divenendo irrilevante la destinazione dell’impianto ad un’attività di pubblico interesse.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, illustrata da memoria, la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso .
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt. 7 l. n. 212/2000, 2 l. n. 241/1990, 11 d.l. 14.3.1988, n. 70 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR implicitamente rigettato anche la sua preliminare doglianza in ordine alla legittimità formale (relativa alla adeguatezza della motivazione) dell’avviso di accertamento.
1.1. Il motivo è infondato.
Con riferimento all’atto di classamento adottato in esito alla procedura Docfa che è connotata, come si è rilevato, da una «struttura fortemente partecipativa», la Corte, secondo un risalente, e consolidato orientamento interpretativo, ha statuito che l’ob bligo di motivazione «deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio … e della classe conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere le ragioni della classificazione, sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie»; ed ha, in particolare, rimarcato che laddove viene in rilievo quale presupposto, e fondamento (motivazionale), dell’avviso di classamento la stima diretta dell’unità immobiliare (r.d.l. n. 652 del 1939, art. 10; d.p.r. n. 1142 del 1949, artt. 8 e 30) esplicita «un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza, o non, della motivazione rilevano ai fini, non già della legittimità ma, della attendibilità concreta del giudizio cennato, e, in sede contenziosa della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa (v., ex plurimis, Cass., 9 luglio 2018, n. 17971; Cass., 3 febbraio 2014, n. 2268; Cass., 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319).
Questa Corte ha, quindi, precisato che gli indicati termini di riscontro dell’obbligo di motivazione dell’atto di classamento, adottato in esito alla procedura Docfa, debbono ritenersi inadeguati (solo) a fronte di una immutazione della proposta formulata dalla parte (con la dichiarazione di accatastamento), immutazione rilevante -ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione – qualora incentrata sugli «elementi di fatto» di
detta proposta, non anche qualora (ad elementi di fatto immutati) la diversa valutazione della rendita catastale (v., ex plurimis, Cass., 28 ottobre 2020, n. 23674; Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., 24 aprile 2015, n. 8344; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237).
Nella fattispecie, viene chiaramente indicato che la rendita catastale è stata determinata con stima diretta e che la valutazione è avvenuta con metodologia a costo di riproduzione deprezzato, allegando altresì all’avviso una relazione tecnica estimativa nella quale sono stati riportati il procedimento di stima applicato, la consistenza, il parametro unitario di valutazione utilizzato ed il conteggio complessivo della rendita catastale calcolata. Si è, pertanto, in presenza di una mera riqualificazione, secondo l’assetto regolativo del catasto, che non incide sui dati fattuali esposti in dichiarazione.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 10 R.d.l. 13.4.1939, n. 652, 6 e 8 d.P.R. 1.12.1949, n. 1142, 2 d.m. 2.1.1998, n. 28, 2, comma 40, d.l. 3.10.2006, n. 262, 177, comma 2, d.lgs. 3.4.2006, n. 152, 4 d.P.R. 26.10.1972, n. 633 e art. 1 d.d. 2.1.2007, per non aver la CTR considerato che il fabbricato in esame era incapace a produrre un reddito proprio e, come tale, era inquadrabile nella categoria catastale E.
2.1. Il motivo è infondato.
Va rilevato in termini generali che la Corte ha avuto modo di statuire che gli immobili rientranti nel gruppo E sono indicati in maniera analitica e specifica, con metodo casistico che non legittima una estensione a tutti gli immobili di rilevanza pubblica (tanto che anche la categoria residuale E/9 fa riferimento solo alla «particolarità» della destinazione dell’unità immobiliare, e non menziona affatto il requisito dell’interesse generale sotteso all’attività svolta; v. Cass., 15 settembre 2008, n. 23608 cui adde, ex plurimis , Cass., 13 novembre 2019, n. 29373; Cass., 21 febbraio 2019, n. 5070; Cass., 23 maggio 2018, n. 12741; Cass., 9 marzo 2017, n. 6067; Cass., 20 gennaio 2017, n. 1442); e che, ai sensi del d.l. 3 ottobre 2006,
n. 262, art. 2, c. 40, conv. in l. 24 novembre 2006, n. 286 (secondo il cui disposto «Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale.»), sussiste «una vera e propria incompatibilità tra classificazione in categoria E, da un lato, e destinazione dell’immobile ad uso commerciale o industriale» (Cass., 17 aprile 2019, n. 10674; Cass., 23 maggio 2018, n. 12741).
Si è, quindi, rimarcato che le unità immobiliari catastalmente censibili nella categoria E sono connotate da una caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale tale da renderle sostanzialmente incommerciabili ed estranei ad ogni logica commerciale e produttiva; e che rimane irrilevante la destinazione dell’unità immobiliare ad un fine di pubblico interesse che non esclude lo svolgimento di un’attività secondo parametri essenzialmente imprenditoriali intesi come attitudine alla copertura dei costi e del capitale investito con i ricavi conseguiti attraverso l’applicazione di tariffe (v.: in tema di servizio idrico integrato, Cass., 8 febbraio 2022, n. 3921; Cass., 2 febbraio 2021, n. 2247; Cass., 4 aprile 2019, n. 9427; v., con riferimento ad aree portuali, Cass., 11 maggio 2022, n. 14931; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34657; Cass., 17 aprile 2019, n. 10674).
La questione è stata già affrontata e decisa da questa Corte prima in relazione ai riflessi concernenti l’I.C.I. – con soluzione a cui si è ritenuto di poter dare continuità con riguardo alla classificazione catastale (Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2019, n. 9427) -, e successivamente anche con specifico riferimento ad avviso di accertamento di rendita catastale (Cass. 2247/2021; cfr., nello stesso senso, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18946 del 2022 e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 9427 del 2019).
La qualificazione nel gruppo ‘ E ‘ è propria di quegli immobili (stazioni, ponti, fari, edifici di culto, cimiteri, ecc.), con una marcata caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale che li rendono sostanzialmente incommerciabili ed estranei ad ogni logica di commercio e
di produzione industriale. Una conferma di tale impostazione è data dall ‘ art. 2, comma 40, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006 n. 286, a tenore del quale: «Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale».
Dal che si evince come la citata norma instauri una vera e propria incompatibilità tra classificazione in categoria ‘ E ‘ , da un lato, e destinazione dell ‘ immobile ad uso commerciale o industriale, dall ‘ altro lato, sicché diventa dirimente, ai fini della valutazione del corretto censimento del immobile, accertare se la gestione dell ‘ impianto di depurazione presentasse gli obiettivi caratteri della economicità intesa quale perseguimento del cosiddetto lucro oggettivo, ossia il rispetto di un criterio di proporzionalità tra costi, e ricavi nel senso che questi ultimi tendono a coprire i primi remunerando i fattori produttivi (in termini: Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2019, n. 9427).
La normativa di settore (art. 9, comma 1, della legge 5 gennaio 1994 n. 36: « I comuni e le province di ciascun ambito territoriale ottimale di cui all ‘ articolo 8, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell ‘ ambito medesimo, organizzano il servizio idrico integrato, come definito dall ‘ articolo 4, comma 1, lettera f), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità»; art. 141 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152: «Il servizio idrico integrato è costituito dall ‘ insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie»; art. 154, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, nel testo modificato, all ‘ esito del referendum abrogativo disposto con il d.P.R. 23 marzo 2011, dall ‘ art. 1, comma 1, del d.P.R. 18 I luglio 2011 n. 116: «La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e
del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell ‘ entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio ‘ chi inquina paga ‘ . Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo»), con riferimento alla gestione del servizio idrico integrato, richiama i principi di efficienza, efficacia ed economicità.
Posto che sono classificabili come ‘ servizi a rilevanza economica ‘ (art. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, nel testo novellato dall ‘ art. 35 della legge 28 dicembre 2001 n. 448) tutti quei servizi pubblici locali assunti dall ‘ ente competente laddove la tariffa richiedibile all ‘ utente sia potenzialmente in grado di coprire integralmente i costi di gestione e di creare un utile d ‘ impresa che non deve essere di modesta entità, l ‘ inquadramento del servizio idrico integrato in tale schema è stato confermato dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 325 del 3 novembre 2010 e n. 187 dell ‘ 8 giugno 2011, affermandosene la riconducibilità alle materie della ‘ tutela della concorrenza ‘ e della ‘ tutela dell ‘ ambiente ‘ , che pertengono alla esclusiva competenza legislativa dello Stato .
Del pari, la giurisprudenza di legittimità ha messo in risalto che la tariffa del servizio idrico integrato configura ormai il corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, che trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente nel patrimonio dell ‘ utente, bensì nel contratto di utenza (Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2014, n. 12763; Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2014, n. 12769), confermando l ‘ ispirazione della relativa gestione a criteri di efficienza, efficacia ed economicità, in coerenza con il requisito teleologico minimo per l ‘ assunzione della qualifica imprenditoriale (art. 2050 c.c.).
Del resto, avuto riguardo alla natura economica dell’attività di gestione del servizio idrico integrato (Cass., 8 febbraio 2022, n. 3921; Cass., 2 febbraio 2021, n. 2247), il partitore, inteso come impianto, sia in muratura (dunque
suscettibile di accatastamento quale u.i.) sia per componenti tecnologiche deve essere accatastato (dovendosi tener conto dell’art. 1, comma 21, l. n. 208 del 2015: <>).
Con riferimento a sulla autonomia funzionale e reddituale, il d.l. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, conv. In l. n. 286 del 2006, già in precedenza riprodotto, stabilisce che: <>. Come si desume dalla disposizione, in tanto può porsi la questione dell’autonomia funzionale e reddituale, nei termini segnati dalla disposizione, in quanto vengano in considerazione unità immobiliari del gruppo E che comprendano (cioè che denotino la presenza di) ulteriori unità immobiliari suscettibili di autonomo classamento. La norma è formulata in negativo (nel senso che indica gli immobili che non vanno classificati nel gruppo E) e quindi non riguarda la estensione del raggruppamento esente da imposta, bensì la sua delimitazione (Cass., 15 settembre 2008, n. 23608).
Ebbene, l’oggetto del classamento catastale (la minima unità inventariale) è appunto l’unità immobiliare.
Avuto riguardo, quindi, ai dati normativi desumibili
dal r.d.l. n. 652 del 1939, art. 5, conv. In l. 1249 del 1939, – secondo il quale «Si considera unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per sé stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio.», – dal d.p.r. n. 1142 del 1949, art. 40, – alla cui stregua
«Si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l ‘ uso locale, un cespite indipendente.»,
– e dal d.m. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 2, – secondo il cui disposto l ‘ unità immobiliare «è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un ‘ area, che, nello stato in cui si trova e secondo l ‘ uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.», – la Corte ha avuto modo di precisare che «l ‘ accatastamento viene dalla normativa riferito non al fabbricato in quanto tale, bensì alla nozione di unità immobiliare urbana (UIU), a sua volta rapportata ad una componente immobiliare (rilevante ex art. 812 c.c.) suscettibile di autonoma funzionalità e redditività.» (Cass., 23 maggio 2018, n. 12741); il manufatto destinato a partitore ha senz’altro una sua autonomia funzionale e reddituale -secondo le cennate disposizioni -ed è quindi suscettibile di autonomo accatastamento; nella sua dimensione funzionale, però, concorre allo svolgimento di un’attiv ità economica e, allora, è destinato ad un’attività produttiva, come deve ritenersi per le unità immobiliari a destinazione cd. Speciale, nel senso che va ascritta alle unità immobiliari <> (r.d.l. n. 652 del 1939, art. 10, conv. In l. n. 1249 del 1939; d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 8).
Né la natura economica dell ‘ attività viene meno per la circostanza che a gestire il servizio pubblico sia direttamente l ‘ ente territoriale ovvero una azienda municipalizzata o una società partecipata dal Comune, in quanto ciò che rileva ai fini del classamento catastale sono le caratteristiche dell ‘immobile e la sua destinazione funzionale. In particolare, l’interesse generale cui allude la gravata sentenza non esclude né l’autonomia
funzionale e reddituale di unità immobiliari ad uso commerciale -secondo lo specifico ordinamento catastale -né la loro stessa rilevanza nell’ordinamento eurounitario in tema di aiuti di Stato e di concorrenza -sotto il profilo dell’identificazione di un’impresa la cui nozione si correla, a prescindere dal suo status giuridico, allo svolgimento di un ‘ attività economica (v., tra le tante, CGUE, 6 novembre 2018, cause riunite da C622/16P a C-624/16P, RAGIONE_SOCIALE, punti 103 ss.; CGUE, 27 giugno 2017, causa C-74/16, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, punto 50; CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE, punti 27 e 28; CGUE, 11 settembre 2007, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, procedimento C-76/05, punto 39; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell ‘ Economia e delle Finanze, punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e altri, punti 74 e 75).
E’ evidente, del resto, che il servizio idrico esercitato non possa essere qualificato come compito istituzionale del Comune.
La Commissione Tributaria Regionale, sia pure in termini sintetici, ha fatto buon governo dei principi enunciati affermando che il fabbricato ospitante gli impianti per la regolazione delle acque (cd. Partitore idrico) non è inquadrabile nella cat. E/3, non essendo assimilabile ai serbatoi idrici.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 5.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 24.4.2025.